Ottobre 30th, 2013 Riccardo Fucile
MARTEDI SI DOVREBBE DECIDERE IL GIORNO DEL VOTO IN AULA
“Guerriglia”. Si è da poco chiusa la riunione della giunta del Regolamento che ha stabilito che la non convalida dell’elezione di Silvio Berlusconi avverrà con un voto palese, e già tra i senatori del Pdl la parola inizia a girare senza mezzi termini. L’obiettivo della rappresaglia degli azzurri ha un nome e un cognome: Pietro Grasso.
Testuale: “Il presidente del Senato stavolta si è spinto troppo oltre. Ha avallato un abominio giuridico sulla pelle del Cavaliere. Questa volta non gliela faremo passare liscia”.
La rabbia degli azzurri è evidente già nelle parole scandite per mettere all’indice l’ex magistrato.
In chiaro è Lucio Malan a usare un lessico da classico dell’horror: “È una cosa che grida vendetta, un colpo di stato, un demoniaco rovesciamento del significato delle regole”.
Di “gravità inaudita” delle mosse di Grasso parla il Mattinale, il bollettino stilato giornalemnte da piazza san Lorenzo in Lucina, uscito in edizione speciale.
Il telefono di Renato Schifani è bollente. Berlusconi non ha digerito lo schiaffo che è arrivato dalla giunta, e il capogruppo del Pdl è sotto pressione.
Martedì, assicura ai suoi, alla ripresa dei lavori dell’aula, si alzerà e rivolgerà un violento j’accuse alla seconda carica dello stato. “E la guerriglia continuerà nei giorni successivi in termini che dobbiamo ancora valutare”, confida un autorevolissimo consigliere del Cav.
Lotta senza quartiere, dunque, con un’unico paletto (per ora) insuperabile: la richiesta di dimissioni.
Il Pdl non si vuole spingere fino a quel punto, sa che il cortocircuito istituzionale che ne deriverebbe farebbe avvicinare una crisi che, al contrario, va preparata e gestita nei modi e nei tempi. Qualunque altro atto per balcanizzare i lavori di Palazzo Madama sarà lecito.
A partire dalla totale ricusazione dei lavori della giunta per il Regolamento (non a caso presieduta proprio dallo stesso Grasso).
È Donato Bruno a delineare la strategia allo studio in queste ore: “Sia io che Roberto Calderoli che Anna Finocchiaro siamo stati nominati relatori delle modifiche da apportare al regolamento ed eventualmente prendere contatti con i colleghi della giunta del Regolamento della Camera per armonizzare i due regolamenti”.
Per Bruno non è possibile modificare il regolamento “solo con un voto di giunta e senza un passaggio in Aula” e “quando c’è la violazione delle regole la democrazia attraversa dei seri problemi”.
Un suo collega la mette giù più semplice: “Altro che interpretazione, la giunta ha votato una vera e propria modifica della costituzione del Senato, senza passare dal plenum. È una decisione che non si può riconoscere come valida”.
Angelino Alfano chiama all’adunata: “Ora, innanzitutto in sede parlamentare, lì dove si è consumato questo sopruso, sarà battaglia per ripristinare il diritto alla democrazia”.
Così gli azzurri non si spingeranno nel presentare comunque la richiesta di voto segreto, come si vociferava in mattinata nel Transatlantico di Palazzo Madama. La posta è più alta, e tocca lo scranno della presidenza e il disconoscimento della decisione avallata da Grasso.
Preoccupa poi il timing. Nessuna data è stata ancora fissata per la conferenza dei capigruppo che dovrà calendarizzare il voto su Berlusconi, ma nel Pd si parla già apertamente della prossima settimana (martedì o mercoledì le data più accreditate). Diventa così probabile che il Senato sia chiamato ad esprimersi in una data che va dall’11 al 15 novembre.
Questa sarà la richiesta del M5s e, ad oggi, sembra anche l’orientamento prevalente a via del Nazareno. E proprio su questo i berlusconiani sono pronti ad alzare nuove barricate.
Ieri in aula Schifani lo scandiva a chiare lettere: “Mi sembra chiaro che l’orientamento emerso nella capigruppo di oggi (martedì n.s.d.) sia quello di affrontare il problema dopo la legge di stabilità “.
Tradotto, tra fine novembre e inizio dicembre. Un era geologica, politicamente parlando, si profila tra i desiderata dei due schieramenti.
