Luglio 22nd, 2013 Riccardo Fucile
I REATI IPOTIZZATI SONO TURBATIVA D’ASTA E ABUSO D’UFFICIO
Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris è ufficialmente indagato per turbativa d’asta nell’ambito
dell’inchiesta sull’organizzazione dei preliminari della Coppa America, insieme al governatore della Campania Stefano Caldoro e all’ex presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro.
Con il coinvolgimento diretto dei vertici amministrativi del Comune, si fa altissima l’attenzione della Procura di Napoli sulle vicende di Palazzo San Giacomo: è infatti in piedi un’altra inchiesta che coinvolge l’assessore Pina Tommasielli, accusata di aver fatto cancellare alcune multe inflitte alla sorella e al cognato magistrato.
Che si va ad aggiungere ad un’indagine di qualche mese fa sulla mancata manutenzione delle strade cittadine (qui il sindaco è indagato insieme all’ex assessore Ana Donati).
Alle prime avvisaglie dell’inchiesta sull’evento velico, coi finanzieri del Nucleo Tributario che avevano rivoltato i cassetti del fratello Claudio e avevano appena sequestrato il pc del capo di gabinetto Attilio Auricchio, il sindaco minacciò tuoni e fulmini contro chi avesse tentato di coinvolgerlo in questa storia.
“Non consentirò a nessuno di infangare, anche solo di riflesso, non essendo coinvolto nell’indagine, la mia onestà e la mia correttezza. Sulla mia persona devono passarci solo da morto”.
Era il 5 giugno scorso. In sette settimane le normali schermaglie processuali hanno indotto la Procura a scoprire alcune carte e a rivelare l’iscrizione nel registro degli indagati di de Magistris, Caldoro e Cesaro.
Il Riesame nei giorni scorsi ha infatti annullato il sequestro del computer di Auricchio “per assoluta carenza di motivazione”, e i pm Graziella Arlomede e Marco Bottino, coordinati dall’aggiunto Francesco Greco, hanno ripresentato un nuovo decreto di sequestro, stavolta più circostanziato.
Così nell’integrazione del capo di imputazione sono sbucati i nomi del sindaco, del governatore e del deputato Pdl, indagati in concorso con il presidente dell’Unione industriali Paolo Graziano (il cui nome già compariva nel precedente decreto) per l’ingresso di Confindustria Napoli come partner privato di Acn (America’s Cup Napoli), la società di scopo creata per la manifestazione.
L’indagine sulla Coppa America ipotizza i reati turbativa d’asta, abuso d’ufficio, truffa.
A giugno uscirono i nomi dei primi sette indagati, una parte consistente della classe dirigente cittadina: oltre ad Auricchio e a Claudio De Magistris (consulente Grandi Eventi del Comune a titolo gratuito), il presidente dell’Unione Industriali, Paolo Graziano, il presidente della Camera di Commercio, Maurizio Maddaloni, l’avvocato amministrativista Antonio Nardone, il responsabile unico del procedimento amministrativo, Giancarlo Ferulano, il direttore di Acn (America’s Cup Napoli) Mario Hubler, subentrato a Graziano dopo cinque anni da direttore di BagnoliFutura e poi dimessosi recentemente, a competizione finita — Hubler è indagato anche per la mancata bonifica dei suoli di Bagnoli.
Acn raggruppa gli enti locali (Comune, Provincia, Regione) e la Camera di Commercio, che ha preso il posto dell’Unione Industriali di Napoli.
Era nata per essere una società di scopo, finalizzata all’America’s Cup.
Una modifica statutaria l’ha poi trasformata in una società che può organizzare ogni tipo di eventi. Tra gli atti desecretati al Riesame, è sbucata una conversazione captata sul telefono di Hubler: ”La verità — dice il manager ad una sua collaboratrice — è che una parte di verità questi la dicono: quest’evento che porta turismo è una puttanata”. Era il tre marzo 2013 e Hubler commentava così le critiche degli albergatori riportate dai giornali sull’effettiva portata dell’evento che si sarebbe disputato nell’aprile successivo.
Nella stessa informativa della Finanza, sono stati riportati altri brandelli di conversazione relativi a un presunto interesse di Claudio de Magistris sul catering dell’inaugurazione della Coppa America. “Montagne di fango su persone per bene, fatti di nessuna rilevanza penale” ha commentato il sindaco.
Che alla restituzione del computer di Auricchio pose l’accento sulle motivazioni del dissequestro.
Ora la Procura torna all’attacco. E lo tira in ballo personalmente nell’inchiesta.
Vincenzo Iurillo
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 22nd, 2013 Riccardo Fucile
“IL FIUME DELLA LIBERTA'” E’ IL DOCUMENTARIO-FILM PER RAMMENTARE IL VENTENNIO BERLUSCONIANO
Si intitola “Il fiume della libertà ” il docu-film agiografico realizzato per celebrare il ventennale della “discesa in campo” del Cavaliere.
