Novembre 25th, 2014 Riccardo Fucile
L’INDICAZIONE DELLA FIOM: “FATE UNA SORPRESA A RENZI, NON VOTATE BONACCINI”
È stato il primo ad averlo detto.
La sera del 20 novembre, un minuto dopo aver sentito Matteo Renzi al Paladozza di Bologna parlare di politica e sindacato, Bruno Papignani, segretario Fiom dell’Emilia Romagna, ha preso il suo smartphone, ha aperto il proprio profilo su Facebook e ha lanciato il suo messaggio in bottiglia: “Fate una sorpresa a Renzi, non votate Bonaccini”.
Il motivo lo spiegava poco dopo: “Delirio, delirio di onnipotenza… questi qua sono pericolosi”.
Quando è tirato in ballo in giudizi politici Papignani mette le mani avanti: “Io rappresento la Fiom solo quando mi occupo di lavoro e sindacato, in questi casi sono un libero cittadino che parla a titolo personale”.
Ma a Bologna, e in Emilia Romagna, l’opinione di Papignani è seguita da molti.
Non c’è fabbrica in cui, a sessant’anni compiuti, non si sia recato o iscritto alla Fiom che non conosca e non lo conosca. In queste ore, del resto, l’opinione dei sindacalisti è molto gettonata.
Susanna Camusso, ad esempio, punta il dito direttamente contro Renzi, come era prevedibile. E imputa l’astensionismo a chi produce “una divisione nel Paese” ricordando che “nessuno può esultare per i risultati ottenuti”.
Più diretto Maurizio Landini il quale ricorda che “chi non vota vuole mandare un messaggio” e Renzi farebbe bene a coglierlo perchè il messaggio inviato dice che “non ha il consenso necessario” e non ha il pieno “mandato”
Bruno Papignani, invece, è ancora più esplicito.
Si trova in Brasile, dove incontrerà il sindacato, il Pt al governo e visiterà le fabbriche della Volkswagen, ma parla volentieri dell’Emilia: “La gente ha voluto dire semplicemente una cosa: che si è rotta. E ha mandato un segnale”
Lei ha fatto un appello preciso al non voto, qual è il primo pensiero che ha avuto leggendo dell’astensione?
Più che un appello ho pubblicato una frase sul mio profilo di Facebook per dire di non andare a votare Bonaccini. A quanto pare è stato seguito. (ride).
A mente fredda cosa ne pensa del voto?
Renzi ha fatto proclami liberisti contro i lavoratori, contro gli scioperi. Ed è stato sconfitto. Nonostante sia giovane, a mio avviso è già sulla strada della rottamazione. In Emilia, poi, uno che è stato eletto con il 49% sul 37% degli elettori si pone un problema di verifica del mandato. Secondo me tra un anno si dovrebbe tornare a votare.
Che hanno fatto i lavoratori domenica?
Il voto delle fabbriche corrisponde a quelle percentuali. Le fabbriche non hanno votato Renzi. Non ho dati numerici ma la sensazione di un cittadino maturo che vive tra la gente e non sui camper.
Senta Papignani, lei è della Fiom e si reputa di sinistra. Che sinistra vorreste in Italia?
Una sinistra moderata, socialdemocratica. Ma che unisca il mondo del lavoro e organizzi una società con più tutele sociali e idee di sviluppo. In cui al centro non ci sa l’abolizione dell’articolo 18.
È Landini che potrà costruire questa sinistra?
No, Landini è troppo prezioso per il sindacato. E poi, basta con le persone sempre prima del progetto. Abbiamo già dato con Ingroia, Tsipras, etc. Io voglio un progetto.
Ma ci sono le forze in circolazione per una simile proposta?
Le forze sono quelle che sono. In realtà ci sarebbe bisogno di una “quinta stagione”, quella che non c’è. Siamo invece davanti alle solite quattro stagioni, quelle che si danno tutti gli anni. Ci sono i piccoli partiti della sinistra litigiosi; c’è un Pd che vuole dimostrare di saper randellare i lavoratori meglio della destra; ci sono di nuovo pulsioni razziste. Quello che manca è la quinta stagione. Io lavorerei per quella.
Salvatore Cannavò
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 25th, 2014 Riccardo Fucile
“BONACCINI NON HA MAI LAVORATO IN VITA SUA, SE NON NEL PARTITO: FARA’ UNA GIUNTA CON QUALCHE AMICO DI RENZI E QUALCHE NIPOTE DI PRODI”…. “CON RENZI NON ESISTE DEMOCRAZIA”… “FORZA ITALIA PAGA L’ASSENZA DI UNA CLASSE DIRIGENTE, LA LEGA HA PERSO VOTI, NON HA VINTO UN BEL NULLA”
Professor Pasquino, partiamo dalle reazioni? Renzi dice che l’affluenza non è la cosa più importante.
