Maggio 2nd, 2014 Riccardo Fucile
SI PREPARA LA DISCESA IN CAMPO, MA PRIMA OCCORRE VERIFICARNE L’APPEAL SULL’ELETTORE
Per la prima volta Silvio Berlusconi non esclude la discesa in campo della figlia Marina: “E’
molto capace — dice l’ex premier nel corso della sua intervista a Virus – ha una grande esperienza aziendale e tutto sommato credo che sarebbe una buona soluzione che lei potesse a un certo punto interessarsi del nostro paese”.
Certo, il Cavaliere dice che i tempi non sono ancora maturi e che, soprattutto, il suo parere è esattamente l’opposto: “Io l’ho sempre sconsigliata dal farlo, ma soprattutto ricordo che i leader li scelgono gli elettori, non i padri”.
Insomma, “dipende da tante cose”. E c’è forse anche un moto di paterna protezione verso la primogenita quando dice che il mondo della politica è “detestabile”.
Della politica, ma non solo. Nel senso che da sempre Berlusconi è preoccupato dal fatto che un suo figlio in politica, oltre alla gloria, possa ereditare anche la “persecuzione giudiziaria”.
Epperò per la prima volta Berlusconi lascia intendere che l’ipotesi è concreta. Se ne discute, è una eventualità . E soprattutto se ne discute in modo pubblico.
Pochi giorni fa l’intervista, tutta politica, di Marina al Corriere.
Poi la replica, sempre di Marina, ad Alfano con piglio, anche in questo caso, tutto politico. Ora il padre che non esclude.
Ogni giorno, un segnale che riguarda Marina. È il classico approccio di Berlusconi, fatto di un gioco di simulazione e dissimulazione, di segnali su cui vengono fatti subito sondaggi, clamorose accelerazioni e repentine marce indietro.
Tutto questo significa che è partito il sondaggio sul marchio Marina, per vedere come risponde l’opinione pubblica, ma anche gli avversari politici e il partito.
La costruzione di una leadership, in casa Berlusconi, è un work in progress.
Ma un primo effetto già c’è. Dentro Forza Italia, i ben informati ormai danno per scontata la discesa in campo di un figlio. Di un figlio.
Nei mesi scorsi c’è stato l’attivismo di Barbara e anche Pier Silvio continua a essere sondato.
Ora è il momento di Marina. Il gioco attorno alla Cavaliera fa parte di questa complessa campagna elettorale nella quale Berlusconi si sente azzoppato.
È un segnale partito da Arcore che significa che, anche in caso catastrofe elettorale il 25 maggio ci sarà un futuro all’insegna di un Berlusconi, anzi di una Berlusconi.
Dà fiducia e una prospettiva d’avvenire a un mondo che avvolto dalla sensazione di un cupio dissolvi.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: Berlusconi | Commenta »
Maggio 2nd, 2014 Riccardo Fucile
MULTA E NON PIU’ OBBLIGO DI ASSUNZIONE PER L’IMPRESA CHE SUPERA IL 20% DEI CONTRATTI A TERMINE E RIDIMENSIONAMENTO DEI PRECARI DA STABILIZZARE
Sono otto gli emendamenti che il governo ha presentato al senato al testo del decreto lavoro, frutto della mediazione all’interno della maggioranza rispetto al testo licenziato dalla Camera.
“Lo spirito che ci ha animato – spiega la capogruppo Pd in commissione lavoro, Annamaria Parente – è stato quello di migliorare il testo normativo senza stravolgerlo. Questo per noi è il testo finale, più che definitivo. I gruppi della maggioranza non porranno altri emendamenti”.
Tra le principali novità rispetto al testo della Camera spunta la sanzione amministrativa a carico delle imprese che non rispettano il tetto del 20% dei contratti a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato, norme sull’apprendistato e novità per i progetti di ricerca sia pubblici che privati.
Sono stati inoltre presentati 4 ordini del giorno, due a firma Sacconi (ncd) e due a firma Ichino (sc) di orientamento per le circolari che il governo dovrà emanare, relativi a rinnovi contrattuali, somministrazione, rapporto tra legge e contratti collettivi.
Altre misure riguardano l’apprendistato – il tetto relativo alla stabilizzazione di una quota di apprendisti vale per le aziende con oltre i 50 dipendenti (nel testo passato alla Camera la quota era 30) – e lo stop del limite per i contratti a termine negli enti di ricerca.
Inoltre, la formazione per l’apprendistato sarà mista, pubblica e privata.
Il testo uscito dalla Camera stabilisce che le regioni devono offrire la formazione pubblica (entro un tempo di 45 giorni), ma con la proposta di modifica presentata dal governo, spiega il sottosegretario al Lavoro, Luigi Bobba, viene “meglio precisato come deve essere configurata l’offerta della regione: si fa riferimento anche a sedi e al calendario e al fatto che ci si possa valere anche delle imprese (purchè si rispettino linee guida gia stabilite da conferenza stato regioni)”
argomento: Lavoro | Commenta »
Maggio 2nd, 2014 Riccardo Fucile
A BOLOGNA SCOPPIA LA PROTESTA CONTRO I PREZZI E LA QUALITA’ DEL CIBO DEL SERVIZIO SERIBO CHE VIENE DATO AGLI ALUNNI
I genitori dei bambini che frequentano le mense scolastiche bolognesi, lunedì 5 maggio, sono
pronti a scoperchiare la pentola: i ragazzi per un giorno rifiuteranno il cibo per protestare contro le tariffe applicate dalla società Seribo, considerate tra le più alte in Italia.
