Destra di Popolo.net

ENRICO E GIANNI LETTA SFIORATI DALL’INCHIESTA SUL CONSORZIO DEL MOSE

Luglio 18th, 2013 Riccardo Fucile

AL CENTRO DELL’INDAGINE IL CONSORZIO DI IMPRESE DELLA CITTA’ LAGUNARE, TRA REGALI E CONTRIBUTI

Per Gianni spunta un biglietto a sua firma in cui ringrazia “per il regalo ricevuto” il finanziere Roberto Meneguzzo, al vertice della holding di Vicenza “Palladio Finanziaria”, che ha subito una “visita” da parte delle Fiamme gialle.
Mentre per il presidente del Consiglio c’è la perquisizione della sede romana del suo think net “VeDrò”, e dell’abitazione del tesoriere Riccardo Capecchi. Proprio “VeDrò” aveva ricevuto delle sponsorizzazioni dal Consorzio nel 2011 e nel 2012.
Una tegola che arriva in un momento in cui il governo Letta ha appena superato tra mille difficoltà  le tensioni del caso kazako. Tanto che nel Pd qualcuno pensa che sia un’operazione a orologeria volta a far traballare ulteriormente l’esecutivo.
Ora, come sottolinea il quotidiano la Nuova Venezia, a Enrico Letta gli investigatori veneziani sono arrivati, sempre indirettamente, perquisendo l’ufficio nella sede romana della fondazione “VeDrò”, che fa capo all’attuale capo del Governo, e l’abitazione del tesoriere Riccardo Capecchi.
Nel decreto di perquisizione firmato dal pubblico ministero Paola Tonini, che coordina le indagini, è spiegato il motivo delle numerose visite, comprese quella alla fondazione del premier e al suo tesoriere.
“Ritenuto di dover accertare” si legge ” se sia stato osservato un criterio equitativo e di imparzialità  dispone l’acquisizione di tutta la documentazione pertinente alle opere, ovvero alle consulenze o finanziamenti, assegnate dal Consorzio Venezia Nuova direttamente o per il tramite di società  intermedie o persone fisiche”. E la fondazione “VeDrò” è uno di quegli istituti che ha usufruito delle sponsorizzazioni del Consorzio veneziano nel 2011 e nel 2012.”
La Nuova Venezia poi aggiunge:
Niente di illecito nel dispensare contributi, ci mancherebbe. Anche se Letta, ricordano i comitati antiMose, fu nel 2006 il coordinatore della commissione insediata da Prodi – di cui era sottosegretario – che aveva bocciato tutte le alternative al Mose proposte dal Comune e dal sindaco Massimo Cacciari.”
Il nesso politico con questa indagine è tuttavia più recente.
Tra le opere più urgenti che per il governo Letta il Cipe deve finanziare c’è il sistema per difendere Venezia dalle acque alte.
A sottolinearlo il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi nella presentazione del suo programma. Già  il governo Berlusconi aveva visto nel Mose un’opera strategica. Come ricorda il Corriere della sera
“L’ex Finanziaria per il 2013 aveva infatti stanziato un miliardo e 150 milioni di euro per il sistema dal 2013 al 2016 (da cui però ne andavano tolti 57,5, cioè il 5 per cento, per i Comuni di Venezia, Chioggia e Cavallino-Treporti) e poi assicurava una prossima delibera del Cipe per assegnare finalmente quei 50 milioni di finanziamento della legge speciale che risalgono ancora al Comitatone del 2011: servirono i pugni sbattuti sul tavolo da Giorgio Orsoni e la comprensione di Gianni Letta (all’epoca governava Silvio Berlusconi) per portare a casa il risultato. Per entrambi gli stanziamenti servivano però i timbri del Cipe ed è per questo che il messaggio lanciato da Lupi ha un suo peso. Nelle sue schede il ministro ha ricordato che per completare il Mose mancano 1,550 miliardi, che saranno coperti dai fondi della legge di stabilità . ”

(da “Huffington Post”)