Della durata di un’ora e mezza, il film ha finito venerdì la fase di postproduzione, affidata alle accorte mani di Roberto Gasparotti, il guru dell’immagine televisiva di Berlusconi.
“Regista” e autore il senatore Pdl Francesco Giro, che ha visionato centinaia di ore di filmati per estrarne il distillato di “Silvio”, dal discorso della calza fino a oggi.
Era più di un anno che il leader del Pdl stava cercando un regista a cui affidare il racconto del suo “Ventennio”.
Scartati quattro o cinque registi veri, ha trovato in Giro un volontario pronto a sobbarcarsi il lavoro.
Dopo due mesi di lavorazione il docu-film è dunque pronto per essere consegnato martedì nelle mani del Cavaliere per il via libera definitivo.
E poi?
Pare che Berlusconi abbia intenzione di mandare la cassetta a Mediaset, pronto a usarla per riequilibrare, sul piano politico-mediatico, una eventuale sentenza di condanna da parte della Cassazione con un’altra narrazione.
Nel documentario, ha dichiarato giorni fa l’autore, si celebra infatti «la nascita di un leader carismatico che entra in contatto diretto e non mediato con il suo elettorato: ho voluto descrivere questo contatto che è per me innanzitutto fisico, corporeo, il corpo di un leader e quello di un elettorato ampio diffuso e composito, non del tutto intellegibile neppure per Berlusconi».
Inoltre, con un Pdl in debito d’ossigeno, c’è anche l’intenzione di trasferire il filmato su Dvd e commercializzarlo per finanziare il partito.
«Sono decine – dicono da palazzo Grazioli – i deputati, senatori e amministratori del partito che ci hanno già chiesto il Dvd per diffonderlo».
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Luglio 22nd, 2013 Riccardo Fucile
DA SPOSETTI (PD) A BIANCONI (PDL) : “LA DEMOCRAZIA E’ A RISCHIO”
«Io non ho paura per me. Ho paura per la democrazia. Perchè questa è una legge sbagliata,
ipocrita, piena di sciocchezze. Siamo rimasti solo io e Peppone a pensarla così».
Chi parla è Maurizio Bianconi, tesoriere del Pdl.
«Peppone», invece, è Ugo Sposetti, altrettanto battagliero deputato pd e storico tesoriere ds. Ma a difendere la barricata del finanziamento pubblico non ci sono solo loro.
Perchè il disegno di legge, che arriva molti anni dopo un referendum che abrogava i fondi ai partiti, rischia di essere svuotato di contenuti e fatto slittare dall’arrembaggio (con 150 emendamenti) più o meno palese di molti difensori della mano pubblica nei partiti.
Definirli semplicemente difensori della Casta sarebbe fare loro un torto.
Perchè il fronte di chi si oppone alla fine dei finanziamenti pubblici è variegato e porta con sè interessi privati, difesa di indifendibili sprechi e privilegi, ma anche qualche buona ragione. Bianconi parla di ddl ipocrita, perchè «se la gente vuole eliminare il finanziamento lo si elimina sul serio e non si usano palliativi come il 2 per mille. E non si introducono cose che fanno morire dal ridere, come i programmi per l’accesso in tv e la sede gratis ai partiti».
Lo scenario che disegna il tesoriere del Pdl non è rassicurante: «Da una parte c’è l’opinione pubblica che, più che togliere i soldi ai partiti, vuole ammazzare tutti i politici. Ci vuole tutti morti, impiccati. Fosse per loro chiuderebbero Camera e Senato e farebbero seimila piazzale Loreto. Mica li plachi togliendoci qualche soldo. Dall’altra, una legge come questa ci fa finire dritti nelle mani di poteri ben interessati: tecnocrati e poteri economici che vogliono indebolire una classe politica annichilita e paralizzata dalla paura».
Bianconi contesta «la pretesa di disegnare partiti da Unione sovietica, con commissioni nominate dai giudici».
E attacca la Corte dei Conti, che ha segnalato come gli incassi dei partiti siano stati di 2 miliardi per soli 500 milioni di euro spesi: «I magistrati sono gli unici che si sono dati l’aumento di stipendio: non hanno diritto di parlare».
Con toni diversi, anche sull’altro fronte politico, quello di Sel, si condivide l’analisi: «È una legge che ci mette fuori dall’Europa – sostiene il giovane tesoriere Sergio Boccadutri – Noi siamo favorevoli al finanziamento: c’è un cedimento culturale a un modello che, in assenza di leggi che regolino il conflitto d’interessi e le lobby, rischia di essere pericoloso».
A Boccadutri della legge non piace tra l’altro il meccanismo del 2 per mille: «È fastidioso: alla fine è lo Stato che ci mette dei soldi, quelli incamerati di meno dalle tasse. Soldi donati non sulla base del consenso ma del censo».
