Luglio 5th, 2015 Riccardo Fucile
LA NOTA DI MATTARELLA E DELLA BOLDRINI
La politica italiana guarda ad Atene nel giorno del referendum decisivo per le sorti per
dell’Eurozona e del futuro della Grecia.
La vittoria del ‘no’ apre scenari inediti per l’Eurozona e nelle cancellerie si lavora per scongiurare l’uscita della Grecia dall’euro, un evento ormai non più così improbabile. Da Grillo a Vendola, esultano i leader politici italiani in piazza nella capitale greca per festeggiare la vittoria ‘no’.
MATTARELLA
“I cittadini greci hanno preso oggi, con il referendum, una decisione della quale occorre, in primo luogo, prendere atto con rispetto. Una decisione, tuttavia, che proietta, oltre ad Atene, la stessa Unione europea verso scenari inediti, che richiederanno a tutti, sin d’ora, senso di responsabilità , lungimiranza e visione strategica”, ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Il Capo dello Stato ha fatto un richiamo all’europeismo nato da “quella stessa visione che ha condotto diciannnove Paesi all’adozione di una moneta comune, con la cessione di sovranità liberamente e consapevolmente scelta da parte di ciascuno Stato aderente, sapendo che ogni modifica delle sue regole passa attraverso una discussione collegiale tra pari”.
Il presidente della Repubblica ha voluto tracciare anche i principi che dovranno guidare l’azione italiana nei prossimi giorni: “La Grecia fa parte dell’Europa e, nei confronti del suo popolo, non deve venir meno la solidarietà degli altri popoli dell’Unione. Questi saranno certamente, nei prossimi giorni, i principi ispiratori dell’azione dell’Italia e mi auguro anche dei rappresentanti del popolo greco, degli altri partners europei e delle Istituzioni dell’Unione”.
BOLDRINI
Laura Boldrini che ha parlato di “prova di democrazia” e ha aggiunto: “Da questa vicenda può nascere finalmente una svolta per tutta l’Ue, rispetto a politiche di austerità che hanno mostrato, in Grecia, ma non solo, la loro dura inefficacia. E’ tempo che l’Europa faccia rotta verso la crescita economica e la coesione sociale”.
Esulta il fronte del ‘no’.
Ma è in particolare il fronte del ‘no’ ad esultare per l’esito del referendum greco, un fronte che abbraccia la sinistra dem, Sel, il M5S ma anche Forza Italia e Lega.
Alcuni esponenti di questo variegato fronte sono arrivati nella capitale greca per seguire i risultati insieme agli esponenti di Syriza: Beppe Grillo a Nichi Vendola, dall’ex Pd Stefano Fassina all’esponente della minoranza dem Alfredo D’Attorre, fino al segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero.
GRILLO
“E’ un risultato fantastico per tutti”, ha affermato il leader M5S Beppe Grillo in piazza ad Atene.
“Si sta decidendo qualcosa che nulla ha a che vedere con la finanza e l’economia, è geopolitica, questa è democrazia” ha aggiunto il leader pentastellato ai microfoni del TgLa7.
Secondo il sito Dinamo Press la presenza del leader M5S avrebbe provocato la reazione degli altri ‘italiani’ presenti in piazza Syntagma per festeggiare la vittoria del ‘no’ e il leader M5S sarebbe stato costretto ad allontanarsi dalla piazza. “Siedi dalla parte sbagliata del Parlamento europeo”, avrebbero gridato a Grillo in piazza.
VENDOLA
Il presidente di Sel Nichi Vendola parla di “vittoria dei nemici dell’austerità . Si è aperta una crepa nel nuovo muro di Berlino. La Merkel e la Troika escono sconfitti. Matteo Renzi, che ha giocato la parte peggiore, esce sconfitto. Esce vincitrice la democrazia ed esce la necessità di cambiare l’agenda di Bruxelles e mettere al centro i diritti delle persone”.
FASSINA
Sulla stessa lunghezza d’onda Stefano Fassina: l’ex Pd, che ha da poco lasciato il partito, ha parlato di “vittoria della speranza”.
Poi aggiunge: “Il popolo greco ha detto no alla condanna alla depressione economica e a un futuro di sudditanza politica. Grazie al governo Tsipras e a Syriza la democrazia ritrova senso in Grecia e in Europa. L’interesse nazionale di un paese periferico torna in campo e rimette in discussione l’ordine tedesco dominante in Europa.
Quella italiana è la delegazione più numerosa ma al sesto piano della palazzina popolare che ospita il partito di Alexis Tsipras ci sono anche esponenti di Podemos, Socialisti francesi, Blocco di Sinistra portoghese, Linke tedesca.
E nel resto d’Europa esultano gli euroscettici, dalla Le Pen a Farage.
IL GOVERNO
Il primo commento ad arrivare dal fronte governativo è quello del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che su Twitter ha scritto: “Ora è giusto ricominciare a cercare un’intesa. Ma dal labirinto greco non si esce con un’Europa debole e senza crescita”. Concetto ripreso dal capogruppo alla Camera del Pd Ettore Rosato: “Serve una nuova strategia: Ue e Atene trovino un accordo. Grecia non rimanga sola ma faccia la sua parte e dica sì a riforme sostenibili”.
SALVINI
Anche il centrodestra esulta per il risultato del referendum greco: “A prescindere dal risultato, l’Europa deve cambiare trattati e moneta” ha affermato il leader del Carroccio Matteo Salvini. “Se Renzi non ne prende atto, ha aggiunto, è un folle”.
BRUNETTA
Il capogruppo alla Camera di Forza Italia Renato Brunetta affida a Twitter il suo commento: “In Grecia ha vinto la democrazia e adesso in Europa nulla sarà più come prima”. Poi aggiunge un secondo tweet in cui scrive in greco: “Matteo Renzi stai sereno”.