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IMU E IVA, COME SEMPRE TUTTO RINVIATO AD AGOSTO

Luglio 18th, 2013 Riccardo Fucile

ENNESIMO NULLA DI FATTO NELLA RIUNIONE DELLA “CABINA DI REGIA” CON I VERTICI DEL GOVERNO

Un altro rinvio.
Governo e maggioranza confermano «l’impegno a fornire soluzioni strutturali per il superamento dell’Imu sulla prima casa nell’ambito di una revisione della tassazione sugli immobili» entro il 31 agosto.
È quanto si legge nella nota di Palazzo Chigi al termine della riunione della “cabina di regia” a cui hanno preso parte la delegazione dell’esecutivo, guidata da Enrico Letta, e i capigruppo della maggioranza.
Non solo l’Imu, ma l’esecutivo si impegna, sempre entro il 31 agosto, «a imprimere un’accelerazione al pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione, a fornire soluzioni strutturali per il superamento dell’Imu sulla prima casa nell’ambito di una revisione della tassazione sugli immobili, a individuare le coperture per evitare l’aumento dell’Iva che scatterebbe dal 1 ottobre, ad attuare provvedimenti in materia di ammortizzatori sociali e questione-esodati. Il tutto – conclude la nota – sarà  finalizzato anche a definire strategie che saranno contenute nella Legge di Stabilità ».
Il solito politichese se serve solo a innervosire il popolo italiano.
Emblematico il commento di Daniele Capezzone, presidente Commissione Finanze della Camera e coordinatore dei dipartimenti Pdl,   che invita al «coraggio» per individuare le coperture finanziarie per le misure.
Come se fossero sufficienti frase fatte per risolvere i problemi della crisi del nostro Paese.

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SALVATE IL SOLDATO MATTEO. DA SE STESSO