Così, all’orizzonte, si profila un ennesimo capito della guerra dei vent’anni.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 30th, 2013 Riccardo Fucile
IL GRANDE ARCHITETTO GENOVESE ILLUSTRA A NAPOLITANO I TEMI CHE CARATTERIZZERANNO IL SUO NUOVO INCARICO
“Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha incontrato in forma privata a Palazzo
Giustiniani il neo senatore a vita Renzo Piano.
Nel corso del colloquio, il senatore Piano, ha illustrato al capo dello Stato i temi che caratterizzeranno lo svolgimento del nuovo impegnativo incarico”.
Così recita la nota del Quirinale nel consueto linguaggio altamente istituzionale.
Ebbene, tra i “temi” del grande architetto italiano c’è già , evidentemente, l’attenzione al futuro dei giovani colleghi.
Il senatore a vita Renzo Piano devolverà infatti il proprio stipendio a iniziative legate all’ideazione e progettazione da parte di giovani architetti, come il recupero delle periferie e il consolidamento di strutture pubbliche esistenti, ad esempio le scuole, mettendo la sua esperienza “al servizio del Paese”.
“Nel corso di un incontro privato – spiega una nota diffusa a sua volta da Piano al termine dell’incontro con il capo dello Stato – l’architetto e neo senatore a vita Renzo Piano ha illustrato al Capo dello Stato Giorgio Napolitano i principali punti che saranno oggetto del suo impegno parlamentare. Nel suo ufficio di Palazzo Giustiniani il senatore Piano aveva già ieri riunito un gruppo operativo di lavoro costituito da personalità che hanno collaborato con lui nella realizzazione di importanti progetti in Italia e nel mondo”.
Ed è proprio nella riunione con i suoi più stretti partner che Piano ha non solo individuato “i primi concreti temi d’azione”, ma si è anche deciso di “coinvolgere annualmente giovani architetti di valore per l’ideazione e progettazione delle iniziative. Per questo scopo Renzo Piano devolverà il suo stipendio da senatore”.
“Credo nel ruolo della politica, che viene da Polis, la città – dichiara Renzo Piano – e credo anche che questa sia la strada giusta per mettere la mia esperienza al servizio del Paese. Un Paese bellissimo, ma proprio per questo motivo fragile e bisognoso di protezione”.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 30th, 2013 Riccardo Fucile
SECONDO LA PROCURA IL GOVERNATORE AVREBBE FATTO PRESSIONI SUL DIRETTORE DELL’ARPA PUGLIA SU RICHIESTA DEI RIVA PERCHE’ SI AMMORBIDISSE NEI CONFRONTI DELL’AZIENDA
C’è anche il governatore di Puglia Nichi Vendola tra i 53 indagati nell’inchiesta sull’Ilva di Taranto. Concussione ai danni del direttore generale dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato.
È questa l’ipotesi di reato contestata dal pool di inquirenti guidati dal procuratore Franco Sebastio che ha notificato gli avvisi di conclusione dell’indagine nella quale sono accusati del disastro ambientale e sanitario di Taranto Emilio, Nicola e Fabio Riva, i vertici della fabbrica e, con capi d’imputazione differenti, anche politici, funzionari ministeriali e locali, membri delle forze dell’ordine, un ex consulente della procura, un sacerdote e il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano.
Negli atti dell’inchiesta “Ambiente svenduto” condotta dalla Guardia di finanza di Taranto, il governatore era stato indicato come protagonista di una “vicenda concussiva in danno del direttore regionale di Arpa Puglia Giorgio Assennato” e chiamato in causa per l’ipotesi di “mancato rinnovo nell’incarico, in scadenza nel febbraio 2011, per effetto delle sollecitazioni rivolte al governatore Vendola ed ai suoi più stretti collaboratori – tra gli altri l’allora capo-segreteria, Manna – proprio dai vertici Ilva”.
In sostanza Vendola avrebbe fatto pressioni su Assennato, su richiesta dei Riva, perchè si ammorbidisse nei confronti del siderurgico tarantino.
Nelle diverse informative i finanzieri, guidati dal colonnello Salvatore Paiano e dal maggiore Giuseppe Dinoi, hanno infatti spiegato che “all’esito di quella vicenda concussiva e per effetto di essa, in realtà il prof. Assennato ridimensionerà (nei confronti dell’Ilva, ndr) il proprio approccio, fino a quel momento improntato al più assoluto rigore scientifico”.