MELONI
Mentre Giorgia Meloni parla di “voto eroico” e di “schiaffo all’egoismo di Angela Merkel e alla fallimentare gestione della Unione Europea. I popoli europei cominciano a smascherare la grande menzogna dei tecnocrati di Bruxelles”
FITTO
Più articolato il commento di Raffaele Fitto, leader dei Conservatori riformisti: “ribadisco quello che dico da tempo: nè con Tsipras nè con la Merkel. Dico no a Tsipras perchè ha condotto l’ultima campagna elettorale greca con promesse impossibili: mantenere una delle burocrazie pubbliche più costose e uno dei sistemi pensionistici più costosi, a spese di qualcun altro, cioè dei creditori. La Thatcher diceva giustamente che i soldi degli altri, prima o poi, finiscono… E dico contemporaneamente no alla Merkel perchè la gestione della crisi da parte di Berlino-Bruxelles ha mostrato tutta intera l’inadeguatezza dell’attuale leadership europea”.
Fitto rileva che “occorre dire no a cerotti a tempo e al proseguirsi di ricatti incrociati, è necessaria una proposta di rinegoziazione complessiva con Bruxelles che offra una grande opportunità a tutti quelli che vogliono riscrivere le regole di questa Europa, che si è auto-impiccata all’austerità e alla non crescita”.
Fitto conclude: “Attendo i commenti schizofrenici di chi oggi in Italia, nel centrodestra, critica la Merkel, salvo poi restare a Bruxelles – muti e obbedienti – nel Ppe merkeliano”.
DI MAIO
Ad Atene anche una folta delegazione dei parlamentari M5S che ha ‘invaso’ piazza Syntagma. I primi a presentarsi nella piazza in pieno centro ad Atene sono stati Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Giorgio Sorial, Laura Castelli, Manlio Di Stefano, Maria Edera Spadoni.
“Da domani, l’Europa non sarà più la stessa, perchè finalmente è passato il principio secondo cui un popolo può decidere il proprio destino”, ha detto il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio.
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Luglio 5th, 2015 Riccardo Fucile
L’INDISCREZIONE DEL QUOTIDIANO ECONOMICO “HANDELSBLATT”: IL COSTO SAREBBE SUPERIORE A 15 MILIARDI
Il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ha avvertito l’esecutivo di Angela Merkel, che un’eventuale uscita della Grecia dall’eurozona aprirebbe un buco di vari miliardi di euro nei conti pubblici tedeschi.
Lo scrive il quotidiano tedesco economico finanziario Handelsblatt, citando fonti di governo.
Secondo il quotidiano, Weidmann ha avvertito che i costi della Grexit si sentirebbero sugli utili della Bundesbank, che confluiscono nel bilancio statale tedesco.
Il quotidiano aggiunge che l’uscita della Grecia comporterebbe per la Bundesbank perdite che sarebbero superiori ai 14,4 miliardi di euro già messi da parte in previsione di una crisi dell’euro perchè porterebbe perdite sui titoli greci acquistati dalla banca centrale tedesca: “Non sarebbero abbastanza in caso di una Grexit”, scrive il quotidiano, senza citare fonti.
Sollecitati in proposito, un portavoce della Bundesbank non ha voluto commentare la notizia, nè lo hanno fato il governo o il ministero delle Finanze.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 5th, 2015 Riccardo Fucile
DA PODEMOS AL SINN FEIN, DAI SOCIALISTI FRANCESI ALLA SINISTRA PD: TUTTI INSIEME A FESTEGGIARE
“La battaglia di Syriza è la nostra battaglia. Se perde Syriza, perdiamo tutti…”. Martina Anderson
è una distinta signora irlandese, alta, bionda, europarlamentare dello Sinn Fein.
C’è anche lei nel quartier generale di Syriza ad Atene con gli altri scampoli di sinistra di vari paesi europei: da Podemos, a Nichi Vendola e i suoi di Sinistra e libertà , Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre del Pd, la sinistra del partito socialista francese, Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista, l’europarlamentare portoghese della Sinistra Europea Marisa Matias, Raffaella Bolini che è Arci ma anche coalizione sociale di Maurizio Landini e c’è anche Luciana Castellina.
Martina si è portata una bandierina irlandese, le piace esibirla in ogni foto con i “compagni” — qui si chiamano così — europei.
E’ la sinistra frastagliata del vecchio continente, riunita ad Atene per tifare ‘No’, “Oxi!”, al referendum indetto da Alexis Tsipras sulla crisi greca. O la va o la spacca.
Di qui passa tutto, inizia o finisce tutto, dicono a dita incrociate, mentre si aggirano per le stanze di questo palazzone a sette piani a piazza Elftheria, piazza della Libertà , manco a dirlo.
“Abbiamo una responsabilità , la sentiamo addosso…”, un funzionario di Syriza sorride ma risponde anche preoccupato alle aspettative di Martina.
Ma qui al quartier generale del partito del nuovo leader della sinistra Ue – Tsipras che qui non c’è, è al palazzo del governo – l’aria è positiva, mentre si chiudono le urne e alla tv scorrono gli ultimi sondaggi che non erano stati resi noti prima per non influenzare il voto. Tutti danno il ‘no’ alla Troika in vantaggio.
Anche la rilevazione effettuata da tutti gli istituti demoscopici greci, tutti insieme d’accordo a dire che i greci votano no.
Siamo ad Atene, ma la sede è spartana. L’aria condizionata fa cilecca, ma nessuno se ne cura in queste stanze con le pareti un po’ bianche e un po’, naturalmente, rosse. Arrivano bibite fresche, noccioline, le squisite mandorle greche e altri generi di conforto.
