Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
NUOVA POLEMICA NEL MOVIMENTO CINQUESTELLE
«If». Il deputato Cinque Stelle Ivan Catalano, (divorato dall’antico dilemma: vale di più il mio onore o la serenità di chi mi sta a fianco?), ha scoperto la sindrome di Rudyard Kipling.
Che cos’è che fa di un deputato un uomo, figlio mio?
Ci ha pensato un sacco, Catalano. Lacerato dai dubbi, divorato dai sensi di colpa, schiacciato dall’insostenibile fardello di chi è costretto a scegliere tra il bene e il giusto, ha trovato la sua complicata sintesi astenendosi dal restituire mezza indennità e diaria in eccedenza per devolvere il gruzzoletto a una più nobile, umanitaria e sconosciuta causa.
«Mi sono trovato a un bivio. Da una parte il codice di comportamento 5 Stelle dall’altra la mia incapacità di ignorare i bisogni primari di persone a me vicine».
Familiari, amici, dirimpettai? Chi lo sa. La privacy è privacy.
In ogni caso «un uomo», avrebbe detto Kipling. Contraddicendo l’idea di un folto gruppo di cittadini parlamentari, che per mesi hanno restituito ottomila euro a botta, contro la media di cento euro del ventiseienne collega lombardo.
«Tra una cosa e l’altra si è messo in tasca settantamila euro».
Bugia? Verità ? E, soprattutto, fessi loro o davvero iellato lui?
Nell’incertezza – e forse sentendo la malinconia dei bei tempi andati, quando i dissidenti finivano alla sbarra senza tanti complimenti – i deputati Cinque Stelle hanno chiesto spiegazioni.
«Se non le dà è fuori». Perciò, ieri sera, si sono ritrovati in un’auletta di Montecitorio e hanno inscenato il primo atto del processo. «Ivan, che ti prende?».
Catalano, che entrando nel Palazzo aveva un’espressione immobile da museo delle cere, si era preparato la risposta con cura. Una cosa del tipo: ho peccato, ma non per me, e presto vi restituirò ogni singola moneta.
E quando l’ha detto i suoi occhi, nell’ombra, hanno brillato di una luce verdastra come quelli dei gatti. «Non ho intenzione di lasciare il Movimento». Era convinto che quelle frasi fossero destinate a suscitare solidarietà e invece gli onorevoli-cittadini-portavoce si sono limitati a guardarlo contrariati. «Davvero rendi?». «Rendo».
Un comportamento almeno più cortese di quello tenuto dai militanti in rete.
Venuti a conoscenza dell’incresciosa questione l’avevano lapidato. «Venduto». «Opportunista». «Vigliacco». Tenerezze di questo tipo. E anche molto peggio.
Il consueto «metodo Boffo» 2.0 alimentato da una serie di dichiarazioni passate del deputato lombardo non esattamente in sintonia con la linea Grillo-Casaleggio.
Aperture al Pd. Solidarietà a Orellana. Attacchi ai responsabili della comunicazione Cinque Stelle.
Come se avesse voglia di farsi cacciare. Edmond Dantès del Conte di Montecristo alla disperata ricerca di una via di fuga.
Che ancora non gli si è dischiusa. Perchè il Movimento ha scoperto la pazienza, avendo capito che ogni espulsione si trasforma in un autogol.
Gli irrequieti, irascibili, scombinati riottosi, in fin dei conti nel Palazzo li hanno portati loro.
Sono questi i dirigenti a cui volete dare in mano il Paese?
Catalano, nel frattempo, rimane incollato al suo velenoso mondo antico. «Ero e resto fiducioso. La mia è una questione risolvibile».
E lo dice placido come se fosse affondato nel pouf davanti alla tv.
Fine della storia? Difficile. Improbabile.
Andrea Malaguti
(da “La Stampa”)
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
ARRIVA LA TASSA CHE SOSTITUISCE IMU E TARES: ECCO COME E’ STATA CONGEGNATA E CHI NE FARA’ LE SPESE
Addio Imu. Benvenuta service tax. 