Ad annunciare la protesta è l’Osservatorio mense Bologna costituito da un gruppo di genitori che da qualche tempo si sta interrogando sulla qualità del cibo che viene dato ai loro figli e sul servizio di refezione.
Lunedì, Marcello, che frequenta la quarta A della primaria “Marella” all’istituto comprensivo 12, rifiuterà la pasta e il filetto di pesce. Lascerà sul tavolo cucchiaio e forchetta per mangiarsi un panino.
“Mio figlio — spiega Luca Castranò — sarà uno dei ventitrè bambini della sua classe che non siederà a tavola. Le ragioni di questa protesta sono diverse tra noi genitori ma di fondo c’è un grande malcontento rispetto alla politica della Seribo: l’azienda partecipata, di cui il Comune detiene il 51%, dovrebbe avere al centro del suo interesse il pubblico eppure abbiamo le tariffe che sono le più alte d’Italia. In questi anni hanno aumentato gli utili mentre hanno diminuito le spese per le materie prime a discapito dei nostri figli”.
Mamme e papà “dopo undici anni spesi per migliorare il servizio”, dicono di essersi stancati e sono pronti alla “guerra delle forchette”.
“Abbiamo chiesto informazioni — spiega Sabastiano Moruzzi tra gli organizzatori dello sciopero e membro della commissione mensa cittadina — sulla tracciabilità del cibo, chiarimenti sugli aspetti economici, confrontato tariffe e percentuali di uso del biologico con altre città . In questi mesi, in vista del prossimo bando di gara, abbiamo cercato un dialogo con il Comune ma non abbiamo ricevuto le rassicurazioni che ci aspettavamo”.
Secondo i dati presentati dall’Osservatorio mense dei genitori, Seribo avrebbe a bilancio degli utili ingiustificabili di oltre 6 milioni di euro in tre anni: “Per questo chiediamo — spiegano i promotori della protesta — di reinvestire parte di questi soldi per migliore la qualità del cibo e diminuire i costi per le famiglie. Non solo. Il contratto tra Seribo e il Comune prevede che la società debba provvedere alla ristrutturazione, alla manutenzione, ordinaria e straordinaria ed agli adeguamenti di legge, degli immobili affidati in uso gratuito. In dieci anni solo uno dei tre centri pasto previsti è stato costruito”.
Intanto per lunedì, gli organizzatori prevedono un’adesione del 70% degli istituti comprensivi, con punte del 90% in alcuni plessi come alla scuola “Marella”.
Alcuni dirigenti scolastici hanno posto paletti all’iniziativa vietando il panino da casa se non aderisce l’intera sezione.
La responsabile dei servizi educativi e scolastici del quartiere “Santo Stefano” con una nota ufficiale ha vietato il consumo di cibo portato da casa per non “mettere a rischio il normale funzionamento della scuola”.
Divieti che, a detta degli organizzatori, avrebbero unito ancor più i genitori pronti all’indomani dello sciopero a chiedere un nuovo incontro all’assessore all’istruzione Marilena Pillati per bloccare il bilancio Seribo 2013 affinchè gli utili siano impiegati per costruire un centro pasti e per assicurare tariffe in linea con le altre città d’Italia.
Alex Corlazzoli
argomento: denuncia | Commenta »
Maggio 2nd, 2014 Riccardo Fucile
NEL GIORNO DELLA INAUGURAZIONE DELLA FIERA ALIMENTARE, PARMA BLOCCATA … SI NEGANO LE INDENNITA’ AI DIPENDENTI MA POI SI ASSUME UN DIRETTORE A 150.000 EURO DI STIPENDIO
I dipendenti del Comune di Parma incrociano le braccia contro i tagli del sindaco Federico Pizzarotti e contro le mancate risposte sulla gestione della macchina amministrativa che attendono da oltre un anno.
Il 5 maggio i lavoratori sospenderanno il servizio per tutta la giornata e saranno garantite solo le funzioni essenziali dell’ente.
Dopo due anni di braccio di ferro, ora è arrivato il punto di rottura e le misure di mobilitazione già minacciate da mesi diventeranno realtà lunedì.
Una scelta che cade non in un giornata qualunque per Parma, ma nel giorno dell’inaugurazione di Cibus, uno degli appuntamenti più importanti e più seguiti della città . E proprio per questo il disagio dello sciopero potrebbe portare, oltre alla chiusura di sportelli e servizi educativi per i cittadini, anche a importanti problemi sulla viabilità , visto che l’astensione riguarderà anche gli agenti della polizia municipale.
“Siamo arrivati a questa decisione dopo un lungo e assordante silenzio da parte dell’amministrazione e della delegazione trattante di parte pubblica, che dura da molti mesi — spiegano le sigle Fp Cgil, Fp Cisl, Uil Fpl e Diccap Sulpm — Su tanti temi che riguardano l’organizzazione del lavoro non vi è stata la possibilità di confrontarci con il Comune”.