Il suo intervento, secondo l’accusa, su richiesta dei Riva avrebbe permesso all’Ilva di neutralizzare le ostilità del direttore generale dell’Arpa che, secondo quanto riferito in un intercettazione captata dai militari, dopo l’intervento di Vendola “si è molto… responsabilizzato”.
Una “responsabilizzazione” che spinge l’avvocato Franco Perli a suggerire a Fabio Riva di non intervenire oltre per la sua sostituzione perchè “potremmo trovarcene anche uno molto peggio”.
Il nome di Vendola, secondo le indiscrezioni, era già finito nel registro degli indagati da tempo, ma era rimasto segreto perchè il presidente della regione Puglia non era mai stato destinatario di alcuna misura cautelare.
Ma il lungo elenco di indagati è un vero e proprio terremoto per l’intera Regione Puglia.
Nel registro degli indagati sono finiti infatti anche l’assessore regionale all’ambiente ex ex magistrato Lorenzo Nicastro, l’ex assessore alle politiche giovanili Nicola Fratoianni, accusati di favoreggiamento nei confronti nei confronti di Vendola.
Non solo. Dello stesso reato dovranno rispondere il direttore generale dell’Arpa Assennato e il direttore scientifico Massimo Blonda.
Secondo il pool di inquirenti, anche dal procuratore aggiunto Pietro Argentino e dai sostitutiti Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani e Raffaele Graziano (che ha coordinato le inchieste di due operai morti nell’Ilva ora confluite nell’inchiesta per disatsro ambientale) i vertici della Regione Puglia e dell’Arpa nell’interrogatorio dinanzi ai finanzieri come persone informate sui fatti, avrebbero negato le pressioni del governatore tentando così di coprire l’operato di Vendola.
Ma non è tutto.
Perchè nell’ultimo atto delle indagini preliminari spuntano anche i nomi di Donato Pentassuglia, consigliere regionale Pd accusato di favoreggiamento nei confronti di Archinà , e quelli del capo di Gabinetto Francesco Manna, del dirigente del settore Ambiente Antonello Antonicelli, dell’ex direttore dell’area Sviluppo economico della regione Puglia, Davide Filippo Pellegrino.
Per i pm, insomma, un intero apparato al servizio dell’Ilva che scende anche nelle amministrazioni provinciali e comunali.
Tornano infatti i nomi dell’ex presidente della provincia di Taranto, Gianni Florido, e l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva arrestati entrambi a maggio scorso con l’accusa di aver fatto pressione su alcuni dirigenti perchè concedessero all’Ilva l’autorizzazione all’utilizzo delle discariche interne (poi autorizzate con decreto del governo) e del sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, accusa di non aver messo in atto come primo cittadino le misure necessarie per bloccare i danni alla salute dei tarantini causati dall’azienda.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 30th, 2013 Riccardo Fucile
Il “FATTO” PUBBLICA QUELLO CHE GRILLO HA DETTO NELLA RIUNIONE CON I SUOI: “SE ANDIAMO A SINISTRA SIAMO ROVINATI”… “NON POSSIAMO DIRE CHE IL COLLE HA TRADITO AL COSTITUZIONE”… PARLAMENTARI PERPLESSI
“Non dobbiamo vergognarci di essere populisti. L’impeachment ad esempio, è una finzione
politica per far capire da che parte stiamo”.
Beppe Grillo parla ai suoi in un’aula della Camera. È una conversazione che nessuno conosce, quella che il Fatto ha in esclusiva, tra il leader e i deputati.
Lui, il grande capo, in piedi, spalle al muro, la voce pacata e i toni concilianti. Gesticola, ride poco e dà pacche sulle spalle. E parla. “Sono qui per sostenervi”. Non alza mai la voce.
Il Grillo a porte chiuse non è nemmeno parente del comico sul palco, quello che urla e lancia parole come spade. C’è da spiegare la scomunica ai senatori Cioffi e Buccarella, colpevoli di aver presentato un emendamento per abolire il reato di immigrazione clandestina.
C’è da spiegare chi comanda. Che non è lui, ma il Movimento.
Perchè forse gli eletti se lo sono dimenticati, ma i voti vengono dal basso e seguono le emozioni: “Con la presentazione dell’emendamento per abolire il reato di immigrazione clandestina, abbiamo perso voti a iosa. Il post del blog, forse un po’ duro, siamo stati costretti a farlo”.