In vista della presentazione della legge di stabilità , prevista per il prossimo ottobre, il governo marcia a tappe forzate per introdurre la nuova tassazione sugli immobili. Dopo le polemiche delle scorse ore per l’emendamento presentato dal Partito Democratico per limitare l’esenzione dell’Imu sulla prima casa solo alle abitazioni con una rendita catastale inferiore a 750 euro, oggi il sottosegretario all’Economia, Pierpaolo Baretta, si è presentato in Commissione bilancio alla Camera per illustrare la posizione dell’esecutivo.
L’esenzione della prima rata Imu resterà per tutte le prime case.
La vera novità , però, riguarda la Service tax, l’imposta che dal 2014 sostuirà la vecchia tassa sulla casa.
Baretta ha spiegato che la Service tax sarà “progressiva”, perchè costituitita da due componenti, una patrimoniale e una di servizi.
La parte patrimoniale, ha spiegato Baretta, per sua natura è progressiva.
Dunque più alto sarà il valore della casa, più elevata sarà la tassa.
Ma come sarà calcolato il valore degli imobili. Il verbale del consiglio dei ministri nel quale era stata delineata la Service Tax, prendeva in considerazione due meccanismi: la rendita catastale e il valore di mercato.
Dunque probabile che il meccanismo più semplice e immediato per la progresività sia ancora una volta quello del valore catastale.
La Service Tax, poi, ingloberà anche la Tares, la tassa sui rifiuti.
Mentre la parte patrimoniale sarà pagata dai proprietari di casa, la parte servizi (spazzatura, più quelli indivisibili) peserà sugli inquilini.
La Service Tax dovrebbe essere più leggera della somma tra Imu e Tares, questo almeno nelle promesse…
Il governo sarebbe pronto a mettere sul piatto una dote di 2 miliardi di euro per allegerire il prelievo sulle prime case.
(da “Huffington Post“)
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
ALLA FINE SI PRONUNCERA’ PRIMA LA CORTE DI APPELLO DI MILANO CHE IL SENATO, GRAZIE ANCHE AI GRILLINI… E IL CAVALIERE POTREBBE RENDERE SERVIZI SOCIALI DA CASA
Decadenza e servizi sociali per Berlusconi. Per l’una e gli altri la parola giusta è “rinvio”. Cominciamo dalla pena di 9 mesi che il Cavaliere dovrebbe scontare scegliendo l’affidamento ai servizi sociali.
Bene che vada, non se ne parlerà prima di gennaio perchè i tempi della decisione del tribunale di sorveglianza sono quelli.
Tra una settimana l’ex premier presenterà la richiesta a Milano, nella quale saranno indicate la dimora certa e un altrettanto certa fonte di reddito. Poi Berlusconi andrà a una faccia a faccia con un assistente sociale – di qui la dizione “affidamento ai servizi sociali” – che valuterà con lui il programma più adatto per scontare la pena.
Sta più sui media, che non nella sua testa, l’ipotesi di scegliere una comunità .
Chi gli sta vicinoin queste ore assicura che lui «non ha ancora un’idea precisa di quello che vuole fare». Del resto, Berlusconi non è un uomo qualunque. Nel suo caso c’è un pesante problema di sicurezza, una dozzina di uomini che lo segue come un’ombra per conto dello Stato, oltre ai suoi vigilantes.
In modo soft, con discrezione (rara, nel suo caso, in verità ), potrebbe lavorare a un progetto economico per il recupero dei più deboli. E potrebbe farlo stando a casa sua.
Quanto alla decadenza, niente da fare. Non sarà votata in Senato prima del 19 ottobre, giorno in cui a Milano si celebra il mini-processo in Corte d’appello per ricalcolare l’interdizione.
Nello slittamento c’è sotto un “magheggio” del Pdl o è una fortuita coincidenza?
La colpa è dei grillini. I quali chiedono che prima di affrontare in aula il caso Berlusconi, nel quale per certo si andrà a una richiesta di voto segreto, si cambino le regole stesse di quel voto. Quindi si modifichi il regolamento.
Per farlo bisogna convocare la giunta per il regolamento, presieduta dallo stesso presidente del Senato Pietro Grasso. Che non lo ha ancora fatto. Ma sta per farlo.