Luglio 18th, 2013 Riccardo Fucile

IL RISCHIO DI DISPERDERE IN UNA ALLUVIONE DI DICHIARAZZIONI FRITTO MISTO LA SIMPATIA ACCUMULATA

È arrivato mezzogiorno, e taceva. Si sono fatte le tre, e taceva. È trascorso il meriggio, e taceva.
Al calar della sera galleggiava nell’aere un’inquietudine leggera: perchè non parla? Erano mesi, infatti, che non faceva mancare la sua parola per un’intera, lunghissima, interminabile giornata.
Alle 19.43, giusto per i Tg, Matteo Renzi ha finalmente rotto il silenzio. Ed è venuto giù, come sempre, il diluvio.
Sia chiaro, le cose che ha detto sono serissime.
Di più, condivisibili: «Io sto con le forze dell’ordine. Perchè scaricare su servitori dello Stato tutte le responsabilità  senza che venga mai fuori un responsabile politico è indegno per la politica. E per l’Italia».
C’è chi dirà , a destra, che non è andata così e che Alfano è stato davvero menato per il naso dai funzionari e che anche questa sortita dell’astro fiorentino fa parte della lunga campagna elettorale che ha nel mirino come obiettivo immediato Enrico Letta.
Sia chiaro anche che, con tanti compagni di partito che da anni gli ripetono «sta’ zitto, lascia parlare i grandi» con l’aria dei vecchi barbieri che mettevano in riga i «ragazzi spazzola», il sindaco di Firenze ha ottime ragioni per non tacere.
Le premure esercitate su di lui perchè se ne stesse «bono bonino» ad aspettare il suo turno (domani, posdomani o forse nel 2036 quando in fondo avrà  solo l’età  di Bersani…) sono state talmente tante che solo la Beata Teresa Manganiello, che fece il voto del silenzio perpetuo, avrebbe potuto tacere.
Detto questo, per amor di Dio, salvate Renzi da Renzi.
Proprio chi pensa che non sia per niente leggerino e che dietro l’aria sbarazzina si regga su una spina dorsale d’acciaio (quell’ambientino che è il partito buro-geronto-democratico si sarebbe ingoiato qualunque altro «ragazzino» quarantenne avesse osato affacciarsi) si chiede infatti: ma non parlerà  un po’ troppo?
Insomma, a forza di esibirsi non solo su battaglie giuste ma su un ventaglio incontenibile di varia umanità , non finirà  per passare, per dirla coi vecchi fiorentini, per un «cianciatore»?
Col rischio di disperdere in una alluvione di dichiarazioni misto fritto il patrimonio di simpatia, fiducia, credibilità  accumulato?
Per dare un’idea: nell’ultimo anno, stando alla banca dati della Camera, ha dato 60 interviste.
Una ogni sei giorni.
Senza contare quelle ai giornali, alle televisioni e alle radio locali.
Un record difficile da battere.
La sola Ansa nel solo ultimo anno ha lanciato, con Renzi nel titolo, 4357 notizie. Molte di più di quelle dedicate a Giorgio Napolitano (4294) e perfino a papa Francesco, che pure rappresenta una «novità » addirittura più grande e vistosa che non l’irruzione del sindaco.
Certo, molto spesso Renzi non è il soggetto ma l’oggetto di parole altrui.
E c’è chi lo ama e chi lo disprezza, chi lo attacca e chi lo difende… Il più delle volte, però, è lui che accusa, esulta, ammonisce, vezzeggia, invita, denuncia, ipotizza, ammicca, esorta, s’indigna…
Un mucchio di volte ha il merito di dire cose che vanno prese sul serio.
Sulla necessità  di svecchiare (anche se pare avere accantonato il verbo «rottamare») la classe dirigente del Paese, di dare più spazio alle donne, di procedere a riforme radicali perchè sono decenni che andiamo avanti coi piccoli passi finendo per restare fermi, di cambiare subito al Senato, di abolire le Province, di puntare sulla ricerca e così via…
Tutti temi sui quali ha spesso ragione da vendere e ha spalancato varchi importanti per parlare a un elettorato col quale la sinistra non era mai riuscita ad aprire un dialogo. E di questo, piaccia o no a chi fa le battutine («Renzi è la cosa più di destra nata a sinistra») gli va reso merito.
È un uomo che divide? Sicuro.
Basti leggere quanto dice in tema di lavoro: «Per me è più di sinistra pensare a chi non ha lavoro che discutere delle tutele più o meno corrette per chi invece il lavoro ce l’ha. So che non è la linea della Cgil e che parte del gruppo dirigente della Cgil mi detesta. Ma la penso così». Ha ragione? Ha torto?
Opinioni libere: ma ha il merito d’essere chiaro. E Dio sa quanto ne abbiamo bisogno.
In parallelo a questi quotidiani affondi su tutti i temi centrali, però, il giovane leader nascente si è esibito in una lista infinita di show.
Ed ecco uscire biografie in cui il parroco don Giovanni Sassolini narra che il giovinetto seguì «con entusiasmo tutto il percorso da lupetto a capo» negli scout amati in famiglia e che «a una riunione dei capi del Valdarno rottamò in pubblico le idee del babbo Tiziano» e che l’amico Paolo Nannoni ricorda come «imparò a leggere il giornale a cinque anni» e che quando cominciò la primina «sapeva già  leggere e scrivere e tenere di conto» e che il babbo «due volte l’anno con la moglie va a far visita alla Madonna di Medjugorje» e che lui stesso, Matteo, rammenta «che la mamma lo ha incantato raccontandogli la vita di Bob Kennedy».
Ed eccolo ancora in un servizio su Chi , calzoncini e petto nudo, mentre corre su un campetto con moglie e figli, subito sbeffeggiato da Dagospia insieme con il direttore del settimanale Alfonso Signorini: «Alfonsina la pazza dedica quattro pagine a Matteuccio che gioca a calcio, panzetta all’aria (…) Uno spottone al lato family del prossimo leader di Pd e Pdl…».
Per non dire di una leggendaria copertina su Oggi dove abbracciava le nonne Maria e Anna Maria col titolo: «Rottamerò quei politici (non le mie nonne)».
È la nuova politica, baby…
L’importante è esserci. Sempre. Sempre. Sempre.
Marcando il proprio distacco, il giorno del delirio sulla bocciatura di Franco Marini al Quirinale, con il tweet: «Tutti in Piazza Dalmazia a inaugurare il nuovo fontanello!». Esultando per l’arrivo alla Fiorentina di Gomez: «Straordinario. Ho mandato un messaggino a Pep Guardiola per dirgli grazie».
Dichiarando guerra ai graffitari: «basta scrivere sui muri».
Augurando a Enrico Letta di durare ma punzecchiandolo tutti i sacrosanti giorni. Chiedendo al governo di trasformare le caserme in condomini per giovani coppie. Censurando i giudici Usa: «Da amico dell’America mi vergogno della sentenza Zimmerman».
Una pioggia di Ansa con lui nel titolo lunedì, uno scroscio martedì, un diluvio ieri… Quando, dopo avere buttato quel petardo tutto politico nel mezzo dell’affare kazako, ha dettato una dichiarazione per le pagine sportive: «Sono molto intrigato dal tipo di gioco che mister Montella riuscirà  a mettere in campo…».
Ah, ecco cosa mancava…

Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera“)

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L’ITALIA NON POTEVA ESPELLERE UNA BAMBINA DI SEI ANNI: E’ VIETATO DALLE CONVENZIONI ONU SUI DIRITTI DELL’INFANZIA

Luglio 18th, 2013 Riccardo Fucile

NELLA VICENDA DEL SEQUESTRO DI ALMA, NESSUNO HA PENSATO CHE LA FIGLIA DOVEVA ESSERE GARANTITA DALLA CONVENZIONE ONU… L’ITALIA RISCHIA UNA CONDANNA DI FRONTE ALLA CORTE DEI DIRITTI DELL’UOMO, ENNESIMA MISERABILE FIGURA PER IL NOSTRO PAESE

Parafrasando Gadda, quer pasticiaccio brutto di Casal Palocco contiene un ulteriore elemento di estrema gravità  che poco è stato sinora evidenziato.
Nell’informativa letta dal ministro degli Interni in senato si parla del «rimpatrio delle due donne kazake», omettendo, all’interno di questa formula burocratica, una verità  scomoda: che una delle due «donne kazake» è in realtà  una bambina di sei anni e che, dunque, per la Convenzione Onu sui Diritti dell’infanzia sottoscritta dall’Italia nel 1989 non era possibile in nessun caso espellerla.
Tra gli obblighi derivanti al nostro paese da quella Convenzione questo dato emerge in modo chiarissimo.
La Convenzione, infatti, prevede una serie di strumenti e dispositivi per ottemperare alla sua funzione principale che è quella del «maggior interesse del bambino».
Detto altrimenti e con chiarezza, nessun equilibrismo istituzionale o politico può cancellare questo principio di civiltà  giuridica, e dunque il diritto di questa bambina non solo a non essere espulsa dall’Italia ma ad essere attivamente protetta e tutelata. Questo è il punto che non si chiude con una semplice informativa.
Possibile che le forze di polizia non ne fossero consapevoli?
Possibile che, pur nella situazione di estrema opacità  della vicenda, nessuno si sia posto il problema?
Possibile che una violazione così grave e palese non abbia suscitato un’eco politica di pari livello?
Le responsabilità , a questo punto, sono di tutto il governo e del parlamento.
Violare così palesemente una Convenzione internazionale, e giustificarlo con vaghi «non sapevo», o sottraendosi alle responsabilità  che ne derivano, non aiuta in nulla l’Italia ad essere considerata un paese «affidabile».
Le forze parlamentari, di maggioranza e di opposizione, il governo, dovrebbero sapere che non basta avere i conti economici a posto o una tripla A per potersi presentare «con i compiti fatti», a livello internazionale ed europeo; esiste anche una rating di altro tipo che viene dato ad una nazione dalle organizzazione per la difese dei diritti umani e che contribuisce non poco, anche se in modo diverso, alla serietà  di un sistema paese.
Non sappiamo adesso cosa succederà  alle «due donne kazake», nè possiamo anticipare le mosse dei legali di parte.
Ma una cosa è possibile dirla con certezza: se decidessero di aprire un procedimento legale presso la Corte dei Diritti dell’Uomo contro il nostro paese certamente vincerebbero.
Invitiamo dunque il governo e le forze parlamentari a non mettere la vicenda a tacere, a non derubricarla come l’ennesimo episodio di subalternità  politica dell’Italia a potentati che possono agire sul nostro territorio servendosi delle sue forze dell’ordine, ma a seguire con attenzione questa oscura vicenda per mettere in essere tutte le prerogative di un paese democratico e di uno stato di diritto allo scopo di rendere a questa bambina, e a sua madre, la giustizia che le è dovuta.