Sul tavolo ci sono questioni irrisolte da tempo, dalla stabilizzazione dei precari nei servizi educativi, che secondo i sindacati potrebbero essere assunti senza oneri aggiuntivi per l’ente, al riconoscimento delle indennità e produttività per i lavoratori nel 2014.
A questo, si somma il fatto che il sindaco Pizzarotti, che ha la delega al personale, non si è presentato all’ultimo incontro di mediazione in prefettura.
“La situazione è la stessa del 2013 — spiega il segretario di Fp Cgil Sauro Salati — non c’è una visione del futuro, siamo dentro un banco di nebbia da cui non si riesce a uscire”.
Da oltre un anno i sindacati aspettano risposte che, a detta loro, non sono ancora arrivate. Ma mentre le indennità ai lavoratori del Comune non vengono corrisposte, il sindaco sta per assumere un direttore generale che peserà sulle casse pubbliche 150mila euro all’anno.
“Questa figura era sparita nella pianta organica della scorsa amministrazione — accusa Pia Russo di Cisl — ma ora ritorna, anche se non necessaria. Il suo stipendio però sarà pagato con quanto viene tolto a tutti gli altri dipendenti”.
Anche gli agenti di polizia municipale aderiranno allo sciopero per denunciare le condizioni del corpo, sotto organico di 40 unità e che in due anni e mezzo ha visto l’avvicendarsi di tre comandanti, l’ultimo dei quali, Gaetano Noè, arrivato solo qualche settimana fa.
“Ci viene chiesto di dare le stesse prestazioni — spiega Luca Iuculano della RSu della municipale — Ma siamo uno dei pochi corpi in Italia a non ricevere incentivi e riconoscimenti previsti dal codice”.
Pizzarotti ammette che la situazione delicata, ma scarica la colpa sui tagli del Governo ai Comuni, come l’ultimo decreto 66/2014 degli 80 euro del premier Matteo Renzi e i 375 milioni di euro che nel 2014 verranno tolti dal fondo di solidarietà dei municipi.
Silvia Bia
argomento: Grillo | Commenta »
Maggio 2nd, 2014 Riccardo Fucile
“SONO PALLE CHE CE L’AVREI CON LUI PERCHE’ NON MI AVREBBE PIU’ FATTO FARE L’ESTATE FIORENTINA: SONO IO CHE HO MOLLATO QUANDO HO VISTO GIOCHI SPORCHI CON I SOLDI PUBBLICI”… “RENZI USAVA MILIONI DELLA PROVINCIA PER FARE MANIFESTAZIONI CHE NON SI INCULAVA NESSUNO”
“Matteo Renzi è un bugiardo e mente in maniera spudorata sapendo di mentire nei miei
confronti, proprio ora ho seguito alcuni Tg e in tutti, ripeto in tutti, è stata ripetuta la menzogna consumata che ‘Pelu’ ce l’ha con Renzi perchè non gli ha più fatto fare l’estate fiorentinà . Evidentemente la disinformazia del boy scout di Gelli si è scatenata. Ma sparando cazzate ad alzo zero”.
Piero Pelù torna così ad attaccare, su Facebook, il presidente del Consiglio. Rispondendo a chi lo aveva accusato di avercela con Renzi per una vecchia questione legata al periodo in cui il premier era sindaco di Firenze.
“Ripeto per la milionesima volta che io ho creato FI.ESTA (FIrenze. ESTAte) nel 2007 con la vecchia amministrazione Domenici ma dopo 10 mesi di superlavoro ho lasciato quell’incarico di mia spontanea iniziativa perchè non mi piacevano i giochi sporchi che si facevano con il denaro pubblico. Chiaro ora? Ho lasciato io nell’ottobre 2007”.
“Renzi in quegli anni ‘usava’ milioni di euro pubblici della Provincia Fiorentina anche per fare manifestazioni che duravano pochi giorni e che non si inculava nessuno, una su tutte ‘Il genio fiorentino’. A questo punto è chiaro come il sole che Renzi non ha un solo argomento reale per contrattaccare le mie critiche da cittadino e da cantante al suo operato, quindi annaspa sul nulla. E non lo aiuta di certo circondarsi di yesman o yeswoman, lo aiuteranno di più le mie critiche se le capirà . Matteo non tollera il dissenso e ha il cruccio assurdo di voler per forza piacere a tutti, ma la realtà è che Renzi è un uomo solo”, conclude Pelù.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Renzi | Commenta »
Maggio 2nd, 2014 Riccardo Fucile
IL SERVIZIO BILANCIO DI PALAZZO MADAMA, DATI ALLA MANO, METTE IN DUBBIO GRAN PARTE DELLE COPERTURE… COMINCIA AD EMERGERE LA PATACCA
Nonostante il premier Matteo Renzi si mostri sicuro al 100 per cento delle coperture del decreto che porterà 80 euro al mese in tasca a milioni di italiani, il Servizio Bilancio del Senato di fatto boccia il meccanismo messo a punto dal ministro Padoan.
La stroncatura arriva peraltro sulla parte più delicata del provvedimento, e cioè quella che riguarda le nuove tasse.