Si sgranocchia e ci si rinfresca come si può, gli occhi attaccati alla tv. Oltre ai sondaggi arrivano anche i primi dati parziali, dalle isole: No.
Si sente un urlo di vittoria, in tutte le lingue: è perchè in alcune zone il no tocca l’80 per cento. “Incredible!”, dice un francese.
Siamo ad Atene e da qui, per come la mettono in tv, Sparta vacilla.
La davano schierata sul sì, ma poi si riprende: no anche lì, “abbiamo ripreso Sparta!”, si urla.
Argiris Panagopoulos, esponente di Syriza molto noto in Italia tanto che parla benissimo in italiano, guarda la tv con sguardo compiaciuto.
“Significa che la decisione dei falchi europei di andare allo scontro con noi ha ferito nell’orgoglio il nazionalismo greco. Ecco perchè il no vince. Quella strategia non ha pagato per loro…”, ci spiega.
“Scommettevano sulle scene di panico davanti alle banche chiuse: non è successo. Anche questo ha pagato in favore del no… – continua — E non è stato facile, visto che tutte le tv remavano contro di noi: Syriza non ha alcun media amico…”.
E alla ‘odiata tv intanto arrivano anche le prime dichiarazioni del ministro dell’Interno greco, Nikos Voutsis: “Siamo soddisfatti, le operazioni di voto si sono svolte al meglio, pur avendo avuto solo sei giorni per organizzare il referendum…”.
Martina Anderson sorride. “E’ una lezione anche per noi…”, per l’Irlanda, uno di quei paesi piegati dalla Troika che proprio per questo hanno sempre fatto muro contro Tsipras.
Non lo Sinn Fein, non Podemos in Spagna che vede rafforzarsi la speranza di vincere le prossime politiche in autunno.
E anche gli italiani qui esultano per le vittorie che non hanno in patria. “Renzi venga ad Atene ad imparare due cose fondamentali: L’Europa senza democrazia semplicemente non c’è, la sinistra senza giustizia sociale è solo una bolla di sapone”, ci dice Vendola.
“La prima significativa crepa si è aperta nel nuovo muro di Berlino — continua – una vittoria netta di un popolo che ha rifiutato il calvario dell’austerity e di un governo che, unico in Europa, ha saputo tenere la schiena dritta nei confronti delle oligarchie politiche e finanziarie”.
E Fassina: “Ha vinto la speranza, è stata sconfitta la paura: grazie al governo Tispras e Syriza si rianima la democrazia europea. Renzi smetta di accordarsi al governo tedesco e si impegni per l’interesse nazionale dell’Italia: chieda ufficialmente di riaprire il negoziato per la Grecia”.
“Questo può essere l’atto rifondativo dell’Europa che riconcilia la democrazia con la partecipazione e il potere di scelta dei popoli”, dice il capogruppo di Sel Arturo Scotto mentre già scalpita per andare a festeggiare in piazza Syntagma.
Lo segue la senatrice vendoliana Loredana De Petris: “Risultato straordinario se si pensa alle condizioni in cui si è votato e alla campagna ossessiva di tutti i media…”. D’Attorre è felice e un po’ allibito, lo ammette: “Sono venuto qui per dimostrare da che parte stare ma pensavo che il ricatto delle istituzioni europee avrebbe prevalso.. invece no: commevente”.
“Il terrorismo economico della Merkel ha perso — dice Paolo Ferrero – ha vinto la democrazia dei popoli e adesso l’Ue accetti di cambiare piano e politiche uscendo dall’austerità ”.
E’ ora: Tsipras non passa più per la sede di Syriza, appuntamento in piazza Syntagma. Si va.
La sede è quasi deserta. Tonia Tsitsoviz del comitato centrale di Syriza sospira, esausta e contenta. “Si va in piazza – ci dice – Da quando l’ho vista pienissima di tanti no, Oxi, venerdì scorso, ho capito che avremmo vinto. Eppure, data l’età che ho, ne ho viste di piazze Syntagma piene, ho visto anche la rivolta al Politecnico contro i colonnelli…”.
Era il ’73. Ma dopo quarant’anni qui avvertono ancora quello strano sapore di rivalsa che talvolta la storia offre e ripropone, seppure in salse diverse.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 5th, 2015 Riccardo Fucile
LA VITTORIA DI TSIPRAS OLTRE OGNI ASPETTATIVA
No verso la vittoria in Grecia dove alle 19 (le 18 in Italia) si sono chiuse le urne del referendum con cui i greci devono scegliere se dire «sì» o «no» all’accordo per il pagamento dei debiti ai creditori internazionali.
Lo scrutinio corre veloce e con oltre il 40% delle schede scrutinate i «no» sono avanti con il 61% e i «sì» si fermano al 39%.
Un dato che coincide perfettamente con la prima proiezione della Singular Logic, diffusa dal ministero dell’Interno, con il «no» oltre il 61%, mentre i «sì » al 39%.
I greci hanno quindi respinto massicciamente la proposta dei creditori internazionali.
«Lavoreremo per un accordo in tempi brevi»
La Grecia «farà tutti gli sforzi possibili per arrivare presto ad un accordo» con i creditori, «anche nelle prossime 48 ore», sono le prime dichiarazioni del portavoce del governo Sakellaridis alla Tv greca.
Intanto il premier greco, Alexis Tsipras alle 19 si è recato a Palazzo Massimo, la sede del governo, per seguire gli esiti del referendum.
Mentre il ministero delle Finanze fa sapere che il ministro, Yannis Varoufakis a breve incontrerà i banchieri greci.
«Da domani apriamo la strada per tutti i popoli d’Europa. Oggi la democrazia batte la paura», aveva dichiarato il premier Alexis Tsipras in mattinata dopo aver votato ad Atene.