Mi sembra un commento post moderno. Post tutto. Post it, quegli adesivi che si attaccano e staccano. Poi si buttano.
Lei è il più autorevole dei politologi di quell’area che un tempo si chiamava sinistra. Ha insegnato ad Harvard. È stato anche parlamentare. Oggi è il critico più severo del suo stesso partito.
Non sono mai stato del Pd. Ma non c’entra niente. In Emilia Romagna ha votato la metà delle persone rispetto al 2010, e la percentuale era già bassa. Il Pd perde centinaia di migliaia di elettori, non ha più iscritti e non si confronta più con la base. Non posso che essere critico.
Ma non è che perdere iscritti e voti rientri in un disegno lucido?
In un disegno sicuramente, quanto sia lucido non saprei. La sinistra si confrontava, interloquiva, era un grande movimento per questo motivo. Senza questo ha un uomo solo al comando che non si rende conto di essere destinato a rimanere solo e basta. Un giorno non avrà più nessuno.
Ha vinto Stefano Bonaccini. Può governare con un consenso che si aggira attorno al 16 per cento se calcoliamo gli astenuti?
Potrebbe farlo. Con una buona squadra che non risponda alle logiche di correnti. Ma non sarà così.
Cosa prevede?
Molti fiorentini, qualche nipote di Prodi. Questa sarà la giunta.
Si aspettava questi numeri?
No. Non pensavo sotto il 50 per cento.
Non le pare di rivivere i tempi in cui Guazzaloca si prese Bologna.
No, siamo di fronte a fenomeni diversi, allora il centrosinistra perse, questa volta comunque ha vinto. Di uguale c’era l’atteggiamento del partito, oggi arrivato al culmine. Mi spiego. Non era diversa la Bartolini quando parlava in maniera molto sprezzante di un macellaio come avversario. Quel macellaio era uno che aveva lavorato, Bartolini no. La stessa cosa è Bonaccini, uno che non ha mai lavorato se non nel partito, ma che non riesce a trattare con i suoi elettori, con la base che non c’è più. Scomparsa.
Era l’idea di Veltroni, più o meno. Giusto?
Era un percorso che ha prodotto questo.
Astenersi dal voto cosa vuol dire?
È il segnale peggiore. Vuol dire che il tuo elettorato lo hai maltrattato, non l’hai ascoltato. Dentro o fuori dal cerchio magico è la logica renziana. Vuol dire che non esiste democrazia.
Il Movimento 5 stelle ha vinto, come sostiene Grillo?
Ha guadagnato 30mila voti rispetto alle passate regionali. Questo è un dato che nessuno può negare. La protesta esiste, e si chiama Grillo, appunto. Chi pensava non esistesse più ha sbagliato. Da parte sua il comico genovese ci mette una assoluta incapacità conclamata nel guidare il movimento.
Forza Italia e Lega?
Il partito di Berlusconi paga la catastrofe di un’assenza di classe dirigente. La Lega non ha vinto. Ha perso 25mila voti rispetto al 2010.
Emiliano Liuzzi
( da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 25th, 2014 Riccardo Fucile
UFFICIO DI PRESIDENZA CONVOCATO D’URGENZA, MA RINVIABILE SE FITTO NON ARRIVA IN TEMPO… SILVIO CAMBIA STRATEGIA PER CERCARE DI RIMETTERE INSIEME I COCCI DEL CENTRODESTRA
La resa dei conti si consumerà quando nel fortino di Piazza San Lorenzo in Lucina, in un ufficio di presidenza convocato di urgenza dallo stato maggiore di Arcore, si troveranno l’uno di fronte all’altro Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto.
Un incontro-scontro che questa volta — annota un conoscitore delle questioni del centrodestra — potrebbe giungere allo strappo finale, con l’ex governatore pugliese costretto a ripetere l’espressione che ha tanto reso celebre la cacciata di Gianfranco Fini in una direzione del fu Pdl: “Che fai, mi cacci?”.
La riunione potrebbe essere rinviata perchè Fitto — europarlamentare — ha chiesto di posticiparla perchè è impegnato nella giornata della visita di Papa Francesco a Strasburgo.
Ma i motivi del contendere restano tutti.
Del resto l’attacco di Fitto dal blog — “basta con le nomine, basta con i gruppi autoreferenziali che hanno determinato in questi mesi una politica e una comunicazione inefficaci e di prive di qualunque credibilità ” — non lascia spazio ad altre interpretazioni ponendo di fatto l’ex Cavaliere con le spalle al muro.
Insomma, o si cambia strategia, o “nella disperazione — ripete a ilfattoquotidiano.it un ‘soldato’ di Fitto — tutto può essere in discussione”.