Una decisione obbligata per evitare di perdere troppi voti: “Noi parliamo alla pancia della gente. Siamo populisti veri. Non dobbiamo mica vergognarci. Quelli che ci giudicano hanno bisogno di situazioni chiare. Ad esempio prendete l’impeachment di Napolitano. Molti di voi forse non sono d’accordo, lo capisco. Ma è una finzione politica. E basta. Non possiamo dire che ha tradito la Costituzione. Però diamo una direttiva precisa contro una persona che non rappresenta più la totalità degli italiani. Noi siamo la pancia della gente”.
Perchè il rischio era molto grosso: “Abbiamo raddrizzato la situazione, siamo stati violenti per far capire alla gente. Se andiamo verso una deriva a sinistra siamo rovinati”.
Gli errori, “l’andazzo” e i sondaggi mai visti –
Lo ascoltano, affollati come sotto il palco, ma questa volta Grillo parla a volto scoperto e dice di capire.
“Questa cosa non deve più accadere. C’è stato un errore di comunicazione. È brutto. Perchè l’emendamento è stato un mese lì e non ne sapevamo nulla. Io posso darvi un parere, ma non devo decidere io. Però avreste dovuto avvisare”.
Qualcuno risponde: “Dobbiamo prendere decisioni in poco tempo, a volte è difficile”. Ma Grillo dice di sapere già tutto: “Per questo abbiamo presentato l’applicazione per la partecipazione diretta. Così quando c’è qualche proposta che non avevamo nel programma, la mettiamo online e vediamo l’andazzo”.
Ai suoi Grillo dice di aver fatto un sondaggio online: il 75% ha votato per mantenere il reato di immigrazione clandestina.
Qualcuno scuote la testa: “Non l’abbiamo mai visto”.
Ma oltre le giustificazioni il leader ripete come un ritornello che il potere resta alla maggioranza: se il Movimento vuole riformare la Bossi-Fini si voterà su quello.
E così sullo ius soli: “Vorrei che fossimo uniti. Stanno sfruttando il tema per fini elettorali. Siamo tutti convinti che lo ius soli vada bene, ma con certi paletti”.
I deputati sono spiazzati. Lo guardano in piedi con le mani sudate per cercare di dire ad alta voce i malumori covati per giorni.
Ma Grillo è comprensivo e i dissidenti non osano parlare. Qualcuno trova il coraggio di chiedere più chiarimenti. Giulia Sarti, subito fermata da Roberto Fico e Carla Ruocco.
Poi Silvia Chimienti: “A me questa cosa dei voti lascia perplessa. Bastava spiegare alle persone che era una cosa di buon senso”.
Qualcuno azzarda: “Non è che per non finire nell’ala di sinistra scivoliamo a destra? Restiamo oggettivi”. Alza la mano Stefano Vignaroli: “Prima non era così. Andavamo sul palco e ci dicevi di parlare delle cose che ci appassionano”.
Grillo risponde a tutto: “Io lo so cosa vi ha dato fastidio, la frasetta dell’articolo dove si diceva che con posizioni come quella sull’immigrazione avremmo preso risultati da prefisso telefonico. Lo so, ma dovete capire che il Movimento sono 9 milioni di persone che ci hanno votato”.
I brusii crescono quando si passa alle questioni pratiche.
Se per ogni difficoltà bisogna chiedere l’autorizzazione e il parere dall’alto, si perde troppo tempo. “Tanto vale allora astenersi su tutto”, dice Luigi Gallo.
Così Girolamo Pisano: “Io chiedo, vale più un ragionamento fatto da 100 persone su base di dati tecnici. O un’opinione di Grillo e Casaleggio?”. E su questo il leader sbotta.
Parlano da oltre un’ora e il punto è sempre quello: “L’opinione è del Movimento. Abbiamo 9 milioni di persone che ci hanno dato il voto su un programma. Noi siamo le punte delle persone. Io sono per il dialogo sempre. Non datemi dei super poteri. Non ne ho. Io mi sento in imbarazzo. Ne sapete molto più di me. La prossima settimana viene qui Casaleggio e parlerete con lui. Verrà un giorno o due alla settimana. Si alternerà con me”.