L’affluenza alle urne è stata del 65%: Lo hanno riferito le autorità elettorali greche. La consultazione è pertanto valida avendo superato il quorum.
Intanto il presidente francese, Francois Hollande, secondo fonti dell’Eliseo, ha annunciato che incontrerà la cancelliera tedesca, Angela Merkel lunedì sera a Parigi per fare il punto sulla crisi greca.
I due leader, spiegano dall’Eliseo, terranno una cena di lavoro per «valutare le conseguenze del referendum in Grecia» e per decidere se concedere un piano di salvataggio.
Il portavoce della Merkel precisa che il colloquio tra i due leader inizierà «alle 18.30 e terminerà con una cena di lavoro. L’intento è trovare una valutazione comune della situazione dopo il referendum»
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Luglio 5th, 2015 Riccardo Fucile
ALLE 18 SI SONO CHIUSE LE URNE
Hanno chiuso alle 18 (ora italiana, le 19 in Grecia) le urne in Grecia per il voto nel referendum sul
piano dei creditori internazionali, una tornata elettorale che potrebbe decidere le sorti della permanenza della Grecia nell’euro e scuotere l’unione economica e tutta la costruzione europea.
Primi exit poll: i no in vantaggio.
Secondo i sondaggi non ufficiali diffusi dalla televisione avrebbe vinto il “no” con il 51,5 per cento.
Secondo una rilevazione riservata che il Financial Times ha potuto vedere, il “no” sarebbe tra il 51 e il 53, mentre il sì tra il 47 e il 49 per cento.
Secondo i primi sondaggi (“phone-poll”) diffusi dalle Tv greche il «no» sarebbe avanti. Tutti le rivelazioni sono concordi, eccole:
– Ant1 dà il «no» al 51% contro il 37% di «sì».
– Mega dà il «no» al 51,5%, il «sì» al 48,5%.
– Skai dà il «no» è al 52% contro il 48% di «sì»
– Star dà il «no» al 49% contro il 46% di «sì»’.
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Luglio 5th, 2015 Riccardo Fucile
IL RACCONTO AGLI INQUIRENTI DEL FIORISTA TESTIMONE CONFERMA LA VERSIONE DELLA QUINDICENNE
«Eccolo, è lui, è passato correndo fortissimo, arrivava da via Sabotino e ha svoltato in via Monte Santo, questione di pochi secondi».
Dopo quelle del ristorante, anche le telecamere esterne del chiosco di fiori tra via Sabotino e via Monte Santo in Prati hanno ripreso la fuga di Giuseppe Franco, il militare di 31 anni accusato di aver stuprato una quindicenne la sera del 29 giugno. «La polizia ha voluto vedere i filmati – conferma il negoziante – noi siamo aperti tutta la notte, gli agenti lo stavano ancora cercando, gli abbiamo indicato la direzione che aveva preso».
L’inseguimento
Sono le 23.46, la violenza si sarebbe appena consumata nei pressi della cittadella giudiziaria di piazzale Clodio, la ragazzina è corsa a raccontare tutto alle amiche, la madre di una delle due si fionda in strada e comincia l’inseguimento.
«Alto, molto muscoloso, pantaloncini corti», Franco viene individuato praticamente subito. In un primo video delle telecamere di zona, diffuso venerdì, si distingue nettamente il marinaio allontanarsi spedito, dietro la donna che cerca di tallonarlo mentre la vittima crolla in un pianto disperato abbracciata ad una delle coetanee. Franco sta correndo verso il fioraio, Botros Mohsen Youssef, la cui testimonianza è ora agli atti degli inquirenti: «Sentivo delle urla – racconta – poi ho visto quest’uomo correre velocissimo, indossava una maglietta e dei bermuda, non sapevo cosa fosse successo mi sono solo scansato perchè andava molto forte, all’inizio ho pensato a un incidente o a un furto, cioè a una persona che stava scappando».
L’«esca» della bicicletta
«Pochi minuti dopo – continua Botros – è arrivata qua anche una donna in bicicletta, ho pensato che fosse la madre perchè ha fatto sei, sette giri del quartiere mentre continuava a chiedermi “dov’è andato, ditemi dov’è, lo devo trovare, da che parte è andato”, io ho indicato via di Monte Santo e poi è arrivata la polizia, non ho fatto in tempo a chiamare io il 113 perchè era già pieno di lampeggianti».
Alla fine, Franco non l’ha ritrovato la madre ma gli uomini della Squadra Mobile: “l’esca” della bicicletta, parcheggiata dal militare e recuperata dal fratello Mario – indagato per favoreggiamento – la mattina successiva, ha permesso agli agenti di risalire all’abitazione dei due.
(da “il Corriere della Sera“)
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Luglio 5th, 2015 Riccardo Fucile
L’AVVENTURA DI UNA VITA: DAL PADRE FASCISTA DI SINISTRA ALLE IMMERSIONI IN TUTTO IL MONDO
Mentre osservo la placida rotondità del volto mi torna alla mente Robert Byron, viaggiatore
inglese che non solo amava viaggiare per non stare fermo, ma trovava nel viaggio la sola consolazione al detestabile incalzare della civiltà .
Anche Folco Quilici rientra nella categoria dei viaggiatori.
Una pedagogia ovattata, a volte cartolinesca, spesso sincera, a tratti avventurosa, ha accompagnato le sue incursioni nel mondo.
Chi è davvero quest’uomo che ha attraversato deserti, addolcito foreste, solcato mari, ammansito squali, reso l’esotico un pràªt à¡ porter per paradisi televisivi capaci di gustare l’intelligenza di un documentario? Gli siedo davanti.
Gli dico: ogni volta che penso a lei non posso fare a meno di immaginarla con bombole e muta mentre si immerge in qualche mare del globo. Ha mai pensato al significato dell’immersione?