Perchè una questione come quella posta da M5S non può essere ignorata o rinviata. Va affrontata. Magari respinta. Ma discussa.
Ciò comporta, ovviamente, una scelta di campo anche per il Pd. Va da sè che la discussione non potrà essere frettolosa, visto che è delicata, e non è detto che possa essere esaurita in una sola seduta.
Ma non basta. Al Senato è prevista oggi la solita riunione dei capigruppo d’inizio settimana. Ma la questione decadenza non può essere messa all’ordine del giorno per la semplice ragione che il presidente della giunta per le elezioni e immunità Dario Stefà no sta scrivendo la relazione che chiude due mesi di dibattito in giunta dopo il voto su Berlusconi di venerdì scorso.
Il regolamento del Senato gli dà venti giorni di tempo, e l’esponente di Sel certamente non se li prenderà tutti. Ma non è detto che Stefà no sia già pronto per domani sera, giorno nel quale di solito la giunta si riunisce.
Slittare di uno o due giorni o rinviare tutto alla settimana seguente? Un fatto è certo, la relazione di Stefà no è complessa perchè dovrà spiegare a tutti per quale motivo ha prevalso la tesi della decadenza.
A questo punto però, più si va avanti nel tempo, più si legittima il Pdl a porre la sua pregiudiziale, la necessità di aspettare la Corte di appello di Milano prima chiuderela partita della decadenza.
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI MILANO DOVREBBE DECIDERE IN PRIMAVERA SUL CONDANNATO
Silvio Berlusconi ha scelto i servizi sociali. L’ha annunciato ufficiosamente l’avvocato Franco Coppi: per
la richiesta ufficiale c’è tempo fino al 15 ottobre. Sarà presentata entro il fine settimana.
Ma il percorso per ottenere l’affidamento, per l’ex presidente del Consiglio, è ancora lungo.
La normativa che regola l’accesso ai servizi sociali è complessa e macchinosa.
Gli esiti sono tutt’altro che scontati.
Proviamo a chiarire gli aspetti più importanti.
A chi spetta la decisione sulla richiesta di affidamento ai servizi sociali?
A decidere è il Tribunale di sorveglianza competente, in questo caso quello di Milano, che stabilisce con un’ordinanza l’eventuale affidamento ai servizi sociali e le prescrizioni che il condannato dovrà seguire in quel periodo.
Il Tribunale di sorveglianza può rifiutare la richiesta di Berlusconi?
Sì. I giudici non sono obbligati a ratificare la richiesta di misure alternative alla detenzione. La valutazione sull’idoneità della domanda dipende da una serie di parametri: può essere concessa solo a chi deve scontare una condanna non superiore ai tre anni di reclusione (grazie all’indulto, dei 4 anni inflitti a Berlusconi ne rimane solo uno) ma solo a condizione che il comportamento del pregiudicato faccia ritenere che la misura possa avere davvero effetti rieducativi.
C’è un precedente importante. A gennaio il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha rifiutato la richiesta di affidamento ai servizi sociali per tre dei quattro poliziotti colpevoli dell’assassinio di Federico Aldrovandi. La corte, presieduta dal giudice Francesco Maisto, ha valutato come elemento decisivo il mancato pentimento degli agenti per la morte del ragazzo.
I poliziotti, infatti, avevano contestato pubblicamente la sentenza (e uno di loro aveva persino insultato la madre di Aldrovandi). La mancata accettazione del giudizio da parte del condannato (l’“assenza di pentimento”) può essere dunque un elemento determinante per la decisione sulla richiesta di affidamento ai servizi sociali.
Quando potrebbe iniziare l’affidamento di Berlusconi ai servizi sociali
I tempi variano a discrezione del Tribunale di sorveglianza. Quello milanese, generalmente, attribuisce la priorità ai procedimenti che riguardano i condannati detenuti.
Prima di iniziare la valutazione sulla richiesta di Berlusconi, che è un condannato in libertà , potrebbero passare diversi mesi: il suo caso non dovrebbe essere preso in esame prima della prossima Primavera.
