Novembre 21st, 2015 Riccardo Fucile
PER TUTELARE IL NOSTRO PATRIMONIO ARTISTICO OCCORRONO NORME PIU’ SEVERE… INTRODURRE IL REATO DI DISASTRO CULTURALE
La prima cosa da dire è che questi quadri vanno recuperati prima di subito: un ministro
dell’Interno italiano si gioca la faccia su Mantegna, Pisanello o Rubens come davvero su poco altro.
E non si dica che ora ci sono cose più importanti a cui pensare: come rispose Winston Churchill a chi gli chiedeva di tagliare gli ultimi fondi per la cultura mentre Londra era sotto i bombardamenti nazisti: «e allora, per che cosa stiamo combattendo?»
Il secondo punto è impedire che accada di nuovo.
Nessuno poteva prevedere che la rapina in villa sarebbe diventata, e proprio nel Nordest, la rapina in museo.
Ma non è possibile che Castelvecchio fosse difeso da una singola guardia giurata, come l’ultimo dei supermercati.
Il famoso patrimonio culturale diffuso (quello che non è nei venti supermusei di Franceschini, per intenderci: e cioè la sua parte incommensurabilmente più ampia) è completamente indifeso, reso vulnerabile da decenni di tagli selvaggi ai bilanci della cultura e degli enti locali
Il terzo punto riguarda la tutela penale del nostro patrimonio culturale.
In un recente convengo a Napoli, Gianni Melillo (il capo di gabinetto del ministero della Giustizia) ha ben spiegato come da questo punto di vista siamo all’anno zero.
Il Codice dei Beni culturali non prevede pene adeguate, nè soprattutto dà i mezzi per fare le indagini necessarie.
Quando si trovò di fronte allo scempio della Biblioteca dei Girolamini a Napoli (spogliata dal suo stesso direttore, allora braccio destro di Marcello Dell’Utri), lo stesso Melillo (allora sostituto procuratore a Napoli) dovette contestare reati ideati per combattere le rivolte agrarie, come la devastazione e il saccheggio.
E, partendo dallo stesso caso, Paolo Maddalena ha ben spiegato che bisognerebbe creare il reato di “disastro culturale”, sul modello del disastro ambientale.
Oggi come oggi, se rubo un Mantegna è come se rubassi una bicicletta: e i ladri di Castelvecchio rischiano per le modalità del reato (rapina a mano armata), ma non per l’oggetto straordinario di quel reato.
È dunque urgentissimo creare le premesse codicistiche per una vera tutela penale del nostro povero patrimonio culturale: per esempio, prevedendo il reato di detenzione illegale di bene culturale, che oggi non esiste.
Mai come in questi giorni abbiamo bisogno di chiamare all’appello tutte le ragioni per cui siamo ancora esseri umani: diciassette di quelle ragioni (alcune straordinariamente importanti) sono sparite.
Devono tornare a Verona.
Tomaso Montanari
(da “La Repubblica”)
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Novembre 21st, 2015 Riccardo Fucile
DANNO ECONOMICO ENORME: L’ULTIMO MANTEGNA ALL’ASTA PER 28,6 MILIONI DI DOLLARI
Che strano Paese il nostro.
Lascia pressochè incustoditi, per mancanza di fondi, capolavori d’arte esposti in pubbliche strutture. E nel contempo investe denaro per un apparato burocratico che complica la vita ai collezionisti e ai mercanti per bene.
Se avete in casa l’opera d’un maestro del Cinquecento sarete costretti a controlli, verifiche, pile di documenti e interminabili e faticosissime trafile. Lo Stato no.
Può permettersi di esporre decine di magnifici quadri, con l’ingresso a disposizione dei criminali.
La rapina al museo civico di Castelvecchio è la materializzazione dell’incoscienza d’uno Stato troppo impegnato a vessare i suoi cittadini anzichè difenderli.
Il riferimento non è al sindaco Flavio Tosi, ma riguarda tutti gli amministratori delle città italiane. Sempre occupati a disperdere soldi, prebende ed energie in mille iniziative anzichè dare la massima attenzione nel tutelare i tesori artistici delle nostre straordinarie città .
Alcune ipotesi investigative sostengono che le opere trafugate sarebbero entrate nel circuito di qualche eccentrico e banditesco miliardario dell’Est.
Fermo restando che restano invendibili a causa della loro notorietà , l’ipotesi più plausibile (e auspicabile) resta, a mio giudizio, quella d’una richiesta di riscatto.
Non credo possa esistere un matto disposto a custodirle in segreto per sempre e tramandarle clandestinamente ai suoi discendenti.
