Gennaio 30th, 2015 Riccardo Fucile
PERDERE UNA BATTAGLIA POLITICA NON E’ UNA TRAGEDIA, PERDERE LA DIGNITA’ SI’
Credo che non sia scritto in alcuna dichiarazione, ma per me è il più importante fra i diritti. 
Parlo del diritto alla dignità , quel sentimento interiore di piccola stima nei confronti di noi stessi per quel che abbiamo fatto e facciamo, e per quel che siamo.
Proprio perchè sentimento interiore che emerge dal dialogo con la nostra coscienza e non dall’opinione degli altri, e ancora meno dal riconoscimento delle Costituzioni e delle leggi, nessuno, tranne noi stessi, può toglierci la dignità .
Ma è vero anche che ciascuno di noi porta con sè nel mondo il dato di essere italiano o italiana.
Essere italiani oggi vuol dire essere sottoposti alle decisioni prese da un delinquente cacciato dal Parlamento in combutta con un giovanotto che asseconda il suo desiderio di continuare a essere arbitro della politica italiana, con l’avallo di una pletora di servi dell’uno e dell’altro incapaci di dire semplicemente “No!, le indecenze dei vostri incontri segreti non mi riguardano, il mio solo commento è il disprezzo”
La dignità , ecco quello che ci ha tolto e ci toglie il patto fra Berlusconi e Renzi.
Con quel loro accordo ci hanno detto e dicono ogni giorno, con il sorriso sprezzante di chi sa di poter fare ciò che vuole, che l’onestà , la rettitudine, la lealtà alla Repubblica non valgono assolutamente nulla.
Conta essere evasori fiscali, sodali di corruttori di giudici, sostenitori di collusi con la mafia. Queste sono le persone con le quali si può eleggere il capo dello Stato, suprema magistratura di garanzia, riformare la legge elettorale, riscrivere la Costituzione.
Se sei una persona onesta e credi nella libertà repubblicana, nell’Italia di Renzi e di Berlusconi vali meno di niente.
Ti deridono. Coprono le loro ripugnanti azioni con argomenti ispirati ai triti luoghi comuni della necessità politica.
“Ci vuole una legge elettorale che assicuri solidi governi mediante generosi premi di maggioranza”; “bisogna abolire il Senato elettivo per semplificare e accelerare il processo legislativo”, gridano a gran voce.
Sono balle che non troverebbero ascolto in nessun consesso civile.
La prova più eloquente che non c’è alcun bisogno di togliere di mezzo il Senato per legiferare è il fatto stesso che questo governo legifera, eccome.
Delle due l’una: o Renzi mente quando sbandiera che il suo governo ha “fatto” tante leggi; o mente quando proclama che con l’attuale Costituzione è praticamente impossibile legiferare.
In termini di filosofia politica, quella che mi onoro di insegnare da trent’anni fuori d’Italia, ovviamente, il comportamento di Renzi e dei suoi si fonda sul presupposto di poter ingannare i cittadini a suo piacere. Tanto non la capiscono.
O fanno finta di non capire?
Sono dunque due i motivi per i quali ci dobbiamo vergognare: essere di fatto governati da un delinquente assecondato da un giovinotto, essere trattati come deficienti.
Quel che più avvilisce e indigna è che nessuno compie un passo deciso per uscire dalla palude, formare un partito di dignità repubblicana e civile, alzare una bandiera.
Cosa aspettate, persone perbene che fate ormai fatica a guardarvi allo specchio perchè sapete che non valete nulla e vi trattano da poveri idioti?
In politica una delle virtù essenziali è la capacità di cogliere l’occasione.
Orbene, l’occasione è adesso.
Se aspettate che vada al Quirinale il burattino di Renzi e Berlusconi, e poi disfino la Costituzione, sarà troppo tardi per qualsiasi efficacie azione politica.
“Dove eravate?”, vi chiederanno, e vi chiederò, quando Renzi e Berlusconi disfacevano pezzo a pezzo la Repubblica?
Non saprete rispondere e sarete finiti una volta per tutte.
Perdere una lotta politica non è una tragedia; perdere la dignità sì.
Maurizio-Viroli
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 30th, 2015 Riccardo Fucile
ED ENTRO DOMANI MATTINA POTREBBE ARRIVARE IL DIETROFRONT ANCHE DI FORZA ITALIA
L’appello di Matteo Renzi fa centro.
Area Popolare, che riunisce Nuovo Centrodestra e Udc, è quasi convinta a votare Sergio Mattarella come prossimo presidente della Repubblica.
La riserva sarà sciolta in serata a una riunione dei grandi elettori. Ma la serie di incontri che Renzi, ministri, vicesegretari e parlamentari del Pd hanno avuto per tutta la giornata a Montecitorio con Alfano, Casini e le figure politiche a loro vicine sembra aver avuto un prodotto chiaro: i 75 voti a disposizione di Ncd e Udc nella quarta votazione (9,30 di sabato 31) si aggiungeranno — sulla carta — ai circa 560 sui quali già da giorni Renzi è sicuro, al netto dei franchi tiratori: i 444 grandi elettori del Pd più i 34 di Sel, i 32 del gruppo Autonomie e Psi, i 46 di Scelta Civica e Popolari per l’Italia, i deputati Pino Pisicchio e Aniello Formisano, iscritti al Misto della Camera ma eletti con il Centro democratico.