Raffaele K Salinari

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“PD ADDIO, NON HO ADERITO A UN PARTITO COMPLICE DI ATROCITA'”

Luglio 18th, 2013 Riccardo Fucile

LA LETTERA DI UN ISCRITTO: “PER FAR SOPRAVVIVERE UN GOVERNO NON SACRIFICO DUE DONNE INDIFESE”

Sono un iscritto Pd di Butera in provincia di Caltanissetta e vorrei esprimere la mia indignazione riguardo il caso di Alma e Aluà .
Mi chiedo: come è possibile che il “MIO” partito, erede della consolidata tradizione democratica del Pci e della Dc, possa avallare o rendersi complice di una così abominevole atrocità ?
Tutti siamo abbastanza consapevoli di come e quanto la base del partito disapprovi questo governo.
Mai, quindi, potrà  tollerare che alla sua sopravvivenza siano sacrificate due donne (una bambina!) indifese.
Spero vivamente che il Pd si attivi in modo concreto (e non ipocritamente) per restituire loro la libertà  e/o la rimozione con disonore dei ministri coinvolti.
In caso contrario, sarò costretto a restituire la tessera: la mia dignità  mi impedisce di continuare a stare nello stesso partito con coloro i quali, non solo non riescono ad impedire simili violazioni dei diritti umani, ma addirittura se ne rendono complici coprendo gli autori.

Mario Grazio Navarra
(pubblicata da “il Fatto Quotidiano“)

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BERLUSCONI: “NESSUNA VICINANZA AL LEADER KAZAKO, RACCONTO FANTASIOSO”… “IL FATTO” CONFERMA: “O HA LA MEMORIA CORTA O SI INVENTA COSE MAI ACCADUTE”

Luglio 18th, 2013 Riccardo Fucile

IL QUOTIDIANO STAMANE AVEVA PARLATO DI UN INVITO NELLA DACIA DI NEZARBAYEV CON 30 RAGAZZE SEMINUDE… MA E’ STATO IL CAVALIERE A RACCONTARLO E DOMANI IL QUOTIDIANO PROMETTE ALTRE TESTIMONIANZE

“Ancora una volta si cerca invano di attribuirmi una stretta vicinanza al presidente del Kazakistan Nazarbayev”, ha dichiarato Silvio Berlusconi.
“Stamani Il Fatto Quotidiano riporta un fantasioso racconto su un mio presunto incontro con Nezarbayev ad Astana precedente al 2009. Tutto falso”.
“L’unica visita ad Astana prima del 2009 si svolse infatti, di passaggio, al rientro dal vertice del G8 di Tokyo. In quella circostanza, come risulta dalle fonti ufficiali, la delegazione italiana al completo si trasferì dall’aeroporto al Palazzo presidenziale di Astana per un breve lasso di tempo, appena tre ore”, ha aggiunto. “La seconda visita nella capitale del Kazakhstan si svolse nel 2010, quindi dopo la data del presunto e fantasioso racconto riportato da Il Fatto Quotidiano, in occasione del vertice dei Paesi dell’Ocse“.
Berlusconi ha concluso ricordando che “già  si è tentato, nei giorni scorsi, di attribuirmi un ulteriore recente incontro con Nezarbayev in Sardegna, incontro che non c’è stato nel modo più assoluto. Questi sono i fatti, tutto il resto è un tentativo di coinvolgermi senza alcun fondamento nelle vicende politiche degli ultimi giorni”.

La risposta del Fatto quotidiano

La smentita di Silvio Berlusconi sulla modalità  del suo incontro con il presidente kazako Nazarbayev riferito al Fatto quotidiano dall’ex parlamentare Claudio Barbaro, apre due scenari: o l’ex premier ha la memoria corta o ha utilizzato la sua fantasia per conquistare la platea da lui intrattenuta in occasione della candidatura italiana ai Mondiali di basket.
In ogni caso domani il Fatto riporterà  altre testimonianze legate alla vicenda, oltre a nuove rivelazioni sui rapporti tra i due leader.

