Luglio 9th, 2015 Riccardo Fucile
TRA I CONSIGLIERI RIELETTI E INQUISITI PER PECULATO ANCHE BRUZZONE (LEGA) E MATTEO ROSSO (FRATELLI D’ITALIA)
Il leghista Edoardo Rixi, neoassessore allo Sviluppo economico, rischia di trasformarsi a breve in
imputato, con l’accusa d’aver sprecato il denaro dei contribuenti.
La Procura sta preparando le richieste di rinvio a giudizio per i politici coinvolti nella rimborsopoli nostrana, legislatura 2010-2015.
E fra i nomi che rischiano concretamente di finire in quel documento c’è proprio quello di Rixi. Un intoppo non irrilevante: in caso di condanna in primo grado scatterebbe infatti la legge Severino – sempre che non venga riformata – e dovrebbe essere sospeso.
In bilico è la posizione di un altro assessore appena insediato: Marco Scajola di Forza Italia, fresco di nomina all’Urbanistica.
Anche lui ha ricevuto un avviso di garanzia per le spese rimborsate nel precedente mandato da consigliere, ma gli addebiti sono inferiori e non è escluso che l’ultimo interrogatorio abbia convinto il pm ad archiviare.
Rixi era invece finito nei guai per il ruolo di capogruppo ricoperto in passato nel Carroccio, cui magistrati e finanzieri addebitano svariate anomalie.
Giustificati come rimborsi legati all’attività istituzionale ci sono viaggi in montagna, una mangiata di ostriche al Cafè de Turin di Nizza e gite fuori porta, nei weekend, a Pasqua, il 25 aprile e il Primo Maggio.
A processo, per lo stesso affaire, potrebbe finire un altro “big” della Lega rieletto, il neopresidente del consiglio Regionale, Francesco Bruzzone.
La gestione contestata va dal 2010 al 2012 e l’elenco delle voci sospette include pure pernottamenti in località montane come Courmayeur, in Valle d’Aosta, e Limone, in Piemonte; un agriturismo per due a Cogne, passando per alberghi in città d’arte come Venezia e Pisa.
Ad attirare l’attenzione degli inquirenti sono state soprattutto le date delle ricevute, che spesso collocano i viaggi al sabato e alla domenica.
Nel budget regionale sono così finiti 84 scontrini in uno stesso ristorante di Savona, cene a Mondovì, menù per bambini, pranzi a ferragosto e una notte passata in un motel di Broni.
Altro capitolo riguarda i regali di Natale: agende, libri, grappe e spumante pagati dai cittadini.
Acquisti che vanno da poche centinaia di euro a oltre 10.000 euro.
Tra i 27 indagati sono quattro i consiglieri rieletti: Rixi e Bruzzone (Lega) Scajola (Forza Italia) e Matteo Rosso (Fratelli d’Italia).
(da “il Secolo XIX”)
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Luglio 9th, 2015 Riccardo Fucile
LA VICENDA BIAGIOTTI, SINDACO RENZIANA SFIDUCIATA DAI SUOI
L’ampliamento dell’aeroporto di Firenze sta diventando una piccola No Tav in salsa toscana, con tanto di amministratori locali Pd che si mettono di traverso ai desiderata della segreteria nazionale e si oppongono al progetto: succede a Sesto Fiorentino, dove la sindaca renziana di ferro Sara Biagiotti è oggetto di una mozione di sfiducia da parte dei vecchi “compagni” dem, molto poco convinti sulla costruzione della nuova pista di volo lunga 2400 metri a Peretola perchè gli aerei – osservano gli urbanisti – arriverebbero a sfiorare la celebre cupola del Brunelleschi e molti edifici della periferia di Firenze.
Sta di fatto che è difficile trovare un progetto più renziano dell’ampliamento dello scalo fiorentino Amerigo Vespucci, e non soltanto perchè si tratta di Firenze e cioè della città che ha lanciato politicamente il premier.
La questione non secondaria è che il presidente designato della nuova Toscana Aeroporti, che gestisce gli scali di Pisa e Firenze, è Marco Carrai, che avrà la carica molto probabilmente nella assemblea convocata per i prossimi giorni, braccio destro di Renzi e già presidente della società Aeroporto di Firenze (Adf): sarà la Toscana Aeroporti a finanziare per metà (150 milioni) i lavori di ammodernamento, mentre l’altra metà è stata garantita dallo Sblocca-Italia con 50 milioni di euro e dal ministro Maurizio Lupi con i restanti 100.