In ogni caso, la decisione sull’inizio rimane a completa discrezione del presidente del Tribunale di sorveglianza. Per la conclusione del procedimento può essere necessaria più di un’udienza. Dopo la pronuncia della corte in camera di consiglio, peraltro, servono ancora tra i 5 e 15 giorni per il deposito dell’ordinanza.
È impossibile stabilire una data precisa, ma con ogni probabilità i tempi per l’eventuale affidamento di Berlusconi ai servizi sociali saranno molto lunghi.
Il condannato può scegliere a quale servizio essere affidato?
No. Gli avvocati possono formulare una o più richieste, ma anche in questo caso la valutazione finale spetta Tribunale di sorveglianza.
Insieme all’Uepe (gli Uffici locali per l’esecuzione locale esterna), il tribunale decide il programma di affidamento: la struttura a cui assegnare il condannato e le regole che deve rispettare (le ore di lavoro o di impegno socialmente utile, gli orari di obbligo domiciliare o la reperibilità per altri controlli di polizia, i divieti alla frequentazione di altri pregiudicati).
Quale lavoro potrebbe essere assegnato a Berlusconi? In quale città ?
Prima della sentenza di Cassazione, Berlusconi ha stabilito la sua nuova residenza a Roma. Per questo motivo svolgerebbe i servizi sociali nella Capitale, nonostante la competenza sull’assegnazione spetti al Tribunale di sorveglianza di Milano.
Le possibilità di impiego sono praticamente illimitate. L’affidamento in prova può prevedere un impegno lavorativo (di qualsiasi tipo: dall’impresa di pulizie a quella edile), il volontariato e persino lo studio.
Qualsiasi attività , in sostanza, che il Tribunale di sorveglianza consideri legata a una prospettiva di reinserimento nella società .
Quanti sono in Italia i condannati ai servizi sociali?
Secondo i dati dal ministero di Giustizia, al 31 luglio 2013 sono 11.596. Gli assistenti che si occupano di seguire il loro percorso sono meno di 1700.
Secondo Patrizio Gonnella, presidente di Antigone — l’associazione che si occupa della tutela dei diritti dei carcerati — “l’affidamento è una fondamentale misura di civiltà . Purtroppo in Italia si taglia su educatori e magistrati di sorveglianza che devono farlo funzionare. Il risultato è che anche nei servizi sociali si riflettono le stesse diseguaglianze e le stesse distorsioni che macchiano la nostra giustizia e il nostro sistema penitenziario”.
Tommaso Rodano
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
OGNI GIORNO LO STATO SPENDE 200.000 EURO PER MANTENERE L’INDUSTRIA DELL’ACCOGLIENZA, 10.000 EURO A TESTA LA MEDIA DEL TRATTENIMENTO PRESSO I CIE… MA NESSUNO CHIEDE CONTO DELLA CONGRUITA’ DELLA CIFRA RISPETTO A UN SERVIZIO SCANDALOSO
Sigillate le bare dei morti, dovremo scoperchiare quelle dei vivi, degli immigrati detenuti nei centri di accoglienza temporanea.
Dovremo domandarci come sia possibile farli vivere nelle condizioni disumane e appurare che la loro disperata esistenza viene mantenuta alla straordinaria spesa media quotidiana di 45 euro. Dovremo pur chiedere conto della congruità della cifra, incredibile rispetto allo standard conosciuto di decenza, di pulizia, di efficienza
Per ognuno di questi poveracci, trattenuti (cioè reclusi), spesso al solo scopo di rispedirli nelle terre della morte da dove sono giunti, spendiamo — ci dice l’ultimo e più aggiornato dossier (Lampedusa non è un’isola) curato da Luigi Manconi e Stefano Anastasia — diecimila euro di media.
E ogni giorno il costo complessivo di questa imponente fabbrica dell’accoglienza di Stato ammonta a duecentomila euro.
In Italia, si sa, ogni emergenza si trasforma in industria.
E l’industria dell’emergenza è attività sempre in espansione.
Basta volgere lo sguardo a ciò che è capitato nell’ultimo decennio.