Non succederà nulla di tutto ciò, però.
Parola di un senatore forzista: “Berlusconi riserverà un colpo di scena”.
E cioè, come aveva anticipato Il Fatto Quotidiano alcuni giorni fa in un colloquio con lo stesso ex Cavaliere, rompere l’accordo con Renzi sulle riforme, quella elettorale e quelle istituzionali.
Altro che scricchiolare: il Patto del Nazareno rischia di andare in frantumi.
Colpo di scena imposto dal contesto in cui si trova Fi.
Ad oggi il saldo finale della linea filogovernativa, del sostegno alle riforme del governo Renzi, è più negativo che mai.
Il verdetto delle regionali in Calabria ed Emilia è oltre le peggiori aspettative della vigilia. “Sapevano che finisse male, ma così rischiamo di farci superare anche da Angelino, che è tutto dire” avrebbe detto l’ex premier nel solito pranzo del lunedì con i familiari e i fedelissimi.
I numeri sono drammatici: nelle due regioni a votare per Fi sono stati complessivamente 200mila elettori.
Cifre che segnano il destino di un partito come Forza Italia che, “se continuasse con questa linea politica che disorienta il nostro elettorato — spiega un senatore di peso- potrebbero finire per farlo diventare una corrente della Lega Nord”.
Già , la Lega di Salvini. L’exploit del Carroccio accelera la trattativa con il fronte forzista.
Trattativa gestita da Giancarlo Giorgetti, per quanto riguarda la Lega, e dal consigliere politico dell’ex premier Giovanni Toti.
I due sono in continuo contatto, e non è da escludere che già nel prossimo week end Matteo Salvini possa varcare l’ingresso di Arcore.
Ecco perchè la strategia di un Cavaliere — che i bolettini definiscono “teso e irritato” — prevede un colpo di scena.
Di certo, durante l’ufficio di presidenza — spiegano a taccuini chiusi parlamentari che preferiscono rimanere nell’anonimato — si farà carico di rintuzzare i dissidi interni (leggi l’uscita al vetriolo di Maurizio Bianconi) e di chetare l’atteggiamento “arrogante” di Raffaele con la promessa di assicurargli il 30% dei candidati in lista alle prossime politiche e un paio di candidati governatori per le regionali di marzo.
Ma il colpo di scena passerà dal cosiddetto Patto del Nazareno.
Difatti, nonostante all’esterno continuerà a mostrarsi favorevole al patto per le riforme con l’inquilino di Palazzo Chigi, durante il caminetto di oggi pomeriggio dirà espressamente che all’atto del voto sull’Italicum il gruppo parlamentare si dovrà opporre all’approvazione del provvedimento.
“Il problema di Forza Italia non è legato alla scelta, ma alla sopravvivenza. E la sopravvivenza — spiega un deputato a ilfattoquotidiano.it — impone che ci sia una legge elettorale con il premio di maggioranza non alla lista, ma alla coalizione. O rimetti insieme i cocci del vecchio centrodestra, o non tocchi palla”.
D’altronde, gli equilibri della tornata elettorale di ieri l’altro impongono all’ex Cavaliere di bussare alla porta della Lega di Salvini e, soprattutto, evocano una legge elettorale ridisegnata con il premio alla coalizione e non alla lista.
Discriminante, quest’ultima, necessaria per consentire anche il rientro di Angelino Alfano, che l’ex Cavaliere potrebbe incontrare prima dell’inizio delle festività natalizie.
In questo modo l’inquilino di Arcore utilizzerebbe l’Italicum per fare pressione sull’esecutivo di Matteo Renzi.
E per continuare a trattare sul successore di Giorgio Napolitano.
Stando così i giochi, bisognerà solo capire cosa deciderà di fare Raffaele Fitto.
Giuseppe Alberto Falci
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 25th, 2014 Riccardo Fucile
NO DI CUPERLO E CIVATI… BERSANI: “VOTO SI’ PER DISCIPLINA”
L’Aula della Camera riprende l’esame del Jobs act, con i 109 ordini del giorno. 
Il via libera dell’Assemblea di Montecitorio dovrebbe giungere oggi, con un giorno di anticipo rispetto alla tabella di marcia a suo tempo stabilita dalla conferenza dei capigruppo.
Il provvedimento per avere l’ok definitivo, deve tornare in Senato, poichè il testo è stato modificato dalla commissione Lavoro dove sono stati approvati gli emendamenti frutto dell’accordo tra il governo e la minoranza Pd che puntava a ridimensionare la possibilità di modificare lo Statuto dei lavoratori.
Le novità .
