Gennaio 6th, 2015 Riccardo Fucile
LA LETTERA SPEDITA AI SOCI DELLA COOP: “VOTATE PER GIOVANNELLI E ZINGARETTI”
Salvatore Buzzi aveva a disposizione un «pacchetto» da migliaia di voti. 
L’uomo che con l’ex estremista dei Nar Massimo Carminati è accusato di aver guidato l’associazione mafiosa infiltrata nel Campidoglio e in altre istituzioni della Capitale, poteva orientare le scelte politiche di soci e dipendenti delle sue cooperative.
E nel 2004, in occasione delle Europee, decise di puntare sul centrosinistra sponsorizzando Oriano Giovannelli e Nicola Zingaretti.
La prova è in una lettera trovata durante le perquisizioni disposte dai magistrati della Procura di Roma ed eseguite dai carabinieri del Ros guidati dal generale Mario Parente.
Nuovi documenti allegati all’inchiesta che fanno emergere il ruolo di primo piano di altri detenuti nella gestione della «29 giugno», come Franco La Maestra, ex brigatista condannato a 18 anni di reclusione che dal carcere rivendicò anche l’omicidio di Massimo D’Antona
La «raccomandazione»
L’11 dicembre vengono arrestati Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, affiliati al clan calabrese dei Mancuso che avrebbero fatto affari con Carminati, Buzzi e i loro sodali.
Durante la perquisizione nell’appartamento di Ruggiero a Roma, i carabinieri trovano le ricevute di pagamento da parte della cooperativa di Buzzi, un’agenda, alcuni appunti e «una lettera indirizzata ai soci e dipendenti delle “Cooperative 29 Giugno”, “L’apostrofo” e “Formula Ambiente”, datata 7 giugno 2004 avente ad oggetto l’invito di Buzzi Salvatore a sostenere la candidatura di Giovannelli e Zingaretti al Parlamento Europeo (in alto a sinistra è riportato a matita “per Zidda Giovanni (da distribuire”)».
Zingaretti riuscì a vincere e attualmente è presidente della Regione Lazio.
Giovannelli è deputato del Pd. Gli inquirenti sono convinti che fossero all’oscuro della «sponsorizzazione» di Buzzi, ma ritengono importante il metodo perchè richiama il sistema utilizzato da altre organizzazioni mafiose che orientano il proprio «pacchetto» elettorale a favore di un partito e dei suoi candidati.
E infatti sottolineano come la lettera era stata inviata anche agli esponenti della cosca di ‘ndrangheta.
«Ho buttato tutto»
Il giorno del blitz che porta in carcere Buzzi e gli altri, i soci della «29 giugno» sono preoccupati per quanto potrà accadere. Scrivono i carabinieri nella loro informativa riferita a quando viene «registrato» il 2 dicembre: «In questa fase appariva di particolare rilevanza il ruolo assunto da La Maestra Franco il quale, unitamente a Rotolo e Ruggiero, cercava di definire la gestione dei soci. Alle 13.31, l’intercettazione ambientale attiva sull’autovettura di Rotolo consentiva di captare una conversazione avvenuta all’interno del veicolo tra quest’ultimo e La Maestra nel corso della quale il primo, oltre a commentare con il suo interlocutore gli arresti, presupponendo evidentemente un coinvolgimento all’interno della vicenda giudiziaria, gli confidava: “Guarda io ho buttato tutto, computer, ho buttato tutto, quello di mio (…) l’ho buttato lo scorso anno, di mio niente, che cazzo mi potevano di’ per anni di Buzzi” intendendo dunque che il “contenuto” del computer che lo stesso aveva provveduto a distruggere, avrebbe potuto fornire ulteriori elementi di prova, utili all’indagine».
«Comandiamo noi»
Nel pomeriggio di quello stesso giorno c’è un altro colloquio tra Rotolo, La Maestra e Ruggiero.
Annotano gli investigatori: «La conversazione aveva ad oggetto i nuovi assetti interni. In particolare Rotolo, ipotizzando l’intenzione da parte di qualcuno a voler “prendere potere della 29 giugno”, individuava in Colantuono Guido uno da tenere “a bada”, sottolineando che, in mancanza di Buzzi, il comando sarebbe dovuto naturalmente passare in mano a “a noi che siamo i detenuti” asserzione cui anche La Maestra si mostrava concorde “e certo che comandiamo noi, che faccio comanda’ a lui! ma che scherzi!».
E l’ex brigatista proprio riferendosi a Buzzi aggiunge: «Poi ci ha detto mentre andava via… m’ha guardato e m’ha fatto “me raccomando, non litigate” praticamente poi m’ha guardato, m’ha detto sta cosa, s’è avvicinato eh… “tu sei il capo, mi raccomando… non litigate… non litigate».
Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere dela Sera”)
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Gennaio 6th, 2015 Riccardo Fucile
LA TELEFONATA TRA IL PADRONE DELLA COOP 29 GIUGNO E IL VICE COMANDANTE DI MAGGIO SULLA GESTIONE DELLA SICUREZZA A CASTEL ROMANO, POI “AFFIDATA” AL CLAN DEI CASAMONICA
L’epidemia di Capodanno miete le prime vittime. Gli ispettori ministeriali sono in Campidoglio, il comandante Clemente ha avviato il primo screening sui certificati medici. Agli atti c’è la denuncia di un medico di base che ha rifiutato di retrodatare un certificato al 31 dicembre: “È illegale”, avrebbe risposto a una vigilessa che ora rischia il licenziamento.
Ma non c’è aria di smobilitazione, la vera prova di forza è spostata a domenica prossima quando ci sarà il derby Roma-Lazio e i vigili annunciano diserzioni e scioperi.
“Quale assenteismo, è una protesta disperata, chiedono un contratto di lavoro e Marino che fa? Apre la trattativa con la pistola sul tavolo”, dice Francesco Storace, attuale presidente del consiglio regionale, che si schiera a gamba tesa con gli “assenteisti”.
Non è l’unico, tra i più prodighi di dichiarazioni troviamo Fabrizio Ghera, ex assessore della giunta Alemanno: “Il problema riguarda il Campidoglio che in due anni non ha aperto un vero confronto con la categoria”.
Ma pochi ricordano che Ghera era un assiduo frequentatore del Circolo di Lungotevere Dante e che nell’ordinanza d’arresto, l’ex comandante Giuliani intercettato parlava anche di lui: “Ti ricordi che Ghera ha versato un milione?”. A che titolo? Non si è mai scoperto.
Strascichi velenosi. “Ci vorrà tempo per fare pulizia, non sono i soldi a preoccupare chi ha dato forfait a Capodanno, non quelli dello stipendio almeno…
Giuliani è andato fuori di testa in due occasioni: quando Alemanno minacciò di togliergli il circolo e quando propose la rotazione degli incarichi”, afferma un attuale alto dirigente della Municipale.
Ma poi nel 2012 l’ex sindaco fece marcia indietro, oggi è improbabile che Marino faccia altrettanto.
Anzi il sindaco è irremovibile sull’applicazione del piano anticorruzione che Clemente intende far partire da gennaio e che prevede la rotazione dei comandanti ogni cinque anni e dei vigili ogni sette di quartiere in quartiere.
Un’iniziativa apprezzata anche dal commissario anticorruzione Raffaele Cantone perchè“spezza il sistema”, impedisce il radicamento di una squadra con il conseguente giro di bustarelle e licenze d’oro .
Che il circolo sportivo e l’avversione a ogni forma di rotazione fossero i punti cardine dell’accordo che Giuliani aveva imposto ad Alemanno emerge con chiarezza da un’intercettazione della stessa ordinanza.
L’ex comandante ha appena appreso che Carlo Buttarelli, suo successore, ha disposto il trasferimento di un gruppo di vigili dal centro sportivo, è turbato: “Me poteva almeno avvertì sto stronzo, io con il sindaco c’avevo un patto… sto sindaco non conta un cazzo. Di’ a Carlo (Buttarelli, ndr) che je scureggiasse meno il cervello che se no arrivano i faldoni pure su di lui, lo sto aspettà ”.
Buttarelli fu poi costretto a dimettersi anticipatamente, proprio per la guerra che gli era stata scatenata dall’interno, eppure oggi molti assenteisti lo rimpiangono e per contestare il nuovo comandante Clemente è nato il gruppo “Aridatece Buttarelli”.
C’è anche un filo che lega questi metodi a Mafia Capitale. Non è questione di metodi estortivi e neppure dei rapporti che in entrambi i casi affondano nella pubblica amministrazione, ma di un filo diretto, fatto di telefonate e contatti, che ancora una volta ruotano attorno a Salvatore Buzzi e alla sua enclave di cooperative rosse.
Uno dei punti sensibili dell’attività del socio di Massimo Carminati, come si sa, è la gestione dei campi nomadi, come emerso dall’inchiesta su Mafia Capitale.
In particolare quello di Castel Romano, gestito dalla cooperativa Eriches, dove nel 2013 c’erano stati incendi, motivo per il quale il comando dei Vigili aveva convocato Buzzi che fece di tutto per evitare l’incontro almeno fino a quando Angelo Scozzafava, ex dirigente delle Politiche sociali, non è riuscito a spianare la strada.
In attesa di una soluzione c’è un fitto scambio di telefonate che finisce per coinvolgere anche Antonio Di Maggio, vicecomandante generale addetto all’emergenza.