La gestione e il ciclo dello smaltimento dei rifiuti solo a Napoli ha raggiunto, per esempio, negli anni in cui la questione si è fatta emergenziale, la cifra di quasi sette miliardi di euro.
Il terremoto dell’Aquila ha prodotto solo nei primi due anni (con i risultati che vediamo) costi vivi per quasi due miliardi di euro.
L’emergenza è dunque la pratica governativa meglio avviata, sempre pronta a gonfiare le voci della fattura, a rendere impossibile una soluzione ragionevole e irreversibile la dimensione della spesa
La normativa che regola l’immigrazione oltre ad avere aspetti disumani produce questa economia oscura ma fiorente, dove le funzioni dello Stato, gestite nell’iperbole amministrativa del ministero dell’Interno, vengono rese — anche quelle minime — molto più costose di quanto dovrebbero e potrebbero.
Dal 1999 al 2011 un miliardo di euro è andato via per gestire questo immenso grand hotel, con i frutti indegni di un Paese civile.
Visto che siamo tutti vicini alla parola del Papa, quella “vergogna” che finanche il Parlamento ha fatto sua, sarà il caso di valutare se tributare un pensiero ai responsabili di questa gestione sprecona, per tenersi prudenti, dell’accoglienza?
E sarà il caso che il ministro Alfano spieghi, prima di urlare la sua vergogna, dove diavolo dimori il senso dello Stato, la lealtà verso le voci di bilancio e la congruità prima morale, poi economica di questo monumentale impianto di carcerazione?
Domani Barroso, il presidente della Commissione europea, farà visita al centro di accoglienza di Lampedusa. Intanto almeno lui, a differenza di Alfano, una volta sull’isola andrà anche al centro. Siamo certi che domani proprio il centro potrebbe trasformarsi in una casetta linda e profumata. Tutti al loro posto, e tutto in ordine. Ben venga se rimanesse poi così.
Altrimenti sarebbe la prova di una conclamata, perdurante e manipolazione della realtà . Esistono, per motivi sconosciuti, costi di gestione troppo differenti tra nord e sud dell’Italia, ed esistono periodi di trattenimento che variano, tra un centro e l’altro (a seconda della collocazione geografica), dai 28 ai 78 giorni.
In definitiva esistono tutte le condizioni perchè la vergogna trovi finalmente casa e dei volti amici a cui accompagnarsi.
Antonello Caporale
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
L’IPOCRISIA DI CHI NON POTEVA NON SAPERE
Roberto Maroni è il fiore dell’ipocrisia che offriamo ai morti di Lampedusa. 
Con orgoglio ricorda la saggezza delle sue raccomandazioni, mentre la fila delle bare si allunga. Vale la pena riepilogarne la praticità .
Non dovevano attraversare il deserto e imbarcarsi sulle carrette trappola senza due righe di permesso.
Bastava bussare al consolato italiano di Asmara, riempire i moduli specificando il motivo del viaggio. Vacanze o lavoro, più semplice di così.
Per otto anni ministro, Maroni non è mai stato informato dell’Eritrea nel terrore.
Anche perchè non esistono profughi politici dal paese amico, solo teste disordinate, voglia d’avventura e l’Italia diventa la scorciatoia per la bella vita.
Ma il pane è nostro e anche la marmellata. Manteniamo le distanze senza trascurare le buone occasioni offerte dalle dittature.
Camicie Armani cucite in Eritrea e l’Italcantieri del Paolo Berlusconi che aveva in mente di costruire villaggi vacanze attorno a Massawa sopra le rovine delle belle case disegnate da architetti di gran nome: per l’Unesco patrimonio dell’umanità e per l’impresa italiana che le ha distrutte un lavoro come tanti.
Purtroppo, Berlusconi Due lascia infastidito dalle polemiche e dall’imbarazzo della Farnesina. Per salvare la villa della famiglia Melotti (italiani che conquistano l’Africa con la birra) Ludovico Serra, primo segretario dell’ambasciata , va a vedere cosa sta succedendo. Strappato dall’auto, bastonato, segregato con la ruvidezza riservata agli agenti nemici.
Non va meglio all’ambasciatore Antonio Bandini.