L’unico vincolo per ottenere il denaro dello Sblocca-Italia è quello di aprire i cantieri entro agosto, ecco perchè per il Pd toscano bisogna correre senza fermarsi.
L’obiettivo è un guadagno di 730 milioni di euro, indotto incluso, con un flusso di 4,5 milioni di passeggeri al 2029 e dunque un aumento del turismo a Firenze.
Gli oppositori del progetto, sul quale si accapiglia l’area fiorentina da 20 anni, sottolineano che la nuova pista è venduta come “monodirezionale” e cioè con i decolli e gli atterraggi esclusivamente in direzione nord-ovest di Firenze: rumore e aerei a bassa quota dovrebbero essere visibili soltanto dagli abitanti di Prato.
L’Enac ha però smentito l’ottimismo: la pista dovrà essere utilizzata anche nella direzione di Firenze a seconda dei venti e delle condizioni atmosferiche.
Perciò, ha scritto l’urbanista Ilaria Agostino sull’edizione fiorentina di Repubblica, secondo “il “Rapporto ambientale” approvato dalla Regione Toscana” succederà “il sorvolo a bassa quota di Firenze, con aerei intercontinentali, a un tiro di schioppo dalla Cupola: Rovezzano, Stadio, Le Cure, Rifredi, Firenze Nova”.
Una condizione che secondo il comitato Piana Sana, attivissimo contro la costruzione della nuova pista, potrebbe accadere dal 20% al 30% dei casi, almeno una decina al giorno.
All’urbanista Agostino ha risposto lo stesso Carrai, sempre dalle pagine di Repubblica Firenze, specificando che l’aeroporto di Firenze “è di proprietà di proprietà dello Stato e in concessione per un numero limitato di anni a un soggetto gestore.
Il soggetto gestore è una Società quotata alla borsa italiana” e cioè la Toscana Aeroporti.
Ma sulla questione della bidirezionalità e del rischio di fotografare il campanile di Giotto con un aereo sullo sfondo, Carrai non risponde.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 9th, 2015 Riccardo Fucile
E’ IMPUTATO CON VERDINI A ROMA…PRONTO A SEGUIRLO ANCHE MAZZONI, ALTRO FONDATORE DEL GIORNALE DELLA TOSCANA
Tutti i giorni, da almeno un paio di mesi, i giornali sono pieni di retroscena che raccontano
l’imminente trasferimento di un pezzo del gruppo parlamentare di Forza Italia, i “verdiniani”, dall’opposizione alla maggioranza.
Una piccola pattuglia che porterebbe il proprio “soccorso azzurro” in appoggio alla maggioranza che soprattutto al Senato ha bisogno di un’iniezione di carburante per velocizzare soprattutto le riforme istituzionali, impantanate in commissione, dove il voto sul ddl Boschi è già stato infatti rinviato a settembre.
E Denis Verdini, l’uomo del Patto del Nazareno che fu, è ancora affezionato alle larghe intese a progetto, cioè per portare a compimento in particolare l’abolizione del bicameralismo perfetto.
Ora almeno tutto questo è sostenuto da un dato di cronaca.
Riccardo Conti, il più verdiniano dei verdiniani per così dire, ha lasciato il gruppo di Forza Italia al Senato e si è iscritto al gruppo misto.
Conti, immobiliarista, è così vicino a Verdini che i due sono coimputati in un processo a Roma sulla compravendita di un immobile in via della Stamperia, a Roma.
Secondo le agenzie di stampa Conti sarà seguito da 10-12 senatori, il cui malumore viene descritto come “palpabile”.
Ci sarebbero quindi i numeri per costituire un gruppo autonomo al Senato.
Chi sono gli altri fedelissimi del senatore fiorentino, ex coordinatore del partito e finora “arciberlusconiano”?
Uno è Riccardo Mazzoni, insieme al quale Verdini fondò il Giornale della Toscana (poi chiuso). Ma soprattutto Mazzoni è componente della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, dove la situazione è bloccata sul 14 pari che al momento sembra senza sbocco per la maggioranza.
Poi ci sono alcuni senatori di Gal, il gruppo di Grandi autonomie e libertà che è composto da eletti nel centrodestra: Vincenzo D’Anna (che peraltro alle ultime Regionali in Campania ha appoggiato la corsa a governatore del democratico Vincenzo De Luca) e Lucio Barani (l’ultimo parlamentare craxiano), mentre l’ultima new entry potrebbe essere quella del forzista Domenico Auricchio, imprenditore campano del settore agroalimentare.
