Luglio 18th, 2015 Riccardo Fucile
“DOVEVAMO PORTARE DELE TORTE, ALTRO CHE SALUTI ROMANI”
“Vogliamo dare una mano in modo attivo. Dovevamo portare delle torte, accoglierli bene. Sono profughi che fuggono da una guerra, nel loro Paese in molti casi erano ricchi. Non sono disperati che vanno rubando. Ma se anche ci fosse questo rischio, non è generando situazioni come ieri che si risolvono”.
Così Aldo Zappalà , produttore tv e residente di Casal San Nicola, dove da ieri sono ospitati in una ex scuola 19 profughi.
Zappalà , che vive nella zona da 30 anni, fa parte di un gruppo di residenti che non si oppongono al centro di accoglienza.
“Siamo pratici – aggiunge – se loro arrivano e trovano gli imbecilli con il saluto romano, è proprio per quello che è successo ieri che si possono creare situazioni critiche. Già da tempo all’interno del vecchio comitato avevamo detto che siamo 20 famiglie a cui non va questa logica contro i centri d’accoglienza, siamo contrari al nimby. Questa situazione è di natura epocale, e dobbiamo essere contenti di non avere la guerra civile nel nostro Paese. Per eliminare situazioni come Mafia capitale bisogna evitare ghetti da 2000 persone, e il prefetto ha deciso di evitarlo dividendoli in gruppi da 100 persone. Questa è una zona isolata? Qual è la novità , ci viviamo da 20 anni – aggiunge – quale sarà il problema con 100 profughi? Ce l’hanno con i ‘diversi’.
La struttura è stata rimessa in ordine, lo stesso Gabrielli era ammirato. E’ stata sequestrata e poi dissequestrata. E’ una posizione ideologica quella di chi contesta”
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 18th, 2015 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI SARACENA ALLIBITO: “E QUESTA SAREBBE LA BUONA AMMINISTRAZIONE DI QUELLO STRONZO DI RENZI?”
L’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico ha multato Saracena per il costo
dell’acqua applicato ai propri cittadini.
Secondo il governo infatti, il costo dell’oro blu del comune in provincia di Cosenza è troppo basso e così l’Authority ha chiesto al sindaco Mario Albino Gagliardi di adeguare il prezzo alle tariffe nazionali facendolo quintuplicare.
Grazie al fatto che il paese alle pendici del parco del Pollino gestisce direttamente l’intero ciclo delle acque non affidandolo alla Sorical (e quindi alla Regione Calabria), la bolletta del servizio idrico oscillava da 26 centesimi per le fasce basse fino a un massimo di 90 centesimi per gli esercizi commerciali.
Ma, stando alla delibera dell’Autorità , il sindaco Gagliardi dovrebbe applicare la tariffa di 1 euro e 40 centesimi.
“Noi riteniamo che sull’acqua — spiega il primo cittadino — nessuno ci debba guadagnare. Dicono che non siamo coerenti con il tariffario. Invece di premiare, il governo Italiano infraziona un piccolo comune che gestisce bene le risorse idriche, ha realizzato un modello che dovrebbe essere esportato negli altri comuni italiani e fa pagare l’acqua il giusto, non poco. Facciamo pagare solo i costi che l’ente affronta”. “Se io avessi fatto pagare l’acqua 600 euro a famiglia all’anno piuttosto che 170 euro non sarei stato punito. — conclude Gagliardi — È la buona amministrazione di questo stronzo di Renzi”
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 18th, 2015 Riccardo Fucile
EMOZIONE ALLA COMMEMORAZIONE DI PAOLO: L’INTERVENTO A SORPRESA DEL FIGLIO MANFREDI: “MIA SORELLA HA PORTATO LA CROCE”, L’ABBRACCIO DI MATTARELLA
Una cerimonia che si riempie di emozione e anche di toni duri, la commemorazione di Paolo
Borsellino a Palazzo di Giustizia.