Con questo sorprendente furto, uno dei più eclatanti tra quelli avvenuti in Italia, è stata mutilata una parte del nostro patrimonio storico e artistico.
Per non parlare del danno economico. La stima di 10-15 milioni di euro, sul valore delle diciassette opere scomparse, è assai approssimativa.
Com’è possibile quantificare il prezzo della “Sacra Famiglia con una Santa” di Andrea Mantegna?
Negli ultimi trent’anni sul mercato delle aste l’unico quadro certamente attribuito a Mantegna, una piccola tempera su tavola “Discesa nel Limbo”, è stato aggiudicato da Sotheby’s nel gennaio del 2003 per 28,6 milioni di dollari.
Mentre il ritratto femminile detto “La Dama delle licnidi”, dipinto nel 1602 -e quindi giovanile- da Pieter Paul Rubens potrebbe valere anche diversi milioni di euro.
A cui si devono aggiungere i valori della superba “Madonna della quaglia” del 1420 di Antonio Pisano detto Pisanello, insieme alle opere del Caroto, Jacopo Bellini, Domenico e Jacopo Tintoretto e tutti gli altri.
Che danno può essere? Alto. Molto alto. Sia economico che morale.
Un furto incredibile, un episodio allarmante che obbliga ad intervenire.
La difesa del nostro patrimonio artistico coincide con la difesa della nostra civiltà . I nostri valori sono custoditi dalla nostra storia.
Paolo Manazza
(da “il Corriere della Sera”)
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Novembre 21st, 2015 Riccardo Fucile
ALLERTA MASSIMO: METRO CHIUSA, STOP A EVENTI SPORTIVI, CINEMA E CONCERTI
Una “minaccia grave e imminente” spaventa il Belgio, che adesso teme di essere il
prossimo bersaglio.
A una settimana dagli attacchi di Parigi, le autorità hanno innalzato al livello massimo l’allerta terrorismo nella regione di Bruxelles.
La decisione è arrivata all’improvviso, nella notte, mentre nel quartiere di Molenbeek la polizia ha scoperto un arsenale di armi e prodotti chimici durante una perquisizione. Ieri era stato confermato il livello 3, poche ore dopo si è deciso di passare a 4. In un comunicato, il Centro nazionale di crisi belga (Ocam) predispone “specifiche misure di sicurezza e raccomandazioni dettagliate alla popolazione”.
Intanto c’è il sospetto che Salah Abdeslam, l’ottavo componente del commando ancora in fuga, si trovi sempre in Belgio da dove arriva l’ultimo avvistamento.
Intanto questa mattina si è riunito il Consiglio nazionale di sicurezza, a cui ha partecipato il premier Charles Michel che ha dichiarato: “C’è il rischio di attentati simili a quelli di Parigi”.
“Abbiamo elementi sufficienti per dire che la minaccia è precisa e imminente”, ha confermato al suo arrivo nel palazzo del Governo il ministro degli esteri Didier Reynders. “Ora dobbiamo prendere misure”, ha dichiarato il responsabile degli Interni, Jan Jambon.
“Evitare luoghi affollati. Metro chiusa e stop a eventi sportivi”
“In seguito alle ultime valutazioni il centro ha alzato l’allarme terrorismo a livello 4, a significare una minaccia molto grave, per la regione di Bruxelles”, spiega la nota diffusa dal Ministero degli Interni belga.
Mentre il resto del paese rimane a livello 3, minaccia “possibile e verosimile”. Viene consigliato alla popolazione di evitare luoghi affollati, come concerti, eventi sportivi, centri commerciali, stazioni, aeroporti e i trasporti pubblici.
Tutte le stazioni della metropolitana della capitale sono state chiuse fino a lunedì. Così come il più grande cinema di Bruxelles, la multisala Kinepolis, e annullati i concerti delle due maggiori sale da concerti, l’Ancienne Belgique e Cirque Royale.
Il Centro nazionale di crisi belga, oltre a chiedere di annullare tutti i grandi eventi previsti a Bruxelles nel fine settimana e di chiudere la metro, “raccomanda di annullare le partite di calcio di prima e seconda divisione”.
Ai cittadini viene anche chiesto di “facilitare i controlli di sicurezza” e di “non contribuire a diffondere voci infondate ed attenersi e seguire solo le informazioni ufficiali dalle autorità locali e della polizia”. Si raccomanda inoltre di “rafforzare il dispositivo poliziesco e militare”.
Bruxelles, scoperto arsenale a Molenbee
Il Belgio si sente dunque vulnerabile. E la cronaca degli ultimi giorni non fa altro che rafforzare questa sensazione.