Tra le novità più significative introdotte durante l’esame in Commissione c’è la norma che da una parte esclude per le nuove assunzioni la possibilità di reintegro per i licenziamenti economici (prevedendo solo un indennizzo “certo e crescente con l’anzianità di servizio”) e dall’altra parte conserva il diritto al reintegro nel posto di lavoro solo per i licenziamenti “nulli e discriminatori” e per “specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato” che poi verranno definite nei decreti delegati dall’esecutivo.
L’appello all’unità di Orfini.
All’interno del Pd non si placano i malumori della minoranza. Ma il presidente del partito, Matteo Orfini, fa un appello in extremis ai dissidenti: “Abbiamo raggiunto una larghissima unità sul testo, spero che per rispetto della discussione fatta, dei cambiamenti apportati, del lavoro di ascolto reciproco e della nostra comunità , si voglia fare tutti un ultimo sforzo in Aula”, aggiunge.
Cuperlo: “Non ci sono condizioni per il sì”.
Diversamente per Gianni Cuperlo non ci sono le condizioni per il sì: “Noi non ci sentiamo di esprimere un voto favorevole su Jobs act”, annuncia il deputato dem, che caldeggia l’ipotesi di non esprimere il voto sul testo.
“Il punto a cui si è arrivati – sottolinea – non è soddisfacente. Il problema non è come licenziare, ma come assumere”.
Il ‘no’ di Civati.
Per Pippo Civati, invece, bisogna dire no alla riforma. La maggior parte dei deputati della componente di minoranza Area riformista, invece, dovrebbe votare sì.
Non teme i numeri troppo bassi Stefano Fassina: “Per noi – afferma – è uno strappo rilevante, perchè noi siamo parte della maggioranza, ma non voteremo per questa delega. Non saremo un gruppo sparuto, ma un numero politicamente impegnativo. E non temiamo conseguenze disciplinari”.
A quanto pare sono circa 30 i deputati del Pd pronti a non votare a favore.
Il nodo sul comportamento da assumere sarà sciolto nel corso di una riunione che si terrà all’ora di pranzo. Le ipotesi, dunque, sono il voto contrario in Aula o l’uscita dall’emiciclo di Montecitorio.
Bersani: “Nessuna fronda”
Sul rischio di una fronda nel Pd, l’ex segretario Pier Luigi Bersani, invece non ha grandi timori e invita a non drammatizzare il dissenso: voterà il jobs act “per disciplina” anche se non condivide alcune norme.
“Non è giusto parlare di fronde e la connessione con i risultati di ieri non c’entra niente”, ha detto. “Siamo davanti a dei miglioramenti indiscutibili, di cui bisogna ringraziare i membri della commissione. C’è però un imprinting iniziale di queste norme – ha spiegato – che non convince. Il mio caso è il caso di uno che per la parte che condivide, voterà con convinzione. Per quella che non condivide, e continua a non condividere, voterà per disciplina, come si conviene a uno che ha fatto il segretario per quattro anni e che vuole ribadire che i legni storti si raddrizzeranno solo nel Pd, da nessuna altra parte”.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 25th, 2014 Riccardo Fucile
DOVE NASCE LA SOPRAFFAZIONE MASCHILE
La conta degli stupri, dei maltrattamenti, degli omicidi di cui sono vittime le donne lascia sempre sgomenti.
Tutta questa violenza brutale ha una chiara matrice razzista. Soprattutto se interpretiamo il razzismo, come ci invitava a fare Lacan, come odio irriducibile nei confronti della libertà dell’Altro.
La donna, infatti, è una delle incarnazioni più forti, anarchiche, erratiche, impossibile da misurare e da governare, di questa libertà .
Il suo stesso sesso non è visibile, sfugge alla rappresentazione, è nascosto, si sottrae alla presa dell’evidenza.
La loro identità , difficile da decifrare, non risponde mai a quella della divisa fallica degli uomini. Proprio per questo le donne possono essere l’oggetto di una violenza inaudita.
Possono essere aggredite, offese, maltrattate, uccise proprio perchè sfuggono ad ogni tentativo di possesso, perchè coincidono con la libertà .
L’uomo può rispondere a questa coincidenza con l’arroganza razzista e insopportabile della sopraffazione provando in tutti i modi a cancellarla.
È un disegno fallimentare che costringe ad una iterazione disperata.
Invece di scegliere la via dell’amore per la differenza prende quella dell’odio rabbioso e sterilmente rivendicativo (“sei mia!”).
L’esercizio della violenza è sempre una alternativa secca a quella della parola. Mentre la legge della parola prova sempre a rendere giustizia della libertà dell’altro, la violenza la vorrebbe sopprimere, calpestarla, ridurla al silenzio.
È innanzitutto una battaglia culturale che dovremmo cominciare magari ripensando seriamente a quello che usiamo chiamare “educazione sessuale”.