Il tesoriere sel contesta la mancanza di un tetto alle donazioni private, critica il fatto che le fondazioni possano ricevere soldi e rilancia la proposta del suo partito: «Un finanziamento da 18 milioni per Camera e Senato una tantum, per ogni singola elezione. Solo il primo anno, con il sistema del piè di lista. Come si fa anche in Australia».
Nelle resistenze dei partiti non è estranea la questione dei dipendenti. Pd e Pdl hanno 190 dipendenti a testa e con la riduzione dei fondi pubblici (già dimezzati dalle legge 96 del 2012) i loro posti rischiano.
Per questo, però, è stato proposto un emendamento che prevede l’estensione della Cassa integrazione ai dipendenti di partito.
Un aiuto arriva anche dalla progressività con cui entrerà in funzione il nuovo sistema.
Quanto al Movimento 5 Stelle, sostiene che il ddl del governo non è nient’altro che una truffa, un modo per far entrare i soldi dalla finestra invece che dalla porta: «Noi del Movimento abbiamo già rinunciato a 42 milioni di rimborsi elettorali – spiega Giuseppe D’Ambrosio –. Ogni voto al M5S non è costato nulla ai cittadini italiani ed è stato pagato con soli 40 centesimi di euro dai sostenitori».
Ufficialmente, la maggioranza è per il varo del ddl Letta (che arriverà in Aula il 26 luglio).
Ma Ugo Sposetti, acerrimo nemico di un progetto che «è una violenza alla democrazia», è sicuro: «Farò proseliti per bloccarlo».
Anche a questo il premier Letta è pronto.
Tanto che ha già avvertito: «Se il ddl si blocca, interverremo per decreto».
Alessandro Trocino
(da “il Corriere della Sera”)
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Luglio 22nd, 2013 Riccardo Fucile
LA CAMPAGNA BIPARTISAN PRIMA DELLA CONDANNA: QUANDO I MEDIA PARLAVANO DI “CASTELLI DI CARTA” E “BUFALE”
Chi risarcirà Ottaviano Del Turco? La domanda è strana perchè è stata fatta, più volte, mentre il politico era ancora imputato per corruzione e altri reati.
E perchè oggi è stato condannato in primo grado a nove anni e sei mesi di reclusione nel processo sulla cosiddetta “Sanitopoli” abruzzese.
“Chi risarcirà Del Turco per quanto gli è stato fatto, per il tempo che gli è stato sottratto, per ciò che ha dovuto subire, per le aggressioni mediatiche e politiche che hanno fatto seguito alla cosiddetta ‘maxi-inchiesta’?”, si chiedeva l’ineffabile Daniele Capezzone (Pdl) il 12 marzo scorso, con il processo ancora aperto.
E chi avrebbe risarcito il governatore dell’Abruzzo finito in carcere nel 2008 — dopo essere stato segretario aggiunto della Cgil, segretario nazionale del Psi post Craxi, ministro e presidente della Commissione parlamentare antimafia — se lo chiedeva anche l’allora presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni.
Il quale, a sua volta invischiato in diversi guai giudiziari, metteva in guardia i giornalisti così: “Vedete anche che cosa è successo al povero Del Turco, che è stato accusato ingiustamente e mandato ingiustamente in carcere”.
Era l’8 gennaio 2010, tre anni e mezzo prima della sentenza del Tribunale di Pescara emessa oggi.
Tutti i processi che coinvolgono i politici sono accompagnati da polemiche aspre. Ma quello contro Del Turco è unico perchè come nessun altro è stato dato ripetutamente per “spacciato“, ridotto a una “farsa“, con prove che si rivelavano “bufale” e “patacche“.
Non solo a opera dei politici abituati alla mischia tra (presunti) giustizialisti e (presunti) garantisti, ma anche da molti giornali, in uno spettro bipartisan.
“Del Turco, la prova regina? Era tutta una bufala”, titolava l’Unità il 12 marzo scorso, dando conto di un’udienza in cui era emerso che le foto fornite dal principale testimone d’accusa, l’imprenditore Vincenzo Maria Angelini, e che a suo dire immortalavano la consegna della tangente a casa Del Turco, portavano una data sfasata di oltre un anno.
Poteva essere il “crollo del castello di carte” dell’accusa, così come un difetto della fotocamera male impostata.
I periti del tribunale hanno concluso per questa seconda opzione, ma la lettura dell’Unità non è rimasta isolata.
“Il processo farsa a Del Turco crolla tra bugie e false prove”, titolava il Giornale, con un articolo che iniziava così: “La farsa è finita, datevi pace”.
E il direttore Vittorio Feltri rincarava: “Del Turco vittima dei pm, ma nessuno lo risarcirà ”. La brama assolutoria colpiva anche La Stampa e il Foglio.