Nel 2001 (Maroni nel parterre di chi governa) spariscono undici ministri forse in galera, forse morti mentre l’Italia di Berlusconi guida l’Unione europea.
A nome dell’Europa, Bandini chiede spiegazioni. Espulso.
Costretti a scappare anche i carabinieri inquadrati nella missione Onu. Caserma circondata dalle truppe del generale Isaias Afwerki: nel 1997 aveva annunciato le elezioni, ma non se ne è più ricordato.
Governa con la mano dura che distrugge le famiglie e obbliga chi non è sposato al servizio militare eterno, preti e suore comprese.
Penultimo paese del mondo, libertà ed economia quasi zero dopo la Corea del Nord, eppure il primo ministro Cavaliere fa finta che non sia successo niente: rinnova la spesa di due miliardi per una missione fantasma e Isaias visita l’Italia con gli onori della regina Elisabetta e quattro chiacchiere senza i giornalisti addosso, weekend nel villone hot di Sardegna.
In suo onore l’università Federico II di Napoli organizza un convegno, mentre il sindaco di Parma (destra di Elvio Ubaldi) consegna a Isaias il sigillo della città .
Per banale dimenticanza non invita la comunità eritrea.
Quando Isaias passa da Milano abbraccia Pier Gianni Prosperini entrato in politica con la Lega e poi vicepresidente Lombardia col pacchetto Forza Italia di Formigoni.
Nel suo ufficio al Pirellone sventolavano bandiere eritree e la pergamena che lo promuove colonnello del dittatore. È finito in tribunale, traffico di armi con Asmara.
Chi scappa e rischia la pelle scappa da fame, brutalità , polizie padrone di ogni vita con le ombre di al Qaeda attorno alla frontiera della Somalia.
Ma i figli spirituali di Maroni non sanno e se ne fregano: è normale che allo stadio insultino chi è annegato a Lampedusa.
Maurizio Chierici
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
STASERA A BALLARO’ FITTO RILANCERA’ L’ALTERNATIVA AD ALFANO, “TROPPO POCO BERLUSCONIANO” E CHIEDERA’ LE PRIMARIE PER LA LEADERSHIP
Mentre Silvio Berlusconi torna ad Arcore per occuparsi di quanto più gli sta a cuore, i suoi problemi giudiziari, nei palazzi romani continua ad infiammare la guerra tra Alfano e Fitto per il controllo del Pdl.
Se dopo il successo sulla fiducia il segretario ha conquistato un’altra vittoria, il no di Berlusconi al congresso chiesto dai “lealisti”, ora Fitto si prepara a rilanciare.
Lavora tutto il giorno con i suoi per preparare il contrattacco.
Chiederà , spiega uno di loro, «un tavolo in cui tutte le anime del partito siano equamente rappresentate per scrivere un nuovo statuto e un regolamento che regolino la guida e la convivenza delle varie anime in Forza Italia».
L’obiettivo dell’ex governatore pugliese resta quello di ottenere il congresso per scalzare Alfano dalla segreteria, ma intanto riflette con i suoi se non sia meglio accorciare i tempi (per preparare un congresso — è l’argomento di chi lo stoppa — ci vuole più di un anno) lanciando l’idea delle primarie per la leadership nella futura Forza Italia.
Chi ieri ha sentito Berlusconi, rintanato con gli avvocati a Villa San Martino per scrivere la domanda di affidamento ai servizi sociali, lo ha trovato lontano dalle vicende di partito.
Quei pochi minuti che dedica al Pdl li riempie di battute sui due contendenti, continua a invocare «l’unità del partito» ma in fondo, pur avendo scelto per ora di premiare Alfano, non è dispiaciuto che «Raffaele dia filo da torcere ad Angelino».
Posto che non vuole divisioni, un contrappeso ad Alfano, del quale comunque dopo la fiducia al governo non si fida più ciecamente, lo rassicura.
Intanto Alfano e Fitto non si parlano, così come Fitto non sente il Cavaliere da sabato. In agenda c’era un appuntamento a Roma per oggi, ma se l’ex premier dovesse trattenersi ad Arcore.