Resta da sciogliere poi il nodo di Antonio Scavone, Giuseppe Compagnone (questi ultimi attendono il via libera politico dell’ex governatore Raffaele Lombardo) e di Giuseppe Ruvolo, tutti considerati vicini al deputato Saverio Romano, che però è un fittiano.
Nel mirino di Verdini sarebbero anche Giovanni Mauro (altro componente della commissione Affari costituzionali al Senato), Michelino Davico (che di recente però si è autodefinito dell’Italia dei Valori), Antonio Cariddi e i campani Eva Longo e Ciro Falanga.
Caso a sè quello della coppia Sandro Bondi-Manuela Repetti, che da tempo smentisce un cambio di campo (”Noi restiamo al misto”).
In ogni caso non aggiungerebbe nulla ai numeri della maggioranza, visto che ha già sostenuto alcuni provvedimenti governativi, arrivando a votare persino la fiducia. Altra incognita, quella dell’ex presidente della Vigilanza Rai, Riccardo Villari.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 9th, 2015 Riccardo Fucile
NO LA CORTEO NEL LUOGO DOVE NEL 2001 MORI’ IL MANIFESTANTE
“L’iniziativa in oggetto viene ritenuta incompatibile sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica sia per la contestualità sia per l’oggetto”.
Con queste righe la questura di Genova prova a mettere la parola fine all’ennesima provocazione del sindacato di polizia Coisp che l’altro giorno ha indetto per il 20 luglio 2015 una manifestazione in piazza Alimonda “per ricordare la verità del G8 genovese e non solo le storpiature di qualcuno”.
Per chi non lo sapesse piazza Alimonda, insieme alla scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto, è uno dei luoghi simbolici delle drammatiche giornate di contestazioni al summit internazionale, quello in cui il 20 luglio 2001, nel corso di durissimi incidenti fra manifestanti e forze dell’ordine, Carlo Giuliani rimase ucciso a causa di un colpo di pistola sparato dal carabiniere Mario Placanica.
L’annuncio del presidio ha subito scatenato reazioni durissime dentro e fuori Genova, dall’Arci a Sel fino alla famiglia Giuliani, e i toni volutamente polemici dell’evento, a partire dal titolo “L’estintore come strumento di pace” (“tema” già provocatoriamente lanciato anni fa, sempre in occasione del 20 luglio), hanno indotto il questore della città Vincenzo Montemagno a fermare tutto: “L’iniziativa proposta non può essere percepita come non provocatoria per la memoria di Carlo Giuliani come del resto è palesata anche rispetto alla titolazione”.
Va ricordato poi che il Coisp non è nuovo a sortite del genere: è lo stesso sindacato che il 27 marzo 2013 organizza a Ferrara un sit in sotto le finestre dell’ufficio di Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, il giovane ucciso nel 2005 da quattro agenti.
Il motivo? Protestare contro la condanna infitta ai colleghi. Sarà un caso, ma proprio due giorni fa la donna aveva deciso di ritirare le querele contro i poliziotti e il senatore Ncd Carlo Giovanardi perchè “un’eventuale condanna non cambierà persone che costruiscono la loro carriera sull’aggressività e sul rancore”.
Ma al contrario dei protagonisti del caso Aldrovandi, Placanica non ha avuto conseguenze penali e il 5 maggio 2003 il processo per l’omicidio Giuliani viene archiviato per “legittima difesa” e “uso legittimo delle armi in manifestazione”.
Ai sindacalisti del Coisp questo però non basta perchè, come spiega il loro sanguigno segretario regionale, Matteo Bianchi, il loro vero obiettivo è la memoria di Carlo e i simboli che l’accompagnano.
A partire dal cippo di granito posizionato nel 2013 in un’aiuola di piazza Alimonda che ricorda il giorno della sua uccisione.
“Quel ragazzo era con un passamontagna e un estintore in mano — tuona Bianchi — e se oggi non fosse morto sarebbe in galera per l’omicidio di un carabiniere”.
Il sindacato ha anche avviato una raccolta firme “che ha già raggiunto 15mila adesioni” per fare rimuovere la piccola opera scultorea.