E poi alcuni dei senatori a vita (sono 6 ma Ciampi da tempo non partecipa ai lavori del Senato per motivi di salute).
In questo modo Mattarella supererebbe di molto quota 600 (il quorum del quarto scrutinio è a 505).
A questi tra l’altro si potrebbero aggiungere — ma non c’è niente di certo — alcuni dei senatori del Gal (eletti con il centrodestra) e alcuni dei 32 parlamentari fuoriusciti o espulsi dai gruppi parlamentari del Movimento Cinque Stelle.
Silvio Berlusconi è stato combattuto per tutto il giorno e alla fine — per non dare il colpo di grazia a Forza Italia — ha dato il via perchè i 142 grandi elettori lascino scheda bianca al quarto scrutinio.
E anche da qui, tuttavia, potrebbe arrivare un “aiutino” al candidato del Pd al Quirinale.
Da queste dinamiche resta fuori, per il momento isolato, solo il Movimento Cinque Stelle che ha continuato a votare Ferdinando Imposimato annunciando un’assemblea congiunta dei parlamentari e una “votazione lampo” sul blog di Beppe Grillo “se dal quarto scrutinio i cambi di maggioranza dovessero portare ad un nome condiviso tra più forze politiche”.
Tra le ipotesi c’è che sul blog si voti un ballottaggio finale tra Imposimato e Mattarella.
Pure loro pronti all’aiutino a Renzi.€
Per il resto le due votazioni previste in giornata sono state, come previsto, senza risultato: si sono scatenate fantasia e gioco (voti a Guccini, Bettega, Checco Zalone). Due fumate nere spazzate via dalle schede bianche: 531 nel secondo spoglio, 513 nel terzo laddove il quorum dell’eventuale elezione era a due terzi dell’assemblea, cioè 673 voti.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 30th, 2015 Riccardo Fucile
SILVIO PENSA ALL’AVENTINO PER CONTROLLARE IL VOTO, FITTO VUOLE ENTRARE: UFFICIALMENTE PER VOTARE SCHEDA BIANCA… E SE ALLA FINE TUTTI VOTASSERO MATTARELLA?
Lo schema è l’opposto rispetto alla volta scorsa, in cui era caccia al “franco tiratore”. Su Mattarella è
partita la caccia al “franco soccorritore”.
Nel senso che, in queste ore, il suo nome è una calamita per i democristiani del centrodestra.
E così il pallottoliere dice che, mentre il Pd tiene, ci sono almeno una cinquantina di voti che potrebbero arrivare a Mattarella, nel segreto dell’urna.
E in Forza Italia e dentro Ncd è partita la caccia.
È per questo che, quando Silvio Berlusconi si collega telefonicamente con i suoi da Cesano Boscone, spiega che va presa in considerazione l’idea di uscire dall’Aula al momento del voto.
Anche se, aggiunge, “per il momento dite che votiamo scheda bianca” perchè sono ore complicate.
Provato, ancora sotto botta, l’ex premier fa un discorso confuso in cui si capisce una cosa sola: “I fittiani pronti a votare Mattarella — racconta uno dei presenti – sono una quarantina. Quindi uscire dall’Aula significa controllare il voto”.
È la mossa: un Aventino sul Colle per stanare il leone di Maglie.
Poco importa che, gli fanno notare, è molto sgarbata verso il futuro inquilino del Colle. Anzi gli ricordano che due anni fa Forza Italia fece lo stesso su Prodi.
L’emotività berlusconiana mal si concilia con una partita molto democristiana.
Si è messo quasi a ridere soddisfatto, Raffaele Fitto, che ha appreso della “genialata” di Berlusconi mentre era a pranzo con i suoi 40 parlamentari.
Gioco da ragazzi, la contromossa pensata per dare scacco a Berlusconi. Ecco il ragionamento di Fitto, raccontato da un commensale: “Fanno l’Aventino e vogliono andare fuori dall’Aula? Ma no, questa è una cretinata. Non è una posizione politica, è uno sgarbo quasi personale a Mattarella. Noi non ci stiamo. E questa sera annunceremo che entriamo in Aula e votiamo scheda bianca, perchè come dice Berlusconi critichiamo il metodo e non la persona”.
A quel punto, nell’urna, Dio ti guarda, Berlusconi no, e il Padreterno non si dispiace se qualche voto va a Mattarella…
C’è della sapienza democristiana nella mossa. Il ribelle, il più contrario al Nazareno, il grande oppositore dice: noi entriamo.
Offrendo, di fatto, il soccorso azzurro a Mattarella.
L’obiettivo è chiaro: con una mossa del genere Berlusconi è costretto a rientrare.
A meno che voglia far vedere che non solo il partito è politicamente diviso, ma fisicamente in due posti diversi nello stesso giorni.
E comunque, il segnale di pace al democristiano Mattarella lo dà il democristiano Fitto.
Ed è lo stesso segnale che vogliono dare i democristiani di Area popolare.