Ottaviano Del Turco fu arrestato il 14 luglio 2008 quando era presidente della Regione Abruzzo, insieme ad assessori e consiglieri.
Si dimise, così la Regione tornò al voto e passò al centrodestra.
Scoppiò l’ennesimo scontro tra politica e magistratura.
Del Turco, che si è sempre proclamaato innocente, accusò pubblicamente il suo partito, il Pd, di non averlo difeso, e annunciò la disponibilità a candidarsi con il Pdl, che invece si era schierato al suo fianco fin dal primo istante.
Poi ogni nodo del processo è stato accompagnato da una vigorosa campagna innocentista con protagonisti eterogenei, dall’ex direttore di Liberazione Piero Sansonetti al vicedirettore del Corriere della Sera Pigi Battista, protagonista di epici scontri a distanza con il suo omologo del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, autore di diversi articoli che contestavano la prematura assoluzione a mezzo stampa.
La sacrosanta presunzione di innocenza fino al giudizio definitivo (Del Turco ha già annunciato il ricorso in appello) si è trasformata infatti in una curiosa presunzione di assoluzione.
Così già nel lontano 2009 il deputato Pdl Giuliano Cazzola tirava in ballo il paragone con il dramma di Enzo Tortora, ma fu significativo anche l’intervento di Luciano Violante due anni dopo: “Se il magistrato inquirente ha sbagliato, alla fine del processo dovrà risponderne personalmente”.
Il 14 gennaio 2012 in Senato fu presentata persino un’interrogazione bipartisan che chiedeva al governo se con l’inchiesta Del Turco non fossero stati “violati diritti costituzionali individuali“, e se lo svolgimento della vita democratica della Regione Abruzzo non fosse stato “irrimediabilmente compromesso dai comportamenti della magistratura”.
In calce le firme di parlamentari del Pd (Franca Chiaromonte, Pietro Marcenaro, Adriano Musi, Luciana Sbarbati) e del Pdl (Luigi Compagna, Ombretta Colli, Antonino Caruso, Diana De Feo, Marcello Pera e Vincenzo Fasano).
Ai tecnici di Mario Monti, i senatori chiedevano anche lumi su ”come si possa impedire in futuro il ripetersi di inchieste tanto palesemente disancorate al rispetto delle norme costituzionali in termini di diritti individuali”.
I giudici di primo grado, invece, hanno emesso un verdetto di condanna: ”E’ una sentenza che ristabilisce la verità su un fatto doloroso per l’Abruzzo”, ha detto all’Ansa Nicola Trifuoggi, capo della Procura di Pescara all’epoca dell’inchiesta.
“Io sono amareggiato per la malafede con cui periodicamente sono partite campagne mediatiche che volutamente diffondevano la falsa notizia di innocenza acclarata che grazie al loro potere sull’opinione pubblica hanno gettato sconcerto”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 22nd, 2013 Riccardo Fucile
L’IMPATTO SUL MAGGIOR TRIBUTO DOVUTO AL FISCO
Ci sono almeno due fronti aperti per la casa: la questione dell’Imu e la revisione del catasto. 
Ma quanto potrebbero valere alla fine di questo percorso gli immobili per il Fisco?
È chiaro che una qualsiasi revisione delle imposte immobiliari va preceduta da una profonda revisione dei criteri con cui si determinano i valori imponibili e quindi aggiornare radicalmente i valori catastali da cui oggi si parte per determinare non solo l’Imu ma anche le imposte sulle compravendite e sulle donazioni e successioni.
Se si dovessero prendere in considerazione le stime attuali la «rivalutazione media» sfiorerebbe il 60%.
Il tema è sul tavolo da almeno quindici anni e il precedente esecutivo era riuscito a farsi approvare dalla Camera un progetto di legge delega in materia.
Ora si torna alla carica con la proposta di legge 1122, primo firmatario Daniele Capezzone, che ripropone la stessa norma e ha iniziato il suo iter.
Come si arriverà ai nuovi valori catastali?
Innanzitutto ci si adeguerà alla realtà del mercato e quindi l’identificazione dei valori di vendita e di locazione degli immobili avverrà sulla base dei metri quadrati e non più dei vani catastali, il cui numero non è sempre collegabile a quello degli ambienti in cui è suddiviso l’immobile perchè comprende anche pertinenze e spazi comuni e la cui dimensione è variabile.
Per fare un solo esempio, il vano in media a Milano misura 18,12 metri quadrati a Roma invece 19,40.
La determinazione dei valori partirà da funzioni statistiche, dice il disegno di legge, «atte ad esprimere la relazione tra valore di mercato, la localizzazione e le caratteristiche edilizie dei beni per ciascuna destinazione catastale e per ciascun ambito territoriale anche all’interno di uno stesso comune».
