Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
PREVALE LA LINEA DEI “DURI E PURI”, RIDIMENSIONATO DI MAIO
Il cambio di passo, o per lo meno di umore, all’interno del Movimento 5 Stelle lo segnano i deputati: Roberto Fico sarà il nuovo vicecapo gruppo alla Camera.
In gergo grillino questo si traduce nel fatto che fra tre mesi sarà il nuovo capogruppo. Sarà dunque lui a guidare i deputati nel momento più critico della legislatura, quello che secondo i rumors potrebbe portare al voto.
Fico, diviso ormai da Luigi Di Maio da visioni del Movimento contrapposte, ha già sfidato il ‘delfino’ di Beppe Grillo nella corsa alla candidatura a premier e da capogruppo potrebbe guidare i deputati riportandoli all’idea originale del Movimento, quella dell’uno vale uno.
Come ha spiegato di recente, in un solo concetto: “Senza personalismi”.
Con Fico capogruppo, dopo che il Direttorio a causa delle beghe interne al Movimento non esiste più, potrebbe essere inaugurato un nuovo corso, dove a farne da padrone potrebbe esserci un testa a testa tra Fico e Di Maio, che nei fatti è già iniziato con il ‘caso Roma’ che non accenna a placarsi.
Dopo che il sindaco Virginia Raggi ha nominato Luca Bergamo suo vice e Pinuccia Montanari assessore all’Ambiente, quando tutto doveva ripartire sulla strada giusta, una nuova bomba le è scoppiata tra le mani.
L’Organismo di revisione dei conti della Capitale (Oref) ha sonoramente bocciato il Documento unico di programmazione contenuto nel bilancio di previsione del Campidoglio, poichè “non chiaro negli obiettivi di gestione da raggiungere”.
I revisori, valutando il Dup proposto dalla Giunta Raggi, spiegano che “pur mostrando una tendenza verso politiche di contenimento della spesa, tuttavia non evidenzia in modo esaustivo gli obiettivi di gestione, nei quali si declinano politiche, programmi e progetti dell’ente rilevabili nel breve periodo, in termini di efficacia ed efficienza”.
Inoltre “non sono espresse le politiche da adottare circa il recupero delle entrate, più volte oggetto di raccomandazione dei Revisori e che costituisce uno degli aspetti più drammatici e critici di Roma Capitale”.
Insomma il documento redatto dall’assessore al Bilancio Andrea Mazzillo, che Raggi avrebbe voluto come vicesindaco salvo subire lo stop di Grillo, è da rifare e con grande imbarazzo
Marcello De Vito, presidente dell’assemblea capitolina, ha dovuto sospendere la seduta poichè non era possibile andare avanti nel dibattito. Dunque, un nuovo stallo, che si somma a tutte le altre nomine da portare ancora a termine.
Per questa ragione Beppe Grillo e Davide Casaleggio continuano a tenere gli occhi aperti sul Campidoglio. Il garante del M5S e il figlio del cofondatore del Movimento, che ormai riveste un ruolo sempre più di primo piano, in queste ore continuano a lavorare sulle vicende capitoline, dopo l’ultima burrasca che ha portato all’arresto di Raffaele Marra e a un millimetro dalla rottura Virginia Raggi.
Così il sindaco sarà affiancata da due fedelissimi dei vertici 5 Stelle: i deputati Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, quest’ultimo nominato di recente ‘probiviro’, ovvero chiamato a decidere con i colleghi Paola Carinelli e Nunzia Catalfo dei procedimenti disciplinari interni ai 5 Stelle.
Fraccaro e Bonafede, negli ultimi due giorni hanno fatto la ‘spola’ tra Campidoglio e Montecitorio.
I due fanno parte del gruppo di supporto ai Comuni del M5S, da cui la città di Roma era esclusa, ma data l’emergenza e considerato che il mini-direttorio, a causa di numerose incomprensioni non esiste più, saranno gli occhi Grillo sulla Capitale
(da “Huffingtonpost“)
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
I REVISORI DEI CONTI HANNO DATO PARERE NEGATIVO ALLA MANOVRA: “NON E’ IN EQUILIBRIO FINANZIARIO”… OPPOSIZIONI SCATENATE GRIDANO: “A CASA, A CASA”
Per la prima volta nella storia del Campidoglio, il bilancio di previsione va in tilt. 
A calare la scure sulla manovra 2017-2019 è l’Oref, l’organo di revisione economico-finanziaria del Comune.
La bocciatura è arrivata dopo quattro ore di sospensione dei lavori in aula Giulio Cesare ed è stata annunciata dal presidente dell’Assemblea capitolina Marcello De Vito dopo un’accesa conferenza con i capigruppo delle opposizioni.
La stroncatura ha immediatamente prodotto i suoi effetti: la seduta odierna del consiglio comunale è stata chiusa in anticipo ed è stata sconvocata quella prevista per domani.
L’organo di revisione, come si legge nel testo del parere, “ritiene non sufficienti gli spazi di finanza pubblica necessari al rispetto dell’equilibrio finanziario in relazione alle necessità che potrebbero rivelarsi rispetto al riconoscimento dei debiti fuori bilancio, alle passività potenziali comunque presenti e a tutte le criticità evidenziate nel presente parere ed esprime parere non favorevole, sulla proposta di approvazione del bilancio di previsione 2017-2019 e relativi allegati”.
L’assessore al Bilancio Andrea Mazzillo dovrà , dunque, ricominciare da capo l’iter che lo ha portato a compilare il bilancio.
Un rendiconto che con tutta probabilità a questo punto non potrà essere approvato entro il termine del 31 dicembre.
Il rischio concreto è quello di entrare in una gestione provvisoria, con forti limitazioni alle capacità di spesa.