Mi guarda come se la domanda non lo riguardasse. Poi capisco che è un problema di comprensione uditiva. Infila l’apparecchietto. Sorride.
Ed è come se la vita dopo un fermo immagine riprendesse a scorrere. Sono affascinato da chi sa scendere nelle profondità , sia del mare che della terra.
«Pensa che sia lì il segreto della vita?»
Penso che la fatica di immergersi, per bipedi abituati all’orizzontalità , sia qualcosa che valga la pena indagare.
«Non mi tirerà fuori la questione dell’inconscio. Tutta la vita ho viaggiato per dimenticare il mio inconscio. Certo, non è la stessa cosa immergersi in una vasca da bagno e in un mare infestato dagli squali. Se l’ho fatto è stato esclusivamente per dare un’emozione a chi quelle cose le ha sempre sognate senza averle mai viste. Parlo degli anni Cinquanta e Sessanta. Oggi ci interessa meno il meraviglioso, l’inedito, l’irraggiungibile. Pretendiamo però di salvare il pianeta. Comodamente seduti in poltrona!»
È mutata la sensibilità . Il messaggio.
«No, guardi, è mutato il “format”. Oggi il leone o l’orso bianco li devi vedere minacciati dalla sparizione per fotografarli. Tra un po’ neppure quello. Abbiamo trasferito le nostre ansie, le nostre paranoie sul mondo animale. Lo abbiamo antropologizzato».
Non è che lei non umanizzasse?
«Ma non fino a questo punto. Si passano intere giornate per filmare due moscerini che fanno sesso. La voce fuoricampo grave o insinuante racconta l’atto. La presa di possesso. L’orgasmo. La morte in agguato. Non sai mai se stai in un film di Hitchkock o alla rappresentazione scollacciata del Bagaglino. Mi dispiace. Tutta la mia attività di documentarista – e ne ho fatte di cose che non mi piacevano – è sempre stata guidata dal sogno di bambino: scoprire, meravigliarsi, fantasticare”.
Dove è nato?
«A Ferrara. Nel 1943 la nostra casa fu distrutta da una bomba. Non esplose. Come un pugno gigantesco l’attraversò tutta. Si salvò, in parte, solo la biblioteca di mio padre».
Letterato?
«No, giornalista. Nello Quilici: direttore del Corriere Padano ».
Un leghista ante litteram?
«Ma no, un fascista di sinistra. Molto legato a Italo Balbo. Lo chiamò per quell’ultimo dannatissimo volo. Accennò a una missione. Si sfracellarono sotto il fuoco amico della contraerea italiana».
Provi a fornire qualche dettaglio.
«Cosa vuole sapere?»
Fu un incidente?
«Non si è mai chiarito. Sorvolavano Tobruk. Il trimotore entrò in un corridoio vietato. Si abbassò, forse sconsideratamente, e alla fine venne colpito. Scese giù, dicono i testimoni, in fiamme. C’era Balbo. E c’era mio padre. Era il 28 giugno 1940. Fu un attentato? Un complotto? Un errore? È difficile da spiegare. Papà teneva un Diario che fu ritrovato. Mancano le ultime quattro pagine. Cosa c’era scritto? Ho tentato di ricostruire tutto questo».
Perchè?
«Perchè è stata la mia ossessione. Ogni volta che ascoltavo qualche testimonianza era come se avvertissi le urla dentro quell’aereo colpito. Voci straziate che ho immaginato e che mi hanno accompagnato per anni nel dolore e nella rabbia. Ricordo quando apprendemmo la notizia».
Dov’era?
«A Ferrara. Venne a trovarci Michelangelo Antonioni. Giovane. Elegante. Silenzioso. Mi abbracciò. Strinse me e miei fratelli. Scriveva per il Corriere Padano . Mio padre gli aveva dato una rubrica di cinema. Ferrara pareva una città irreale. Nel caldo incombente di quei giorni Michelangelo scrisse che udì la voce di una contadina pronunciare in dialetto: “I dis ch’è mort Balbo”. È probabile che morì per i contrasti con il Duce».
Restaste a Ferrara?
«No, dopo un po’ sfollammo in un paesino sopra Bergamo. In una casa di campagna dove mio padre ogni tanto andava. E lì per la prima volta lessi un lungo racconto sul mare. Venti mesi a caccia di balene , si intitolava. Non era ancora il tempo di Melville. Ma quel libro – impolverato e seminascosto – mi aprì un mondo sconosciuto e affascinante. Anche se non ne sei consapevole c’è sempre un momento in cui le cose iniziano. Il mio rapporto col mare fu lì che ebbe origine. Poi giunse la liberazione».
Cosa fece?
«Ci trasferimmo a Roma. Era il 1945, avevo 15 anni. Feci in tempo per iscrivermi al Tasso. Non so se Roma mi piacesse. Era disperatamente frenetica. Un’estate andammo da uno zio a Levanto. Giornate quiete davanti a un mare bellissimo. Lo zio era un uomo curioso. Un sognatore passivo. Non chiese nulla solo che la sera gli raccontassi ogni volta un film diverso. Alla fine il repertorio si esaurì. Cominciai a inventare storie marine, popolate di pesci enormi e di onde gigantesche».
Era il mare che tornava.
«Tornò davvero quando vidi un ufficiale americano con pinne e maschera scendere in acqua. Mi avvicinai e dopo un po’ gli chiesi se poteva prestarmele. Fu così che tentai la mia prima immersione. E da allora ho dovuto attendere la vecchiaia per smettere».
È stato tra i primi, forse il primo, a raccontare cosa accadeva in quei mari vicini e lontani.