Perchè il figlio Manfredi, dopo l’incontro privato con il presidente della Repubblica decide di intervenire.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella arriva nell’aula magna del palazzo di giustizia di Palermo accolto dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando, dal procuratore generale Roberto Scarpinato e dal presidente della Corte d’appello Gioacchino Natoli. Nell’aula magna presenti tra gli altri l’arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, l’assessore regionale alla Salute, Baldo Gucciardi (assente invece il governatore Rosario Crocetta), il capo della procura di Palermo, Francesco Lo Voi, il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone. Presenti anche il ministro dell’Interno Angelino Alfano e il guardasigilli Andrea Orlando.
Non ci sono le figlie Lucia e Fiammetta che avevano già annunciato che sarebbero state a Pantelleria. Una tradizione per Fiammetta, la prima volta per Lucia dopo le dimissioni da assessore e il caso delle intercettazioni di Matteo Tutino.
Manfredi Borsellino interviene alla cerimonia.
Presente, contrariamente a quanto annunciato, il figlio Manfredi che qualche giorno fa aveva annunciato che sarebbe stato regolarmente a Cefalù dove dirige il commissariato di Polizia.
“Da oltre un anno mia sorella Lucia era consapevole del clima di ostilità e delle offese subite solo per adempiere il suo dovere, in corsi e ricorsi drammatici che ricordano la storia di mio padre”, ha esordito.
Poi rivolto a Sergio Mattarella ha spiegato: “Signor presidente della Repubblica come le ho anticipato nel nostro incontro privato sono qui per lei, non era prevista nè forse la mia presenza in questa aula oggi nè il mio intervento che rischia di far saltare la scaletta”.
“Già l’anno scorso ho tentato, ho provato a ricordare mio padre – ha proseguito – ricordare non commemorare, perchè si commemorano i morti visto che io lo ritengo vivo. Non sono qui per ricordare o commemorare, lo faranno altri meglio di me senza commuoversi. Lei è tra questi, perchè lei non solo ha il nostro stesso vissuto, e può comprendere cosa io e le mie sorelle sa cosa stiamo vivendo. Ma lei è sempre stato un punto di riferimento per mio padre e la mia famiglia. Ho avuto l’onore e l’occasione di assistere per due volte a un colloquio telefonico con mio padre e ho sempre notato la reverenza , il grado di stima che provava nei suoi confronti. Siccome non voglio commuovermi, preferisco leggere un testo, parole importanti che è bene leggerle”.
“Lucia ha portato una croce”.
“Lucia si è trovata a operare alla guida di uno dei rami più delicati della Regione, mia sorella Lucia ha portato la croce e tante persone possono venire a testimoniarlo, fino al 30 giugno di quest’anno”.
Ha poi detto tra le lacrime. “Lucia è rimasta assessore fino al 30 giugno perchè ama a dismisura il suo lavoro, voleva davvero una sanità libera e felice – dice – E’ rimasta per amore di giustizia, poi non ce l’ha fatta più non so con quale forza ha tollerato. Per amore della giustizia, per suo padre, per potere spalancare agli inquirenti le porte della sanità dove si annidano mafia e malaffare. Da oltre un anno era consapevole del clima di ostilità e delle offese che le venivano rivolte”.
“La lettera di dimissioni con cui mia sorella Lucia ha lasciato l’assessorato – ha aggiunto Manfredi Borsellino – ha prodotto il silenzio sordo delle istituzioni, soprattutto regionali. Ma quella lettera dice tutto e andrebbe riletta”.
“Intervengo – ha aggiunto – perchè non credevo che la figlia prediletta di mio padre, quella con cui lui viveva in simbiosi, avrebbe dovuto vivere un calvario simile a quello di suo padre nella stessa terra che ha poi elevato lui a eroe”.
Manfredi sulla telefonata di Tutino.
“Non posso entrare, per le mansioni che ricopro – ha ricordato il commissario di polizia Borsellino – nel merito delle indiscrezioni giornalistiche di questi giorni, che indipendentemente dalle verifiche che verranno fatte sull’attendibilità di determinate circostanze, avranno turbato tutte le persone presenti in quest’aula, ma vi assicuro che non hanno turbato l’interessata, mia sorella Lucia – dice ancora Manfredi – per una semplice ragione: perchè da oltre un anno, l’ho vissuto da fratello, era consapevole del clima di ostilità in cui operava, delle offese che le venivano rivolte per adempiere nient’altro che il suo dovere, purtroppo sono corsi e ricorsi storici drammatici”.