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INTERVISTA A RENZI: “SONO STUFO DI QUESTO PD”

Luglio 18th, 2013 Riccardo Fucile

“MA NON VOGLIO FAR CADERE QUESTO GOVERNO”

«Basta, mi sono stancato». Dopo una giornata cominciata male per la lettura dei giornali e proseguita peggio per le accuse di essere alla ricerca di un pretesto per aprire la crisi, Matteo Renzi si siede di fronte al pc a Palazzo Vecchio e si sfoga sulla newsletter personale: «Non voglio far saltare il governo. Se cade Letta non si vota. E se anche si formasse un nuovo governo, non sarei candidabile».
Una presa di posizione divenuta indispensabile per la tensione cresciuta sul giallo kazako.
Ma che non esaurisce i motivi di arrabbiatura del sindaco di Firenze.
Appena pubblicata la newsletter, rincara la dose al telefono: «Sono stufo di questo fuoco di sbarramento incomprensibile su ogni cosa che faccio. Se non devo partecipare al congresso lo dicano, ma non strumentalizziamo per vicende del Pd una bimba di sei anni che è stata presa dalle forze speciali».
Renzi vorrebbe parlare di Europa e dell’ormai celebre visita alla Merkel. Ma la cronaca politica lo sconforta al punto da annunciare che, dopo la Cancelliera, interromperà  il giro esplorativo che aveva avviato con i leader internazionali. «Mi auguro che questo serva a far sì che dentro il Pd qualcuno faccia una riflessione: andare avanti con questo clima di guerriglia permanente è davvero incomprensibile».
Sul caso Shalabayeva lei chiede che non paghi solo la polizia e dice di non volere la caduta del governo. Ma cosa deve fare Letta sul caso Alfano: il vicepremier deve lasciare, come chiedono i parlamentari a lei vicini?  
«Non faccio una questione Alfano o non Alfano, altrimenti diventa tutto strumentale, non sono alla ricerca di un capro espiatorio. Non si può affrontare la vicenda di una signora e di una bambina di sei anni rimpatriate a forza, dando la colpa alle forze dell’ordine o gestendo il tutto come una gigantesca strumentalizzazione correntizia del Pd verso il congresso, in difesa del proprio capodelegazione. Questa è una questione di libertà ».
Cosa chiede a Letta?
«Gli dico: “Vai in aula a dire la tua”. Non mi metto a fare il capofila di quelli che vogliono le elezioni o il capofila degli altri. Facciamo un punto di forza di questa vicenda, che ora è un punto di debolezza».
A cosa è dovuta l’arrabbiatura che si respira nella newsletter?  
«È vergognoso che per tutto il pomeriggio almeno una trentina di deputati del Pdl, Giovanardi in testa, abbiano fatto dichiarazioni contro di me, e anche una decina del Pd. Fanno di tutto per buttarmi dentro le loro vicende quotidiane, cercano un alibi. Ho una notizia per loro: non sono disponibile a essere il loro alibi. Se sanno governare governino, se non sono capaci non governino, non vedo il problema».
Parliamo della Merkel. Il suo incontro dei giorni scorsi a Berlino è stato un altro motivo di polemica. Come è nato?  
«Tutto è partito dall’intervista che mi avete fatto voi de “La Stampa” ad aprile con altri cinque giornali europei, tra cui la tedesca “Sà¼ddeutsche Zeitung”. Ne è nato un rapporto diretto con lo staff della Cancelliera. Quando il presidente Letta ha incontrato la Merkel, mi ha detto: “Abbiamo parlato anche di te, ha letto l’intervista, alla prima occasione ne parliamo”. Mi sono visto poi a cena a casa di Letta, che mi ha incoraggiato a fare incontri internazionali».
Di cosa avete parlato con la Cancelliera?  
«In primo luogo, sono andato con un’idea di Europa che non è quella che vedo esprimere qui, dove il massimo che i nostri politici sanno dire è: “Non dobbiamo fare la fine della Grecia”. Serve un’idea di Europa in positivo per le prossime generazioni. È possibile oggi immaginare un’Europa che non sia vista come avversario? Possiamo vedere Paesi come la Germania in alcuni casi anche come modello? Per esempio sul tema del lavoro e della formazione professionale, possiamo dire che i tedeschi sono più avanti di noi? È possibile pensare che possiamo copiare da loro qualcosa?»
Dice Grillo che lei è andato a baciare l’anello alla Merkel.
«No, sono andato a parlare delle nostre aziende che nonostante la crisi sono ancora straordinariamente forti e con il potenziale per fare meglio».
D’Alema però si aspetta che lei abbia parlato alla Merkel anche di altro. “L’importante – ha detto – è che le abbia detto con chiarezza che la sua politica è sbagliata e dannosa”. È quello che le ha detto?
«D’Alema ha un ruolo importante nell’internazionale socialista e in questo suo giudizio ha sicuramente un peso il prossimo voto in Germania. Mi chiedo se abbia usato lo stesso tono quando da segretario Pds incontrò Kohl negli anni Novanta: non so se gli abbia detto con chiarezza che la sua politica era sbagliata».
Prossime tappe del tour europeo? Francia e Gran Bretagna?  
«No, mi sono stancato, non credo che continuerò questo giro. Sono veramente amareggiato e anche deluso dell’atteggiamento del gruppo dirigente del mio partito, che non perde occasione per aprire una polemica con me. Non capisco, mi fa cadere le braccia un atteggiamento che deriva nel risentimento personale. Sto riflettendo molto. A guardare i giornali dell’ultima settimana, sembra che abbia attentato alla vita del governo almeno quattro volte. C’è un limite a tutto. Mi auguro che nel Pd qualcuno faccia una riflessione».

