NELLA SEDE DI SYRIZA L’URLO “VITTORIA” IN TUTTE LE LINGUE DEL MONDO
DA PODEMOS AL SINN FEIN, DAI SOCIALISTI FRANCESI ALLA SINISTRA PD: TUTTI INSIEME A FESTEGGIARE
“La battaglia di Syriza è la nostra battaglia. Se perde Syriza, perdiamo tutti…”. Martina Anderson è una distinta signora irlandese, alta, bionda, europarlamentare dello Sinn Fein.
C’è anche lei nel quartier generale di Syriza ad Atene con gli altri scampoli di sinistra di vari paesi europei: da Podemos, a Nichi Vendola e i suoi di Sinistra e libertà , Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre del Pd, la sinistra del partito socialista francese, Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista, l’europarlamentare portoghese della Sinistra Europea Marisa Matias, Raffaella Bolini che è Arci ma anche coalizione sociale di Maurizio Landini e c’è anche Luciana Castellina.
Martina si è portata una bandierina irlandese, le piace esibirla in ogni foto con i “compagni” — qui si chiamano così — europei.
E’ la sinistra frastagliata del vecchio continente, riunita ad Atene per tifare ‘No’, “Oxi!”, al referendum indetto da Alexis Tsipras sulla crisi greca. O la va o la spacca.
Di qui passa tutto, inizia o finisce tutto, dicono a dita incrociate, mentre si aggirano per le stanze di questo palazzone a sette piani a piazza Elftheria, piazza della Libertà , manco a dirlo.
“Abbiamo una responsabilità , la sentiamo addosso…”, un funzionario di Syriza sorride ma risponde anche preoccupato alle aspettative di Martina.
Ma qui al quartier generale del partito del nuovo leader della sinistra Ue – Tsipras che qui non c’è, è al palazzo del governo – l’aria è positiva, mentre si chiudono le urne e alla tv scorrono gli ultimi sondaggi che non erano stati resi noti prima per non influenzare il voto. Tutti danno il ‘no’ alla Troika in vantaggio.
Anche la rilevazione effettuata da tutti gli istituti demoscopici greci, tutti insieme d’accordo a dire che i greci votano no.
Siamo ad Atene, ma la sede è spartana. L’aria condizionata fa cilecca, ma nessuno se ne cura in queste stanze con le pareti un po’ bianche e un po’, naturalmente, rosse. Arrivano bibite fresche, noccioline, le squisite mandorle greche e altri generi di conforto.
Si sgranocchia e ci si rinfresca come si può, gli occhi attaccati alla tv. Oltre ai sondaggi arrivano anche i primi dati parziali, dalle isole: No.
Si sente un urlo di vittoria, in tutte le lingue: è perchè in alcune zone il no tocca l’80 per cento. “Incredible!”, dice un francese.
Siamo ad Atene e da qui, per come la mettono in tv, Sparta vacilla.
La davano schierata sul sì, ma poi si riprende: no anche lì, “abbiamo ripreso Sparta!”, si urla.
Argiris Panagopoulos, esponente di Syriza molto noto in Italia tanto che parla benissimo in italiano, guarda la tv con sguardo compiaciuto.
“Significa che la decisione dei falchi europei di andare allo scontro con noi ha ferito nell’orgoglio il nazionalismo greco. Ecco perchè il no vince. Quella strategia non ha pagato per loro…”, ci spiega.
“Scommettevano sulle scene di panico davanti alle banche chiuse: non è successo. Anche questo ha pagato in favore del no… – continua — E non è stato facile, visto che tutte le tv remavano contro di noi: Syriza non ha alcun media amico…”.
E alla ‘odiata tv intanto arrivano anche le prime dichiarazioni del ministro dell’Interno greco, Nikos Voutsis: “Siamo soddisfatti, le operazioni di voto si sono svolte al meglio, pur avendo avuto solo sei giorni per organizzare il referendum…”.
Martina Anderson sorride. “E’ una lezione anche per noi…”, per l’Irlanda, uno di quei paesi piegati dalla Troika che proprio per questo hanno sempre fatto muro contro Tsipras.
Non lo Sinn Fein, non Podemos in Spagna che vede rafforzarsi la speranza di vincere le prossime politiche in autunno.
E anche gli italiani qui esultano per le vittorie che non hanno in patria. “Renzi venga ad Atene ad imparare due cose fondamentali: L’Europa senza democrazia semplicemente non c’è, la sinistra senza giustizia sociale è solo una bolla di sapone”, ci dice Vendola.
“La prima significativa crepa si è aperta nel nuovo muro di Berlino — continua – una vittoria netta di un popolo che ha rifiutato il calvario dell’austerity e di un governo che, unico in Europa, ha saputo tenere la schiena dritta nei confronti delle oligarchie politiche e finanziarie”.
E Fassina: “Ha vinto la speranza, è stata sconfitta la paura: grazie al governo Tispras e Syriza si rianima la democrazia europea. Renzi smetta di accordarsi al governo tedesco e si impegni per l’interesse nazionale dell’Italia: chieda ufficialmente di riaprire il negoziato per la Grecia”.
“Questo può essere l’atto rifondativo dell’Europa che riconcilia la democrazia con la partecipazione e il potere di scelta dei popoli”, dice il capogruppo di Sel Arturo Scotto mentre già scalpita per andare a festeggiare in piazza Syntagma.
Lo segue la senatrice vendoliana Loredana De Petris: “Risultato straordinario se si pensa alle condizioni in cui si è votato e alla campagna ossessiva di tutti i media…”. D’Attorre è felice e un po’ allibito, lo ammette: “Sono venuto qui per dimostrare da che parte stare ma pensavo che il ricatto delle istituzioni europee avrebbe prevalso.. invece no: commevente”.
“Il terrorismo economico della Merkel ha perso — dice Paolo Ferrero – ha vinto la democrazia dei popoli e adesso l’Ue accetti di cambiare piano e politiche uscendo dall’austerità ”.
E’ ora: Tsipras non passa più per la sede di Syriza, appuntamento in piazza Syntagma. Si va.
La sede è quasi deserta. Tonia Tsitsoviz del comitato centrale di Syriza sospira, esausta e contenta. “Si va in piazza – ci dice – Da quando l’ho vista pienissima di tanti no, Oxi, venerdì scorso, ho capito che avremmo vinto. Eppure, data l’età che ho, ne ho viste di piazze Syntagma piene, ho visto anche la rivolta al Politecnico contro i colonnelli…”.
Era il ’73. Ma dopo quarant’anni qui avvertono ancora quello strano sapore di rivalsa che talvolta la storia offre e ripropone, seppure in salse diverse.
(da “Huffingtonpost”)
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