Novembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
“IL PD E’ MORTO, VE LO PRENDERETE IN DER SECCHIO”
Doveva essere il funerale dell’amministrazione di Ignazio Marino, come aveva annunciato
il segretario del circolo romano, Marco Sculco.
Invece a San Basilio è andato in scena lo psicodramma del Pd. Bagarre, insulti e caos durante gli interventi degli iscritti.
“Ha abbandonato le periferie, la metro non si è vista, la criminalità è aumentata, si è concentrato soltanto sul centro della città ”, hanno attaccato i più critici.
Ma i sostenitori dell’ex sindaco, ospite della serata, prevalgono: non solo numericamente.
“E’ stato cacciato, e ci siamo tenuti Alemanno per cinque anni, è un partito fascista altro che democratico”, gridano.
L’incontro organizzato dal circolo aveva già suscitato polemiche nei giorni scorsi.
Il commissario Matteo Orfini aveva storto il naso per l’invito all’ex sindaco, tanto da spingere il segretario del circolo a prendere le distanze da Marino: “Non vogliamo candidarlo alle primarie, ma sancire la fine di questa amministrazione”, ha scritto su facebook Sculco.
Ma la frase ha fatto imbestialire iscritti ed elettori del Pd. “Marino è il futuro, io lo voterò con qualunque lista si candidi, il Pd a Roma è morto, se la prenderà in der secchio”, replicano i sostenitori.
“Vogliono impedire che si candidi, ma non si è rotto il rapporto tra la città e Marino, ma tra gli elettori e il Pd nazionale”.
L’affaire Marino, insomma, divide e inasprisce lo scontro interno. “E’ stato un dibattito costruttivo, noi abbiamo avuto il coraggio di farlo, ma Marino è il passato, adesso bisogna guardare avanti. Qui a San Basilio siamo convinti del fallimento, la clap pensa altro”, spiega Sculco.
Eppure anche in periferia non si è digerita del tutto la cacciata: “Non si sfiducia il sindaco della Capitale dal notaio, io alle prossime elezioni non voterò Pd, a malincuore”
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
DONNE ISLAM: “COME I MAFIOSI, VANNO RIPUDIATI”
Mohamed, 67 anni, commerciante franco-algerino, per tentare di riprendersi suo figlio Samy e per salvarlo da quell’abisso di fanatismo e follia era arrivato fino in Siria, solo e disperato.
Un anno dopo, Samy si è fatto esplodere al Bataclan di Parigi in quello che verrà ricordato come uno degli attacchi terroristici più feroci degli ultimi 50 anni.
Hasna Ait Boulahcen, 26 anni, origini marocchine, la prima jihadista donna a morire nel cuore dell’Europa, qualche mese prima di saltare in aria in un sobborgo parigino aveva avvertito il padre Mohamed a Marrakesh: “Sono pronta al martirio per proteggere i miei fratelli”. Lui le aveva chiuso la porta in faccia.
Mohamed Adeslam, fratello di Salah (ricercato dalla polizia di mezza Europa) e di Ibrahim (che si è fatto esplodere in Boulevard Voltaire) lo ribadisce ad ogni intervista: non si era accorto della metamorfosi che aveva trasformato i suoi fratelli in due terroristi e comunque non è riuscito a impedirla.
E così oggi — affinchè qui in Italia non si replichi l’orrore francese — le donne musulmane del nostro Paese rivolgono a tutte le famiglie di fede islamica un appello coraggioso e importante: “Controllate i vostri figli. E se vedete che sono in pericolo e che si stanno unendo a gruppi fondamentalisti non esitate a denunciarli alle forze dell’ordine”.
“Vincere la paura e l’omertà — dicono — è il primo passo per evitare le tragedie e per favorire la nascita di un nuovo Islam, dove le donne potranno avere una parte molto importante”.
La pensa così Souheir Katkhouda, siriana, presidente dell’Associazione Donne Musulmane d’Italia.
E per dirlo non usa molti giri di parole: “Se un genitore dovesse vedere che il proprio ragazzo sta cambiando, si sta indottrinando su Internet, si sta allontanando da tutti, non si può fare finta di niente. Tantomeno cercare di risolvere la cosa da soli, in famiglia. Occorre rivolgersi alle forze dell’ordine. Trovare lo stesso coraggio che trovano i famigliari dei mafiosi che decidono di denunciarli. Perchè è meglio un figlio in carcere che un figlio morto”.