Marco Bardazzi
(da “La Stampa“)

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LO SPIEGEL: “PRODI RICEVE UNO STIPENDIO MILIONARIO DA NAZARBAYEV”

Luglio 18th, 2013 Riccardo Fucile

IL GIORNALE TEDESCO RIVELA CHE PRODI E’ MEMBRO DELL’INTERNATIONAL ADVISORY BOARD DEL LEDEAR KAZAKO… RISALE AL 23 MAGGIO L’ULTIMA SUA VISITA NEL PAESE

Silvio Berlusconi non è l’unico politico italiano ad avere rapporti con Nursultan Nazarbayev.
Un articolo pubblicato a marzo da Spiegel International punta i riflettori sul legame tra l’ex premier Romano Prodi e il dittatore kazako.
“Per essere un tiranno, il signore del Kazakistan ha a sua disposizione alcuni insoliti sostenitori: gli ex cancellieri tedesco e austriaco Gerhard Schrà¶der e Alfred Gusenbauer, gli ex primi ministri britannico e italiano Tony Blair e Romano Prodi, così come l’ex presidente polacco Aleksander Kwaniewski e l’ex ministro degli interni tedesco Otto Schily”, afferma il quotidiano, ricordando che “tutti costoro sono membri nei loro Paesi di partiti socialdemocratici”.
Gusenbauer, Kwaniewski e Prodi, prosegue lo Spiegel, “sono ufficialmente membri dell’Intenarnational Advisory Board di Nazarbayev. Si incontrano diverse volte ogni anno, nella più recente occasione all’inizio di marzo nella capitale kazaka Astana, e ciascuno di loro percepisce onorari annuali che raggiungono le sette cifre”.
Secondo la stampa britannica, l’ex primo ministro britannico Blair, pure lui advisor, “riceve ogni anno compensi che possono arrivare a 9 milioni di euro (11,7 milioni di dollari)”.
“Schrà¶der, per quanto lo riguarda, nega di essere membro dell’Advisory Board. Ciononostante, egli s’incontra di quando in quando faccia a faccia con l’autocrate venuto dalle steppe asiatiche ed elogia il Kazakistan come un “Paese internazionalmente riconosciuto e aperto”.
Nel novembre del 2012, Schrà¶der si congratulò col Kazakistan in quanto Paese scelto per ospitare l’Expo 2017, che egli descrisse come il “prossimo passo verso la modernizzazione”.
“Il fatto che un diplomatico tedesco si inchini davanti ai kazaki fino a tale punto è già  abbastanza brutto”, dice la deputata dei Verdi Viola Von Cramon.
“Ma peggio ancora, sottolinea, è il fatto che politici come Schrà¶der, Schily, Prodi e Blair si lascino coinvolgere negli interessi di Nazarbayev. “Specialmente perchè ora il suo regime sta diventando sempre più severo. Ma grazie all’influenza dei lobbisti occidentali, poco di quello che succede oltrepassa i confini”.
L’ultimo incontro tra Prodi e Nazarbayev risale al 23 maggio, una settimana prima del blitz che ha portato all’espulsione della moglie e della figlia del dissidente kazako. Con un discorso di dieci minuti al Palazzo dell’indipendenza di Astana, capitale del Paese, l’ex premier ha parlato dei problemi dell’Eurozona, dopo l’introduzione di Nazarbayev.
E, come spiega Panorama, “dal 2011 ha fatto visita tre volte l’anno, mantenendo ottimi rapporti con il dittatore”.
Per definire gli intrecci tra i due Paesi, prosegue il settimanale, bisogna invece tornare al 1997.
Il 4 maggio l’ex leader comunista, padre padrone del Paese, viene decorato con il Gran cordone, la più alta onoreficenza concessa dal Quirinale, su proposta di Prodi, allora presidente del Consiglio.
Nel 2000 viene poi scoperto il giacimento di Kashagan e l’Eni entra subito nel consorzio per lo sfruttamento.
Risale invece al 2009 la firma del trattato tra Italia e Kazakistan, con Berlusconi presidente. E oggi l’Italia è il terzo partner commerciale del Paese, dopo Cina e Russia.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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BERLUSCONI HA PRONTO UN PIANO B: LUPI AGLI INTERNI E GELMINI AI TRASPORTI