I post, il residence e la penale anti-traditori
Grillo la pazienza la perde sul finale. Gli chiedono di avvisare prima di scrivere un post sul blog contro una persona. Chiedono di ricevere un avviso. “Ma così si crea un canale preferenziale con ognuno. Poi io non vivo più. Ad esempio la settimana scorsa ho chiesto, ci incontriamo in un residence per parlare? Voi l’avete messa ai voti. Così abbiamo fatto una figura di merda. La notizia l’avete creata voi. Bastava non fare nulla. Chi voleva venire veniva”.
Si rabbuia un attimo, ma subito torna a incoraggiarli. “Avete fatto un miracolo. Pensate al futuro adesso. È nostro. Questi politici sono finiti. State facendo grandi cose. Adesso io e Casaleggio scenderemo più spesso, perchè bisogna alzare delle barriere di protezione. Tutti cercano di salire sul nostro carro. Non possiamo permettere di farci corrodere il lavoro. Per le elezioni locali, faremo firmare una cosa che se cambi il partito paghi una penale”.
Ci sono le regionali in Basilicata e le europee nel programma del leader.
Nessun accenno al voto anticipato. A porte chiuse la campagna elettorale può aspettare.
Martina Castigliani
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 30th, 2013 Riccardo Fucile
CON VERDINI E BONDI ORA IL CAVALIERE PREPARA LA CRISI DI GOVERNO: CONSIGLIO NAZIONALE SUBITO E RITIRO DEI MINISTRI
È quando dal Senato si materializza la “ghigliottina” del voto palese che Silvio Berlusconi fa saltare l’incontro a pranzo con i ministri: “Non si presentino nemmeno, non li voglio vedere. Mi avevano assicurato che c’erano i numeri sul voto segreto”.
Il Cavaliere è una furia. Alfano aveva giurato che la forzatura non ci sarebbe stata. Ne era certo. E invece non solo non si è guadagnato tempo sulla Severino, ma è arrivata pure la ghigliottina. Ai ministri già in movimento verso palazzo Grazioli arriva la telefonata che il pranzo è saltato.
Al loro posto piombano i falchi Denis Verdini e Sandro Bondi.
Per stabilire l’agenda della crisi di governo: “Non posso rimanere con i miei carnefici – urla Berlusconi – quello che è successo è una cosa indegna”.
Il Cavaliere è furioso.
Col Pd, con Giorgio Napolitano che ha consentito questa “vergogna”.
Soprattutto con le colombe del suo partito, a partire da Angelino Alfano, che lo frenano da mesi con tutte le loro teorie sulla grazia, l’amnistia, la legge Severino.
E che ancora stamane davano assicurazioni sul voto in Giunta. E questi sono i risultati: non solo il Pd ha accelerato, ma ora vuole lo scalpo, la fucilata pubblica. Ecco che da palazzo Grazioli parte l’ordine perentorio ai dichiaratori: “Ci saranno conseguenze sul governo”.
E adesso è Berlusconi a preparare la sua escalation. Che porta dritto alla crisi di governo. Passando per una drammatica conta interna: “Voglio vedere chi mi tradisce dopo quello che è successo”.
Il “piano” prevede di anticipare il Consiglio nazionale di Forza Italia. Una, massimo due settimane.
Per piegare in quella sede Alfano e la sua fronda. E arrivare col partito unito al voto in Aula sula decadenza: “Voglio vedere chi vota contro Berlusconi al consiglio nazionale mentre al Senato lo fucilano” dice un falco di rango.
A quel punto, col partito ricondotto all’ordine, anche a costo di perdere qualche unità , la battaglia si sposta in Aula.
Non è escluso che possa parlare a palazzo Madama Silvio Berlusconi in persona. È certo che quello che chiederà ai ministri è di lasciare il governo.
E’ in questo clima che è saltato l’incontro con i ministri.
Perchè a questo punto l’ora delle mediazioni è finita. E nel giorno del grande “schiaffo” della Giunta il Cavaliere considera inutile un ulteriore tira e molla con le colombe ministeriali di cui oramai non si fida.
Anche perchè adesso l’orologio della crisi si è messo a correre più in fretta. Il primo effetto della decisione sul voto palese sarà un’accelerazione dei tempi del voto in Aula.
Le antenne del Cavaliere al Senato gli comunicano che potrebbe esserci entro le prossime due settimane.
Berlusconi vorrebbe mettere al riparo la legge di stabilità per non essere additato come colui che affossa il paese, ma è certo la decadenza coincide con la fine del governo.