Questa educazione non è forse innanzitutto – essenzialmente – una educazione alla legge della parola?
Non dovremmo imparare dai poeti più che dalle slide che classificano scientificamente i sessi mostrando il funzionamento oggettivo dei loro organi?
È davvero tutta lì quella che chiamiamo differenza sessuale?
È davvero quello il mistero dell’amore?
La battaglia culturale contro la violenza di genere non può non passare da un ripensamento dell’educazione sessuale come educazione della sessualità al mistero dell’amore.
Non dovremmo inseguire l’ideale di una sessualità normale – che la psicoanalisi ha dichiarato non esistere – ma valorizzare l’incontro tra i sessi – a prescindere dalla loro anatomia – come un incontro tra differenze.
Dovremmo pensare che l’educazione alla sessualità implichi sempre una educazione al rispetto dell’alterità .
Dovremmo pensare che essa sia una educazione al discorso amoroso.
La domanda d’amore che muove l’uno verso l’altro, non deve mai essere scambiata con il sopruso che annienta la libertà , ma come un dono di libertà .
Non è questa la forma più alta e intensa dell’amore, quando c’è?
Amare la libertà dell’altro, amare la sua differenza inassimilabile di cui la donna è il simbolo.
Per questo Lacan affermava che si ama, quando si ama, sempre e solo una donna.
Per questa ragione amare – dovremmo sempre aggiungere – contempla il rischio della caduta e dell’abbandono.
È sempre una esposizione rischiosa all’altro che ci rende tutti più indifesi e più femminili. Ci esponiamo senza riserve alla libertà dell’altro che ha sempre, in ogni momento, il diritto di scegliere se rinnovare o interrompere il patto che ci unisce.
Ed è, come sappiamo, di fronte a questo diritto del discorso amoroso che la violenza dei maschi può scagliarsi come una freccia avvelenata contro il corpo delle donne.
Colpire, sfregiare, mutilare, straziare per ribadire una proprietà che non esiste.
Per coloro che vivono senza educazione alla legge della parola la libertà della donna non è sopportabile se non è imprigionata.
Nemmeno per le donne è facile abitare quella alterità che esse portano con sè.
Per questa ragione Freud sosteneva che il “rifiuto della femminilità ” non riguardasse solo gli uomini, ma attraversasse anche le donne.
Non è proprio questa difficoltà che talvolta può consegnare una donna nelle braccia di chi la umilia, la offende, la violenta, la uccide?
La donna che rifiuta inconsciamente la propria femminilità può credere che si possa essere una donna solo consegnandosi passivamente ad un uomo, magari seguendo l’esempio sacrificale delle proprie madri.
È però del tutto evidente che si tratta di una atroce illusione. Nessun uomo sa cosa sia una donna.
Ecco allora consumarsi il terribile equivoco: lei si consegna nelle mani dell’uomo per essere una donna, ma si ritrova ad essere ridotta a corpo-cosa, corpo-strumento, a “roba”, come direbbe il Mastro Don Gesualdo di Verga.
È una lezione disturbante che l’esperienza clinica può confermare.
La violenza porta con sè una seduzione silente che in alcune donne può nutrire l’illusione fatale che avere un padrone possa sollevarle dal difficile compito di abitare la libertà radicale della femminilità .
Ma tutto questo non deve scaricare in nessun modo sulle donne la responsabilità che grava solo su coloro che scelgono la via della violenza al posto di quella della parola. Questa scelta è sempre colpevole.
Preferisce il dominio cieco al rischio dell’esposizione, l’affermazione autarchica del proprio Io al suo decentramento, la potenza narcisistica del fallo (sempre un po’ idiota, secondo Lacan) all’incontro con l’alterità di un corpo, come quello femminile, fatto di segreti.
Se l’amore è sempre un salto nel vuoto è perchè esso implica la rinuncia a rendere l’altro una nostra proprietà , la rinuncia alla violenza come soluzione (impossibile) del problema della libertà .
Massimo Recalcati
(da “La Repubblica”)
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Novembre 25th, 2014 Riccardo Fucile
“HA BISOGNO DELLA CORAZZA DEL POTERE, CONSEGUENZA DEL NARCISISMO PRIMARIO DI CHI HA UN’IDEA GRANDIOSA DI SE'”
Prima del voto Renzi è atterrato a Parma ancora impastata dall’alluvione. 
Il popolo del fango sperava di mostrargli quali dolori provocano disattenzione e abbandono del territorio. Cementificazione, torrenti ridotti a discariche.
Ma gli è mancato il tempo dei quattro passi fra le case disastrate impegnato com’era tra un imprenditore all’altro e poi il discorso in diretta RaiNews ai sindaci della provincia col ritaglio veloce del botta e risposta a un ragazzo dei quartieri sott’acqua. E di corsa a Bologna per chiudere la campagna elettorale.