Per i tecnici di Palazzo Madama infatti le cifre del gettito che dovrebbe arrivare dall’aumento delle aliquote sulle rendite finanziarie potrebbe essere più basso.
Così come non è garantito l’automatismo che porterebbe più soldi dall’Iva a seguito dello sblocco dei pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione.
Infine, c’è il rischio concreto che le minori entrate legate al taglio dell’Irap potrebbero essere maggiori del previsto.
Per non parlare poi dei rischi di incostituzionalità che ci sarebbero sull’aumento d’imposte sulla rivalutazione delle banche delle quote di Bankitalia.
Insomma, quanto basta, se non per “smontare”, sicuramente per mettere fortemente in discussione il decreto sui cui Renzi si gioca la sua credibilità .
Ma vediamo nel dettaglio le critiche.
Tasse sulle rendite finanziarie
Al Senato mettono in guardia Renzi e Padoan: aumentando dal 20 al 26% l’aliquota, si devono mettere nel conto quegli italiani che preferiranno investire i loro capitali su titoli esteri oppure su investimenti alternativi. È quello che tecnicamente si chiama effetto di sostituzione.
Si legge nell’analisi dei tecnici:
L’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie prevista nel Dl Irpef potrebbe comportare “possibili effetti di sostituzione che la relazione tecnica non sembra aver preso in considerazione e che dovrebbero comportare una revisione al ribasso nella stima delle maggiori entrate”. Infatti, “non sembra siano stati stimati possibili effetti sostitutivi che la nuova disciplina potrebbe determinare nelle scelte di investimento, ad esempio tra attività finanziarie nazionali ed estere, così come anche tra le prime e le attività reali (ad esempio immobili esteri o beni rifugio) a cui conseguirebbe un minor gettito”. Nel documento si ricorda che “la normativa in esame lascia inalterata la vigente aliquota agevolata del 12,5% sui redditi di alcune tipologie di titoli tra cui quelli di stato, quelli emessi da stati esteri white list e loro enti locali e quelli di risparmio per l’economia meridionale, nonchè l’aliquota dell’11% sul risultato netto maturato della gestione dei fondi pensione”. Per i tecnici, “pur comprendendo le ragioni di tale distinguo è evidente che per la determinazione nella composizione del portafoglio degli investitori non sarà indifferente il trattamento fiscale e che anzi, qualora gli investitori dovessero optare, in sostituzione di parte degli investimenti effettuati, ad esempio, verso forme di previdenza complementare, questa opzione consentirà loro di usufruire anche di deduzioni dal reddito imponibile, con ulteriori specifici effetti di minor gettito a titolo di imposte dirette che la relazione tecnica non sembra aver preso in considerazione”
In altre parole, gli italiani potrebbero preferire spostare i propri risparmi sui bot o sui fondi pensione, più convenienti. E così mettere a rischio i 700 milioni per quest’anno e i 3 miliardi a regime previsti dal governo per compensare il taglio Irap.
Taglio Irap
Ma anche lo stesso taglio dell’Irap darebbe problemi. Nel senso che alla fine il calo delle entrate potrebbe essere maggiore del previsto:
“La quantificazione di minor gettito contenuta nella relazione tecnica, – si legge nel dossier – pari a 2.059 milioni in ragione d’anno, corrisponde all’8,3% rispetto alle entrate del 2014 indicato dal predetto Bollettino delle entrate (24.813 mln); tale percentuale è sensibilmente inferiore a quanto previsto dalla normativa, dato che le variazioni in riduzione vanno dal 9,52 al 10,53 per cento, a seconda del settore di attività . Per questo motivo, si ritiene che gli effetti di minor gettito derivanti dalle disposizioni in esame possano verosimilmente attestarsi su importi più significativi di quelli esposti in relazione tecnica”. Inoltre, “l’aver assunto un andamento di minor gettito come costante nel tempo non appare prudenziale, considerando i dati in crescita del gettito Irap riportati nel Bollettino delle entrate tributarie negli anni 2011-2013 (23.962 mln nel 2011, 24.422 mln nel 2012 e 24.813 mln per il 2013); la considerazione di tale crescita comporterebbe anche un incremento, nel corso degli anni, del minor gettito associabile alla riduzione delle aliquote”. I tecnici del Servizio Bilancio chiedono quindi chiarimenti al governo anche alla luce del fatto che la relazione tecnica non tiene in considerazione gli effetti finanziari a carico delle Regioni.
Traducendo dal gergo economico, significa che il governo avrebbe considerato nella relazione tecnica un taglio dell’Irap dell’8,3 per cento mentre nella normativa del decreto si parla del 10 per cento in media. Insomma un vero e proprio errore. Colposo o doloso?