L’abbraccio del Capo dello Stato.
“Oggi, io dovrei chiederle di essere destinato altrove, lontano da questa terra. Ma non solo non lo chiedo, ribadisco con forza che ho il dovere di rimanere qui: lo devo a mio padre ma ora più che mai lo devo soprattutto a mia sorella Lucia”.
Ha detto poi, commosso rivolgendosi al prefetto Alessandro Pansa.
Alla fine del suo intervento il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella si è alzato e ha abbracciato commosso Manfredi Borsellino.
Lunghi applausi hanno concluso l’inatteso intervento del figlio del magistrato ucciso dalla mafia.
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Luglio 18th, 2015 Riccardo Fucile
“ERA ARMATO E AVEVA ALCUNI GIOIELLI CON SE'”: L’ANNUNCIO DEL MINISTRO DEGLI INTERNI
“E’ stato fermato a Latina, il pregiudicato per l’omicidio del gioielliere di Prati”.
Lo annuncia su Twitter il ministro dell’Interno, Angelino Alfano.
A eseguire il fermo sono stati i carabinieri di Roma.
“L’uomo aveva con sè una pistola e alcuni gioielli sui quali sono in corso verifiche. Lo Stato è più forte. Ottimo lavoro dei carabinieri”, scrive Alfano in un altro tweet. Secondo il comando provinciale dei militari, l’italiano è stato bloccato a bordo di un treno e aveva con sè un borsone con la refurtiva rubata nella gioielleria.
Il pregiudicato è stato portato alla caserma del nucleo investigativo di via in Selci.
Secondo i risultati dell’autopsia resi noti ieri Giancarlo Nocchia è morto a causa di una profonda ferita alla testa, un colpo violento che ha provocato la perdita di molto sangue.
L’aggressione è avvenuta durante una rapina nel centralissimo quartiere romano di Prati, in via dei Gracchi. Il rapinatore si è finto un cliente, le sembianze nascoste da parrucca scura e occhiali.
L’autopsia, condotta al policlinico Gemelli ha rivelato anche ferite da taglio ad una gamba e da difesa alle braccia.
Secondo la ricostruzione probabile, quindi, il rapinatore prima ha colpito la vittima, che ha reagito, con un coltello, poi ha afferrato un oggetto, che era nella gioielleria, forse un posacenere, una statuetta, e ha colpito Nocchia alla testa, il colpo letale.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 18th, 2015 Riccardo Fucile
IL NUOVO SLOGAN PER LE AMMINISTRATIVE (PER CHI CI CREDE)
Dalle ultime amministrative, gli mancava la parola d’ordine. Anzi, forse gli mancava
dall’approvazione dell’Italicum, visto che quella sulla ‘Buona scuola’ non ha funzionato dal punto di vista elettorale.
Dopo gli 80 euro in busta paga, che l’anno scorso ha contribuito a irrorare il 40 per cento conquistato dal Pd alle europee, Matteo Renzi trova un nuovo mantra che gli regala narrazione da qui all’anno prossimo, campagna elettorale per le amministrative 2016 compresa.
“Se facciamo le riforme nel 2016 – dice il premier-segretario all’assemblea del Pd riunita all’Expo – potremo intervenire con una sforbiciata delle tasse che proseguirà nel 2018”.
L’elenco è: “via la tassa sulla prima casa, l’Imu agricola e la tassa sugli imbullonati (macchinari fissi) nel 2016; nel 2017 ci sarà un intervento su Ires e Irap e nel 2018 interventi sugli scaglioni Irpef e sulle pensioni”.
E’ la sfida alla minoranza Dem che, a suo dire, blocca le riforme.
E’ il nuovo strumento comunicativo per eliminare dal Pd l’etichetta di “partito delle tasse”. E’ il jolly su cui Renzi scommette per vincere la sfida delle comunali delle grandi città l’anno prossimo.
Funzionerà ? L’eliminazione della tassa sulla prima casa “è sostenibile perchè già ridotta”, dice pure un non renziano come Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio alla Camera, parlando con i giornalisti dopo la relazione del premier.