Secondo il presidente delle Donne Musulmane, un ruolo importante deve essere giocato dalla religione islamica sana, che può educare i ragazzi a quelli che sono i veri principi del Corano, e allo stesso tempo allontanare il pericolo della radicalizzazione: “Demonizzare l’Islam non serve a nulla, tantomeno impedire la costruzione delle moschee. Quello che è successo a Parigi ci ha mostrato che quei ragazzi sono stati indottrinati su internet e non nelle moschee, e che la religione non ha nulla a che fare con quello che hanno commesso, perchè anzi hanno infranto ogni principio dell’Islam. Creare dei luoghi di culto controllati può servire a evitare che siano lasciati allo sbando e che entrino a far parte di movimenti radicali”.
Sumaya Abdel Qader, origini palestinesi, esponente dell’associazione islamica Caim fa un paragone ad effetto: “Credo che per un genitore sia come avere un figlio tossicodipendente. Un ragazzo che si droga non si può disintossicare da solo, ma occorre chiedere aiuto”.
E l’aiuto, secondo Sumaya, può arrivare da più fronti: “Nei casi meno gravi, si potrebbe far intervenire un imam che chiarisca quali sono realmente i principi dell’Islam, dove non esiste un messaggio di morte”.
“Un ruolo importante deve essere giocato anche dalle istituzioni, che a livello sociale devono aiutare i ragazzi a riempire quel vuoto che, evidentemente, sfocia nel fanatismo”. “Derive pericolose — tiene a precisare Sumaya — che possono riguardare non solo l’Islam ma ogni parte della società , pensiamo soltanto all’estremismo politico”.
Di fronte a una situazione seria e preoccupante, però, spiega l’esponente del Caim, ci può essere solo un’unica soluzione: “Prendere il coraggio a quattro mani e fare un passo avanti, denunciando alla polizia il proprio figlio, se occorre”.
Le madri musulmane, dunque, chiedono un atto di coraggio senza precedenti. Per dimostrare che l’Islam sta cambiando e che, quel cambiamento, è portato avanti dalle donne.
“La comunità islamica — prosegue – comincia a prendere coscienza che bisogna fare qualcosa per i propri giovani, cambiando l’atteggiamento verso di loro. Prima di oggi si è sempre pensato che si sarebbe tornati a casa nel proprio Paese d’origine e che quindi non c’era fino in fondo la volontà di far parte del paese ospitante. Oggi non è più così. Si prende coscienza che i ragazzi faranno parte del Paese in cui vivono e sono nati e quindi serve un atteggiamento nuovo, che comprenda anche luoghi di culto con guide religiose consapevoli della realtà di oggi e del ruolo della donna”.
“Noi donne stiamo lavorando piano piano come le formichine — spiega Sumaya — ma stiamo cambiando la società musulmana e stiamo prendendo sempre più potere. Solo le donne potranno salvare l’Islam”.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
IL SONDAGGIO ODOXA CERTIFICA CHE I FRANCESI HANNO APPREZZATO LA REAZIONE DEL GOVERNO
La popolarità del presidente francese Franà§ois Hollande è cresciuta di almeno 10 punti
percentuali dopo gli attentati del 13 novembre a Parigi.
Stesso discorso per il premier Manuel Valls, che ha visto crescere il suo indice di consenso di almeno 7 punti nello stesso periodo.
Sono i risultati di un sondaggio Odoxa pubblicato oggi, di cui danno conto i media francesi.
Secondo la rilevazione, la popolarità del presidente Hollande ha fatto un balzo di 10 punti – salendo al 32% – dopo gli attacchi di Parigi.
Segno che la sua reazione — riassunta programmaticamente nel discorso di guerra di Versailles – è piaciuta a molti francesi.
Nello stesso periodo la popolarità del premier Valls è salita di 7 punti percentuali, attestandosi al 43 per cento.
Alla domanda se Hollande possa essere definito un buon presidente della Repubblica, il 32 per cento risponde di sì, il 10% in più rispetto al mese di ottobre.
Il 67 per cento (una percentuale inferiore di 10 punti rispetto al mese scorso) è di parere contrario, secondo l’inchiesta realizzata per l’Express, la stampa regionale e France Inter.