Maggiore Iva dai pagamenti Pa
Poi non è detto che ci sia un automatismo tra l’Iva assolta dalle amministrazioni pubbliche con il pagamento dei debiti pregressi e il maggior gettito per il fisco. Nel decreto Renzi ha infatti previsto che lo sblocco porterebbe 600 milioni quest’anno e un miliardo a regime. Troppi e non sicuri, secondo i mandarini del Senato:
Nel documento si osserva che c’è “la possibilità (più che verosimile) che una parte dei pagamenti ricevuti dai creditori delle amministrazioni pubbliche sia dagli stessi utilizzata per regolare a loro volta posizioni debitorie nei confronti dei propri fornitori. In tal modo, correndosi il rischio in sede erariale di una stima ‘eccessiva’ del maggior gettito erariale atteso, sottovalutandosi, soprattutto, gli effetti di compensazione ‘impliciti’ nella procedura di liquidazione periodica dell’iva che, operando ‘per massa’, può ridurre (fino ad azzerarla del tutto) l’iva a debito che il contribuente è tenuto a versare effettivamente all’erario”.
Quote Bankitalia
L’aumento della tassazione sulla rivalutazione delle quote detenute dalle banche nel capitale della Banca d’Italia potrebbe presentare profili di incompatibilità con il dettato costituzionale. Quindi significa che c’è il rischio concreto che le banche possano intraprendere iniziative legali contro il governo e quindi far venir meno i due miliardi e rotti di una tantum, che sono la parte più cospicua delle coperture degli 80 euro:
“Il provvedimento in esame riscrive ora integralmente il comma 148 che riguardava i profili fiscali della rivalutazione delle quote della Banca d’Italia – si legge nel dossier – senza chiarire la portata e la ratio della novella. In proposito, considerati anche il venir meno della possibilità di rateazione triennale del pagamento dell’imposta, l’innalzamento significativo dell’aliquota del tributo e il carattere obbligatorio della rivalutazione, andrebbe valutato con attenzione se quanto sopra rappresentato possa determinare una lesione del principio dell’affidamento legittimo del contribuente alla certezza dell’ordinamento giuridico”. Per i tecnici del Senato, “repentini mutamenti del quadro normativo potrebbero in altri termini finire per definire la tassazione postuma di una ricchezza non più attuale ovvero non garantire quell’esigenza di anticipata conoscenza da parte del contribuente del carico fiscale posto sulle proprie attività economiche, con conseguente possibile violazione di precetti costituzionali (artt. 41, 53, 97 della Cost). Andrebbero pertanto valutati con attenzione i profili di compatibilità della norma in esame con il predetto dettato costituzionale, anche in considerazione delle ricadute sul gettito di eventuali contenziosi”.
Una raffica di rilievi e critiche che bocciano di fatto il provvedimento firmato Renzi-Padoan.
Ora cosa succede?
La relazione dei tecnici non ha valore vincolante, il governo può anche non rispondere e andare avanti per la sua strada. Certamente però garbo istituzionale vuole che il Tesoro ribatta nel dettaglio, come fatto dai precedenti governi.
È anche una questione di credibilità . La palla quindi passa adesso a Padoan.
Che farà via Venti Settembre?
(da “Huffingtonpost“)
argomento: Renzi | Commenta »
Maggio 2nd, 2014 Riccardo Fucile
METTE FRETTA AGLI ALTRI MA DOPO 67 GIORNI I COMPENSI DEI SUOI COLLABORATORI SONO ANCORA SEGRETI… COMPRESO QUELLI DEL SUO “FOTOGRAFO” PERSONALE
È il 22 febbraio 2014 quando la campanella di Palazzo Chigi passa dalle mani di Enrico Letta a
quelle del nuovo presidente del consiglio Matteo Renzi.
Tiberio Barchielli, il paparazzo di Rignano sull’Arno, è già lì pronto a immortalare lo storico momento.
Passaggio solenne per l’ex sindaco di Firenze. Ma un bel salto anche per il suo fotografo personale, come ha raccontato l’Espresso .
Dalle foto in bikini di Gossip Blitz, il sito dei paparazzi da lui diretto, agli scatti ufficiali che immortalano Renzi con Obama, Hollande, Cameron.
Dalle immagini che testimoniano la storia del paesello toscano che ha dato i natali al premier, oltre che al suo fotografo del cuore, alle alte volte del governo.
Si racconta che Barchielli abbia anche una stanza a Palazzo Chigi. A titolo gratuito? Chi lo paga? E quanto?
La stessa domanda si potrebbe fare per gli altri collaboratori del premier. E la risposta dovrebbe essere di facile reperimento, sul sito del governo.
Tanto più che della trasparenza Matteo Renzi ha fatto fin dall’inizio una sua bandiera.
E invece nella sezione “amministrazione trasparente” tutto o quasi sembra congelato a prima del suo arrivo.
Uffici di diretta collaborazione del presidente? “Sezione in aggiornamento” è la scritta che campeggia da quando Renzi si è insediato.
E lo stesso vale per la sezione “Uffici di diretta collaborazione del Vice Presidente, dei Ministri senza portafoglio e dei Sottosegretari”.
Tanto in aggiornamento che ancora contempla l’esistenza di un “Vice Presidente”: figura come si sa, abolita da Renzi, che ha convinto Angelino Alfano ad abbandonare l’incarico.
Apparentemente più al passo con i tempi dovrebbe essere l’elenco dei consulenti e dei collaboratori: “Ultimo aggiornamento 7 aprile 2014”.
E tuttavia scorrendo il lungo elenco di esperti pubblicato sul sito di Palazzo Chigi salta agli occhi che non è così: non ce ne è neppure uno che abbia ricevuto l’incarico dopo la fatidica data del 15 febbraio 2014. Anche qui, insomma, tutto fermo a prima della fine del governo Letta.