“Se ci passo di fianco con mio figlio — attacca il segretario ligure del Coisp — e lui mi chiede chi è Carlo gli rispondo che è un giovane morto mentre cercava di ammazzare un militare. A quel punto mi riuscirebbe difficile spiegargli perchè gli sia stato dedicato un monumento”.
Nessuna polemica nei confronti della famiglia precisa subito dopo Bianchi: “La nostra iniziativa è per avere un ricordo del G8 a 360 gradi ed è per questo che avevamo invitato a partecipare anche Luca Casarini e Giuliano Giuliani (padre di Carlo, ndr)”.
Fatto sta che anche quest’anno il cippo rimarrà al suo posto e il 20 luglio il “comitato piazza Carlo Giuliani” terrà le sue celebrazioni al riparo dalle provocazioni del Coisp. Che, secondo la questura, se vorrà manifestare dovrà farlo con “modalità di tempo e di luogo diverse”, come del resto avviene ormai da due anni quando in occasione della ricorrenza il sindacato fa girare per Genova un camion vela (quelli con i cartelloni pubblicitari sul retro) tappezzato dalle immagini d’epoca dei black bloc in azione nel capoluogo ligure.
Ma Bianchi non si dà pace, tant’è che medita le sue dimissioni dal sindacato e ragiona sull’opportunità di fare ricorso prima in prefettura e poi al Tar: “Non mi rassegno a questa decisione antidemocratica perchè non accetto l’idea che quella piazza sia utilizzata solo a uso e consumo di una certa visione dei fatti del G8”.
Inutile spiegargli che, come scrive la stessa polizia, “è impossibile mediare con il comitato piazza Carlo Giuliani onlus una località o un giorno diverso perchè sono i presupposti simbolici dell’ormai tradizionale commemorazione”.
Lorenzo Galeazzi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 9th, 2015 Riccardo Fucile
LE CONCLUSIONI DELLA RELAZIONE DEL PREFETTO SU MAFIA CAPITALE
“No a scioglimento di Roma per mafia, ma infiltrazioni rilevanti e concrete”. 
Sono queste le conclusioni della relazione del prefetto Franco Gabrielli sulla situazione della Capitale che è stata consegnata al ministro dell’Interno Angelino Alfano e alla commissione Antimafia.
“Le evidenze raccolte”, si legge nel documento, “non consentono l’applicazione della misura dello scioglimento dell’Organo consiliare dell’Ente Locale. Gli elementi raccolti sulle infiltrazioni mafiose hanno i caratteri di rilevanza e concretezza, ma non di univocità ”.
E al Tgr Lazio ha aggiunto: “Parliamo sicuramente di una macchina amministrativa fortemente compromessa. Le cose contenute nella relazione sono cose coperte da riservatezza, e quindi credo che il ministro debba fare le sue valutazioni con serenità ”.
Nella relazione, Gabrielli ricorda come la norma sullo scioglimento dei comuni per infiltrazione mafiosa richieda che gli “elementi su collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso” debbano essere “concreti, univoci e rilevanti“.
Per Gabrielli “gli elementi emersi, pur presentando i caratteri di rilevanza e concretezza”, non hanno “il tratto della univocità ” e questo grazie ai tratti di discontinuità .
Il prefetto ha poi smentito le indiscrezioni che parlano di ipotetico scioglimento di alcuni municipi di Roma. “Pur mantenendo il riserbo sul contenuto della relazione”, ha detto, “che credo sia doveroso, abbiamo approcciato una questione che attiene solo al X Municipio (ndr. Ostia) e le cose che circolano sugli altri municipi sono completamente destituite di fondamento”.
E ha poi aggiunto: “Se mai il ministro dell’Interno decidesse di sciogliere il Municipio di Ostia mi associo a chi dice che la persona più indicata come commissario sarebbe proprio l’assessore Alfonso Sabella“.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 9th, 2015 Riccardo Fucile
“IL PD DI TORINO? ESISTE UN PROBLEMA”
“Come diceva un vecchio giornale socialista, adesso si va avanti”. Sergio Chiamparino è travolto dalla valanga di telefonate, mail, sms, contatti che si sono scatenati dopo la notizia che il Tar ha di fatto cestinato tutti i dubbi sulla validità della sua elezione causa firme false.
Ma quando lo si raggiunge al telefono è visibilmente soddisfatto, e non si lascia scappare l’occasione della battuta
Presidente, quindi la legislatura è salva?
Direi proprio di sì. È stato innanzitutto ristabilito un principio di legalità , e chiarito che tutta questa vicenda non tocca minimamente la mia elezione.