I simpatizzanti di sinistra lo considerano al 70 per cento un buon presidente (+ 15%), dello stesso avviso è l’8% (+4) di quelli di destra.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
I FUNERALI DI VALERIA: INNO DI MAMELI E MARSIGLIESE PER UNA FIGLIA D’EUROPA
Venezia regala una giornata di sole al funerale di Stato per Valeria Solesin, la ricercatrice morta a Parigi durante l’attacco terroristico del 13 novembre al Bataclan.
Al rito funebre, che la famiglia ha voluto civile e non religioso, sono presenti le autorità cittadine insieme con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il patriarca di Venezia mons. Moraglia, il rabbino Bahbout e l’imam Hamad Mahamed.
La bara di Valeria, fino a questa mattina alla camera ardente di Ca’ Farsetti, è stata trasportata in gondola fino a piazza San Marco e portata in spalla poi dai gondolieri fino al luogo della cerimonia dove porgono omaggio anche il sindaco Luigi Brugnaro, la ministra della Difesa Roberta Pinotti e Gino Strada, il fondatore di Emergency presso la quale la giovane Valeria aveva fatto volontariato.
Una piazza San Marco gremita ha atteso l’arrivo del feretro di Valeria Solesin, trasportato da una gondola che, lungo il Canal Grande, è stata scortata da un corteo di altre imbarcazioni.
La bara, ricoperta di fiori bianchi, è stata poi portata a spalla dai gondolieri e deposta davanti alla basilica. Le esequie civili, alla presidenza del capo dello stato Sergio Mattarella e del ministro della Difesa Roberta Pinotti, sono iniziate con i due inni nazionali, italiano e francese, per ricordare tutte le vittime degli attentati di Parigi. Presenti tra gli altri il Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, il presidente della Regione Veneto Luca Zaia. In piazza, sui pennoni, bandiere a mezz’asta e tante corone di fiori attorno al feretro.
«Il fanatismo vorrebbe nobilitare il massacro con dei valori», ha affermato, durante i funerali il padre di Valeria, Alberto, con vicina la moglie Luciana.
«Desidero inviare un pensiero alle tante famiglie che come noi cercano di superare il dolore per la perdita di un familiare». E ha aggiunto: «Se è lontanamente vero quello che è stato detto in questi giorni che la nostra compostezza è stata un esempio per il Paese, ciò era un atto dovuto».
Alberto Solesin ha poi voluto ringraziare l’ambasciatore italiano a Parigi e l’unità di crisi della Farnesina per l’aiuto prestato alla famiglia e «la vicinanza umana».
(da agenzie)
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Novembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
LA MINORANZA: “NIENTE RAGGIRI BUROCRATICI”…IN SOCCORSO A BASSOLINO ANCHE IL RIVALE RANIERI…E RENZI PRENDE TEMPO
Il limite dei due mandati consecutivi non basta. Per il Pd uno che ha già fatto il sindaco non
può più candidarsi.
E se non ha altre cariche politiche, sta nel partito, sì, ma magari darsi alla bocciofila, allo scopone scientifico.
E la scelta “dal basso”, la partecipazione popolare, il grido di dolore che si levò per avere “primarie aperte“? Niente, via tutto.
“La proposta della segreteria, che sarà discussa nelle prossime settimane, prevede che chi è già stato sindaco non potrà candidarsi alle primarie” dice Debora Serracchiani, vicesegretario del partito.
E così non ci vuole quella gran dose di malizia per pensare che sia una norma pensata nel fine settimana per rispondere alla candidatura ufficializzata da Antonio Bassolino a Napoli.
E, incidentalmente, una regola che farebbe strike con Ignazio Marino, un altro che ha “minacciato” di ricandidarsi alle primarie per Roma, nonostante tutto.
E quindi si profila una sfida aperta tra l’ex sindaco e ex presidente della Regione Campania da una parte e il segretario e presidente del Consiglio Matteo Renzi che ha proposto una moratoria del dibattito sulle primarie fino a gennaio.
Però un colpo di mano lo tenta di sicuro, proponendo in direzione la data del 20 marzo come election day nazionale “per fare le primarie”.
Sconfessando così la decisione del Pd di Milano ma anche di Napoli che avevano fissato le elezioni di primo livello al 7 febbraio.