«Tutto cominciò con delle foto subacquee che piacquero a Ulrico Hoepli. Poi venne il primo film: Sesto continente .Era la prima volta che la gente vedeva i fondali marini. Gli squali. Impiegai un anno a girarlo. Sul Mar Rosso. Il film andò a Venezia. Avevo 24 anni e mi sembrava che la fortuna avesse cominciato a prendermi sul serio».
Dopo c’è stata una lunga e onorevole carriera.
«Lunga sì, con alti e bassi».
C’è qualcosa di cui si pente?
«Il mio lavoro ha tenuto conto di qualche compromesso. Sotto ricatto di un produttore girai per esempio Dagli Appennini alle Ande . Fu un viaggio bellissimo. Ma realizzai un brutto film».
Ricatto perchè?
«Chi ha i soldi spesso vuole metter bocca. Ma non tutti i produttori erano così. Goffredo Lombardo, che finì protestato, è quello con cui ho lavorato meglio. Tra le tante cose girai con lui Tikoyo e il suo pescecane ».
Fu un film di grande successo.
«Goffredo, che aveva ereditato la Titanus, mi disse: ho letto un libro che parla di un’amicizia tra uno squalo e un ragazzo. Potrebbe diventare un film? Goffredo amava il mare e mi propose di girarlo alle Antille. Gli dissi guarda che la storia funziona se l’ambientiamo in Polinesia. Facemmo un sopralluogo e alla fine partimmo. Il problema era lo squalo e chi avrebbe sceneggiato la storia».
Lo squalo perchè?
«Dovevamo addomesticarlo. Decidemmo di usare uno squalo finto. Fu Amilcare Rambaldi a realizzarlo. La prova generale avvenne nel mare di Ponza. Un disastro. Andava a fondo e per poco non morirono affogati i tecnici che dovevano assisterlo. Rambaldi era imperturbabile. Noi disperati. Disse semplicemente: non vi preoccupate ve lo spedisco a Tahiti. E così fece».
E a quel punto?
«Lo esibimmo sulla piazza principale nella curiosità degli isolani. Intanto la sceneggiatura era completata ».
Chi la scrisse?
«Italo Calvino. Gliela chiesi e dopo qualche insistenza riuscii a vincere la sua ritrosia. Gli piaceva quell’atmosfera fantastica da favola oceanica. Mi disse soltanto che lo squalo avrebbe dovuto strizzare l’occhio. Quello di Rambaldi a momenti neanche apriva la bocca. Decidemmo di usare un piccolo squalo vero. In quei posti è abbastanza normale che i bambini giocassero con questi animali. Buttammo in una piscina uno squalo tigre. Lo filmammo. Era totalmente disinteressato a noi».
E strizzò l’occhio?
«Be’ sì. Chiuse l’iride e poi la palpebra. Sono tra i pochi pesci dotati di palpebra».
Con Calvino ha lavorato ancora?
«Per il mio programma L’Italia vista dal cielo gli chiesi di scrivere il testo sulla Liguria. Arrivarono poche pagine intense, chiare, bellissime. Parlavano di una regione complicata, cresciuta in altezza e in lunghezza. E di mille paesini inserrati l’uno nell’altro per proteggersi dal pericolo che arrivava dal mare. Oggi le acque sono un pericolo ben diverso. Ma Italo aveva capito tutto».
Lo dice con una certa ammirazione.
«Ho amato sia lui che Sciascia. Due forme di introversione e di genialità . Ma Sciascia era certamente più generoso ».
Nel senso?
«Rassegnato alla natura umana. I suoi silenzi non nascevano dal sospetto verso l’altro. Ma da una condizione tragica. Perciò se ne fregava. Chiedi e ti sarà dato. Italo, del quale divenni un po’ amico, era esasperato dai rapporti con le persone. Un giorno gli dissi che mi sarebbe piaciuto portare sullo schermo Il barone rampante o Il visconte dimezzato. Mi guardò come se lo avessi insultato. Non devi chiedermelo mai più. Sono storie che devono restare sulla carta, disse con una voce rabbiosa che non ammetteva repliche».
Difendeva il suo lavoro.
«Ma sì, lo capisco. E poi, come seppi, prima di me decine di registi avevano chiesto la stessa cosa. Comunque ci rimasi male. Sono stato anche molto amico di Fernand Braudel che ha collaborato al mio lavoro sul Mediterraneo. Era una persona eccezionale. Generosa. Ironica. Disponibile a valutare le idee degli altri. Ho imparato molto dal suo lavoro di storico. Chi invece era insopportabile per tutta la sua prosopopea, era Jacques Cousteau. Lo conobbi e per tutto il tempo lo sentii sparlare di tutti e ribadire che lui era il migliore».
Forse nell’esplorazione dei mari lo era.
«Era bravo. Ma grazie ai mezzi illimitati che gli forniva la marina francese. Quello che io ho realizzato è sempre stato frutto di sforzi economici pazzeschi. Oggi se mi guardo indietro mi vedo come uno che ha interpretato un certo modo di viaggiare. Non c’era ancora il turismo di massa. Ma c’era già l’immaginario di massa. Sono stato in mezzo a queste due esigenze».
C’è stato in che modo?
«Mi mettevo nella condizione del bambino. Per capire gli altri. Per dir loro: ecco, guardate cosa c’è lontano dalle vostre case. Li invitavo a sognare. Ma per sognare devi educare la curiosità . Una volta a Roma conobbi un cacciatore di savana. Vidi che sparava su delle fotografie della fidanzata. Poi si calmò.A quel tempo volevo girare un film sui popoli primitivi dell’Africa. E la conversazione finì su questo. Lui mi disse che aveva conosciuto una popolazione di pigmei che cacciava il bufalo e l’elefante con l’arco e le frecce. E poi mi disse: c’è una donna che vive in Somalia. Una bianca che può aiutarti nelle tue ricerche. Quella donna divenne mia moglie ».