E adesso che succede?
Come diceva un vecchio giornale socialista, adesso si va avanti. Continuiamo a lavorare per non tradire il mandato che ci hanno dato i cittadini.
Qualcuno aveva sostenuto che lei in fondo le elezioni le avrebbe preferite.
È falso. E non è affatto corretto quanto sostenuto dal Fatto quotidiano, secondo il quale sarei voluto fuggire per non essere in carica quando arriverà il default. La verità è un’altra, l’esatto opposto. E cioè che stiamo lavorando per portare avanti le riforme avviate e per sistemare una volta per tutte i bilanci della Regione.
Rimane il problema di Torino.
Sì, ma non inficia la validità della mia elezione.
Vero, però più volte lei ha sottolineato che c’era anzitutto un problema all’interno del partito.
Esiste sicuramente un problema. Dovranno aprire una riflessione, ed è bene che comincino a farla. Tra l’altro se vogliono io do la mia massima disponibilità ad un confronto. Attenzione: non voglio dire a nessuno cosa deve fare e come farlo. Dico semplicemente che se lo si desidera posso portare il mio contributo, ma la riflessione la devono fare loro.
Ha sentito Matteo Renzi e i vertici del partito?
Appena ho saputo della notizia ho mandato un sms a Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani. Mi hanno risposto con messaggi di grandi felicitazioni. Altro non so. Sa, nella confusione di questi minuti ho dato il cellulare alla mia collaboratrice…
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 9th, 2015 Riccardo Fucile
AMMISSIBILE SOLO PER IL VOTO PD DI TORINO
La legislatura di Sergio Chiamparino è sostanzialmente salva. Il Tar ha respinto buona parte dei
ricorsi presentati dall’ex consigliera della Lega Patrizia Borgarello contro le firme false o irregolari a corredo delle liste del centrosinistra alle ultime regionali.
Il ricorso è inammissibile per quanto riguarda il listino regionale, la lista eletta direttamente con la vittoria del candidato presidente, la lista Chiamparino per il Piemonte a Cuneo e il Pd di Torino.
Per quanto riguarda la lista del Pd di Torino il tribunale ha concesso il termine per presentare querela di falso e andare a verificare l’entità delle firme false aggiornando l’udienza al 29 ottobre.
In definitiva eventualmente potrebbe essere bocciata solo la lista del Pd di Torino, con i suoi eletti.
Le altre liste – Chiamparino compreso – restano in piedi.
L’udienza
È iniziata al Tar di Torino l’udienza sui ricorsi elettorali contro l’ammissione di 4 liste che sostenevano Chiamparino nelle ultime elezioni regionali.
Il presidente del Tar Lanfranco Balucani ha dato la parola ad Alberto Caretta, l’avvocato che assiste Patrizia Borgarello, ex consigliera provinciale leghista che ha firmato il ricorso principale in qualità di privata cittadina.
Caretta sta discutendo uno dei temi al centro del dibattito tra le parti: se cioè i giudici debbano pronunciarsi solo sulle irregolarità nelle firme indicate nei ricorsi o debba prendere in esame anche tutti gli altri documenti, parte dei quali sequestrati dalla procura di Torino che sta portando avanti un’indagine penale che conta 13 indagati. «Insisto nel chiedere che vengano acquisiti tutti gli atti relativi all’ammissione delle liste, anche all’esito dell’indagine penale» ha detto Caretta, secondo il quale la decisione può arrivare solo quando sarà verificato il numero delle firme false.
La difesa
Il professor Vittorio Barosio, che assiste i consiglieri di centrosinistra, ha ribadito che il giudizio debba riguardare i soli atti impugnati e i moduli contestati.
E sarebbe irrilevante il fatto che successivamente il ricorrente abbia scoperto successivamente altre eventuali alte irregolarità : «Chiedere altri documenti o attendere l’indagine penale ci porterebbe fuori dal ricorso», ha detto Barosio.
Che ha anche sottolineato l’errore nel conteggio delle irregolarità effettuato dai legali di Borgarello.
Andrea Rossi
(da “La Stampa“)
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Luglio 9th, 2015 Riccardo Fucile
TRA L’INSORGERE DI EGOISMI NAZIONALI E REGOLE SOFFOCANTI
Il diffondersi del timore «che l’euro non sia irreversibile».
