“DENUNCIATE I VOSTRI FIGLI”: L’APPELLO DELLE DONNE MUSULMANE ALLE FAMIGLIE DEGLI INTEGRALISTI
DONNE ISLAM: “COME I MAFIOSI, VANNO RIPUDIATI”
Mohamed, 67 anni, commerciante franco-algerino, per tentare di riprendersi suo figlio Samy e per salvarlo da quell’abisso di fanatismo e follia era arrivato fino in Siria, solo e disperato.
Un anno dopo, Samy si è fatto esplodere al Bataclan di Parigi in quello che verrà ricordato come uno degli attacchi terroristici più feroci degli ultimi 50 anni.
Hasna Ait Boulahcen, 26 anni, origini marocchine, la prima jihadista donna a morire nel cuore dell’Europa, qualche mese prima di saltare in aria in un sobborgo parigino aveva avvertito il padre Mohamed a Marrakesh: “Sono pronta al martirio per proteggere i miei fratelli”. Lui le aveva chiuso la porta in faccia.
Mohamed Adeslam, fratello di Salah (ricercato dalla polizia di mezza Europa) e di Ibrahim (che si è fatto esplodere in Boulevard Voltaire) lo ribadisce ad ogni intervista: non si era accorto della metamorfosi che aveva trasformato i suoi fratelli in due terroristi e comunque non è riuscito a impedirla.
E così oggi — affinchè qui in Italia non si replichi l’orrore francese — le donne musulmane del nostro Paese rivolgono a tutte le famiglie di fede islamica un appello coraggioso e importante: “Controllate i vostri figli. E se vedete che sono in pericolo e che si stanno unendo a gruppi fondamentalisti non esitate a denunciarli alle forze dell’ordine”.
“Vincere la paura e l’omertà — dicono — è il primo passo per evitare le tragedie e per favorire la nascita di un nuovo Islam, dove le donne potranno avere una parte molto importante”.
La pensa così Souheir Katkhouda, siriana, presidente dell’Associazione Donne Musulmane d’Italia.
E per dirlo non usa molti giri di parole: “Se un genitore dovesse vedere che il proprio ragazzo sta cambiando, si sta indottrinando su Internet, si sta allontanando da tutti, non si può fare finta di niente. Tantomeno cercare di risolvere la cosa da soli, in famiglia. Occorre rivolgersi alle forze dell’ordine. Trovare lo stesso coraggio che trovano i famigliari dei mafiosi che decidono di denunciarli. Perchè è meglio un figlio in carcere che un figlio morto”.
Secondo il presidente delle Donne Musulmane, un ruolo importante deve essere giocato dalla religione islamica sana, che può educare i ragazzi a quelli che sono i veri principi del Corano, e allo stesso tempo allontanare il pericolo della radicalizzazione: “Demonizzare l’Islam non serve a nulla, tantomeno impedire la costruzione delle moschee. Quello che è successo a Parigi ci ha mostrato che quei ragazzi sono stati indottrinati su internet e non nelle moschee, e che la religione non ha nulla a che fare con quello che hanno commesso, perchè anzi hanno infranto ogni principio dell’Islam. Creare dei luoghi di culto controllati può servire a evitare che siano lasciati allo sbando e che entrino a far parte di movimenti radicali”.
Sumaya Abdel Qader, origini palestinesi, esponente dell’associazione islamica Caim fa un paragone ad effetto: “Credo che per un genitore sia come avere un figlio tossicodipendente. Un ragazzo che si droga non si può disintossicare da solo, ma occorre chiedere aiuto”.
E l’aiuto, secondo Sumaya, può arrivare da più fronti: “Nei casi meno gravi, si potrebbe far intervenire un imam che chiarisca quali sono realmente i principi dell’Islam, dove non esiste un messaggio di morte”.
“Un ruolo importante deve essere giocato anche dalle istituzioni, che a livello sociale devono aiutare i ragazzi a riempire quel vuoto che, evidentemente, sfocia nel fanatismo”. “Derive pericolose — tiene a precisare Sumaya — che possono riguardare non solo l’Islam ma ogni parte della società , pensiamo soltanto all’estremismo politico”.
Di fronte a una situazione seria e preoccupante, però, spiega l’esponente del Caim, ci può essere solo un’unica soluzione: “Prendere il coraggio a quattro mani e fare un passo avanti, denunciando alla polizia il proprio figlio, se occorre”.
Le madri musulmane, dunque, chiedono un atto di coraggio senza precedenti. Per dimostrare che l’Islam sta cambiando e che, quel cambiamento, è portato avanti dalle donne.
“La comunità islamica — prosegue – comincia a prendere coscienza che bisogna fare qualcosa per i propri giovani, cambiando l’atteggiamento verso di loro. Prima di oggi si è sempre pensato che si sarebbe tornati a casa nel proprio Paese d’origine e che quindi non c’era fino in fondo la volontà di far parte del paese ospitante. Oggi non è più così. Si prende coscienza che i ragazzi faranno parte del Paese in cui vivono e sono nati e quindi serve un atteggiamento nuovo, che comprenda anche luoghi di culto con guide religiose consapevoli della realtà di oggi e del ruolo della donna”.
“Noi donne stiamo lavorando piano piano come le formichine — spiega Sumaya — ma stiamo cambiando la società musulmana e stiamo prendendo sempre più potere. Solo le donne potranno salvare l’Islam”.
(da “Huffingtonpost”)
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