Traducendo la frase in uno scenario presumibile, la base del calcolo saranno i valori dell’osservatorio del mercato immobiliare redatto dall’Agenzia delle Entrate, che suddividono i comuni in zone omogenee e che già forniscono valori di vendita e locazione a metro quadrato.
Il valore delle singole unità immobiliari sarà rideterminato applicando coefficienti in funzione delle caratteristiche dell’immobile (come potrebbero essere il piano, la vetustà dell’edificio, la strada in cui si trova).
Un sistema meno iniquo, almeno sulla carta di quello attuale, con rendite catastali che spesso appaiono attribuite a caso, ma che presenta alcune criticità .
La prima è che un criterio base per determinare il valore di mercato dell’immobile è lo stato di manutenzione, che nessuna stima teorica può determinare a priori.
La seconda è che il sistema rischia di rivelarsi molto rigido anche se è previsto un sistema di concertazione per cui i coefficienti saranno decisi dai Comuni in accordo con le associazioni dei proprietari, almeno così emerge dai lavori compiuti dal comitato ristretto della commissione Finanze che a Montecitorio sta esaminando il testo.
Confedilizia ne sottolinea la necessità , ricordando che si tratta di mettere in moto un meccanismo che poi avrà una validità di decenni.
Bisogna poi sottolineare che i valori saranno definiti sulla base della media del triennio precedente l’entrata in vigore: se questo succedesse tra pochi mesi (è però molto improbabile) sarebbe un disastro, perchè il mercato sta continuando a scendere, come mostra la tabella dei prezzi tratta dall’ultimo osservatorio di Nomisma e quindi c’è in qualche caso il rischio di vedersi sovrastimare l’abitazione.
Di qui un altro aspetto critico: la possibilità per il singolo proprietario di tutelarsi qualora l’Agenzia delle Entrate stabilisse per l’immobile un valore troppo elevato. In teoria sarebbero possibili tre strade: l’autotutela del contribuente, il ricorso alle commissioni tributarie o al Tar ma – sottolinea sempre da Confedilizia – rimane dubbia la possibilità di vedersi accogliere un ricorso che eccepisca il merito della valutazione effettuata dal Catasto se non vi sono vizi di legittimità .
C’è un quarto aspetto, il più sostanziale: a parità di aliquote un catasto basato sui valori dell’Agenzia delle Entrate porterebbe a un forte incremento delle imposte. Nella tabella, che abbiamo ricavato basandoci su dati ufficiali dell’Agenzia e cioè l’ultima edizione dello studio “immobili in Italia” e le più recenti statistiche catastali, si evidenzia che i valori di mercato identificati dalle Entrate sono più alti dei valori adottati ai fini Imu (nonostante l’incremento del 60% applicato ai fini dell’imposta) e per le imposte di acquisto per l’abitazione principale.
A Milano ad esempio il valore di una casa media ai fini dell’Imu aumenterebbe del 35,8% e del 97,5% ai fini dell’acquisto.
A Roma i valori sono rispettivamente del 44,5% e del 110,2%, a Napoli addirittura del 247,3%.
In altri Paesi, come la Spagna, il valore di mercato viene abbattuto ai fini fiscali, in genere del 30%; è possibile che si arriverà a questa soluzione anche in Italia, ed è anche probabile, se si vuole rispettare l’impegno più volte sbandierato dell’invarianza complessiva di gettito, che le aliquote saranno riviste al ribasso, ma una cosa appare certa: i proprietari delle case nei centri storici delle grandi città , e cioè di immobili che ai valori attuali del Catasto sono spesso stimati tre-quattro volte meno rispetto al mercato, finiranno per pagare molto più di oggi, mentre – forse – quelli di case nuove ma non di lusso delle periferie riusciranno a ottenere un piccolo sconto.
Gino Pagliuca
(da “il Corriere della Sera“)
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Luglio 22nd, 2013 Riccardo Fucile
L’IMBARAZZO DEL TURISTA ITALIANO ALL’ESTERO: NON HANNO NULLA PIU’ DI NOI MA, A DIFFERENZA NOSTRA, LORO HANNO UNO STATO CREDIBILE
Dopo 64 “grazie” e 39 “mi scusi”.
Dopo che hai sorriso all’albergatore che ti trattava a calci nel sedere, d’un tratto ti chiedi: perchè appena passata la dogana ti sei messo a comportarti come nemmeno a casa Windsor?
No, non hai soldi nel baule. Il fatto è che all’estero ti senti in colpa.
Hai paura di fare la figura del parente zozzone.
Ti accade in Francia, figurati in Germania… roba che daresti la precedenza perfino alle auto in sosta per mostrarti ligio alle regole.
Un brivido ti scende per la schiena al posto di blocco della gendarmeria francese o se il panettiere fa la domanda fatidica: “Da dove venite?”. “Sono italiano”, balbetti. Oddio, ora chiederà di Berlusconi, del bunga bunga, di mafia e corruzione.