Perchè è proprio dal quartiere periferico di Molenbeek – teatro di un’operazione di polizia per stanare presunti complici — che vengono diversi attentatori di Parigi, uno dei quali, Salah Abdeslam è ancora in fuga.
Sempre a Molenbeek è cresciuto la presunta mente dell’attentato, Abdelhamid Abbaoud, morto nel blitz delle teste di cuoio nella banlieue di Saint-Denis. E nella notte — scrivono i media — la polizia ha sequestrato un importante arsenale, con esplosivi e prodotti chimici, durante una serie di perquisizioni nel quartiere.
Cuore delle istituzioni europee e sede del quartier generale della Nato, Bruxelles fu teatro di un attentato al museo ebraico della città il 24 maggio 2014, nel quale morirono quattro persone. L’autore della strage, il francese Mehdi Nemmouche, fu arrestato alcuni giorni dopo a Marsiglia.
Ue: “Stretta sui controlli a frontiere esterne
Ma l’allerta rimane alta non solo in Belgio. Venerdì il consiglio Interni e Giustizia straordinario dell’Unione europea ha concordato una “stretta sui controlli sistematici e coordinati alle frontiere esterne dell’Europa anche per i cittadini Ue”.
Il ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve ha fatto sapere che “la Francia manterrà i controlli alle sue frontiere fino alla fine della crisi terroristica”. Inoltre ha riferito che “sui tre punti che la Francia ha portato all’ordine del giorno della riunione (dei ministri Ue di Giustizia e Interni, ndr), l’Europa ha trovato l’accordo”.
Sono state prese “delle decisioni forti e operative con dei risultati che devono realizzarsi entro la fine dell’anno sui tre principali punti: il Pnr europeo (il registro comunitario dei dati dei passeggeri aerei, ndr), le armi da fuoco e il rafforzamento dei controlli alle frontiere”.
Fondamentale per Cazanueve “rafforzare i controlli alle frontiere esterne dell’Europa” aumentando i mezzi di Frontex, ma anche a “quelle interne, perchè i terroristi le attraversano” e poter controllare i dati sulla base del Sistema informativo Schengen (Sis), l’unico strumento che assieme al Pnr “permette di tracciare i terroristi e neutralizzarli. Non c’è tempo da perdere, bisogna agire con urgenza”.
Le conclusioni della bozza dell’intesa, scrive Reuters, includono l’accordo per “applicare immediatamente i necessari sistematici e coordinati controlli ai confini esterni, tra cui degli individui che godono del diritto di libera circolazione“.
Le nuove misure rafforzeranno i controlli in modo che i documenti di chi entra nell’area di Schengen siano verificati sistematicamente a fronte delle banche dati su reati e sicurezza.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 21st, 2015 Riccardo Fucile
TRA ALLARMISMI E FALSI ALLARMI, SI CERCA DI NON CREARE PANICO IMMOTIVATO
“L’ambasciata statunitense a Roma informa i cittadini Usa che la polizia italiana ha dato notizia di un individuo armato nell’area vicino all’ospedale San Giovanni, in via dell’Amba Aradam…”. E’ in corso una “caccia all’uomo”. Conclusione: “Per favore, evitate quest’area”.
Oggi i cittadini statunitensi che si trovano nella capitale italiana si sono visti recapitare questo messaggio di allerta. Il riferimento è a quanto avvenuto in mattinata al nosocomio vicino alla Basilica di San Giovanni in Laterano.
Una notizia già diffusa da tg e agenzia di stampa, che però la sede diplomatica Usa ha ritenuto opportuno segnalare ai connazionali con apposite email.
È il secondo messaggio di allerta nel giro di due giorni. In precedenza un altro messaggio segnalava i luoghi ritenuti “sensibili” dall’Fbi per possibili attacchi terroristici: La Scala e il Duomo a Milano, Piazza San Pietro a Roma e poi chiese, ristoranti e luoghi di ritrovo nelle due città .
È la conferma che, dopo gli attentati di Parigi, l’Italia è in cima alle attenzioni degli americani in fatto di sicurezza. Anche per la presenza del Vaticano in territorio italiano.
C’è anche questa cornice oggettiva intorno alla telefonata che oggi Barack Obama ha fatto a Matteo Renzi.
Il presidente degli Stati Uniti ha voluto fare il punto con il premier italiano prima del colloquio con Francois Hollande, che martedì prossimo sarà a Washington per un bilaterale che potrebbe risultare cruciale nella strategia anti-Isis dell’occidente. Anche perchè giovedì invece il presidente francese parlerà con Vladimir Putin (mercoledì riceverà Angela Merkel all’Eliseo).