I collaboratori del presidente del Consiglio fanno subito di conto.
Si tratta di tagli alle tasse per 5 miliardi nel 2016, 20 miliardi nel 2017, altri 20 nel 2018.
Ma al di là della sostenibilità — lo si vedrà solo nella legge di stabilità 2016, dopo il completamento delle riforme costituzionali — qui, all’aria condizionata dell’auditorium di Expo che salva i delegati dai 40 gradi di una torrida Milano di metà luglio, Renzi cerca il nuovo slancio, la nuova parola d’ordine, la nuova sfida e magari anche i nuovi ‘nemici’ interni, cosa che gli ha sempre portato bene nel primo anno e mezzo di governo.
In questo senso, il premier sceglie l’approccio da ‘Renzi 1′, annunciato già dopo le amministrative, ormai tempo fa.
Ora è arrivato, nella calura di metà luglio, a ridosso delle ferie estive e con il calendario delle riforme spostato a settembre.
Ad ogni modo, è un Renzi senza sconti, aggressivo e anche un po’ canzonatorio con la minoranza interna che strepita per gli avvicinamenti ai voti dei berlusconiani Verdini e Cosentino. Lui Verdini non lo nomina nemmeno. Lo fa il presidente Matteo Orfini, elogiando le riforme che coinvolgono l’opposizione: “Ma davvero pensate che Verdini possa diventare un dirigente del Pd?”.
Renzi invece rivendica il Nazareno, “per i contenuti”, ma anche l’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale, che ha strappato il patto con Berlusconi causando problemi alla maggioranza sulle riforme, soprattutto al Senato.
E finanche “il cambio di passo ottenuto in Europa con il piano Juncker sugli investimenti, anche se deve fare passi in avanti…”.
La minoranza interna è “la tribù dei musi lunghi”, quelli che “prendono il biglietto per andare a sostenere il ‘no’ al referendum in Grecia e non si rendono conto che Tsipras stesso ha preso la strada del riformismo…”, firmando l’accordo a Bruxelles.
Fassina? Non viene citato ma, dice Renzi: “Rispetto chi se ne va dal Pd ma chi immagina di vincere la sfida spostando la sinistra un po’ più in là , perde ovunque nel mondo. Ed Miliband docet”, in Gran Bretagna e non solo.
Civati? Naturalmente non è citato nemmeno lui ma: “Più che possibile a noi sembra improbabile…”, ironizza il premier.
Messa a posto la minoranza interna, sistemati Grillo, Salvini e la sinistra radicale, appurato che se il Pd è in crisi “è solo per il caldo: o si usa l’aria condizionata o si fa politica, scelgo la seconda”,
Renzi lancia il suo programma: riforme e taglio alle tasse. Non senza lanciare la rassicurazione più forte, diretta all’Europa, alla Germania di Angela Merkel e Wolfgang Schauble.
Il ragionamento è: se ora “ il Fondo Monetario Internazionale e anche il Wall Street Journal criticano l’austerity, noi siamo d’accordo. L’Europa così non va”. Ma questo non significa che l’Italia chiederà sconti sul debito per abbassare le tasse: “Dal 2016 l’Italia continuerà a rispettare il principio del 3 per cento del Trattato di Maastricht: la curva del debito calerà , non aumenterà . L’Italia sarà il paese del principio di ragionevolezza. Sul debito niente colpi a sorpresa”.
Rassicurazione importante ora che si discute della ristrutturazione del debito greco: Roma non è Atene.
“Saremo giudicati credibili in fase di campagna elettorale”, conclude Renzi.
Non senza aver stabilito un calendario — quasi tutto post agostano — delle riforme. A partire da settembre, prima della legge di stabilità , “bisogna chiudere il ddl Boschi al Senato e alla Camera e approvare le unioni civili definitivamente al Senato.
Entro il 7 agosto la riforma della pubblica amministrazione dovrà ottenere la lettura definitiva al Senato”.
C’è un punto: con lo slittamento delle riforme, sfuma anche la certezza di tenere il referendum costituzionale a giugno dell’anno prossimo.
E con essa sfuma anche il tema che Renzi si era scelto per la campagna elettorale delle amministrative 2016: il vanto per aver abolito il Senato e tagliato le spese della ‘casta’.
