“NON LA PASSERA’ LISCIA”: GUERRIGLIA DEL PDL CONTRO GRASSO
MARTEDI SI DOVREBBE DECIDERE IL GIORNO DEL VOTO IN AULA
“Guerriglia”. Si è da poco chiusa la riunione della giunta del Regolamento che ha stabilito che la non convalida dell’elezione di Silvio Berlusconi avverrà con un voto palese, e già tra i senatori del Pdl la parola inizia a girare senza mezzi termini. L’obiettivo della rappresaglia degli azzurri ha un nome e un cognome: Pietro Grasso.
Testuale: “Il presidente del Senato stavolta si è spinto troppo oltre. Ha avallato un abominio giuridico sulla pelle del Cavaliere. Questa volta non gliela faremo passare liscia”.
La rabbia degli azzurri è evidente già nelle parole scandite per mettere all’indice l’ex magistrato.
In chiaro è Lucio Malan a usare un lessico da classico dell’horror: “È una cosa che grida vendetta, un colpo di stato, un demoniaco rovesciamento del significato delle regole”.
Di “gravità inaudita” delle mosse di Grasso parla il Mattinale, il bollettino stilato giornalemnte da piazza san Lorenzo in Lucina, uscito in edizione speciale.
Il telefono di Renato Schifani è bollente. Berlusconi non ha digerito lo schiaffo che è arrivato dalla giunta, e il capogruppo del Pdl è sotto pressione.
Martedì, assicura ai suoi, alla ripresa dei lavori dell’aula, si alzerà e rivolgerà un violento j’accuse alla seconda carica dello stato. “E la guerriglia continuerà nei giorni successivi in termini che dobbiamo ancora valutare”, confida un autorevolissimo consigliere del Cav.
Lotta senza quartiere, dunque, con un’unico paletto (per ora) insuperabile: la richiesta di dimissioni.
Il Pdl non si vuole spingere fino a quel punto, sa che il cortocircuito istituzionale che ne deriverebbe farebbe avvicinare una crisi che, al contrario, va preparata e gestita nei modi e nei tempi. Qualunque altro atto per balcanizzare i lavori di Palazzo Madama sarà lecito.
A partire dalla totale ricusazione dei lavori della giunta per il Regolamento (non a caso presieduta proprio dallo stesso Grasso).
È Donato Bruno a delineare la strategia allo studio in queste ore: “Sia io che Roberto Calderoli che Anna Finocchiaro siamo stati nominati relatori delle modifiche da apportare al regolamento ed eventualmente prendere contatti con i colleghi della giunta del Regolamento della Camera per armonizzare i due regolamenti”.
Per Bruno non è possibile modificare il regolamento “solo con un voto di giunta e senza un passaggio in Aula” e “quando c’è la violazione delle regole la democrazia attraversa dei seri problemi”.
Un suo collega la mette giù più semplice: “Altro che interpretazione, la giunta ha votato una vera e propria modifica della costituzione del Senato, senza passare dal plenum. È una decisione che non si può riconoscere come valida”.
Angelino Alfano chiama all’adunata: “Ora, innanzitutto in sede parlamentare, lì dove si è consumato questo sopruso, sarà battaglia per ripristinare il diritto alla democrazia”.
Così gli azzurri non si spingeranno nel presentare comunque la richiesta di voto segreto, come si vociferava in mattinata nel Transatlantico di Palazzo Madama. La posta è più alta, e tocca lo scranno della presidenza e il disconoscimento della decisione avallata da Grasso.
Preoccupa poi il timing. Nessuna data è stata ancora fissata per la conferenza dei capigruppo che dovrà calendarizzare il voto su Berlusconi, ma nel Pd si parla già apertamente della prossima settimana (martedì o mercoledì le data più accreditate). Diventa così probabile che il Senato sia chiamato ad esprimersi in una data che va dall’11 al 15 novembre.
Questa sarà la richiesta del M5s e, ad oggi, sembra anche l’orientamento prevalente a via del Nazareno. E proprio su questo i berlusconiani sono pronti ad alzare nuove barricate.
Ieri in aula Schifani lo scandiva a chiare lettere: “Mi sembra chiaro che l’orientamento emerso nella capigruppo di oggi (martedì n.s.d.) sia quello di affrontare il problema dopo la legge di stabilità “.
Tradotto, tra fine novembre e inizio dicembre. Un era geologica, politicamente parlando, si profila tra i desiderata dei due schieramenti.
Così, all’orizzonte, si profila un ennesimo capito della guerra dei vent’anni.
(da “Huffingtonpost“)
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