Se in Emilia ha votato il 37 per cento, Parma resta maglia nera col 34.
Per fortuna Genova non è andata alle urne: il capo del governo deve ancora fare un salto e chissà quanti arrabbiati non sarebbero usciti di casa.
Ma quel che conta sono i risultati e il Pd sfiora in Emilia Romagna il 50 per cento, record delle europee polverizzato, insomma felicità del Renzi che lontano dalla gente disegna il nuovo partito dopo aver rottamato il vecchio.
Mescolarsi lo imbarazza.
Osserva cortei, sindacati, catastrofi dalle finestre illuminate della Tv.
“Una fuga continua dal rischio di stabilire relazioni equilibrate che lo obbligherebbero a svestirsi degli abiti che predilige. Non sopporta di mettersi alla pari rinunciando alla capacità manipolatoria”.
Angelo Righetti, psichiatra e neurologo, cresciuto alla scuola di Franco Basaglia tra Gorizia e Trieste, responsabile di salute mentale della Conferenza Permanente Euromediterranea , esperto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità fa parte del comitato scientifico della Kip International School titolare del padiglione Expo che propone soluzioni ai problemi sociali; Righetti, analizza l’agitarsi del capo del governo con lo sguardo di un medico curioso.
“Ha bisogno della corazza del potere conseguenza del narcisismo primario di chi ha un’idea grandiosa di se stesso. E nel momento in cui deve esercitare l’empatia viene assalito dalla fobia dell’altro al quale dovrebbe solidarietà in situazioni di disgrazia. Ma gli viene naturale discorrere solo con chi lo riconosce referente del potere nutrendone l’immensa autostima: leader solitario che pretende conforto al proprio narcisismo. Produce un racconto e lo abita dentro una scatola di vetro, papamobile in fuga dal rischio di intrecciare relazioni equilibrate”.
A volte provoca risposte aggressive alle quali ribatte con la ruvidezza che entusiasma i fedeli del gruppo…
“Il leader assorbe questi fedeli quasi fossero parte del suo corpo. E i fedeli si caricano delle sue fantasie grandiose ripetendo le parole di chi li ha scelti e li guida. Bonaccini, nuovo presidente dell’Emilia Romagna, annunciava in campagna elettorale: qualsiasi cosa mi chieda il partito, io la farò”. Partito vuol dire il Renzi.
C’è chi lo immagina erede di Berlusconi… Nessuna somiglianza.
Renzi non si nasconde fra le bugie, ma nei fumi delle promesse, una dopo l’altra distribuite con l’ansia del programmare il tempo”.
Previsione dello psichiatra: quanto può durare la frenesia del correre dall’uno all’altro e quell’accavallare progetti?
“Punto interrogativo: non è facile capire dove lo porterà il narcisismo primario. La misura è sempre l’incontro con la realtà e i risultati faranno capire se si tratta di narcisismo benigno non chiuso in un cerchio magico rozzo e tribale: abbatte le barriere, produce investimenti concreti e aperture sociali che consolano l’umanità . Oppure se il narcisismo è maligno, èlite al potere che gonfia la stupidità di massa, annienta ogni sistema estraneo al gruppo e si avvolge su se stessa. Troppo presto per giudicare a quale narcisismo Renzi appartiene. Lo misureremo nella concretezza delle realizzazioni”.
Maurzio Chierici
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Novembre 25th, 2014 Riccardo Fucile
LA CAUSA DELL’ASTENSIONE? I PARTITI HANNO RINUNCIATO A SVOLGERE IL LORO MESTIERE DI ASSISTENZA DEI CITTADINI
Ogni cosa in natura esiste finchè ha un senso e soddisfa un bisogno.
In caso contrario scompare.
Che senso hanno oggi i partiti? Che bisogno soddisfano?
Ho letto dotte analisi dell’astensionismo alle elezioni regionali nella rossa Emilia. Alcune faziose, come quella che attribuisce all’ultimo arrivato Renzi la responsabilità di un fenomeno in corso da decenni, ma altre ineccepibili: la crisi economica, gli scandali, il disprezzo per la classe politica e l’istituzione regionale, l’assenza di un avversario in grado di mobilitare gli elettori sotto la spinta della paura.
Però mi sembrano tutte cause di secondo livello.
La ragione primaria, e più prosaica, della decadenza dei partiti (e dei sindacati) è che hanno rinunciato a svolgere il loro mestiere di assistenza dei cittadini.
Nel quartiere di Torino dove sono cresciuto abitavano due vecchiette.
Una votava Pci e l’altra Dc.
Se aveste chiesto loro perchè, non credo che avrebbero saputo darvi una risposta «politica».