E il film?
«Fu girato: L’alba dell’uomo . Raccontai un continente straordinario che oggi non c’è più. Anna, mia moglie, aveva il padre che viveva in Somalia. Fu ucciso in una delle ricorrenti stragi a Mogadiscio. Penso che quelle terre siano incapaci di prendere sonno. Non dormono più. Ma non vivono neanche più. Mi piacerebbe oggi raccontare tutto questo».
Perchè non lo fa?
«Perchè tranne qualche gloriosa prefazione nessuno più mi dice: Folco raccontaci una nuova storia. Non sono patetico. Ho un grande archivio. In parte donato ad Alinari. Dei figli che stanno avendo successo. E intatto è restato l’amore per Anna. Presto ci trasferiremo in campagna. Venderemo la casa romana. Non ho più molte cose che mi legano a questa città . Dove potrei immergermi, in quale acqua che non sia quella stantia del tempo che passa?»
Cosa vorrebbe dalla vecchiaia?
«Accidenti, cosa vorrei? Ho finito di scrivere un romanzo. Uscirà in ottobre. Ho ancora fame di volti e di luoghi. È la fame che sogno. Che continuo a vedere come lo squalo con le cinque fila di denti e la pupilla dilatata. Mi strizza l’occhio. Mi dice: non temermi. È la prima cosa che ricordo quando mi sveglio al mattino».
Antonio Gnoli
(da “il Corriere della Sera”)
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Luglio 5th, 2015 Riccardo Fucile
IL DOCENTE DELLA NEW YORK UNIVERSITY E DELLA LONDON SCHOOL OF ECONOMICS: “STOP ALLE ELITE ECONOMICHE”
«Ogni giorno che passa dimostra come le èlite politiche e burocratiche europee siano del tutto cieche sia sulle cause della crisi economica greca sia sulle sue possibili soluzioni. Sono abbagliate dalla stessa ideologia che nel 2008 ha portato alla crisi dei mutui sub-prime negli Stati Uniti: il neoliberismo. Ancora una volta si bada al guadagno di breve termine e non si scorgono gli effetti di lungo periodo delle proprie scelte. Evidentemente, sbagliando, non sempre si impara”.
Questa l’impietosa diagnosi del sociologo americano Richard Sennett, professore alla New York University e alla London School of Economics, che da tempo denuncia i vizi di una politica ripiegata sul presente
Professor Sennett, che cosa sarebbe l’Europa senza la Grecia?
«L’eventuale uscita della Grecia dall’eurozona non implicherebbe soltanto delle gravi ripercussioni sul piano economico. Avrebbe anche e soprattutto un immenso significato simbolico. Al netto della complessità e delle differenze, l’Unione europea ha senso soltanto come progetto politico ben radicato in una cultura condivisa. E la radice di questa cultura non può che essere la Grecia e l’idea di democrazia. Se l’Europa lo dimentica, è fatale che finisca in mano a banchieri e burocrati».
Se siamo arrivati a questo punto, però, una parte di responsabilità grava anche sui governi greci…
«È vero, ma secondo me oggi il vero problema non è tanto il debito, che in termini assoluti sarebbe stato facilmente gestibile dalla Ue. Il vero problema, quello che ci ha condotto fin qui, sono la Troika e la cultura neoliberista che porta avanti. Il capitalismo finanziario mette in ginocchio non più soltanto il lavoro, ma anche la politica. Al punto che gli Stati rischiano di fallire come un’azienda qualsiasi. Per scongiurare quest’esito, dal 2010 la Grecia sta attuando le ricette imposte dal Fondo Monetario e il risultato è chiaro a tutti: un’economia ancora più depressa ».
Non ritiene che il premier greco, convocando il referendum, sia venuto meno alle proprie responsabilità ?
«No. Credo invece che il referendum rappresenti sempre, e tanto più in questo caso, una positiva occasione di esercizio della sovranità popolare. Non mi faccio illusioni sulle conseguenze del voto. So bene che se vincesse il “no” e la Grecia uscisse dall’eurozona, i cittadini greci incorrerebbero in una fase di sofferenza terribile, simile a quella subita dall’Argentina qualche anno fa. Sarebbe un disastro economico per tutte le fasce sociali, specie per quelle più deboli. Eppure, se io fossi un elettore greco, voterei sicuramente per il “no”. Non è più tollerabile essere comandati da un potere illegittimo. Meglio poveri che sudditi».
Pensa che le conseguenze politiche ed economiche del voto si faranno sentire anche nel resto d’Europa?
«Credo che tutte le economie più fragili dell’eurozona, Portogallo in testa, saranno esposte al rischio di un contagio finanziario. Ma ciò che più mi preoccupa sono i contraccolpi politici di quanto sta accadendo. In Gran Bretagna, ad esempio, un eventuale default greco offrirebbe l’ennesimo argomento a chi sostiene che il progetto dell’Unione Europea è insostenibile. La sfiducia cresce. E allora dopo Grexit, è probabile che esploda il pericolo Brexit».
Giulio Azzolini
(da “la Repubblica”)
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Luglio 5th, 2015 Riccardo Fucile
MANIPOLAZIONE MEDIATICA: “NEI CENTRI URBANI IL NO E’ AL 70%, FACCIAMO USCIRE UN SONDAGGIO FAVOREVOLE”
Avreb bero potuto tito larlo «come mani po lare una cam pa gna refe ren da ria». Invece il docu mento
top secret del fronte del sì per influen zare il voto è defi nito in maniera più neu tra: «Note stra te gi che per il referendum».