Dove, ormai, il clima è quasi da rissa. Perchè Alfano è sotto pressione.
Sarebbe la prima volta nella storia d’Italia che un ministro del governo in carica non vota un capo dello Stato proposto dal presidente del Consiglio.
Per ora Angelino tiene sulla linea della scheda bianca. Attorno, appunto, la rissa. Che si è quasi sfiorata nel corso di una riunione mattutina.
L’ala filo-berlusconiana (Lupi, De Girolamo, Saltamartini) e gli alfaniani di ferro come Cicchitto e Sacconi hanno proposto di votare un candidato di bandiera: “Così ci contiamo visto che tra i 16 e i 30 di Area Popolare sono pronti a dare il soccorso sottobanco a Mattarella”.
Contraria, contrarissima Beatrice Lorenzin, che è al lavoro per avere qualche dichiarazione distensiva dai renziani per avere un appiglio a votare Mattarella.
Ricapitolando: se il gruppone di Alfano tiene sulla scheda bianca, a Mattarella, nel segreto dell’urna, arrivano fino a trenta voti.
La mossa di Fitto gliene fa avere una quarantina, con Berlusconi costretto a rinunciare all’Aventino.
Quindi coloro che si pongono come interlocutori di Mattarella sono, oltre a Renzi, Alfano e Fitto.
La meglio gioventù dell’ultima dc.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 30th, 2015 Riccardo Fucile
LA MARGHERITA LO IMPOSE IN TRENTINO… RINVIATI A GIUDIZIO 17 ESPONENTI LOCALI PER IRREGOLARITA’ NEI DOCUMENTI PER METTERLO IN LISTA: SALVATI DALLA PRESCRIZIONE
“Il difficile trapianto di ‘Sergiuzzu’ Mattarella”, scrive Gian Antonio Stella sulle pagine del Corriere della Sera il 19 aprile 2001.
L’articolo racconta del terremoto politico provocato dalla decisione dei vertici nazionali della Margherita di candidare l’ex ministro della Difesa, oggi indicato dal Pd come successore di Giorgio Napolitano al Quirinale, in un seggio sicuro in Trentino-Alto Adige per le elezioni politiche del 2001.
Dopo la prima levata di scudi, i maggiorenti locali del partito, Lorenzo Dellai in primis, (“Non possiamo venire a sapere che uno si candida qui, com’è accaduto, dal Giornale di Sicilia”) si piegano ai diktat di Roma, complici anche le dichiarazioni accomodanti del diretto interessato: “Avrei potuto essere candidato nelle Madonie (Palermo, ndr). Era un collegio buono. Sono io che ho preferito spendermi dentro una progetto nazionale. E venire a Trento e Bolzano, che spero mi adottino”.
Così il “siculo dal pallore londinese”, per usare sempre le parole di Stella, diventa il candidato unico della Margherita all’ombra delle Dolomiti.
“Tra tutti quelli che ci potevano imporre Sergio è il migliore. Stia certo che non gli mancherà il nostro sostegno”, conferma Dellai, tant’è che il il 26 maggio 2001, il politico palermitano viene eletto deputato della Repubblica per la sesta volta.
Tutto a posto allora? No, perchè le operazioni lampo per la sua candidatura finiscono quasi subito sotto la lente della magistratura di Bolzano e, il 4 aprile 2003, il giudice per le indagini preliminari del tribunale altoatesino rinvia a giudizio 17 esponenti locali della Margherita con l’accusa di aver falsificato alcune firme necessarie per la presentazione della candidatura di Mattarella (che non è stato indagato).
Tra gli imputati figura anche l’ex vicepresidente della giunta provinciale di Bolzano Michele Di Puppo che, insieme ad altri dirigenti e collaboratori, si era attivato all’ultimo minuto per raccogliere le sottoscrizioni necessarie per la corsa elettorale dell’ex esponente della sinistra Dc.
Secondo la procura, in maniera fraudolenta: dalle autentificazioni tarocche, alla raccolta senza autorizzazione, fino alla falsificazione bella e buona di firme fantasma di persone del tutto estranee alla competizione politica.
Il processo dura poco più di un anno e, a luglio 2004, si conclude con un nulla di fatto perchè nel frattempo ci pensa la maggioranza che sostiene il governo di Silvio Berlusconi.
Sì, perchè, nella primavera di quello stesso anno entra in vigore una legge che depenalizza il reato trasformandolo da delitto punibile con pene che vanno da uno a sei anni a contravvenzione per cui è previsto il pagamento di una semplice ammenda.
Agli imputati, per giunta, va ancora meglio perchè l’intervento legislativo, in concorso con i tempi biblici della giustizia italiana, fa scadere i termini della prescrizione costringendo il giudice ad archiviare la pratica e mandare assolti tutti senza che sborsino nemmeno un quattrino di contravvenzione.
Una legge molto attesa dalle parti di Bolzano, come scrive l’Alto Adige a luglio 2004: “Come si ricorderà , nel corso del procedimento gli imputati avevano chiesto e ottenuto più volte lunghi rinvii a seguito dell’iter parlamentare in corso della legge che avrebbe successivamente depenalizzato il reato”.