Il 20 giugno 2013, Buzzi parlando con due suoi collaboratori li informa che, nonostante Di Maggio stesse monitorando la situazione, lui aveva deciso di affidare a Luciano Casamonica la vigilanza del campo per un compenso di mille euro al giorno. Il 21 luglio Buzzi e Di Maggio al telefono commentano la notizia di un altro incendio: “Non credi che quelli facciano sta cosa per tornare in possesso del campo come era con Luca Odevaine, che vogliono i soldi loro”, dice Di Maggio. Buzzi: “Forse, oppure vogliono tornare a Tor de’ Cenci”.
Ma Di Maggio insiste: “No, vogliono loro i soldi, capito?”. L’altro annuisce: “Da mo’ che li vogliono…”.
Rita Di Giovacchino
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 6th, 2015 Riccardo Fucile
PER I SUOI E’ UN ERRORE DA MATITA ROSSA
Tra i suoi c’è chi parla di “errore da matita rossa”, chi lo descrive come uno “scivolone”
pericolosissimo per il timing: è avvenuto proprio a ridosso della discussione parlamentare sulla legge elettorale e dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica.
Cioè proprio quando Matteo Renzi ha disperato bisogno di un appoggio largo in Parlamento e senza insidie.
I renziani della cerchia stretta giurano che la norma ribattezzata ‘salva Berlusconi’, contenuta nel decreto fiscale varato in consiglio dei ministri la vigilia di Natale, non era un regalo all’alleato del Patto del Nazareno.
Nessuno in consiglio dei ministri si era accorto che quella depenalizzazione dell’evasione fiscale fino al 3 per cento del reddito imponibile cancellerebbe la condanna di Berlusconi per frode fiscale nel processo Mediaset e la conseguente interdizione dai pubblici uffici e incandidabilità .
Insomma una svista madornale, un errore da dilettanti che non fa fare bella figura al governo con gli interlocutori imprenditoriali che appoggiano la norma in questione e che inasprisce il clima nel Pd, ma anche nelle altre forze politiche, Ncd e Forza Italia. Perchè fuori dalla cerchia dei suoi, la versione è che invece la norma sia stata inserita nel decreto fiscale proprio per fare un favore a Berlusconi, per uno scambio in vista dei passaggi delicati su riforme e Quirinale.
Comunque la si metta è un pasticcio. Ed è per questo che Renzi è molto preoccupato per il possibile effetto valanga del ‘salva Silvio’. Tanto per iniziare: non salverà più Silvio.
Malafede o no? In mattinata Renzi convoca Marco Causi a Palazzo Chigi.
Con il capogruppo del Pd in commissione Finanze rimette a fuoco il decreto fiscale. Ha già deciso che lo farà ripassare dal Consiglio dei ministri.
La norma verrà corretta e ripresentata in Parlamento dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica e quando Berlusconi avrà terminato il periodo di pena ai servizi sociali.
Non sarà cancellata la depenalizzazione tout court, ma dovrebbero essere escluse alcune fattispecie di reato. Come la frode fiscale.
Insomma, in un modo o nell’altro, la questione non riguarderà più l’ex Cavaliere.
E’ da sabato sera che il premier si sfoga con i suoi sull’argomento. “Nè ora nè mai Matteo avrebbe bisogno del clima di sospetti su possibili favori giudiziari a Berlusconi…”, dice un parlamentare renzianissimo.
Fatto sta che resta il giallo su chi abbia introdotto le contestate cinque righe di pasticcio.
Beppe Grillo accusa Antonella Manzione, il capo dei vigili di Firenze che Renzi ha trasferito a capo dell’ufficio legislativo del governo.
Da Palazzo Chigi non ribattono sul punto. Del resto, confida una fonte renziana, “la Manzione ha un legame strettissimo con Matteo che infatti si è assunto la responsabilità di quella norma: anche se volesse, il premier non potrebbe prendersela con lei…”.
La svista è sul collegamento con Berlusconi: “Nessuno ci ha fatto caso, nè in consiglio dei ministri quando se ne è discusso il 24 sera, nè sul Fatto quotidiano, che per primo ha sollevato il problema sabato scorso ma solo in un secondo momento ha collegato la cosa a Berlusconi, a conferma del fatto che era facilissimo non vedere il collegamento…”, continua la stessa fonte renziana.
Prove tecniche di anti Patto del Nazareno.
E’ quanto basta per alimentare il clima dei sospetti. I renziani sospettano che la soffiata che ha sollevato il velo dal decreto fiscale, scoperchiando il salvacondotto per Berlusconi, sia partita dalla minoranza Pd oppure dal Nuovo Centrodestra.
Qualcuno sospetta anche dei fittiani di Forza Italia.
Insomma, a Palazzo Chigi ne hanno la certezza: si sono messe in moto le forze ostili al Patto del Nazareno. Il segnale è chiaro e mette in allarme il premier.