Sì, ti senti a disagio perchè sei italiano.
Non hai mai sopportato lo snobismo di chi incensa gli altri Paesi. E denigra l’Italia. Eppure avverti addosso qualcosa, quasi un dolore.
Ti ha preso appena dopo il tunnel del monte Bianco.
Pensavi all’Italia che ti eri lasciato alle spalle e sentivi una stretta al cuore.
Il punto è che se guardi intorno ti sembra di scorgere qualcosa che in Italia non trovi. No, la Francia non è più bella.
“Dai, francesi, provate a battere la Toscana!”, dici dentro di te.
Per reggere il confronto bastano le colline del pavese, i rilievi che dalla pianura veneta salgono verso le Dolomiti. O i silenzi dell’Appennino, tra Rieti e L’Aquila, i crinali pieni di luce del Molise.
Ti vengono in mente borghi semisconosciuti, ma straordinari: Triora, Greccio, Ceri.
E l’antica Roma, il Rinascimento… voi ce l’avete?
A ogni condominio transalpino che incroci, ammettilo, godi un po’.
Ma il disagio resta.
Cos’ha questa Francia (ma varrebbe per Inghilterra, Germania, Norvegia…) che la tua Italia non ha più?
à‰ qualcosa che non vedi, ma percepisci ovunque. All’inizio pensi che siano i dettagli, la pietra chiara delle case da Nizza alla Bretagna, i municipi con la bandiera francese immacolata nei paesini di campagna.
Oppure i platani dei viali, gli stessi dalla Corsica a Parigi.
Non è mancanza di fantasia, piuttosto armonia, indizio di un progetto comune.
Che abisso se la confronti con le casette senza stile, e pretenziose, delle nostre campagne.
Ovunque diverse: ognuno ha un proprio disegno e al diavolo il resto!
Ma è qualcosa che va ben oltre.
Che sia la storia? Queste nazioni sono unite da secoli, ti dici, noi siamo la terra dei comuni. Vero, ma qui parliamo del presente.
Magari del futuro.
Così torni in Italia senza risposta.
Accanto sfilano i castelli della Val d’Aosta, le Langhe.
Eppure c’è come un vuoto nel paesaggio. Finchè, come folgorato, capisci: manca qualcosa che tenga tutto insieme.
Qualcosa in cui riconoscersi per sentirsi tutelati, per fare grandi progetti.
Manca lo Stato.
Manchiamo soprattutto noi.
Ferruccio Sansa
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Luglio 22nd, 2013 Riccardo Fucile
FORSE PRIMA DI NATALE IL GOVERNO DELLE BANANE PRENDERA’ UNA DECISIONE… PRIMA DEVE PRENDERE ORDINI DALLE AZIENDE CHE OPERANO AD ASTANA
Allontanare l’ambasciatore kazako dell’Italia? 
«Stiamo ancora valutando»: lo ha detto il ministro degli Esteri, Emma Bonino, sul caso Ablyazov. «La mia prima preoccupazione è non indebolire per reazione o controreazione la nostra presenza ad Astana», ha aggiunto Bonino.
Il ministro degli esteri ha parlato della vicenda dell’espulsione dall’Italia di Alma Shalabayeva al suo arrivo alla riunione dei colleghi dell’Ue.
Tradotto dal politichese vuol dire che il simbolo di tante battaglie per i diritti civili non è neanche capace di dimettersi nel caso qualcuno o qualcosa le impedisca di dare un segnale di dignità a questa sgangherata Italia.
PUNTI DA CHIARIRE
Eccola arrampicarsi sugli specchi: «Ritengo che ci siano ancora punti oscuri che altre istituzioni devono chiarire» aggiunto il ministro. che in ogni caso non si sbilancia sull’ipotesi di espulsione. «È indubbio -ha detto- che l’attuale ambasciatore kazako in vacanza, dopo gli avvenimenti, non sarà più neanche una persona molto utile per i kazaki, perchè non lo riceverebbe più nessuno». In questo senso, ricorda infine il ministro, «stiamo prendendo e abbiamo preso varie iniziative rispetto alla nostra controparte da quando è uscita la relazione, da quando è provata e formale la superattività dell’ambasciatore kazako, per vedere di risolvere in questo modo la situazione, ma senza provocare contraccolpi che indeboliscano la nostra presenza e quindi la nostra capacità di assistenza».
«Da questo punto di vista – conclude la titolare della Farnesina, che sulla vicenda riferirà mercoledì in Senato – stiamo valutando ancora».
Con comodo, Emma, tanto la gente rischia la tortura, che vuoi che sia.
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Luglio 22nd, 2013 Riccardo Fucile
L’ESPULSIONE DELLA MOGLIE FORSE UNA “CONTROPARTITA” PAGATA DAL GOVERNO ITALIANO
Chi ha avvisato Mukhtar Ablyazov di essere stato individuato?