Autenticare o creare liste false tornerà delitto solo due anni dopo, a fine 2006, quando la Corte costituzionale tirerà un tratto di penna sulla legge del governo Berlusconi. Nel frattempo però la XV legislatura è finita, Berlusconi è andato a casa e a Palazzo Chigi è tornato Romano Prodi.
E Mattarella? E’ ancora parlamentare, per la settima e ultima volta.
Questa volta eletto nella circoscrizione Sicilia 1 e grazie al Porcellum, la riforma “porcata” della legge elettorale di Roberto Calderoli che ha mandato in soffitta proprio il suo Mattarellum.
Lorenzo Galeazzi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 30th, 2015 Riccardo Fucile
IN AULA TRA BATTUTE E RIME BACIATE
«Cucù!» Silvio Berlusconi barcolla sorpreso: Matteo Renzi, a quanto pare, gli ha rifilato lo scherzo che lui,
anni fa, aveva fatto ad Angela Merkel.
Solo che quello, pur esponendo l’allora premier alle ironie di mezzo mondo, era una sorpresa innocua. Questa no. Questo «cucù» può essere letale.
Non solo per la battaglia quirinalizia ma per i suoi stessi destini politici. Certo, lui non può ammettere se non a mezza bocca di sentirsi bidonato da quel ragazzo al quale aveva perdonato perfino di aver detto che lui, l’ex Cavaliere, poteva essere suo nonno.
E dunque contiene la collera con quelle parole che un tempo, al debutto in politica contro i «faniguttùn», quando era insofferente ogni sfumatura del politichese, sarebbero state molto più dure: «Non siamo noi a non aver rispettato il patto ma Renzi».
E poi: «Questa situazione segna comunque un altolà al patto del Nazareno». Traduzione: adesso salta tutto. Forse. Chissà . Probabilmente.
Dipende dal senso di isolamento…
Sia chiaro: la storia delle elezioni del presidente della Repubblica è costellata di tali incidenti di percorso da consigliare estrema cautela nelle previsioni di una facile vittoria mattarelliana.
Basti ricordare quanti leader, entrati papi nel conclave parlamentare, sono usciti cardinali. E bastonati, a volte, solo per una manciata di voti.
E dopo il tormentone di due anni fa nessuno ha il fegato di dare per già fatta l’elezione di Sergio Mattarella.
Resta valida la diagnosi di Carlo Donat-Cattin chiamato a suo tempo da Aldo Moro a bloccare l’elezione di Giovanni Leone: «I mezzi tecnici», rispose, «sono solo tre: il pugnale, il veleno e i franchi tiratori». Sempre lì. Sullo sfondo .
Solo Wikipedia, nel pomeriggio, per l’incursione di un hacker ferocemente buontempone, dà la cosa per fatta: «Il 29 gennaio 2015 Sergio Mattarella diventa presidente della Repubblica con 679 voti alla prima votazione, raggiungendo la maggioranza qualificata grazie all’appoggio del Partito democratico, di Forza Italia e di Giancarlo Magalli».
Man mano che passano le ore, però, l’incubo di una riapparizione di quelli che Bettino Craxi chiamava «una razza di deputati bastardi che affiorano nelle zone paludose del nostro ordinamento parlamentare», sembra (sembra!) sciogliersi nelle manifestazioni di ottimismo, i sorrisi, le pacche sulle spalle, le battute distensive delle diverse anime del Partito democratico e di tutta la costellazione del centrosinistra.
Ignazio La Russa la butta sul ridere: «Ho fatto un tweet: “dal patto del Nazareno siamo passati al patto del menga”». Sottinteso goliardico: intraducibile. Censura. Sfreccia via, ghignando, Maurizio Gasparri.
Nella scia di poeti parlamentari come il risorgimentale Giovanni Prati, Gabriele d’Annunzio, Trilussa e Mario Luzi, si è scoperto lui pure una vena artistica e si è messo ad armamentare intorno a rime baciate che libera nell’aere a Un giorno da pecora .
Ecco l’ultima: «Tutto è pronto, addobbi e sale / per la sfida Quirinale. / Nazareno, Mattarella, / scegli questo oppure quella. / A dozzin stanno lì fuori / schiere di manovratori / e gli illusi sono tanti / di apparir determinanti. / Poi c’è Sergio Mattarella, / pronto al balzo sulla sella, / ma al momento sono ancor tanti / gli aspiranti e i questuanti».
Al di là della poesiola, il vicepresidente del Senato detta all’Adnkronos parole di fuoco: «Renzi, come in altre occasioni, preferisce l’arroganza. Sarà il difetto che lo porterà nel tempo alla sconfitta».
I renziani che leggono il dispaccio ridacchiano: «Nel tempo! Nel tempo!»
Per ora, a vedere come i protagonisti di tutte le lancinanti battaglie intestine di questi mesi dentro il Pd su tutte ma proprio tutte le iniziative renziane, gironzolano per il Transatlantico ostentando sorrisi e serenità , pare che la vittoria (fatta la tara alla scaramanzia) l’abbiano davvero già in tasca .
E pare una vittoria di tutti.