Dal momento che, come si legge nella circolare emanata dall’ex segretario generale di Palazzo Chigi Roberto Garofoli il 20 dicembre 2013, “il legislatore impone il tempestivo aggiornamento dati pubblicati” ovvero che “il dato debba essere pubblicato immediatamente dopo la sua adozione/generazione”, si dovrebbe dedurre che di incarichi il premier non ne abbia ancora attribuiti.
In effetti, neppure il segretario generale di Palazzo Chigi, Mauro Bonaretti, ha ancora un vice a cui appoggiarsi.
Già capo di gabinetto dell’ex ministro Del Rio (oggi sottosegretario alla presidenza), Bonaretti è stato nominato al vertice della macchina amministrativa con Dpcm del 22 febbraio 2014.
Sul sito del governo ha una intera pagina dedicata nella sezione “Amministrazione trasparente”. Quanto guadagna? La voce “Compensi connessi all’assunzione della carica” è in aggiornamento. Un’altra nomina certa era quella dell’ex capo dei vigili fiorentini Antonella Manzione alla guida del dipartimento Affari giuridici legislativi di Palazzo Chigi. Ancora in stand by dopo la bocciatura della Corte dei Conti.
Insomma pare proprio che Renzi, pronto a bruciare i tempi su tutto, sulle nomine del suo staff e sulla trasparenza stia invece prendendo tempo.
Sono passati 67 giorni dal giuramento del governo, dei nuovi inquilini approdati con lui a Palazzo Chigi ci sono pochissime tracce.
E molti scatti.
Maria Grazia Gerina
(da “L’Espresso”)
argomento: Renzi | Commenta »
Maggio 2nd, 2014 Riccardo Fucile
I LAVORATORI INTERVISTATI AVEVANO CRITICATO LA COMPARSATA ELETTORALE DI GRILLO DAVANTI ALLO STABILIMENTO
Un operaio della Lucchini che si scaglia contro Grillo, accusandolo di essere andato a Piombino soltanto per fare campagna elettorale sulla pelle dei lavoratori.
Per questo motivo Michele Santoro diventa “il giornalista del giorno” nel blog del comico genovese, preso di mira perchè nel programma “Servizio pubblico” ha osato ospitare una voce così ostile al Movimento 5 Stelle.
“Perchè tutto quell’accanimento contro Grillo? Perchè tacciare Grillo di essere lì per fare campagna elettorale?” scrive la militante autrice della rubrica “Il giornalista del giorno”.
Mirko Lami da Santoro aveva detto: “Grillo deve venire a Piombino in punta di piedi. Deve conoscere bene la situazione”.
Non certo una voce isolata visto che durante la puntata è stato mandato in onda un servizio dove altri operai dell’acciaieria Lucchini, sul punto della chiusura definitiva, criticano le ricette di Grillo proposte per il salvataggio del luogo produttivo: “Caro Grillo non siamo la peste”.
Anche perchè se criticare è facile, proporre è più impegnativo, salvo sparare cazzate stratosferiche, smentite dai fatti, come quella del “vado io in Europa a farmi dare due miliardi per la fabbrica” senza neanche conoscere che i due miliardi di cui ha parlato orecchiando sono vincolati ad altri fini (quelli della ricerca).
Che una trasmissione giornalistica non possa dare voce ai lavoratori di una azienda prossima alla chiusura dimostra solo il tasso di arroganza di chi una fabbrica forse l’avrà vista dall’esterno sfrecciando a suo tempo in Ferrari.
Che l’Italia sia finita in mano a tre attori comici la dice lunga sulla classe dirigente di questo Paese.
argomento: Lavoro | Commenta »
Maggio 2nd, 2014 Riccardo Fucile
I DETENUTI CON UNA OCCUPAZIONE QUASI SEMPRE NON RIPETONO IL REATO
I rifiuti erano l’oro della camorra, adesso sono il tesoro dei detenuti del carcere napoletano di
Secondigliano.
Ogni mattina trenta reclusi selezionano le bottiglie di plastica, di vetro e le lattine di alluminio raccolte all’interno del penitenziario e in alcuni quartieri della città .
Nelle stesse ore anche dietro i cancelli di Rebibbia avviene l’identica scena. Frammenti di vita quotidiana tra condannati, alcuni con sulle spalle la sentenza “fine pena mai”, che così ottengono dignità e un’occasione di riscossa.
Lavorare dovrebbe essere un loro diritto, non l’eccezione: la strada maestra di quella rieducazione che per la Costituzione resta lo scopo della prigione.
Una missione ignorata: a sei mesi dal suo discorso al Parlamento, Giorgio Napolitano è tornato a chiedere misure urgenti per migliorare le condizioni dei reclusi. E la sentenza della Corte Europea che ha condannato il nostro sistema carcerario impone di dare risposte entro poche settimane. Offrire un impiego ai detenuti in un paese alle prese con una disoccupazione spietata può apparire come un’utopia, in realtà si tratta di una prospettiva sempre più apprezzata.
Anche perchè è l’unica che porta quasi sempre a un reale reinserimento quando si esce dalle mura dei penitenziari.