Non a caso, con Renzi, il presidente Usa ha trattato due fronti precisi della stessa questione. Primo: la situazione in Siria, alla luce dei colloqui di Vienna che vorrebbero avviare una fase di transizione nel paese ora in mano ad Assad.
Secondo: i rapporti con la Russia, paese che come gli Usa e la Francia è impegnato nei bombardamenti anti-Isis in Siria e che ha relazioni diplomatiche preferenziali con Roma, nonostante la storica alleanza dell’Italia con gli Stati Uniti.
Nel colloquio con Putin al G20 di Antalya, Obama ha registrato una disponibilità maggiore della Russia a intraprendere iniziative comuni, ma il percorso è solo iniziato, gli incontri della prossima settimana potrebbero aggiungere dei passi in più, la conversazione con Renzi è servita anche per aggiungere tasselli utili ai prossimi colloqui.
Ad ogni modo, la lunga telefonata partita dalla Casa Bianca non è servita per chiedere all’Italia un maggiore coinvolgimento militare in Siria.
Obama non ci ha chiesto di impiegare i nostri tornado per bombardare, oltre che per le azioni di perlustrazione e individuazione di obiettivi che già stiamo svolgendo in Iraq.
Non è questo il punto ora. L’Italia, gli ha confermato Renzi, “farà la sua parte” d’accordo con gli alleati, come testimonia la scelta di confermare la presenza militare italiana in Afghanistan e aumentare il contingente in Iraq.
Ma allo stesso tempo l’Italia riesce a conservare la sua posizione di massima prudenza sulla guerra e massimo scetticismo sui raid effettuati senza una strategia lungimirante e concordata da tutti gli attori in causa, soprattutto Usa e Russia, partner di bombardamenti scoordinati tra loro. La prudenza del resto è per ora la linea più condivisa: dall’Europa agli Usa.
L’urgenza immediata è di altro tipo per Renzi.
La crociata che il premier ha imbracciato per ora è quella contro le psicosi e il panico, gli allarmismi e i falsi allarmi. Come quello che stamattina gli è arrivato su whatsapp. Una bufala, ma molto pericolosa: la registrazione audio di una conversazione tra mamma e figlia a Roma, con la prima che pregava la seconda di non uscire per il rischio attentati nei quartieri della movida romana.
Renzi ci ha pensato mezza mattinata e poi ha deciso di agire sullo stesso terreno.
Niente interviste tv e nemmeno cinguettii su twitter. Nessun post su Facebook. Si è inventato un modo nuovo di controbattere, del tutto inedito da parte della presidenza del Consiglio. Insomma, anche Renzi ha registrato un suo audio, diffuso poi alle agenzie di stampa su whatsapp.
L’implorazione: “Qualcuno pensa di essere simpatico o divertente ma non si rende conto che suscita e crea un clima di ulteriore paura, talvolta persino di panico. Io vorrei invitare tutti a non cascarci, a non farvi fregare da questo clima che qualcuno vorrebbe creare”.
Ma certo non è semplice. Perchè accanto alle bufale, ci sono poi gli allarmi che si susseguono, le allerta su pacchi bomba che per fortuna non si rivelano tali, come quello che di nuovo oggi ha interrotto il funzionamento della metro a Roma per qualche ora, quello che ha causato disagi ad una fermata del tram nella capitale, la valigia sospetta al Duomo di Milano.
E poi si ci sono le informative che arrivano dagli Usa, come quella dell’Fbi che ieri ha scatenato il ‘security warning’ dell’ambasciata.
Sono cose che inevitabilmente vanno a sporcare lo sforzo del premier per far sentire il paese assicuro, evitare l’effetto Parigi che sarebbe nefasto per il clima nel Belpaese e anche per l’economia.
Perciò il capo del governo conferma tutti i suoi impegni. La vita va avanti.
Stamane ha inaugurato il nuovo pronto soccorso all’ospedale Santo Spirito, che sarà centrale per le emergenze durante il Giubileo al via l’8 dicembre. Ma Renzi ha voluto esserci stamattina proprio per quella che definisce un’attività di ‘Giubileo caring’. Cioè come fare in modo che il Giubileo venga vissuto e raccontato come evento in sè e non solo come ‘allarme sicurezza’. Domani invece il premier sarà alla reggia di Venaria in Piemonte per il ‘Digital day’.
Sarà il giorno per due lanci ufficiali: il nuovo sito di Palazzo Chigi, fermo ad un’impostazione che risale al 1998, e la nuova corsa del sindaco di Torino Piero Fassino per le comunali della prossima primavera.
(da “Huffingtonpost”)
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