La Pitonessa Daniela Santanchè, così riassume il Berlusconi pensiero: “Cronaca di un assassinio annunciato. Al Senato è stata uccisa la democrazia. Come fa ancora qualcuno a sostenere nel nome della falsa stabilità che questo governo serve al Paese? Cosa c’è di più importante per un popolo se non la democrazia e lo stato di diritto? Che i nostri “governativi” ce lo spieghino”.
Già , i governativi.
Oggi non hanno nemmeno avuto udienza.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 30th, 2013 Riccardo Fucile
SCHIFANI E BRUNETTA MINACCIANO “CONSEGUENZE PER IL GOVERNO”
La decadenza di Silvio Berlusconi da senatore, per effetto della legge Severino e a seguito della
condanna definitiva per frode fiscale, sarà votata dall’aula di Palazzo Madama con il voto palese.
I senatori dovranno esprimersi pubblicamente sul destino del leader di Forza Italia e, di conseguenza, assumersi la responsabilità di un eventuale voto in dissenso dalla linea del proprio gruppo parlamentare.
Lo ha deciso la Giunta per il regolamento, che dopo lo stop di martedì sera si era riunita di nuovo questa mattina per decidere sulla richiesta del Movimento 5 Stelle di una votazione pubblica.
La svolta è arrivata con la decisione della senatrice Linda Lanzillotta, ex Pd e ora Scelta Civica, di sostenere le ragioni del voto palese dopo che negli ultimi giorni aveva preso tempo riservandosi di ponderare al meglio la questione. Lo scorso 4 ottobre la Giunta per le autorizzazioni del Senato aveva dato parere favorevole alla decadenza.
IL PDL: «CI SARANNO CONSEGUENZE»
La decisione di Scelta Civica di optare per il voto palese, riferisce l’Ansa che cita fonti Pdl, avrebbe irritato Berlusconi a tal punto da far saltare un pranzo già fissato con il vicepremier Angelino Alfano e il resto della delegazione governativa pidiellina.
«Il fatto è che Berlusconi non ha più nulla da dire ai governativi» spiega un esponente del partito che l’Ansa mantiene anonimo limitandosi a definirlo «un big azzurro».
E fioccano le reazioni tra i cosiddetti «falchi»: «Una pagina buia per le regole parlamentari- dice il presidente del Senato Renato Schifani- . La giornata di oggi non potrà non avere conseguenze».
Anche il capogruppo Brunetta appare sdegnato: «Dalla Giunta una decisione assurda e senza precedenti contro Berlusconi. Una decisione contra personam e senza alcun senso. Inaccettabile».
BOTTA E RISPOSTA
Dopo lo stop di martedì sera, le posizioni in Giunta di Pd e Pdl erano sembrate inconciliabili. L’ex premier Silvio Berlusconi era tornato a chiedere al governo di affermare la «non retroattività » della Severino. Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha ribattuto a distanza dai microfoni di Radio Anch’io:«La mia risposta sta nel discorso alle Camere del 2 ottobre. Ho chiesto la fiducia al Parlamento» ottenendo «un largo consenso e in quella richiesta il pilastro è che l’Italia ha bisogno di ripresa, di un governo e ci vuole separazione tra le singole vicende giudiziarie e l’azione dell’esecutivo».
BERLUSCONI RIUNISCE I SUOI
Silvio Berlusconi vedrà per pranzo a palazzo Grazioli i ministri del Pdl, riferiscono fonti interne al partito. L’appuntamento segue quello nella tarda serata di ieri con il segretario politico Angelino Alfano. Non è escluso che il cavaliere chiami a raccolta anche i `lealisti’ di Raffaele Fitto. Berlusconi, secondo quanto riferito, sta cercando in tutti i modi infatti di ricompattare il partito prima del voto nell’aula del Senato sulla decadenza da senatore.
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Ottobre 30th, 2013 Riccardo Fucile
FINISCE 7 A 6: DECISIVO IL VOTO DELLA LANZILLOTTA DI SCELTA CIVICA
La giunta del regolamento del Senato, riunita da stamattina per decidere sulla modalità di voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi da senatore, ha deciso per il voto palese con una votazione finita 7 a 6 (il presidente Grasso per prassi non vota)
Decisivo il voto della senatrice di Scelta Civica, Linda Lanzillotta che ha motivato la sua decisione: “Quello sulla decadenza di Berlusconi non sarà un voto sulla persona, ma sul suo status di parlamentare. Pertanto non sarà necessario il voto segreto”.