Fitto non molla, si prepara a una lunga battaglia, questa sera sarà a Ballarò per rilanciare la sfida.
Dirà che contro lui gli alfaniani usano «polpette avvelenate e disinformazione», alludendo a soffiate ai media per indebolirlo nella lotta interna.
Quindi dirà che «non ci possono essere sovrapposizioni di incarichi, come nel 2011 al suo insediamento sosteneva lo stesso Alfano» che oggi è segretario, ministro e vicepremier.
Infine la sortita sul partito, per il quale pretenderà «nuove regole per definire la convivenza tra anime diverse». Batterà sulla linea politica e sull’identità , accusando gli alfaniani di tradire il berlusconismo e di ragionare come un partitino di centro che vuol far coppia con l’Udc e fa giochini di palazzo (accusa lanciata ieri da Gasparri e stoppata da Cicchitto).
L’obiettivo resta il congresso, ma in caso la sua proposta finisse nelle sabbie mobili potrebbe rilanciare sulle primarie, più rapide da organizzare e per mettere nell’angolo Alfano, che in passato le ha chieste più volte.
I toni dunque resteranno alti, ma tutti già guardano a quale potrà essere il punto di caduta visto che entro fine mese, quando Berlusconi sarà dichiarato decaduto dall’aula del Senato, il partito dovrà essere sistemato.
Un ministro del Pdl, dunque un alfaniano, spiega che «se Fitto fa una proposta ragionevole per noi va bene, non possiamo mica tenere governo e partito. Se la strategia di Raffaele — come crediamo visto che nessuno lo seguirebbe fuori dal partito e nemmeno lui vuole uscire — è quella di alzare la posta e poi trattare, ottenere garanzie, va bene. Ma se invece tiene duro, se non riconosce la leadership di Alfano e la linea moderata sul governo allora si può accomodare fuori dal partito».
Intanto la battaglia interna è destinata a spostarsi sul governo e per questo Alfano i gli altri quattro ministri stanno lavorando a un documento da far firmare a tutta la corrente che consacrerà la linea moderata e governativa del partito pur tenendo il punto sui provvedimenti dell’esecutivo come Legge di stabilità , giustizia, responsabilità civile dei giudici, imprese e famiglie.
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 8th, 2013 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE NON HA ALCUN INTENZIONE DI LASCIARE IL PARTITO NE’ AD ALFANO NE’ A FITTO….E I SOLDI DELLA CASSA LI TIENE LUI: IL PRINCIPALE MOTIVO PER CUI LE COLOMBE NON POSSONO PERMETTERSI UNA SCISSIONE
«Angelino convinciti, è la soluzione migliore anche per te: sarai il candidato premier col mio
sostegno e il mio aiuto». Silvio Berlusconi non si rassegna, la crisi di governo è alle spalle, sventata dal vicepremier e dai ministri Pdl.
E ora le elezioni anticipate a inizio 2014, non più tardi della primavera, sono la nuova frontiera nell’orizzonte del Cavaliere.
Il leader è ferito, piegato dalla fronda dei governativi, ma per nulla disposto a cedere il passo. Ieri mattina ad Arcore ha incassato i complimenti di Fedele Confalonieri per la linea alla fine sposata, giocoforza, al Senato.
Lui come Ennio Doris e i vertici di peso delle aziende di famiglia pressavano da mesi perchè si arrivasse a quella soluzione.
Il fatto è che la novità delle ultime 48 ore apre nuovi scenari nella strategia di un Berlusconi per nulla disposto a lasciare la leadership sostanziale nelle mani di Alfano piuttosto che in quelle di Fitto.
E la novità sta nella notizia insperata di un prolungamento della “libertà ” personale ancora per 3-5 mesi.
L’applicazione della sanzione, l’affidamento ai servizi sociali ormai scelti d’intesa con gli avvocati Coppi, Ghedini e Longo, scatterà solo dopo che un’apposita udienza formalizzerà l’esecuzione: se ne riparlerà tra dicembre e marzo del prossimo anno.
Sono i mesi in cui Berlusconi vuole giocarsi il tutto per tutto, come confida ai più stretti collaboratori.