Più lavoro meno reati
Otto volte su dieci chi ha lavorato durante la detenzione non commette più crimini dopo la scarcerazione. Un risultato doppiamente positivo: quelli che non hanno questa opportunità , nell’80 per cento dei casi ricominciano a vivere di reati. Insomma, è la soluzione ideale. Ma per pochi. «Solo il 5 per cento lavora», spiega a “l’Espresso” Giovanni Tamburino, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, «purtroppo il livello è ancora molto basso ma puntiamo a raddoppiarlo per il prossimo anno. Contiamo di creare duemila nuovi posti aumentando le assunzioni da parte delle cooperative sociali e delle aziende private e grazie alle convenzioni con gli enti locali per i lavori di pubblica utilità . Infine, potremo garantirne altri con gli impieghi per la manutenzione all’interno degli istituti di pena». Le statistiche sono spietate. Nelle carceri vivono 61.449 persone, ma soltanto 14 mila hanno una qualche occupazione. Di questi, solo un quinto ha un vero contratto con aziende o cooperative: più di novemila si occupano delle attività interne ossia fanno i portantini, i magazzinieri, i cuochi. Dieci anni fa la situazione era di gran lunga peggiore: i reclusi con un impiego retribuito erano 644. A farli quadruplicare è stata una legge speciale, “la Smuraglia”, che concede sgravi fiscali e contributivi agli imprenditori che li ingaggiano.
Nel 2013 è stata un’opportunità colta da 150 tra aziende e coop, che hanno assunto 1280 detenuti.
Si sono creati posti in tutti i settori: dall’agricoltura al tessile, dalla ristorazione all’informatica. Una ditta metalmeccanica di Bologna ha selezionato nell’istituto cittadino ben 16 part time.
Eppur si muove
Il fondo per incentivare i contratti negli ultimi due anni ha avuto a disposizione 20 milioni, calati a cinque nel 2014. Briciole, rispetto alla massa di persone costrette all’inattività nelle celle, che restano comunque una risorsa importante in una stagione di tagli feroci. Altre iniziative sono in cantiere.
Rita Ghedini del Pd ha appena presentato un disegno di legge che aumenta i vantaggi per chi assume i detenuti, con una previsione di spesa di quattro milioni annui. È già operativo invece il protocollo firmato tra il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Legacoopsociali e Confcooperative. «L’accordo ha permesso di avviare nuove esperienze», spiega Giuseppe Guarini portavoce dell’Alleanza Cooperative Sociali e presidente di Federsolidarietà (Confcooperative).
«E di dettare delle linee guida per diffondere le buone pratiche di alcuni istituti», continua. Guarini è al vertice di una rete di 150 cooperative, presenti nella metà delle carceri del Paese, che hanno dato occupazione a 1.500 detenuti.
Del network fa parte “Libera Mensa”, che ne impiega più di trenta: sotto la guida di cuochi professionisti, preparano piatti con prodotti del territorio e organizzano catering in matrimoni, congressi, riunioni di affari e cene private.
Tutto rigorosamente “fatto in casa”, nel carcere della Vallette di Torino. Dà lavoro anche agli stranieri reclusi, molti dei quali però non hanno il permesso di soggiorno. «Ed è un problema», denuncia Piero Parente responsabile della cooperativa, «perchè due nostri ottimi collaboratori, uno marocchino e uno albanese, esaurita la pena hanno dovuto lasciare il Paese».
Dal Piemonte alla Sicilia, passando per Umbria e Lazio proliferano esperienze di questo genere con nomi ispirati ironicamente al desiderio di fuga: una libertà però ottenuta con il sudore della fronte e non con rocambolesche evasioni.
A Ragusa la neonata “Sprigioniamo sapori” occupa tre detenuti. Producono dolci di mandorla e torroni tipici dell’isola che vendono in tutta Italia, e a breve partirà anche nel femminile di Catania. A Terni impastano pane e biscotti con il “Forno solidale”.
A Perugia la cooperativa Gulliver coltiva frutta e verdura nel “Podere capanne”.
E poi c’è la produzione di caffè a Pozzuoli, quella della birra artigianale a Saluzzo, le biciclette “Apiedelibero” montate a Firenze Sollicciano. «È ancora uno sviluppo disomogeneo, in alcune carceri è complicato portare a termine i progetti, altri invece sono ben disposti. Per colmare questo gap è necessario avere delle regole comuni da seguire», osserva il presidente di Federsolidarietà .
Ma bastano le “imprese sociali”? C’è chi le ritiene la migliore soluzione. Altri invece credono che per raggiungere numeri significativi serve l’appoggio dei colossi dell’economia nazionale, che con il loro turnover possono garantire la continuità delle mansioni anche dopo la fine della pena.
Obiettivo Società per azioni
«Al momento mancano contatti con grandi aziende, più volte abbiamo tentato di portare dentro il carcere le catene di montaggio», racconta Tamburino, «ma dall’altra parte non c’è mai stata una risposta positiva. In prospettiva posso dire che i nostri sforzi andranno in questa direzione. Per ora in Italia nessuno vuole delocalizzare in carcere. A differenza di quanto avviene in Germania dove a Stoccarda la Mercedes impiega detenuti all’interno degli istituti».