Luglio 18th, 2013 Riccardo Fucile

AVANTI CON ALFANO, MA SE DOVESSE CADERE NIENTE ELEZIONI E CAMBIO DELLA GUARDIA AL VIMINALE

Alfano non si tocca? Facile a dirsi, più difficile a farsi.
Soprattutto sulla lunga distanza.
Ieri, improvvisamente, la partita politica intorno al caso kazako è finita dritta nel campo del Pd, ormai a un passo dalla deflagrazione finale e Berlusconi ha avuto buon gioco a restare a guardare gli avversari contorcersi nelle loro faide precongressuali, ma la sorte del bersaglio Alfano è stata al centro della sua giornata.
Ieri, infatti, pontieri Pd avevano portato avanti una soluzione politica apparsa però — da subito — non percorribile: “Togliere le deleghe ad Alfano”.
Sarebbe rimasto vicepremier, ma l’idea è stata cestinata subito dallo stesso Berlusconi, che pure l’ha valutata direttamente. “Non la reggiamo — spiegava ieri alla Camera un ex ministro vicino al Cavaliere — perchè Alfano è anche segretario del partito, e vicepremier. Non è un semplice ministro”.
Un intreccio di pesi e contrappesi troppo complicato per pensare di chiuderlo in modo tanto bizantino.
Per di più, Berlusconi di problema ne ha anche un altro: se mai Alfano dovesse cadere, i “falchi” prenderebbero immediato sopravvento nel partito, rendendo impossibile la sua gestione politica e, di fatto, costringendolo ad accelerare verso la formazione della nuova Forza Italia per ora ancora parcheggiata nei sogni di Daniela Santanchè.
Ecco perchè ieri sera ha convocato Brunetta, Verdini, Schifani e proprio la Santanchè per valutare i vari punti di caduta.
Alfano è arrivato più tardi. Alla fine, la linea uscita dal vertice è che non esiste alcuna possibilità  di sostituzione di Alfano o di remissione delle deleghe, non c’è alcuna exit strategy, “il congresso del Pd — ha detto risoluto Denis Verdini — non si consuma sulla testa del Pdl, dunque Alfano non farà  alcun passo indietro”.
Insomma — ecco il messaggio — che il Pd provi a sfiduciarlo.
Ma sulla lunga distanza, di fronte all’ipotesi di elezioni, il Cavaliere potrebbe — invece — anche “sacrificare” Alfano per la tenuta dell’esecutivo con lo spostamento di Maurizio Lupi al ministero dell’Interno (naufragata l’ipotesi Frattini) e la “promozione” di un altro esponente pidiellino alle Infrastrutture (il nome che circola è quello di Mariastella Gelmini).
Insomma, un rimpasto. Con il placet di Letta a cui si sta lavorando.
L’ex capo del governo ancora una volta si troverà  di fronte due linee, quella più soft e quella dei falchi pronti a chiedere, in caso di sfiducia al titolare del Viminale, anche la “testa” di Emma Bonino.
Che in serata è salita al Quirinale, dove sono rivolti gli sguardi di tutti, Berlusconi compreso.
Oggi è atteso il discorso del Capo dello Stato alla cerimonia del Ventaglio e stando alle indiscrezioni non si esclude che Napolitano possa fare un duro richiamo al senso di responsabilità  ed alla necessità  che il Paese possa contare su un governo stabile. Che, però, non può essere più questo.

Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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