E perchè, prima di essere ricevuto al Viminale, l’ambasciatore kazako Andrian Yelemessov ha deciso di recarsi direttamente in questura?
Sono questi i due interrogativi chiave per comprendere quanto accaduto tra il 28 e il 31 maggio scorsi, fino alla «consegna» di sua moglie Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua.
Perchè l’incrocio delle testimonianze e dei dati emersi dai documenti depositati in Parlamento sembra confermare l’ipotesi che l’espulsione delle due donne sia in realtà la contropartita pagata dall’Italia al governo di Astana per essersi fatti sfuggire il loro ricercato.
Il tentativo estremo per obbligare l’uomo ad uscire allo scoperto.
Un ricatto al quale non si è stati in grado di sottrarsi .
La pista svizzera
Nella notte tra il 28 e il 29 maggio, quando gli agenti della squadra mobile entrano nella villetta di Casal Palocco, sequestrano 50 mila euro in contanti e una macchinetta fotografica.
Nella memory card ci sono immagini di Ablyazov a Roma con i suoi familiari.
La data dell’ultima istantanea è quella del 25 maggio.
Mario Trotta, l’investigatore incaricato da un’agenzia israeliana di rintracciare l’uomo, assicura di averlo seguito il 26 maggio mentre si recava in un ristorante nella zona dell’Infernetto. Poi più nulla.
La notte dell’irruzione della polizia gli uomini di Trotta sono ancora appostati davanti alla villa, convinti che sia all’interno.
E invece niente, il blitz va a vuoto.
Ablyazov potrebbe essersi accorto di essere pedinato, oppure ha ricevuto la giusta soffiata.
Di certo è riuscito a fuggire dal nostro Paese beffando chi era pagato per tenerlo sotto controllo.
La convinzione di chi sta cercando di ricostruire i suoi spostamenti è che sia andato in Svizzera, lì dove ha il proprio quartier generale, dove vive la figlia Madina e dove si sono adesso rifugiati anche gli altri parenti.
Proprio a Ginevra risiede il notaio che il 3 giugno ha autenticato i documenti della signora Shalabayeva che il suo avvocato Riccardo Olivo ha poi presentato alle autorità del nostro Paese per dimostrare che non era stato compiuto alcun falso .
L’identità di copertura
Certamente ha potuto godere di una rete di protezione con collegamenti internazionali, come del resto era già accaduto in passato.
La lista delle persone che ha incontrato è nelle mani degli inquirenti e da quella si riparte per cercare di scoprire dove si trovi adesso.
Altri elementi possono arrivare dagli atti prodotti dai legali di sua moglie.
L’identità sul passaporto rilasciato dalle Repubblica Centroafricana è una «copertura». Alma Alya infatti non esiste, non è il suo cognome da nubile come era stato detto inizialmente.
Il cognome familiare è Shalabayeva, mentre dopo il matrimonio è diventata Ablyazova, come risulta proprio da tutti i documenti autenticati e trasmessi ai giudici italiani.
Come è possibile che tutto questo non risultasse alla Farnesina?
Eppure proprio con l’identità «Alya» era nota all’ufficio del Cerimoniale.
Risulta dal fax trasmesso dal capo vicario di quell’ufficio alla questura di Roma il 29 maggio che chiede conferma dell’immunità diplomatica concessa alla signora.
Scrive il funzionario Daniele Sfregola: «Si comunica che l’ambasciata della Repubblica del Burundi ha proposto il 17 aprile scorso la candidatura della signora Ayan a console onorario per le regioni del Sud Italia».
L’istanza fu poi ritirata, ma è presumibile che siano stati effettuati accertamenti sulla presenza della donna nel nostro Paese. Nonostante questo, in poche ore è stato fornito il via libera alla procedura attivata per l’espulsione .
La caccia dei kazaki
Una fretta che emerge in maniera forte anche nei rapporti tra le autorità kazake e la polizia italiana. La mattina del 28 maggio l’ambasciatore Yelemessov cerca più volte il ministro dell’Interno Angelino Alfano che però dice di non averci parlato.
Poco dopo contatta la segreteria del questore, che non può riceverlo perchè è fuori ufficio, e dunque si presenta alla Squadra Mobile.
Chi gli ha dato le indicazioni di rivolgersi alla questura, visto che soltanto in serata viene ricevuto dal capo di Gabinetto del Viminale Giuseppe Procaccini?
Chi gli ha fornito le credenziali che gli hanno aperto tutte le porte?
Gli stessi vertici della polizia hanno ammesso «l’attivismo e l’invasività » del diplomatico.
Ma soprattutto hanno accolto ogni sua richiesta in appena 75 ore.
Tre giorni dopo il primo contatto ufficiale tra i due Paesi, le due donne erano in volo sul jet privato, messo a disposizione dai kazaki, che le riportava in patria. «Consegnate» per costringere il marito a consegnarsi a sua volta .
Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere della Sera”)
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Luglio 22nd, 2013 Riccardo Fucile
OGGI AL MINISTERO ENNESINO VERTICE PD-PDL…L’IDEA DELLA TAX SERVICE CHE METTE INSIEME VARIE IMPOSTE, COSI’ NESSUNO CAPISCE PIU’ NULLA DI QUANTO PAGA RISPETTO ALLE SINGOLE VOCI PASSATE
Il rebus Iva-Imu potrà trovare qualche prima indicazione oggi al ministero del Tesoro nel corso
del vertice tra maggioranza e governo.
La sortita del ministro Zanonato sull’azzeramento dell’Imu prima casa e il blocco dell’aumento Iva, piace al Pdl ma è temperata dalla cautela di Palazzo Chigi.
La sortita di sabato sera del ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato, che ha annunciato dagli schermi del Tg1 l’azzeramento in autunno dell’Imu sulla prima casa e il blocco dell’aumento Iva, è stata accolta con freddezza nella maggioranza.
Una dichiarazione più vicina alla linea del Pdl che a quella del Pd tanto che gli uomini del centrodestra non hanno perso l’occasione per allinearsi: «Avanti tutta su Imu e Iva», ha annunciato il capogruppo del Pdl Brunetta che ha anche reiterato la proposta di coprire le misure con l’Iva che lo Stato incasserà di più con l’accelerazione dei pagamenti dei debiti alle imprese.«Anche Zanonato ha capito che l’Imu sulla prima casa va cancellata e che l’Iva non può aumentare», ha ironizzato Gasparri
Ma l’opzione dell’abolizione completa non è data per scontata a Palazzo Chigi da dove i collaboratori del premier, Enrico Letta, sottolineano come l’obiettivo resti quello del «superamento» della forma attuale della tassa, espressione che lascia aperte un po’ tutte le ipotesi da sondare entro la fine di agosto.
Più determinazione c’è invece negli ambienti governativi sull’Iva, anche perchè la nota diffusa giovedì dalla cabina di regia indica chiaramente la volontà dell’esecutivo di individuare «coperture» per la sterilizzazione del rincaro.
Anche in questo caso entro il 31 agosto
Il rebus Iva-Imu potrà trovare qualche prima indicazione oggi, quando al ministero del Tesoro si terrà un vertice tra i rappresentanti dei partiti della maggioranza e il governo per una ricognizione su misure da prendere per sciogliere il nodo fiscale e per individuare le relative coperture.
E’ proprio quello delle risorse in realtà il tema principale perchè un intervento di azzeramento costa 4 miliardi per quest’anno che con lo stop al rincaro Iva arrivano a cinque.
Dove trovarli? Il rilancio della spending review, avviato in Parlamento, e i propositi di Saccomanni sulla valorizzazione degli asset pubblici, potrebbero fornire benzina.
Ma sul tavolo ci sono anche i due temi portati da Letta nella recente intervista a Ballarò: il risparmio per la spesa per interessi e il maggior gettito dovuto all’Iva dei pagamenti della pubblica amministrazione.
Se tuttavia si sceglierà la strada del «superamento», ovvero della sintesi tra le due tesi contrapposte, una delle opzioni che viene maggiormente sponsorizzata nelle ultime ore, almeno tra i ranghi del Pd, è quella tax service che ingloberebbe Imu, Tares e potrebbe assorbire anche l’addizionale comunale Irpef.
Naturalmente l’intervento non potrebbe che essere in tappe successive, data la complessità della materia: la nuova base imponibile sarebbe composta infatti da un mix di rendita catastale, componenti nucleo familiare e metri quadrati.
L’altra soluzione è quella dell’innalzamento delle detrazioni da 200 a 600 euro in modo da esentare l’85% dei contribuenti: costa 3,2 miliardi ed è ben vista da Fassina e Brunetta.
La terza ipotesi, emersa nel dibattito in Commissione Finanze del Senato, è quella di esentare chi ha un reddito Isee inferiore ai 15 mila euro: in questo modo non pagherebbe il 75% dei contribuenti (costo 2,8 miliardi).
Infine, come ha detto il ministro Delrio, allargare il criterio delle case di pregio (quelle che continueranno a pagare) estendendolo ad altre tipologie esentate al momento del rinvio di giugno.
Intanto, potrebbe arrivare a breve, forse prima dell’estate, un decreto congiunto dei ministeri dell’Economia e dello Sviluppo, per favorire la diffusione della moneta elettronica come arma contro l’evasione fiscale.
Le misure mirerebbero a ridurre le commissioni per l’utilizzo delle carte di credito, soprattutto per i pagamenti particolarmente bassi, e ad incentivare la diffusione dei pos anche tra i commercianti.
Roberto Petrini
(da “La Repubblica“)
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