Un tentativo è stato portato avanti con Fiat per la produzione di tergicristalli, ma il progetto si è arenato perchè andrebbe modificata la normativa. Eni invece vuole investire nella formazione dei reclusi per poi assumerli una volta scontata la sentenza. Lo ha fatto con Giuseppe, ex trafficante internazionale di droga, e ha intenzione di proseguire nel progetto. «Dovremmo diffondere queste esperienze anche al dì fuori delle imprese sociali», osserva Giuseppe D’Agostino funzionario del Garante dei detenuti del Lazio. «Solo così sarà possibile crescere. Non sono molte le grandi aziende che conoscono i benefici della Smuraglia. La soluzione è informare di più e meglio rispetto all’utilizzo di questi fondi».
Pronto? Qui Rebibbia
E quelle poche che hanno scelto di investire, con la crisi e le ristrutturazioni hanno tagliato. Come Telecom. Da dicembre, dopo 7 anni, ha chiuso il call center a Rebibbia lasciando in cella ventiquattro operatori che prima rispondevano alle chiamate del 1254.
Ma il merito è stato premiato: visto l’ottimo lavoro svolto, sei della squadra sono stati ricollocati e ora si occupano delle prenotazioni dell’ospedale Bambin Gesù. «Hanno risultati migliori, sono motivati dalla voglia di dimostrare a familiari e società che possono recuperare», sottolinea D’Agostino.
Nella casa circondariale di Civitavecchia c’è un altro esempio virtuoso. Da pochi mesi è attiva una falegnameria. Cinque fabbri assunti dal consorzio Solco – lo stesso dei call center di Rebibbia – si preparano a realizzare porte, laminati, mobili, per committenti esterni.
Puntano in alto, e stanno tentando di proporre a Ikea una collaborazione. «La legge Smuraglia è per noi vitale, ci permette di abbattere della metà il costo del lavoro e di avviare così progetti altrimenti impensabili», racconta Mario Monge, presidente di Solco che riunisce 37 imprese sociali. Tra queste c’è la New Horizons, nata alla fine degli anni 80 come officina meccanica dall’esperienza maturata all’Asinara da un detenuto. Oggi è specializzata nella raccolta dei vestiti usati. Da sei anni si è trasferita nel quartier generale del cassiere della banda della Magliana Enrico Nicoletti confiscato dallo Stato. Quello che era il luogo per antonomasia del romanzo criminale è diventato uno spazio dove ex detenuti e disabili costruiscono il loro futuro. Confrontarsi con la pubblica amministrazione spesso però significa essere pagati dopo un anno o in tempi ancora più lunghi.
Lo sa bene la coop 29 giugno, che dall’alto dell’ultimo fatturato di 60 milioni, vanta crediti per 20: una condanna a morte per le imprese sociali.
Anche la cooperativa Terre di Mezzo opera con per gli enti locali: impiega otto carcerati nella falegnameria delle Vallette e dà una seconda chance ai reclusi dell’istituto minorile di Cagliari. Tra i loro dipendenti c’è un ex trafficante di droga arrestato come socio del calciatore Michele Padovano, considerato un fenomeno nel suo nuovo mestiere di ebanista.
Il lavoro porta risparmio
C’è uno squadrone di 750 detenuti che fa risparmiare allo Stato oltre mezzo miliardodi euro. Si occupa della piccola manutenzione degli istituti e rispetto a operai esterni, che costano al mese 1500 euro al mese, la loro busta paga è la metà .
Questa manodopera low cost è richiesta dai Comuni, che affidano a semiliberi (vedi box qui sopra) la cura del verde, la raccolta dei rifiuti, il portierato e la manutenzione delle strade.
A Palermo la giunta ha firmato il mese scorso un accordo con il ministero per inserire i reclusi in percorsi di occupazione. E nei laboratori tessili femminili c’è grande fermento. Il successo di alcune iniziative – come Made in Jail a Rebibbia, Extraliberi alle Vallette e O’ Press a Marassi – ha spinto a creare anche un certificato etico per abiti e gadget prodotti dalle donne recluse: il marchio “Sigillo”.
Gatti Galeotti, Filodritto, Ora d’aria, Impronte di libertà : sono alcune delle coop nate tra San Vittore, Bollate, Enna, Como, Torino, Vigevano, Venezia. E stanno per partire nuove sartorie a Santa Maria Santa Maria Capua Vetere, Palermo, Catania, Genova e Monza.
Un settore in espansione, sul quale il ministero punta molto per far crescere l’occupazione nelle sezioni femminili, ancora a livelli molto bassi.
Per due motivi: «I direttori delle carceri ci segnalano principalmente uomini», spiega Carlo Guaranì, vicepresidente della cooperativa 29 giugno, «e poi ci sono lavori manuali, faticosi, che sono considerati più adatti agli uomini».
Solimene è una delle fortunate. All’alba di ogni mattina lascia Rebibbia per andare in uno dei mercati rionali della periferia romana. Ripulisce la zona dagli scarti di frutta e verdura: quelli che per altri sono rifiuti, per lei sono il futuro.
Giovanni Tizian
(da “l’Espresso”)
argomento: Giustizia | Commenta »