Il voto in aula al Senato sulla decadenza da parlamentare di Silvio Berlusconi sarà calendarizzato oggi al termine della riunione della Giunta per il regolamento. E’ quanto si apprende da fonti parlamentari, il presidente di palazzo Madama Pietro Grasso avrebbe chiesto di convocare la conferenza dei capigruppi. Il voto potrebbe essere calendarizzato tra il 4 e il 15 novembre.
Ora, dopo il voto si apre un nuovo interrogativo: la decisione presa dalla giunta non dà nessun vincolo: questo significa che una volta in Aula per votare la decadenza 20 senatori potrebbero di nuovo porre la questione del voto segreto.
“E’ chiaro — sottolinea Franco Russo, componente della Giunta per il regolamento – che questi 20 senatori dovrebbero motivare seriamente la loro decisione di presentare un ordine del giorno alternativo alla pronuncia della Giunta per le immunità . E, nel caso che la Giunta per il regolamento decidesse di votare sulla decadenza con voto palese, sinceramente ogni motivazione in altro senso risulterebbe piuttosto debole. Poi, comunque dovrebbe essere sempre il presidente del Senato a decidere il da farsi sentendo magari di nuovo la Giunta per il regolamento”.
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Ottobre 30th, 2013 Riccardo Fucile
DAI CONTATTI SEGRETI ALL’ALLEANZA UFFICIALE POPULISTA CON UN NEMICO COMUNE DA ADDITARE COME CAUSA DI TUTTE LE DISGRAZIE
L’ex direttore del “Giornale” Vittorio Feltri descrive oggi sulle colonne del quotidiano diretto
da Alessandro Sallusti il suo sogno politico: un’intesa elettorale tra Beppe Grillo e Silvio Berlusconi per uscire dall’euro, o, in subordine, lottare con maggiore veemenza contro il dominio teutonico di Angela Merkel.”
Ci domandiamo perchè Berlusconi e Grillo non si alleino (accantonando momentaneamente il nodo giustizia che divide e non consente di imperare) per reciproca convenienza, conducendo insieme una lotta finalizzata alla riconquista italiana della sovranità nazionale e del diritto a battere moneta allo scopo di affrontare le esigenze di noantri poveri tapini in balia dell’onnipotenza teutonica.
Fra l’altro, sia Silvio che Beppe hanno già dichiarato di essere d’accordo su un secondo punto: meglio votare subito col Porcellum, piuttosto che seguitare a menare il can per l’aia con un governicchio gracile, timido e forse anche un po’ tonto. Ultima osservazione: con i voti di Forza Italia, più quelli del M5S, la maggioranza è garantita. Coraggio, che ce vo’?”
Il fronte Grillo-Berlusconi avrebbe dunque vari motivi per allearsi: l’ostilità all’euro, che come rimarca Feltri è stata una delle chiavi del boom elettorale del M5S, e del recupero del Pdl alle ultime politiche; il desiderio di tornare subito al voto con il Porcellum, un sistema elettorale che favorisce formazioni basate su un leader trascinante come sono sia Grillo che Berlusconi. Secondo l’ex direttore del “Giornale” il clima è molto propizio. La riflessione di Feltri prende spunto infatti da un’indagine, realizzata dall’istituto demoscopico Ipsos per Acri, nella quale gli italiani esprimono tutta la loro insoddisfazione per la moneta unica.
Per la prima volta dal monitoraggio di questa domanda, solo una maggioranza relativa degli italiani, il 47%, ritiene che l’euro sarà un vantaggio tra 20 anni. L’insoddisfazione verso la moneta unica è al massimo, 74%, così come la sfiducia nei confonti dell’UE, al 46%.
Valori che rimarcano per Feltri la felice intuizione di Berlusconi, che al momento dell’introduzione dell’euro aveva più volte manifestato tutto il suo scetticismo verso la valuta comune.
Per l’ex direttore del “Giornale” l’ex presidente del Consiglio dovrebbe ritornare sulle sue antiche convinzioni, mentre Grillo dovrebbe tornare alla foga anti moneta unica con la quale aveva condotto, e vinto, la campagna elettorale.
Per Feltri l’alleanza con Berlusconi sarebbe l’incentivo giusto per riaccendere la scintilla di un’intesa no euro già maggioritaria nel paese.