La prima bazzicava la sezione del Pci per farsi compilare gratuitamente la dichiarazione dei redditi e ricevere utili dritte su medici curanti e impiegati comunali a cui rivolgersi per dilazionare il pagamento di una bolletta.
La seconda frequentava gli oratori e cuciva berrette di lana per i poveri che venivano vendute nelle sagre paesane della Dc.
Quei partiti di massa, di cui ignoravano le basi ideologiche, facevano parte della loro vita. Podemos, il movimento che promette o minaccia di vincere le prossime elezioni spagnole, è ripartito da lì: dalle berrette e dalle bollette.
Che non bastano a fare un partito.
Ma senza le quali qualsiasi partito cessa di esistere.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)
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Novembre 25th, 2014 Riccardo Fucile
UFFICIALMENTE SERVIRANNO ANCHE A FINANZIARE 4,5 MILIARDI DI INVESTIMENTI PER ACQUEDOTTI E FOGNATURE: MA NEGLI ANNI PASSATI COME SONO STATI IMPIEGATI ALLORA?
Non saranno favorevoli i comitati che nel 2011 hanno promosso il referendum che ha bocciato il progetto
dell’allora governo Berlusconi di privatizzare i servizi che dell’acqua potabile e la depurazione.
Non tanto perchè i consumatori si troveranno in bolletta un aumento medio che si aggira sul 4 per cento, ma perchè hanno sempre sostenuto che i costi per la manutenzione degli impianti venisse computata nella fiscalità generale.
Polemiche a parte, non c’è dubbio che il provvedimento presentato ieri dall’Autorità per l’Energia e il gas (cui due anni fa è stata aggiunta anche la competenza del sistema idrico) per il nostro paese sia una piccola grande rivoluzione.
Perchè per la prima volta. le società che distribuiscono acqua potabile possono calcolare la tariffa da far pagare ai cittadini secondo parametri che sono uguali in tutta le penisola.
L’Authority ha approvato le nuove tariffe 2014-2015 per circa 40 milioni di italiani.
L’aumento medio sarà del 3,9% nel 2014 e del 4,8% nel 2015 e coivolgerà circa 34 milioni di cittadini, mentre 6 milioni di consumatori beneficeranno di una riduzione del 10% della bolletta. Al calcolo si è arrivati dopo un certosino lavoro in cui i tecnici dell’Autorità hanno raccolto dati in tutte le regioni e da tutte le società che gestiscono in servizio. perchè il panorama italiano è quanto mai frammentato, sia sulle tariffe fatte pagare fino a oggi, sia per la qualità del servizio. Giusto per citare un dato: nel Meridione, le strutture sono degradate al punto che in alcune province l’indice di dispersione negli acquedotti è superiore al 65 per cento: su cento litri d’acqua, un terzo si perde nel terreno.
Ecco perchè, il presidente dell’Autorità , Guido Bortoni ha ricordato che grazie agli aumenti si potranno attivare 4,5 miliardi di euro di investimenti nei prossimi quattro anni per nuove infrastrutture, tutela ambientale e miglioramento dei servizi.
“In questa prima fase dell’attività dell’Autorità – ha detto Bortoni in un convegno a Milano – ci siamo focalizzati nel realizzare e applicare un metodo tariffario unico per tutto il Paese. La prossima fase sarà indirizzata al completamento della regolazione, per consolidare ancor più le condizioni di realizzazione degli investimenti e individuare standard per i servizi capaci di incrementarne la qualità “.
Gli interventi sono quanto mai urgenti, perchè sul nostro paese incombe una multa salatissima da parte dell’Unione Europea, perchè non siamo in regola sulla direttaiva per la depurazione delle acque.
Multe che scatteranno a partire dal 2016. Da una “una tantum” da pagare immediatamente, calcolata sulla base del Pil nazionale che dovrebbe aggirarsi sui 10 milioni euro, a una ammenda giornaliera, calcolata sulla mora tra la messa in regola rispetto alla data di esecutività della sentenza, che potrebbe andare da 11mila a 700mila euro al giorno.
Nella Legge di Stabilità sono previsti incentivi per i Comune che cederanno quote delle società che gestiscono servizi pubblici, in modo da favorire le aggregazioni in realtà più grandi, che possano ricavare economie di scala e maggiore efficenza.
Perchè gli aumenti previsti fino al 2015 non basteranno a colmare i ritardi infrastrutturali che ci trasciniamo da almeno 30 anni.
Secondo il “Blue Book”, il più aggiornato quadro del settore pubblicato da Federutility, l’associazione che raccoglie le aziende di pubblici servizi, per allinearci alle medie europee dovremmo investire circa 80 euro per abitante e raggiungere così la quota di 4,8 miliardi all’anno complessivi.