Ma oggi a Expo il premier ha trovato il suo nuovo jolly elettorale: abbassare le tasse. Da qui all’anno prossimo, è il suo nuovo cavallo di battaglia.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 18th, 2015 Riccardo Fucile
RISPETTO AI TEDESCHI I CONTRIBUENTI DEL NOSTRO PAESE VERSANO AL FISCO 1.037 EURO IN PIU’… MA IN ALTRI PAESI LE TASSE LE PAGANO TUTTI
A frenare la ripresa italiana ci sono anche 904 euro di tasse in più che pagano i contribuenti rispetto alla media europea.
Lo rileva l’Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha messo a confronto la pressione fiscale dei principali paesi Ue: tra i principali gli Stati presi in esame, la pressione fiscale più elevata si riscontra in Francia dove il peso complessivo di imposte, tasse, tributi e contributi previdenziali è pari al 47,8 per cento del Pil.
Seguono il Belgio, con il 47,1 per cento, la Svezia, con il 44,5 per cento, l’Austria, con il 43,7 per cento e, al quinto posto, l’Italia.
L’anno scorso la pressione fiscale nel nostro Paese si è fermata al 43,4 per cento del Pil, mentre la media Ue è stabile al 40%.
Nella comparazione, l’ufficio studi della Cgia ha deciso di calcolare anche i maggiori o minori versamenti che ognuno “sconta” rispetto a quanto succede altrove.
Ebbene, se la tassazione nel nostro Paese fosse in linea con la media europea, ogni italiano l’anno scorso avrebbe risparmiato 904 euro.
Effettuando il confronto con la Germania, invece, si evince come i tedeschi paghino mediamente 1.037 euro all’anno in meno agli italiani che ne pagano 1.409 in più rispetto agli olandesi, 1.701 euro in più dei portoghesi, 2.313 euro in più degli inglesi, 2.499 euro in più degli spagnoli e ben 3.323 euro in più rispetto agli irlandesi.
Peggio degli italiani stanno gli austriaci che lo scorso anno hanno pagato 80 euro in più rispetto a noi, gli svedesi 292 euro in più, i belgi 984 euro in più e, infine, i francesi, con ben 1.170 euro in più.
“Per pagare meno tasse – dichiara Paolo Zabeo della Cgia – è necessario che il Governo agisca sul fronte della razionalizzazione della spesa pubblica; con tagli agli sprechi, agli sperperi e alle inefficienze della macchina pubblica. Inoltre, questa operazione dovrà essere realizzata molto in fretta. Entro il prossimo 30 settembre, infatti, a seguito della mancata autorizzazione dell’Unione europea all’estensione del reverse charge alla grande distribuzione, il Governo dovrà reperire 728 milioni di euro, altrimenti è previsto un aumento delle accise sui carburanti di pari importo”.
Negli ultimi 15 anni, il risultato fiscale emerso dalla comparazione con la media europea è costantemente peggiorato.
Se nel 2000 i contribuenti italiani pagavano 44 euro in meno di tasse rispetto alla media Ue, nel 2004 il carico fiscale per ciascun italiano era superiore del dato medio europeo di 126 euro.
Il gap a nostro svantaggio è addirittura salito a 841 euro nel 2010 e ha raggiunto i 904 euro nel 2014.
Resta il problema di fondo: in Italia si pagano più tasse anche perchè molti altri non le pagano. In molti altri Paesi l’evasione fiscale è un decimo della nostra.
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Luglio 18th, 2015 Riccardo Fucile
TRA I DUE FERMATI PER I DISORDINI DI CASALE SAN NICOLA UN ULTRAS DEL TIFO E UN DIRIGENTE DI FRATELLI D’ITALIA… ORA GLI ABITANTI SI DISSOCIANO DALLA DESTRA E CHIEDONO INCONTRO CON MARINO: COSI’ NON PRENDONO NEANCHE I VOTI TANTO AMBITI, CHE GRANDE OPERAZIONE
Si valuta il Daspo, cioè il divieto di accedere alle manifestazioni sportive, per i responsabili degli
scontri avvenuti ieri a Casale San Nicola, a Roma, durante la rivolta anti-profughi organizzata da alcuni residenti e dall’estrema destra.