Se prima si cercava un candidato a prova di bomba per il dopo-Napolitano, alla luce del ‘pasticcio’ sul decreto fiscale e delle polemiche che ha sollevato, c’è bisogno di un “candidato a prova di bomba atomica…”.
E’ per questo che dalla vacanza a Courmayer il premier non ha mai interrotto i contatti con i suoi sul tema del Quirinale.
E ieri, al ritorno dalla montagna, proprio alla luce della nuova polemica, ha continuato a sentire le sue ‘sentinelle’ nel Pd per testare il clima in vista dell’assemblea di mercoledì con i gruppi parlamentari sulla legge elettorale e in vista dell’imminente corsa per il Colle.
Per il Colle, caccia ai voti dei bersaniani di prima elezione nel Pd.
E’ il motivo per cui oggi, tra un incontro e l’altro con i ministri sul tema delle riforme, Renzi ha ricevuto a Palazzo Chigi anche il presidente dell’assemblea Dem, Matteo Orfini.
Coadiuvato dal lavoro svolto dal sottosegretario Luca Lotti sui possibili franchi tiratori del Pd, il premier sta misurando personalmente la temperatura tra i Dem in Parlamento per capire quali margini di azione siano possibili per ridurre i potenziali dissidenti.
L’attenzione è puntata sulla cosiddetta ‘zona d’ombra’, cioè quei parlamentari di prima elezione, giovani, arrivati in Parlamento in era di segreteria Bersani nel 2013 e ora tiepidi rispetto alla loro appartenenza politica di origine.
Sono loro la nuova terra di conquista del premier in vista dell’elezione del successore di Napolitano. E’ tra di loro che Renzi vuole capire che effetto abbia avuto la polemica sul ‘salva Silvio’: quanto è grave il danno? Ancora non si sa.
Però Renzi e i suoi danno per “acquisiti” lo stesso Pierluigi Bersani e gran parte di Area Riformista. Vale a dire quella parte di minoranza Pd che ha aiutato il governo sul Jobs Act. Mentre vengono dati per “dispersi” Pippo Civati e i suoi, non-renziani come Stefano Fassina che infatti è scatenatissimo sul decreto fiscale e chissà quanti si potranno aggiungere.
Un candidato di bandiera nei primi tre scrutini? Prodi?
La materia ormai si è fatta incandescente. Tanto che per le prime tre votazioni, quelle per le quali è richiesta la maggioranza dei due terzi dei 1008 elettori, Renzi sta valutando la possibilità di proporre un candidato di bandiera.
Vale a dire una personalità non legata direttamente al mondo politico: servirebbe solo per contarsi e testare il clima.
C’è chi non esclude che si possa trattare dello stesso Romano Prodi. Ma il nome del prof bolognese mostra diverse controindicazioni: potrebbe essere vissuto male da Berlusconi, chissà ; se così non fosse, potrebbe ‘rischiare’ di essere eletto con l’appoggio del Pd e di una parte del M5s, chissà .
Ma soprattutto, una volta in pista alle prime tre votazioni, con quale motivazione verrebbe ritirato alla quarta votazione, quella per cui bastano 508 voti per arrivare alla presidenza della Repubblica? Troppi rischi.
E poi c’è anche un’altra incognita: quanta voglia ha Prodi di continuare a fare da pungiball in questa storia?
Ragion per cui in questa fase a Palazzo Chigi prevale ancora l’idea di far votare scheda bianca ai primi tre scrutini per poi passare al ‘nome vero’ per la quarta votazione.
Il nuovo presidente, un under 60. Il punto è che sul ‘nome vero’ Renzi ancora brancola nel buio.
E non aiuta il clima dei sospetti che proietta ombre sul Patto del Nazareno, sempre più cupe. Da qualche giorno, il premier è al lavoro per fugare almeno i sospetti che lo riguardano più direttamente, che lo descrivono come interessato ad eleggere un suo ‘avatar’ al Quirinale.
Per questo motivo si sta concentrando per ottenere almeno che il nuovo presidente rechi un qualche marchio del renzismo da poter sfoggiare.
Un segno di novità , insomma. Escluso che si possa trattare del genere: difficilissimo eleggere una donna anche stavolta, registrano i suoi.
Il marchio più facile potrebbe essere l’età . In questi giorni la ricerca si starebbe concentrando tra gli under 60, categoria nella quale rientrano tanti candidati dai rumors di palazzo. Da Graziano Delrio a Piero Fassino, allo stesso Dario Franceschini e anche Walter Veltroni che ne compie 60 solo a luglio.
Di certo, notano nella cerchia del premier, se il pasticciaccio sul decreto fiscale ha avuto un effetto sulla corsa quirinalizia, è quello di gettare ombre sul ministro Pier Carlo Padoan, un altro candidato per il dopo-Napolitano.
(da “Huffingtonpost”)
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