Gongola Giuseppe Fioroni che tanto invocava sul Colle un inquilino cattolico. Gongola il trentino Lorenzo Dellai, l’ideatore della Margherita, che nel 2001 scatenò la guerra contro «l’amico Sergio» che era stato paracadutato dal partito a farsi eleggere nel collegio sicurissimo sulle montagne dolomitiche: «Non possiamo venire a sapere che uno si candida qui, com’è accaduto, dal Giornale di Sicilia ».
Sia chiaro, ammicca oggi, «tra tutti quelli che ci potevano imporre Sergio era il migliore. E dopo aver posto la questione di principio della nostra autonomia non gli facemmo mancare il nostro sostegno».
«La raccolta delle firme sì, però», ridacchia Gianclaudio Bressa, «Se non fosse stato per noi che venivano da fuori…».
Ma gongola anche lui. Come Stefano Fassina, che pure da mesi è con Renzi ai ferri corti: «Questa volta Matteo ha fatto la mossa giusta. Di unità per tutto il partito».
Vuol dire che quando arriverà in aula alla Camera l’Italicum l’opposizione interna sarà un po’ più conciliante e non pretenderà nuove modifiche? «Qualche modifica dovrà essere fatta senz’altro…», ma perchè litigare oggi?
Rosario Crocetta, il governatore della Sicilia, sprizza euforia: tre lustri dopo la botta micidiale del sessantun parlamentari a zero incassata dalla destra trionfante berlusconiana, l’isola che si riconosce nel Pd potrebbe ritrovarsi con due palermitani, Mattarella e Grasso, ai vertici dello Stato: «Per noi, se si passa Sergio, è una svolta storica. Lui lo sa, cos’è la mafia. Non ne ha sentito parlare così, genericamente. Suo fratello Piersanti, assassinato da chi non voleva che la Sicilia cambiasse, è morto tra le sue braccia. E bene ha fatto Renzi a ricordarlo».
I siciliani, scommette, «lo voteranno tutti. Tutti. Anche i berlusconiani».
Dall’altra parte, sventagliate di battute invelenite.
Ecco Daniela Santanchè, che si dice schifata da quello che bolla come un tradimento degli accordi.
L’altra pasionaria berlusconiana, Michaela Biancofiore, si è sfogata dicendo di avere «l’impressione sgradevole» che Renzi abbia «deciso che tutto il resto del mondo non gli serva più» e di aver capito che «gli piace fare il furbetto».
Lei rincara: «Sono fiera di appartenere ad un movimento politico di uomini che quando danno una parola la mantengono e rispettano i patti.
“Provo tristezza per chi sta con i quaquaraqua».
Augusto Minzolini ride: «Glielo avevo detto, a Berlusconi, che finiva così. Gli avevo detto di puntare su Prodi, per spaccare la sinistra. Oggi mi ha detto: avevi ragione tu. Tardi…».
Maurizio Sacconi spiega che no, non si fa così e che lui e i parlamentari del Nuovo centrodestra resteranno fermi e compatti sul no alla candidatura imposta: «Ormai è chiaro che in prospettiva andiamo verso una specie di cancellierato: il capo dello Stato non può sceglierselo l’aspirante cancelliere».
Maria Elena Boschi è convinta invece che no, non è detto che il terzo giorno il centrodestra resterà arroccato sulle posizioni di oggi: «Tre giorni, in politica, possono essere un’era geologica…».
E Buttiglione? Che farà , a prescindere dalle decisioni dei suoi amici di partito, l’ex segretario che vent’anni fa spostò un pezzo del Partito popolare a destra?
Un ventennio basta e avanza, per fare pace. Ma certo, allora, lo scontro con Sergio Mattarella, convintissimo che andasse confermata la scelta storica della Dc degasperiana del «partito di centro che guarda a sinistra», fu durissimo.
Tanto da spingere Mattarella, generalmente così freddo e razionale da guadagnare il nomignolo «On. Metallo», a lanciarsi in quella che viene ricordata come l’unica battuta della sua vita: «El general golpista Roquito Butilione…» .
Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera”)
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Gennaio 30th, 2015 Riccardo Fucile
RENZI TEME CHE I SUOI AVVERSARI INTERNI AL PD CERCHINO LA RIVINCITA E CHE BERLUSCONI E ALFANO FACCIANO SALTARE IL BANCO
Paura , molta paura. Poche ore che non passano mai. Ancora una notte che può portare nei sonni di mille persone qualsiasi sogno, o di incubo.
Se si tratta di eleggere il presidente della Repubblica possono logorare il più degno dei nomi, il più nitido dei disegni.
Matteo Renzi avrebbe voluto la quarta votazione stasera, dalle sette a mezzanotte. Subito, si chiuda subito. Gli addetti alla buvette di Montecitorio erano già allertati: turno extra di piadine e supplì, straordinario garantito.
Invece no, le sabbie mobili delle procedure che tutto ingoiano e rallentano hanno inflitto all’Uomo dell’Attimo — così lo chiamano, Renzi, in tanti anche fra gli amici: il mago della gestione dell’attimo — la consueta tortura. Bisogna aspettare domani.
Sperare che nella notte nessuna idea brillante visiti le menti degli sconfitti, dei forzati, dei presidenti mancati e dei loro sostenitori, dei king maker di sempre al momento rigidi nei sorrisi di circostanza.