E’ stato il Questore Nicolò D’Angelo ad aprire un fascicolo ipotizzando il provvedimento che, come previsto dalla norma introdotta dal governo nell’agosto scorso, può essere emesso anche per coloro che si macchiano di reati contro l’ordine pubblico, a prescindere dall’effettiva partecipazione o meno a manifestazioni sportive.
Dei due arresti di ieri è stato convalidato dal giudice, ma senza misure cautelari, solo quello di Stefano Caradonio di Militia, esponente anche del gruppo ultras giallorosso “Opposta fazione”.
Non convalidato invece quello di Giorgio Mori, dirigente locale di Fratelli d’Italia. “Mori ha solo fatto il suo lavoro: provare a difendere i diritti dei cittadini di Casale San Nicola”, la tesi del presidio di sostegno organizzato stamattina a piazzale Clodio, davanti al tribunale, da un gruppo di manifestanti di destra tra cui la presidente di FdI Giorgia Meloni.
Al contrario Matteo Renzi, parlando all’assemblea nazionale del Pd, ha voluto esprimere “solidarietà agli agenti feriti” (14 secondo i numeri della Questura), attaccando la destra e la Lega e sottolineando che “i poliziotti sono stati bloccati da Casapound mentre scortavano 19 persone: sono stati picchiati da quelli che dicono di voler difendere la polizia”.
Le indagini degli investigatori della polizia comunque proseguono per arrivare, all’identificazione di tutti i protagonisti ieri di barricate e lanci di pietre, sassi e sedie durante il trasferimento dei primi 19 richiedenti asilo nell’ex scuola Socrate a La Storta, a nord ovest della Capitale.
Qui già oggi sarebbero dovuti arrivare altri profughi ma dopo i disordini la data potrebbe slittare. Alla fine in tutto saranno poco meno di cento. E ad attenderli ci sono i blindati delle forze dell’ordine che sorvegliano il centro di accoglienza e un picchetto, per ora pacifico, di alcuni cittadini che in parte si dissociano dalle magliette “nere” e dai saluti romani visti in piazza e invitano il sindaco Ignazio Marino a far visita al quartiere “per rendersi conto delle criticità di questo contesto”.
E se a La Storta non li vogliono, da via Visso, la struttura sulla Tiburtina in cui prima erano stati temporaneamente alloggiati, i migranti non se ne vogliono andare. “A questi ragazzi – ricostruiscono gli attivisti del Nodo territoriale Tiburtina – è stato comunicato con sole 48 ore d’anticipo lo spostamento nel nuovo edificio tra la Cassia e la Braccianense, a decine di chilometri da dove hanno iniziato, tra mille difficoltà , a crearsi un’esistenza minimamente dignitosa, per la riorganizzazione della gestione dell’accoglienza da parte delle cooperative dopo ‘Mafia Capitale’.
La mattina di venerdì, il primo gruppo di ragazzi ha accettato a malincuore di andare a Casale San Nicola”.
Ora, dicono loro, che arrivano dal Gambia, dalla Nigeria, dal Senegal, dal Mali, dal Bangladesh e si sono riuniti all’ombra di un gazebo sotto lo striscione “Da qui non ce ne andiamo”, “temiamo per la nostra vita. Siamo qui per cercare asilo internazionale, questo ci era stato promesso. Non ci trasferiremo senza aver prima avuto il colloquio con la commissione giudicante lo status di rifugiato”.
(da “La Repubblica“)
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Luglio 18th, 2015 Riccardo Fucile
“SPIACENTE, IO NON MI ADEGUO”… “C’E’ CHI VUOLE STRUMENTALIZZARE? E IO FACCIO RISPETTARE LA LEGGE”
“In questa città non ci sono zone di serie A, B o C in cui si possono o non si possono ospitare i richiedenti asilo. Se la logica è questa io, di certo, non mi adeguo”.
Franco Gabrielli, prefetto di Roma dal 2 aprile, dopo la bufera di Mafia Capitale, è alle prese con la sua prima vera grana nel rapporto con la città . A Casale San Nicola, negli ultimi mesi, è tornato più di una volta per parlare coi residenti e convincerli ad accettare il centro per immigrati.