«Di scendere in campo da candidato premier non ci pensa proprio» spiega chi gli ha parlato più spesso anche in questi giorni turbolenti della decadenza.
Ma una nuova campagna elettorale viene considerata dall’inquilino di Arcore la panacea di tutti i mali, anche quelli interni al partito a rischio deflagrazione.
«Angelino, saresti tu il nostro candidato premier, ma io sarei nel pieno della mia agibilità politica e ti sosterrei – avrebbe provato ad ammansirlo anche in questi giorni – Avresti il mio aiuto mediatico e finanziario ».
Argomento non secondario, quest’ultimo.
Se Alfano e i ministri e la fetta di partito a loro vicini non hanno già preso il largo, non hanno dato vita a un soggetto politico autonomo distante e diverso dal Pdl è anche per un problema di mezzi.
Il rischio di ribattezzare un’operazione in stile “Fli” di Gianfranco Fini viene considerato troppo alto, nei conciliaboli tra Cicchitto e Quagliariello, Lupi e la Lorenzin.
Non fosse altro perchè le Europee di primavera sono alle porte e chi sosterrebbe i costi di una campagna massiccia, in assenza del Cavaliere?
Chi affitterebbe sedi e strutture per la sopravvivenza di un partito? La chiave della cassaforte, neanche a dirlo, la tiene sempre e solo Berlusconi.
Anche in qualità di leader di un partito, il Pdl, che beneficia di rimborsi elettorali ingenti, nonostante i tagli. Fuori da quel recinto c’è il buio e l’assenza di qualsiasi supporto.
È anche per questa ragione assai concreta che la spaccatura non ha avuto immediati sviluppi. Alfano resta al suo posto e lì rimarrà , sperando al più di scalare i vertici e conquistare la leadership.
Ora, l’ex premier gliela garantisce in una sorta di “do ut des”.
«Tu candidato premier, io bigsponsor della coalizione» l’offerta berlusconiana. Ma perchè vada in porto sarà necessario che una crisi di governo venga comunque scatenata, non ora, al più nei prossimi mesi. Ecco, su questo punto l’ex delfino che studia da leader non ha intenzione di cedere, per ora. Lo va ripetendo ai ministri a lui vicini. «Non tradirò Enrico Letta, non voglio e non posso farlo, i nostri elettori non ci premierebbero» è la tesi di Angelino.
Per la verità supportata anche dai sondaggi ultimi consegnati da Alessandra Ghisleri al leader forzista. La mezza esplosione del partito della scorsa settimana ha fatto scendere il Pdl a quota 22-24 per cento, a fronte di un 26-28 del Pd.
Sebbene la distanza tra le due coalizioni sia minima.
Va detto che la convivenza a Palazzo Chigi, anche dopo lo scampato pericolo, resta in precario equilibrio.
Il tentato blitz del Pd sull’Imu in commissione Bilancio, per riproporre la prima rata per le case con rendita catastale superiore ai 750 euro, ha incontrato la feroce opposizionedei pidiellini.
E non è stato il solo falco Capezzone a levare gli scudi. E il campo di battaglia adesso diventerà la decisiva legge di stabilità che in settimana il governo dovrà varare.
I punti di incontro tra le politiche economiche del ministro Saccomanni e il capogruppo Brunetta non sono affatto molti. «E se insistono di nuovo sull’Imu salta tutto», ripetevano ieri in un Transatlantico deserto i pochi parlamentari Pdl presenti.
Berlusconi segue l’evoluzione ma certo non correrà in soccorso del governo.
Concentrato com’è a tempo pieno sulle sue vicende giudiziarie, l’istanza dei servizi sociali ieri sulla sua scrivania, la decadenza vicina. Anche ieri si è ritirato con gli avvocati nel chiuso di Villa San Martino.
Rientrerà a Roma forse in giornata. Invita tutti alla calma, potrebbe incontrare Raffaele Fitto prima che lo sfidante di Alfano vada stasera a Ballarò per infierire sui ministri.
«Bisogna fare tutto il possibile per restare uniti» predica il capo.
Uniti e sotto il suo controllo.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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