È questo che dal precipitare della crisi greca teme il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, più che gli effetti sui nostri conti pubblici. «Non irreversibile».
È un termine che evoca scenari inquietanti, ben oltre le implicazioni dell’eventuale uscita della Grecia dalla moneta unica.
Perchè se l’euro fosse davvero «non irreversibile», potrebbe mai esserlo la stessa Unione Europea?
Per quanto si stenti ancora a prenderne coscienza, c’è questo in ballo nella partita fra Atene, Francoforte e gli altri Paesi dell’eurozona.
E la sensazione che si stia giocando con il fuoco sulla pelle dell’Europa è sempre più netta.
L’ escalation dei toni con cui Alexis Tsipras prefigura per domenica una scelta senza ritorno, dopo aver rivendicato nei giorni scorsi addirittura il pagamento dei danni della Seconda guerra mondiale, e di rimando il gelo di Berlino spargono un odore sinistro. Lo stesso odore che aveva ammorbato il Continente per secoli e secoli, ed è per non sentirlo più che i padri fondatori avevano fatto nascere la Comunità europea. Decretando che le ragioni per stare insieme in pace sono immensamente più numerose e importanti di quelle che avevano insanguinato fino ad allora l’Europa.
Ragioni ora smarrite nell’insorgere degli egoismi nazionali: come quelli di certi Paesi ex comunisti inondati di contributi europei che però sbattono la porta in faccia a un migliaio di rifugiati.
Oppure soffocate da regole che rendono l’Europa una camicia di forza insopportabile. O di più, schiacciate da un rigore dei conti pubblici sacrosanto, ma la cui applicazione pratica non prevede il buonsenso.
Con il risultato che basterebbe una scintilla per mandare in fumo tutto. Tsipras ci pensa?
L’abisso che sembra adesso dividere dall’Europa anche i più europeisti ha certo molti colpevoli. Il principale però è l’ignoranza.
Dalla nascita della Cee sono trascorsi 58 anni, e ben 23 da quando c’è l’Unione.
Esiste anche una bandiera: per legge campeggia sulla facciata degli edifici pubblici. Ma quanti cittadini europei sanno che cosa davvero rappresenta?
Prendiamo l’Italia.
Non c’è una legge che imponga nelle scuole l’insegnamento della storia e delle istituzioni dell’Unione.
Solo due mesi fa il dipartimento delle politiche europee ha firmato con il ministero dell’Istruzione, il Parlamento di Strasburgo e la commissione Ue un «accordo di programma» per istituire «un partenariato strategico allo scopo di garantire nelle scuole italiane l’Educazione civica europea». Bene.
Ma l’orizzonte per colmare finalmente la lacuna non è vicino: il governo «spera» nel 2020. D’altra parte, dice Palazzo Chigi, «molti docenti sono digiuni di nozioni basilari sull’Ue e quindi non riescono a inserire unità didattiche ad essa relative nelle loro programmazioni».
Dovremo dunque attendere cinque anni perchè i nostri figli (o forse i loro) imparino che cosa sono il Parlamento e la Commissione europea?
Ma soprattutto perchè è nata l’Unione (mai più guerre in casa nostra!) e qual è la nostra storia?
Cinque anni, e il mondo cambia in 5 giorni.
Ci fosse stata la volontà di farlo, si sarebbe introdotto da tempo l’insegnamento di Istituzioni e Storia d’Europa.
Magari con una delle tante riforme della scuola: utilizzate invece per demolire i programmi e risolvere i problemi dei professori anzichè quelli degli studenti.
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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Luglio 9th, 2015 Riccardo Fucile
“FARE FALLIRE LA GRECIA NON E’ NEL NOSTRO INTERESSE”
Sostiene Massimo D’Alema: «Lasciamo da parte la “solidarietà ”, valore passato di moda
nell’Europa di oggi. Vogliamo parlare di interessi? Bene, non è nostro interesse far fallire la Grecia. L’Europa sta affondando in un bicchier d’acqua! Per mancanza di forza politica. Per mancanza di leader come Helmut Kohl, che fu capace di risolvere il problema della Germania Est in un notte, quella in cui seppe dire: “parità del marco!” In quei giorni l’establishment e gli economisti ripetevano: è folle! Se Kohl avesse ragionato con la logica attuale, avrebbe imposto lacrime e sangue ai tedeschi dell’Est. Disse: a costo di sacrifici, andiamo avanti tutti insieme. E i risultati li abbiamo visti. Questo è il coraggio della politica. Non fu un favore ai tedeschi dell’Est, perchè poi fu tutta la Germania a fare il salto. Iniziativa generosa, la stessa che cinque anni fa l’Europa avrebbe dovuto compiere con la Grecia: stiamo parlando di un debito di 330 miliardi e di un’Europa che, per il mancato accordo, ha bruciato nelle Borse 7-800 miliardi soltanto negli ultimi giorni».