Bisogna sperare che nessuno “faccia politica” come si faceva una volta, sorride Cirino Pomicino, che non ci siano riunioni notturne di congiurati, che la sinistra Pd non trovi la via della rivincita, che Alfano e gli Ndc si arrendano alla convenienza di restare al governo, che Berlusconi veda infine il tornaconto possibile, magari sul piano del decreto fiscale ancora in ballo e di quel 3 per cento di franchigia per gli evasori che lo metterebbe in salvo.
Bisogna che non ci siano franchi tiratori, insomma, capaci da destra, da sinistra o dal centro di far perdere a Sergio Mattarella quel che ieri sera aveva in tasca. Il Quirinale. I Cinque stelle ci hanno messo del loro, hanno aiutato. Una possibilità avevano: quella di buttare fra i piedi di Renzi le candidature di Prodi o di Bersani. L’hanno mancata, come di consueto.
Imposimato, che richiesto di ritirarsi ha detto no, esclude di nuovo i grillini dalla capacità strategica di scelta politica.
Il rischio ora è tutto interno al vecchio/ nuovo sistema dei partiti. I democristiani, i comunisti. I cattocomunisti.
Bisogna rispolverare il lessico novecentesco per un candidato che Giorgia Meloni chiama “giurassico” e che ad un altro esponente del secolo scorso oggi in visita al Palazzo, Paolo Pillitteri ex sindaco socialista di Milano e cognato di Bettino Craxi, strappa un sorriso estatico: «È stupendo vedere come la Terza Repubblica per realizzarsi abbia bisogno della Prima».
Battute a josa, nell’acquario dei milleenove grandi elettori vestiti a festa. Al Bano e Romina a Sanremo, Raffaella Carrà in prima serata, Sergio Mattarella al Quirinale e trent’anni in meno, per decreto, per tutti.
Sorride Anna Finocchiaro, in smagliante procinto di farne sessanta.
«Magari… Ma va bene così. Mattarella è un gran bel nome, tiene insieme il Pd tutto intero. È difficile non votarlo, anche nel centro destra è una sfida per tanti».
Per tanti, non per tutti. Pierferdinando Casini, un altro dei presidenti del giorno prima, alla domanda “è una buona idea?” risponde: «È un’idea».
Poi aggiunge sornione: «Se capisco qualcosa di politica Mattarella avrà almeno settanta voti in più del necessario. La partita è chiusa».
Quindi si volta verso Franco Giordano, parlamentare di Sel: «Cosa ridi tu? Guarda che comunque dovrai votare un democristiano… ».
Un democristiano, sì. Un cattolico di sinistra di quelli che fecero e fanno impazzire l’area più conservatrice della destra cattolica: gli eredi di Buttiglione, oggi al governo. Comunione e Liberazione soffre come sotto tortura.
Maurizio Lupi, ministro di Renzi, scivola via dai capannelli e lascia che dicano di lui che non si occupa troppo di Quirinale, ha in vista la campagna elettorale per sindaco di Milano.
Esultano i siciliani, tutti, con alleanze ed entusiasmi imprevisti.
Crocetta fa campagna a destra, Bobo Craxi — a suo tempo eletto a Trapani — ricorda quando il centrosinistra mandò Mattarella a farsi eleggere a Bolzano, lo definisce «il più cattivo tra gli uomini miti», «un non professionista dell’antimafia», «un capolavoro di Renzi».
Denis Verdini sfila via scurissimo in volto, il patto del Nazareno osserva un turno di riposo, anche l’ex tesoriere Ds Sposetti oggi è meno intervistato del solito.
Gli uomini del momento sono altri, la geografia è all’improvviso cambiata: Alfano torna a consigliarsi con Berlusconi, Vendola torna a scambiare fitte opinioni con Renzi.
Il presidente del Consiglio, incassata a metà la legge elettorale, promette a Sel che si sta per aprire la “stagione dei diritti”.
Volete o non volete stare con noi? Maggioranze variabili, rimpasti di governo possibili.
Agli uomini di Sel Renzi ha chiesto di leggere con attenzione le 127 pagine di riforma sulla scuola. «Non abbiate pregiudizi », ha detto.
«Noi non abbiamo pre-giudizi, tu non darci un pre-testo », ha risposto Vendola.
Che rivendica, comunque, la fine di una fase: «Il Nazareno è finito. Si apre, si può aprire una stagione nuova».
La magia di Renzi sarebbe avere una maggioranza per il governo, con Alfano.
Una per il presidente della Repubblica, una terza per le prossime riforme — “la stagione dei diritti” — con Sel.
Pippo Civati profetizza che alla fine, pur di non rimanere fuori dai giochi, anche Berlusconi voterà Mattarella. Magari senza votarlo, lasciandolo passare come accadde a Napolitano la prima volta.
Angelo Sanza, vecchio democristiano, è più prudente e meno ottimista. «Ha fra 560 e 580 voti. Pochi per stare tranquillo»
Molto dipenderà da altri tavoli.
Si tratta per il segretario generale, per esempio: Frattini, forse?