Invece, al momento siamo soltanto a 30 euro per abitante (per complessivi 1,6 miliardi), mentre il fabbisogno minimo secondo i piani finanziari redatti dalle società di settore parlano di almeno 51 euro per abitante e un totale di 3 miliardi di investimenti all’anno.
Luca Pagni
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Novembre 25th, 2014 Riccardo Fucile
PER IL PATTO DEL NAZARENO SARA’ IL MESE DELLA PASSIONE, PIU’ CHE DELL’AVVENTO…E FORZA ITALIA DIRA’ NO AL VOTO FINALE DELLA LEGGE ELETTORALE
Più che il periodo dell’avvento, si prepara il mese della passione per il patto del Nazareno, che proprio alla vigilia di Natale non festeggerà la sua epifania nell’Aula del Senato, ma sarà accompagnato da un «de profundis» con il voto contrario di Forza Italia alla legge elettorale.
Fino ad allora Berlusconi continuerà a ripetere con una certa dose di ambiguità che l’accordo con Renzi resta, perchè una separazione lenta tatticamente gli serve. Tuttavia la decisione è presa, e non da ieri: non è stato infatti il crac di Forza Italia alle Regionali a determinare la sua decisione, semmai il voto ha evidenziato l’ineluttabilità della futura mossa.
Una scelta è sempre suffragata da dati di fatto, che un giorno la controparte potrà anche additare come pretesti: è il gioco della politica.
E il gioco di Renzi non piace più al Cavaliere, che si lamenta per il modo in cui il premier avrebbe – a suo dire – «disatteso i patti», dalle modifiche «non concordate» sull’Italicum, fino allo sfregio praticato da Palazzo Chigi con la sua costituzione di parte civile al processo di Bari sulle escort.
La celerità è parsa sospetta a Berlusconi: in effetti il governo avrebbe potuto attendere l’inizio della fase dibattimentale prima di muoversi, perciò le motivazioni giunte all’orecchio del leader forzista da parte dell’esecutivo hanno solo acuito la sua furia: «Non mi vengano a dire che ha fatto tutto Del Rio. Lì non si muove foglia che Renzi non voglia».
Perciò quel tweet con cui l’altra notte il capo del Pd ha spiegato come «la Lega ha asfaltato Forza Italia» alle Regionali, è parso l’anticamera della rottura ufficiale.
Renzi si sceglie Salvini come avversario, con Berlusconi ci sarà tempo per la restituzione degli anelli.
In fondo non è nemmeno detto che si arrivi all’ufficializzazione del divorzio, piuttosto dietro l’ambiguità dei due Nazareni si approssima una sfida ad alto tasso di rischio, anche per il premier.
Perchè il punto non è se il segretario democrat al Senato – senza il sostegno azzurro – avrà i voti per far approvare l’Italicum: si è già premunito con una pattuglia di ex grillini all’occorrenza.
Il vero test-match si giocherà sul Quirinale.
Sia chiaro, Berlusconi farà di tutto per essere della partita, «come ai tempi di Ciampi – racconta chi c’era – quando fece finta gli piacesse quella scelta, che invece era stata frutto dell’accordo tra Veltroni Fini e Casini».
È assai probabile che Renzi inizialmente starà al gioco, sebbene si sia ormai convinto del fatto che il Cavaliere non controlla più i suoi gruppi parlamentari, che Fitto per esempio – come gli disse lo stesso Berlusconi – «si muove d’intesa con D’Alema». E a voto segreto ognuno cercherà la propria intesa.
Così la battaglia sulla legge elettorale si trascinerà ai supplementari con la corsa al Colle.
E siccome (quasi) tutti in Parlamento sono tifosi del Consultellum che non piace a Renzi, (quasi) tutti punteranno su un capo dello Stato che non piaccia a Renzi.
Ecco l’ultima vera partita che può giocare Berlusconi, ormai politicamente debole nel Paese ma non del tutto nel Palazzo.
Si vedrà quale sarà il destino di Forza Italia, che ne sarà dell’intesa con Alfano che il Cavaliere si dice pronto ad incontrare.
Il Mundial ora si disputa nel cortile del Quirinale, e nell’ambigua e lenta dissolvenza del Patto del Nazareno l’ex premier cercherà tempo e modi per dare quella che lui spera sia la sua penultima zampata, per evitare insomma i titoli di coda.
D’altronde, sulla presidenza della Repubblica – come ha spiegato ieri sera Bersani ai suoi – «bisognerà prepararsi a una lunga serie di votazioni».
Con il Pd in fibrillazione, con la Lega che vorrà segnalarsi, con i Cinquestelle che cercheranno la rivincita, Renzi non potrà stare tanto sereno.
Francesco Verderami
(da “il Corriere della Sera“)
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