Andrea Mollica
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Ottobre 30th, 2013 Riccardo Fucile
LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA IN APPELLO BIS DICONO CHE DEVE STAR FUORI 6 ANNI DALLE CAMERE COME PREVEDE LA LEGGE SEVERINO
La legge Severino sull’incandidabilità , e sulla decadenza di un parlamentare, per i condannati a oltre due anni di pena, come Silvio Berlusconi, “non è sovrapponibile” a un processo penale, ha un iter “distinto”.
Ergo, il leader del Pdl deve decadere da senatore ed è incandidabile per i prossimi 6 anni.
La smentita della tesi difensiva dei berlusconiani in Parlamento e degli avvocati-parlamentari al processo Mediaset-diritti Tv, su una supposta non retroattività , arriva dai giudici milanesi dell’Appello bis, che il 19 ottobre scorso hanno condannato il Cavaliere a 2 anni di interdizione dai pubblici uffici.
E Berlusconi si lamenta con Bruno Vespa: il voto sulla sua decadenza “sarebbe una macchia per la democrazia”, il governo potrebbe modificare la norma scrivendo che “non è retroattiva. Letta dica sì o no”.
Quanto al merito delle motivazioni, depositate ieri, anche per i giudici della terza sezione penale della Corte d’Appello Berlusconi non merita le attenuanti generiche: è un evasore incallito e per di più ha frodato il fisco pure da “uomo politico”.
L’appello bis è stato celebrato dopo che la Cassazione, il primo agosto, ha confermato 4 anni di pena (3 indultati) e l’interdizione dai pubblici uffici.
Ma, invece, dei 5 inflitti in primo e secondo grado, la Suprema Corte ha ordinato il ricalcolo della pena sulla base della legge tributaria che prevede da 1 a 3 anni di interdizione.
Berlusconi non ha avuto il minimo perchè “Il ruolo pubblicamente assunto dall’imputato… anche e soprattutto come uomo politico aggrava la valutazione della sua condotta”. I giudici, inoltre, ricordano che “ è stato l’ideatore e l’organizzatore… della galassia di società estere collettrici di fondi neri e apparenti intermediarie nell’acquisto dei diritti televisivi…”. Dimostrata pure “la particolare intensità del dolo nella commissione del reato e perseveranza in esso”.
Chiamato in causa dai difensori, sulla legge Severino, il no del collegio presieduto da Arturo Soprano, al ricorso alla Consulta, suo malgrado, è piombato sul dibattito politico.
La norma, si legge (estensore Maria Rosaria Mandrioli), è altra cosa dalle pene accessorie, come l’interdizione dai pubblici uffici, che “comminano i giudici”. “Ha un ambito di applicazione distinto, ben diverso e certamente non sovrapponibile” con quello del processo penale.
Anzi, le pene inflitte dai giudici, per la legge Severino, sono un “presupposto per la incandidabilità del soggetto, ovvero per la valutazione della sua decadenza dal mandato elettorale conferitogli”.
Dunque, non si pone il problema della retroattività su cui ha puntato la difesa per ottenere il ricorso e su cui, ieri, ha insistito Francesco Nitto Palma (Pdl) sostenendo che i giudici hanno definito la Severino una sanzione amministrativa e dunque non retroattiva.
Gli ha risposto il senatore del Pd Felice Casson: “La Corte non ha affatto detto questo, ha detto che la Severino attiene ai requisiti” per essere candidabile e per restare in Parlamento.
Tornando alle motivazioni, contengono, inoltre, una rivelazione: non è vero che Mediaset ha già sanato il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate, relativo al 2002-2003, oggetto della condanna di Berlusconi: “La difesa si è limitata a produrre in causa una mera ‘proposta di adesione extragiudiziale’ formulata solo in data 11/9/2013, con previsione di rateizzazione dei pagamenti a partire dal 22/10/2013 con scadenza al 22/7/2016″.
In ogni caso, rispondono i giudici agli avvocati, per evitare l’interdizione, il contenzioso fiscale va sanato prima dell’inizio del dibattimento.
Ed è falso che Berlusconi non abbia potuto pagare al posto di Mediaset perchè non aveva un ruolo formale in azienda e che, pertanto, non abbia potuto evitare l’interdizione: “Nulla precludeva, invero, a Berlusconi Silvio… di attivarsi personalmente per estinguere il debito tributario in questione”.
L’avvocato Niccolò Ghedini, il 19 ottobre scorso, alla fine dell’udienza, aveva dichiarato che Mediaset aveva sanato il debito con il fisco pagando “circa 11 milioni di euro”.
Antonella Mascali
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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