Nessuno starà tranquillo, stanotte.
Girano fotocopie degli articoli dell’intervento di Mattarella contro un concerto di Madonna, anno 1990, con commenti che lo paragonano allo schiaffo (presunto) di Oscar Luigi Scalfaro alla signora scollata.
Mattarella come Scalfaro. Per Berlusconi c’è materia per restare insonne.
Per un certo Pd pure. Non si sa mai come va a finire, coi miti.
Entrano grigi, escono a colori.
Una notte ancora. State sereni.
Concita De Gregorio
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 30th, 2015 Riccardo Fucile
BOSSI: “QUELLO A BERLUSCONI LO FREGA SICURO”… CHIAMPARINO CAMMINA TRISTE A ZIG ZAG: FINITI I SOGNI DI GLORIA… LA GELMINI: “MANCA SOLO IL TWEET #SILVIOSTAISERENO”
L’andatura fa l’umore. Umberto Bossi procede a zig zag, visibilmente scosso e intorpidito. “Quello lo
frega sicuramente”. Quello è Mattarella, il fregato è Berlusconi.
Sergio Chiamparino anche è un po’ fregato. Quirinabile sconfitto. Zig zag e testa china. Ritorno in Piemonte previsto per domani sera e addio sogni di gloria.
Rosy Bindi, invece, a testa alta e a passo lento perchè tutti notino la novità .
Nichi Vendola, festoso, ha appena detto che Mattarella è la versione uomo della Bindi. Lei: “Molto meglio di me”. Lui: “Renzi ha messo due dita nell’occhio di Berlusconi. Sono contentissimo”.
C’è un cumulo di forzisti in disarmo, corpi adagiati sul divano di destra dell’aula. Ex valchirie berlusconiane segnano la disfatta con movimenti asimmetrici.
Laura Ravetto, ipercinetica: “So tante di quelle cose ma non le dico”.
Mara Carfagna è sul grigio esistenziale, lenta a cogliere l’atto doloroso.
Annagrazia Calabria piuttosto intontita: “Che?”. Michaela Biancofiore stravolta. Mariastella Gelmini ficcante: “Mancava solo che Renzi facesse un tweet con l’hashtag silviostaisereno”.
A un passo Paolo Romani, mani in tasca e sguardo vuoto. Cosa ne sarà di lui senza il Nazareno?
I siciliani, oggi molto ispirati, invece si mostrano in gruppo.
Rosario Crocetta, in qualità di presidente della Regione, il vincitore territoriale, si dilunga sul bacio come espressione sentimentale della politica in Trinacria .
Il suo predecessore, Totò Cuffaro (ora in carcere) era giustamente soprannominato “Vasa vasa”. Lui, noto omosessuale, annuncia che ha cambiato verso rispetto alle tecniche di approccio elettorale: “Non bacio più nessuno. Forse altri colleghi del Palazzo lo fanno e magari di notte e con travestiti”.
Arriva Giorgio Napolitano scortato da un commesso. Applauso reverenziale.
Ecco i colleghi senatori a vita Carlo Rubbia e Renzo Piano, senza commessi e senza applausi, spaesati.
La presidente Laura Boldrini, con quattro commessi: “Andrà bene”. Anche Domenico Scilipoti , ve lo ricordate?, c’è: “Mattarella, perchè no?”.
Inizia la chiama. Prima i senatori a vita (secondo applauso a Napolitano), poi il resto.
Lettera G. Galan? L’onorevole Giancarlo Galan è agli arresti domiciliari. Pure l’onorevole Francantonio Genovese (siciliano di Messina) poteva essere qui ma purtroppo è tenuto al domicilio coatto.
Giancarlo Magalli seppure lo volesse, non potrebbe entrare. Non è grande elettore. Berlusconi purtroppo anche. Fa strano ma è così.
Emanuele Fiano, renziano saltellante: “Chapeau a Matteo. Anche voi del Fatto dovreste dirlo che è un grande”.
Laura Venittelli, pidina molisana: “Non ero molto convinta, poi però…”.
Il Transatlantico è zeppo come il corso cittadino al sabato sera. Strusci e ristrusci, ombrelli, telecamere, soliti conciliaboli.
I calabresi, molto uniti, si stringono davanti ai tramezzini. Paolo Bonaiuti, ex portavoce berlusconiano, tiene il conto delle noccioline. Va bene uno spritz? Domani tutto passa. Hanno vinto quelli che stanno al lato sinistro del Transatlantico, hanno perso quelli di destra.
Così sembra, e tutto appare chiaro. “Mi appare chiarissimo”, dice Cesare Damiano.
Ignazio La Russa fa il presagio intuendo un varco dei possibili voltagabbana: “B. cambia idea spesso. Sabato farà il dietrofront”.
Roberto Calderoli: “Il no di Alfano a Mattarella dura tre minuti, massimo cinque. Poi si accoda”. Bruno Vespa sintetizza: “So per certo che Berlusconi aveva detto sì a Renzi su Mattarella. Poi qualcosa è successo”.
Forse che Marina, la figliola, gli ha telefonato? “Papà , mai. Lui è il nostro nemico storico!”.
È un giorno importante e anche alcuni reduci si uniscono al branco.