Bassolino: “Renzi disse che le regole non cambiavano”
Bassolino sfida direttamente il segretario del partito, Matteo Renzi: “Sono d’accordo con lui — dice l’ex presidente della Campania — Le regole non si cambiano, l’ha detto il 21 ottobre scorso”.
In effetti il capo del Pd e del governo, in un’intervista del 21 ottobre (un mese fa) a Otto e mezzo su La7, aveva assicurato che le regole sarebbero rimaste le stesse.
“Non cambieremo le regole per le primarie”.
D’altra parte, precisa Bassolino, nel primo incontro pubblico della sua campagna elettorale, “Renzi stesso è figlio delle primarie. Bersani, segretario in carica, fu un signore a fissare regole che hanno consentito a Renzi di candidarsi e vincere”.
E in suo sostegno arriva ora la minoranza del Pd.
“I problemi politici si affrontano con la politica, non cambiando le regole” dice Roberto Speranza.
E’ “una decurtazione delle libertà personali — aggiunge Nico Stumpo — Servono soluzioni politiche, non raggiri burocratici”. “Non si cambiano mai le regole in corso di gioco ma ben prima e a Napoli è stata già fissata la data del 7 di febbraio. E poi io in generale penso che sono giuste le regole che tengono a includere e ad aumentare la partecipazione, non ad escludere” aveva detto alla Telefonata di Belpietro, su Canale 5. Il suo obiettivo, ha precisato più volte, è far terminare quello che definisce “l’isolamento” di Napoli avvenuto con l’amministrazione di Luigi De Magistris.
Serracchiani: “Non è una regola contro di lui
No, precisa la Serracchiani, non è una regola contra personam perchè “varrebbe anche per Renzi a Firenze e Delrio a Reggio Emilia“, anche se la differenza che il primo è presidente del Consiglio e il secondo ministro dei Trasporti verosimilmente fino al 2018.
Ma la Serracchiani precisa: “È solo un modo per dire che quando un’esperienza si è chiusa, si è chiusa per davvero. Nulla di strano: lui ha già dato”.
Certo, la vicesegretaria concede a Bassolino di “decidere liberamente di fare qualunque scelta, ma non potrà correre alle primarie del Pd”. Ad ogni modo ci saranno “le stesse regole ovunque. Chiare, per tutti: da Aosta a Marsala“.
Guerini: “Quando un’esperienza è chiusa, è chiusa”
Ma è chiaro che il messaggio arriva in modo concentrico. Le stesse parole, quasi in fotocopia, le pronuncia infatti l’altro vice di Renzi nel partito, Lorenzo Guerini, intervistato dalla Stampa: “Tanto per cominciare, le amministrative non possono essere occasione di rivincite personali ma devono essere collegate ad un progetto condiviso” dice. E ribadisce, quasi da copione: “Chi ha già fatto il sindaco per due mandati, anche in tempi lontani, è bene lasci il testimone ad altri. Quando un’esperienza è chiusa, è chiusa. Varrebbe per Delrio a Reggio Emilia, per Renzi a Firenze o per me stesso se pensassi di ricandidarmi a Lodi”. Stessi esempi, anche se in situazioni diverse.
Ranieri, l’eterno rivale: “Non si cambia in corsa
E in sostegno di Bassolino, arriva Umberto Ranieri, rivale storico di Bassolino e rivale di Andrea Cozzolino (candidato bassoliniano) alle primarie del 2011, quelle annullate e finite con la scelta dall’alto del prefetto Mario Morcone (poi sconfitto alle Comunali).
“Le regole non si cambiano in corsa” dice Ranieri, parlamentare dal 1994 al 2008, ex sottosegretario agli Esteri e ritenuto vicino a Giorgio Napolitano. “Non ho condiviso la scelta di Antonio Bassolino di candidarsi alle primarie per il sindaco di Napoli del centrosinistra — spiega Ranieri — ho sostenuto una strada diversa: una personalità espressione delle forze vitali e delle energie che animano la società napoletana, in ogni caso lavorerò perchè una nuova generazione entri in campo. Considero tuttavia inaccettabili le discriminazioni verso Bassolino e l’adozione di misure che ne impediscano la partecipazione alle primarie”.
Anche per il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta è una “norma ad personam”: “Gli si dica di non candidarsi e basta”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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