Il vade me cum a uso interno di Nea Demo cra tia (il par tito di cen tro de stra dell’ex pre mier Sama ras), tre pagi nette affi date a una società di mar ke ting, risale con ogni pro ba bi lità a gio vedì, visto che parla della mani fe sta zione del giorno prima, e
testi mo nia delle enormi dif fi coltà in cui si trova il fronte del sì.
Lo sce na rio che dipinge non è quello uffi ciale di gior nali e tv: «Le per sone in eta’ dina mica, dai 25 ai 55 anni (spe cial mente quelli tra i 35 e i 45), sono per il no e nei cen tri urbani il no è al 70%. A favore del sì sono i pen sio nati e la pro vin cia», ma si ammette che per sino «il 10% degli elet tori di Nea Demo cra tia è per il no».
La prio rità per i soste ni tori dell’accordo con i cre di tori inter na zio nali è una stra te gia per con qui stare gli indecisi.
Innan zi tutto, «dob biamo pun tare su donne, sui gio va nis simi e su quella parte di votanti di Syriza che pro viene dal Pasok», sti mata intorno al 30 per cento degli elet tori del par tito al governo.
«È soprat tutto a loro che dob biamo rivol gerci», sot to li neando «l’isolamento inter na zio nale del paese e il fatto che Rus sia e Cina pren dono le distanze dalle scelte del governo greco», si legge nel documento.
Inol tre, per pro vare a recu pe rare con sensi nelle ultime ore di cam pa gna refe ren da ria, è neces sa rio che «i mes saggi della nostra comu ni ca zione siano con vin centi e soprat tutto ascoltati».
La stra te gia è chiara: stop alla sovrae spo si zione dei poli tici, in par ti co lare quelli di Nea Demo cra tia che hanno appli cato i Memo ran dum e non sareb bero ascol tati, ed evi tare ogni con fronto diretto con Tsi pras, che sarebbe per dente.
Al con tra rio, «è il momento dei cit ta dini», fatta ecce zione per i sin daci di Atene e di Salo nicco, Gior gios Kami nis e Yan nis Bou ta ris (che si sono schie rati per il sì insieme al Pre si dente della Repub blica Pro ko pis Pavlopoulos).
Per loro, con si de rati più popo lari, non c’è nes suna pre clu sione a spen dersi pub bli ca mente, anzi la loro pre senza va incen ti vata. Biso gna fare in modo, invece, che in tele vi sione gli espo nenti di Syriza ven gano «messi a con fronto con gior na li sti, rap pre sen tanti del mondo pro dut tivo, degli agri col tori e delle asso cia zioni dei commercianti».
La linea è quella di evi tare il con fronto poli tico diretto, che sarebbe per dente e por te rebbe solo acqua al mulino del no: «Non è il momento di pren dersi una rivin cita per le ele zioni perse a gen naio e va sot to li neato il carat tere nazio nale e non di par tito del referendum».
Altro punto cen trale della stra te gia anti-Syriza: enfa tiz zare le code alle ban che e nei
super mer cati, per chè «gli exit poll mostrano che quando vanno in onda que ste imma gini i con sensi per il sì rad dop piano».
Attra verso un uso sapiente delle imma gini di dispe ra zione gli stra te ghi del mar ke ting con tano di recu pe rare un altro 10 per cento.
Una tabella mostra chi ha la meglio nello scon tro tra alcune parole chiave: se si usa l’argomento euro-dracma, ad esem pio, pre vale il sì, vice versa non pagano la con trap po si zione Grecia-Europa, misure con tro Memo ran dum e men che meno Tsi pras con tro Sama ras o altri politici.
Si arriva infine agli argo menti e punti chiave delle ultime ore di cam pa gna refe ren da ria: il
turi smo, con si de rato «fon da men tale», cosa acca drà il giorno dopo la vit to ria del no e dove fini ranno i risparmi depo si tati in banca (un gior nale della destra tito lava ieri, appunto, sul pre lievo for zoso sui depo siti oltre i 20 mila euro), evi tando la domanda «di chi è la colpa se le ban che sono chiuse», per chè su que sto punto le per sone sono divise e «le que stioni tec ni che sono dif fi cili da spie gare».
Se pro prio qual cuno dovesse tirare in ballo l’argomento, «noi dob biamo rivol gerci ai cit ta dini con una sem plice domanda: con quale governo le ban che hanno chiuso?»
Un ulte riore pro blema riguarda la vola ti lità dell’opinione pub blica: è dif fi cile anco rare in maniera cre di bile i cam bia menti d’umore verso il sì per chè gli inde cisi cam biano spesso idea.
Dun que biso gna far appa rire «una dina mica sta bile a favore del sì, mai con per cen tuali simili per chè la gente è molto sospet tosa nei con fronti di chi fa le rile va zioni, che con si dera una parte del sistema».
Venerdì 3 luglio, ultimo giorno utile per la pub bli ca zione, dovrà com pa rire un son dag gio che mostra in maniera chiara il van tag gio del sì, senza che esso possa «essere messo in discussione».
È quello che è acca duto, dopo il passo falso del gior nale con ser va tore Kathi me rini il giorno pre ce dente, che aveva dato i sì in van tag gio ed era stato smen tito a stretto giro di posta dallo stesso isti tuto demo sco pico al quale la rile va zione era stata com mis sio nata.
Il son dag gio pub bli cato ieri dal quo ti diano To Eth nos (di pro prietà del con te stato magnate dei media Gior gos Bobo las, pro prie ta rio anche di Mega tv, impe gnata in una feroce cam pa gna anti-Syriza) è diven tato la prin ci pale noti zia per i media di tutto il mondo, oscu rando per sino i numeri, quelli sì impres sio nanti, della piazza ate niese che lo stesso giorno si è stretta attorno a Tsi pras e al suo governo.
Angelo Mastrandrea
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