Si aspettava la reazione che c’è stata ieri?
“Ho sempre detto che mi auguravo prevalesse il buon senso. Ma ho anche fatto presente, più di una volta, che noi siamo anche i titolari dell’uso della forza”.
E, infatti, ieri i momenti di tensione non sono mancati.
“Quando i risultati sono questi, nessuno può ritenersi soddisfatto”.
Si poteva provare a convincere in altro modo i residenti di Casale San Nicola?
“Ho sperato fino all’ultimo che venisse compreso che la posizione che stavano assumendo non era condivisibile. Anche perchè, concluso l’iter previsto, gli immigrati dovevano andare lì. Come sta avvenendo”.
C’è un intero quartiere contrario, però. E quanto successo ieri non aiuterà certo la situazione e migliorare.
“Ieri è stata fatta una scelta, dovuta probabilmente a una forte strumentalizzazione della vicenda”.
Si riferisce alla presenza dei militanti di CasaPound?
“Direi. Io non ero presente, non ho dettagli particolari, ma mi è stato riferito che ci sono stati comportamenti molto violenti contro le forze dell’ordine che ringrazio. Non solo hanno subito lesioni ma hanno evitato che ci fossero conseguenze peggiori per le persone più inermi”.
Si poteva gestire diversamente l’arrivo dei migranti? Magari da un’altra strada, in un altro orario?
“Le modalità le ha decise chi operava sul campo e sono convinto che l’operazione sia stata fatta al meglio delle possibilità “.
Ora che succede? Presidio fisso come a Tor Sapienza?
“Lì c’è una cooperativa che ha vinto un bando, quello dello scorso febbraio, che sta esercitando una funzione richiesta dalla prefettura. Noi dobbiamo garantire che sia consentita”.
I residenti lamentano che la struttura dove sono stati trasferiti i richiedenti asilo non sia a norma, sospettano che ci sia sotto un qualche business.
“Prima di siglare la convenzione noi aspettiamo che tutte le autorità si esprimano. Su quell’edificio c’è stato anche un sequestro che poi è venuto meno. Io sono soggetto a seguire l’iter di legge sulla regolarità di quella struttura. Le autorizzazioni sono arrivate ma, per i residenti, il tema restava quello originario: “Lì non vogliamo immigrati”. Io, davanti a questi argomenti, non potevo certo fare valutazione diverse”.
Gli immigrati trasferiti ieri fanno parte dei nuovi arrivi?
“No, questa operazione è condotta all’esito del bando del febbraio 2015 per ricollocare 3.125 posti. Nessuno di loro è un nuovo arrivo ma c’era l’esigenza di ridistribuire sul territorio di Roma quello che avevamo già in città . Di quegli oltre tremila posti necessari ne abbiamo coperti appena novecento”.
E per gli altri?
“Abbiamo dovuto prorogare i bandi precedenti”.
Qual è, dunque, l’obiettivo di questi trasferimenti?
“Avevamo il compito di “deflazionare” una serie di territori troppo congestionati dalla presenza di centri per immigrati. In questo senso abbiamo operato sul IV, V e VI Municipio. Ieri ero al IV e sono stato ringraziato da persone che appartengono alla stessa area politica di quelli che protestano a Casale San Nicola perchè ho mantenuto la promessa di risolvere una difficile situazione a Rebibbia”.
Ma per qualcuno che la ringrazia c’è qualcun altro che la contesta.
“Sì, ma io sono chiamato a fare questo lavoro. Se poi gli immigrati non li vogliamo, si contestano cose che stanno sopra la mia testa”.
Mauro Favale
(da “La Repubblica”)
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Luglio 18th, 2015 Riccardo Fucile
NON C’E’ NULLA DI SPONTANEO NELLA RIVOLTA ANTI-IMMIGRATI, MA UN DISEGNO POLITICO PRECISO: ALZARE LA TENSIONE E DARE VITA A UN RISIKO DELLA PAURA CON DIVIDENDI POLITICI (E NON SOLO)
Non c’è nulla di spontaneo nel giorno da cani di Casale san Nicola, nè nella carne da cannone
offerta alle cariche della Celere a beneficio di telecamere («Semo italiani come voi!», «Anche tu c’hai ‘na moje e ‘na famija!»).