Sono giornate di grazia per l’ex presidente del Consiglio: l’intervista tv nella quale ha reso comprensibile il meccanismo che ha consentito ai paesi più ricchi d’Europa di sostenere le proprie banche, attraverso gli aiuti alla Grecia, gli è valso oltre un milione e mezzo di contatti in rete, in parte da quel mondo che per anni lo ha messo all’indice come l’«uomo nero» della sinistra italiana.
Da parte di Germania e Francia fine scientemente conseguito o, piuttosto, eterogenesi dei fini?
«Qualcuno, in modo sciocco, ha presentato quella intervista come un attacco alla Germania. Mentre io ho solamente descritto un meccanismo paradossale, perchè moltiplica le diseguaglianze e gli squilibri a sfavore dei Paesi più deboli. Un meccanismo che dimostra le debolezze strutturali dell’area euro, all’interno della quale ci sono paesi con un diverso grado di competitività e di ricchezza; diversi sistemi sociali e fiscali. Ma questo sta producendo effetti perversi. I paesi ricchi raccolgono denaro dai risparmiatori ad un costo bassissimo, comprano i titoli dei Paesi indebitati, che hanno rendimenti spesso molto elevati e ne incassano gli interessi. Così si determina un flusso di risorse dai paesi poveri a quelli ricchi».
Si comincia a ragionare sul contagio politico nei Paesi del Mediterraneo: allarmismo eccessivo?
«In mancanza di meccanismi di aggiustamento si va verso la compressione dei salari, dei consumi e dei diritti dei lavoratori. L’effetto è la rivolta progressiva nelle aree più deboli dell’eurozona e l’estendersi di un sentimento di rivolta che può assumere due diversi caratteri; una rivolta sociale con forme di populismo di sinistra; o può invece prevalere la rivolta nazionalistica anti-europea, di destra. Serve una classe dirigente che si renda conto di questi pericoli».
Alla luce delle trattative in corso ancora attuale l’appello che lei ha firmato assieme ad alcuni autorevoli economisti?
«Una proposta concretissima. Occorre ristrutturare il debito, fare un prestito-ponte, allungare i termini della restituzione, tenere bassi i tassi di interesse. Occorre prendere atto della realtà : la Grecia non è in grado di pagare il suo debito. Conviene farla fallire? No! La solidarietà non è più un valore in questa Europa, ma non conviene all’Italia far fallire la Grecia, anzitutto perchè nessuno è in grado di valutarne appieno le conseguenze. Non dimentichiamoci mai della lezione della Lehman Brothers: gli americani ancora si pentono di non averla salvata».
Renzi, riferendo l’umore di alcuni Paesi ha detto che non possono decidere i greci per tutti gli europei….
«Come i greci non possono decidere per tutti i popoli europei, così le decisioni di Bruxelles non possono essere prese dalla sola Merkel, come in effetti è avvenuto con la sua dichiarazione qualche ora prima della riunione dell’eurogruppo. Insomma, ad una iniziativa politica si è opposto un veto, che ha influenzato il risultato del referendum. Tra l’altro il calcolo fatto si è rivelato sbagliato e le dichiarazioni della signora Merkel hanno radicalizzato il risultato».
La Spd ha dato la linea alla Bild, invocando «aiuti umanitari» per la Grecia. Un Pse allo sbando?
«In questa vicenda il socialismo europeo non si è mosso in modo unitario e questo ha influito negativamente sulla capacità di incidere sulle scelte europee. Quello della Grecia è un grande test per il riformismo europeo. Se in Europa dovesse prevalere l’idea meschina di dare una lezione alla Grecia con l’illusione di punire chi non “fa i compiti a casa” e fermare così la deriva populista, questo avrebbe un effetto boomerang sui paesi più esposti».
Come si concilia la continua rivendicazione del primato del Pd in Europa col sostanziale l’«agnosticismo» del governo italiano?
«Renzi? Ha fatto quel che poteva…».
Fabio Martini
(da “La Stampa”)
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