Toh, c’è Alfonso Pecoraro Scanio. Era verde una volta.
Anche Carlo Vizzini, un mito socialdemocratico, roba del secolo scorso. Siciliano come lui: “Io e Mattarella, quante battaglie”.
I risultati del primo giorno sono per certi versi clamorosi. Magalli, molto gettonato dal web, non figura nemmeno tra gli ultimi posti dei perdenti. Ottimo piazzamento della Prima Repubblica con Arnaldo Forlani, appaiato a Vittorio Feltri.
Exploit di un tale che di cognome fa Morelli, poi un filotto di schede bianche.
Quindi la gioia di chi sente la vittoria in tasca e le lacrime di chi, come Augusto Minzolini, avverte aria di pietanze lasciate in cucina: “Renzi ci ha fatto sedere a tavola ma poi non ci ha fatto mangiare”.
Antonello Caporale
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 30th, 2015 Riccardo Fucile
BIANCONI ANNUNCIA CHE I DISSIDENTI SI SGANCIANO DALLE DECISIONI DEL PARTITO
Il nome di Sergio Mattarella proposto dai dem di Matteo Renzi compatta il partito (e Sel) ma spacca Forza Italia.
L’ala fittiana si sgancia dalle decisioni del partito centrale e, come riferito dal dissidente Maurizio Bianconi, decide di votare autonomamente alla terza votazione.
E lo fa mentre è in corso la riunione dello stato maggiore azzurro.
La scissione si consuma con una nota di Raffaele Fitto che definisce la “fantomatica riunione dei cosiddetti ‘uffici di presidenza’” una “ottima iniziativa solo se è un preannuncio di dimissioni e azzeramento. In caso contrario — conclude -, è una ennesima riunione autoreferenziale e priva di legittimazione”.
Dichiarazioni rilasciate al termine della seconda votazione della mattinata, andata a vuoto come la prima del 29 gennaio e conclusa con 531 schede bianche e 143 nulle.
Il Parlamento sarà di nuovo chiamato a votare alle 15.30 per eleggere il capo dello Stato.
L’ex premier, intanto, si trova tra due fuochi: la proposta di Renzi è vista come un tradimento dell’accordo dallo stesso ex premier, che ieri si era detto “deluso”.
Ma nei suoi ragionamenti c’è la possibilità di ricucire il rapporto con il Pd e non mollare il patto del Nazareno, senza però piegarsi totalmente al segretario dem.
In più, il pressing interno è forte: l’ala più democristiana (35-40 parlamentari) vorrebbe votare Mattarella, quella più oltranzista vorrebbe far saltare definitivamente il banco.
Per arginare chi vorrebbe votare a favore del candidato dem, ai parlamentari Fi sarebbe stata data indicazione di non partecipare al quarto scrutinio quando servirà la maggioranza.
L’ipotesi della scheda bianca, avanzata ieri da Berlusconi, alimenta infatti i sospetti che poi, nel segreto dell’urna, l’ordine di scuderia non venga rispettato.
Ma i giochi sulla quarta votazione sono ancora aperti.
Alle 12 a Montecitorio la riunione dello stato maggiore degli azzurri per valutare, fra l’altro, la possibilità di presentare un candidato alternativo a Mattarella. Successivamente potrebbe esserci anche una riunione con i vertici del Nuovo Centrodestra, dove le frizioni sarebbero notevoli, soprattutto di chi giudica negativo non votare Mattarella e rompere il patto con Renzi.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 30th, 2015 Riccardo Fucile
UFFICIALMENTE SONO TUTTI PER LA SCHEDA BIANCA, MA BERNINI E GIOVANARDI TRA COLORO CHE VOTEREBBERO IL CANDIDATO DI RENZI
Ci saranno degli sviluppi, anzi ci potrebbero essere. 
La grande rabbia contro Matteo Renzi dopo la designazione in proprio di Sergio Mattarella come prossimo presidente della Repubblica, “tradendo tutte le promesse fatte con il Patto del Nazareno”, comincia a svaporare.
A sentire Silvio Berlusconi e i vari Paolo Romani e Renato Brunetta, capigruppo di Forza Italia al Senato e alla Camera, Mattarella non dovrebbe prendere un voto dei Grandi Elettori azzurri.
Stessa posizione nel Nuovo centro destra di Angelino Alfano: no a Mattarella. Almeno loro dicono.
Ma la grande muraglia contro il premier e il suo candidato invece sta cedendo.
E non sono i peones ad avere i primi dubbi, ma esponenti di primo piano dei due partiti.
“Ho provato a dirglielo ai miei, non ha senso rifiutare i nostri voti”, dice per esempio ai parlamentari azzurri a lei più vicini la vicecapogruppo al Senato Anna Maria Bernini: “visto che non abbiamo preclusioni sulla persona di Mattarella, votiamolo”.
Suona uno spartito identico un altro senatore di primo piano di Ncd, Carlo Giovanardi: anche per lui “Mattarella è da votare”.
Con una aggiunta: “Si sta aprendo una riflessione nelle nostre file, così non possiamo continuare”.
Primo Di Nicola
(da “il Fatto Quotidiano”)
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