Perchè non è la prima rappresentazione. E perchè non sarà l’ultima.
Perchè le sue stimmate – la tartaruga nera e i caschi integrali di CasaPound – i suoi volti (Simone Di Stefano, che di Casa Pound è vicepresidente, come il suo spicciafaccende Mauro Antonini) e soprattutto il canovaccio e la messa in scena delle sue parole d’ordine – «Gli Italiani per primi» (variante dell’originale “Padroni a casa nostra”), sono il format di una Fabbrica dell’Odio battezzata esattamente un anno fa – sabato 14 luglio 2014 – nel corteo che attraversò il quartiere Esquilino, a Roma (dove CasaPound ha la sua sede) e che fu Epifania dell’abbraccio tra i fascisti di Gianluca Iannone e la Lega Nord della coppia Borghezio-Salvini.
Dodici mesi fa, una marcia per un generico “cartello” «contro gli immigrati».
Dal febbraio scorso, patto politico organico all’ombra delle tre spighe (“No euro”, “stop immigrati”, “Prima gli Italiani”), simbolo della neonata sigla “Sovranità “, creatura che di Salvini è stampella e di Casa Pound succursale.
Luglio 2014, luglio 2015.
I piccoli e grandi fuochi di cui si è accesa Roma in questi dodici mesi hanno la cadenza, le modalità e i luoghi propri di una pianificazione certosina.
Dove le borgate dell’aerea metropolitana, sollecitate e accompagnate alla “rivolta” contro i centri di accoglienza per immigrati, non sono semplicemente luoghi da liberare dai “ Negri ” e restituire agli “ Italiani ”, ma la mappa di un Risiko della paura dagli immediati dividendi politici (e non solo, come vedremo).
Una leva. Un pretesto.
Una pentola a pressione sotto la quale non deve mai essere spento il fuoco. In principio, fu la “rivolta di Settecamini”.
Poi toccò a Torre Angela, Ponte di Nona, Corcolle, Tor Sapienza, Infernetto, Tor Pignattara.
In una sequenza che, ogni volta, si ripropone identica a sè stessa.
Sulla scena – proprio come ieri a Casale san Nicola – si muovono “Comitati di quartiere” di cui CasaPound è il ventriloquo.
Spuntano come funghi e, negli ultimi sei mesi del 2014, si arriva a contarne 60. Invariabilmente professano di non essere «nè di destra, nè di sinistra ».
Di fatto, non ce ne è uno che non abbia come suo capo bastone qualche vecchio arnese della fascisteria romana, piuttosto che militanti di Forza Nuova.
E, altrettanto invariabilmente, «l’incidente» che ne innesca la rivolta è regolarmente opaco nelle dinamiche ( le aggressioni a Tor Sapienza, piuttosto che gli asseriti assalti agli autobus a Corcolle, i “raid Rom” di Torre Vecchia) e certamente sproporzionato rispetto alla reazione.
Una qualificata fonte investigativa del Ros dei carabinieri – dove ormai, dopo cinque anni di indagini, esiste un’enciclopedia su CasaPound – spiega: «La regia nella cosiddetta rivolta delle borgate contro i centri di assistenza agli immigrati ha un tratto evidente. Cercare l’incidente. Se necessario, provocarlo, certamente ingigantirne la portata. La logica è quella di mantenere costante la tensione e sfruttare la potenzialità manipolatorie dello strumento mediatico». C’è di più.
Nelle retrovie della campagna di odio di CasaPound e di Salvini, protetti dalla maschera posticcia dei “Comitati di quartiere” e la loro «lotta agli immigrati», si muovono, almeno fino a quando sono stati in grado di farlo, tre figure chiave della destra “politica” romana che dicono molto del doppio fondo della “rivolta”.
Gianni Alemanno, Luca Gramazio, Giordano Tredicine (per dirne una, partecipano nel novembre scorso alla “marcia delle Periferie sul Campidoglio”).
Carlo Bonini
(da “La Repubblica”)
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