Un capitolo a parte è dedicato alle società in house del Comune.
Secondo l’Oref, c’è bisogno di “razionalizzare il perimetro delle partecipate di Roma Capitale, provvedendo alla cessione delle partecipazioni e/o allo scioglimento delle società non strettamente necessarie al perseguimento dei fini istituzionali dell’ente al fine del conseguimento di risparmi di spese e riduzioni dei rischi derivanti della gestione delle società stesse”. La raccomandazione è ormai un classico per i revisori dei conti, che già in precedenza si sono espressi negli stessi termini sul tema delle municipalizzate.
Alla notizia del parere negativo le opposizioni si sono scatenate, sottolineando come sia la prima volta che l’Oref dà parere negativo al previsionale. Alessandro Onorato, capogruppo della Lista Marchini, ha paventato l’ipotesi del “default” perchè “il fondo passività è sballato, non copre i debiti fuori bilancio e le passività potenziali. Le municipalizzate sono fuori controllo, ha fatto bene l’Oref a dirlo chiaramente. Ora bisogna rifare il bilancio”.
“La richiesta che facciamo noi – ha aggiunto Michela Di Biase del Pd – è di mandare subito il parere di nuovo in giunta perchè così non è possibile procedere alla votazione del bilancio. Ci esporremmo a un possibile esposto della Corte dei conti. In sostanza nel dispositivo si dice che non si rispettano gli spazi di finanza pubblica”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
IL GIORNALE DEL FIGLIO DEL MINISTRO HA RICEVUTO 500.000 EURO DI FONDI PUBBLICI IN TRE ANNI
Manuel Poletti, figlio del ministro del Lavoro Giuliano, dirige un giornale che ha ricevuto solo nel 2015 circa 191mila euro di fondi pubblici.
Si tratta Sette Sere Qui, un settimanale nato nel 1996 che copre i territori di Faenza, Lugo, Ravenna e Cervia, edito dalla Cooperativa giornalisti “Media Romagna” di Imola. Cooperativa a sua volta presieduta da Manuel Poletti.
Un’informazione nota ma che ha ripreso a circolare sui social network dopo le recenti uscite del ministro del Lavoro sui “cervelli in fuga” che hanno scatenato un fiume di polemiche:
“Se 100mila giovani se ne sono andati non è che qui sono rimasti 60 milioni di ‘pistola’. Ci sono persone andate via e che è bene che stiano dove sono perchè questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”, ha detto il ministro del Lavoro salvo poi correggere il tiro dicendo di “essersi espresso male”.
“Facile difendere #JobsAct e #voucher quando persino tuo figlio ha azienda che campa grazie a contributi editoria pagati dallo Stato”, è uno dei tanti commenti fioccati su twitter.
Il riferimento è alla cooperativa di giornalisti che è proprietaria del settimanale romagnolo, diretto da Poletti Jr dal 2009.
Secondo le norme che regolano i contributi alla stampa (legge 250/90) il periodico Sette Sere Qui ha ricevuto nel 2015 190.888,48 euro di contributi pubblici.
Importo simile a quello corrisposto nel 2014, quando al settimanale sono pervenuti un totale di 197.013,74 euro.
Qualche decina di migliaia di euro in meno invece nel 2013 per il quotidiano diretto da Poletti Jr: il totale dei contributi pubblici erogati ammonta a 133.697,24 euro. In tre anni sono circa mezzo milione di euro.
Come ricorda un articolo di Italia Oggi, Poletti Jr ha seguito le orme del padre lanciandosi a testa bassa nel mondo delle cooperative.
Il ministro infatti viene da quel mondo, essendo stato presidente nazionale di Legacoop prima di approdare al ministero del Lavoro che ha varato norme controverse come il Jobs Act e il decreto Poletti.
Manuel ha seguito le sue orme: lontano dalla politica ha preferito muovere “passi importanti all’interno di Legacoop Romagna, l’organizzazione territoriale delle coop rosse scaturita dalla fusione di quelle di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini”.
Circostanze che fanno storcere il naso a molti viste le tanto discusse esternazioni del ministro sui giovani.
Come a Francesco Venier, ricercatore all’Università di Trieste: “Toh, il figlio di Poletti (lega COOP) non ha dovuto emigrare per trovare una carriera decente”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
A CAPO DI PEDEMONTANA CON UNO STIPENDIO CHE POTREBBE ARRIVARE A 240.000 EURO L’ANNO
Un grande regalo di Natale per il baby pensionato Antonio di Pietro. 
A impacchettarlo e metterlo sotto l’albero è stato l’assessore al bilancio della regione Lombardia Massimo Garavaglia.
L’esponente leghista, infatti, ha presentato un emendamento alla legge di bilancio regionale per far sì che anche i manager pensionati, con incarichi in una società partecipata, possano ricevere uno stipendio, derogando dalla norma nazionale che vieta a un pensionato di ricevere un emolumento.
Attenzione, non tutti i manager, ma solo quelli che si occupano di “progettazione e gestione delle autostrade regionali”.
L’emendamento contestat
Una norma — secondo l’opposizione e buona parte della maggioranza — cucita su misura per l’ex Pm di Mani Pulite, voluto da Maroni da luglio scorso alla guida di Pedemontana.
Oggi Di Pietro non riceve alcun emolumento — nonostante il sito della società riporti uno stipendio annuo di 60 mila euro — , ma lavorare gratis non piace a nessuno.
Tanto che l’ex magistrato avrebbe fatto più volte capire a Maroni che è pronto a salutare se non sarà pagato.
Da qui la forzatura del presidente Maroni, pronto ad affrontare le ire anche dei suoi: secondo voci di corridoio, il gruppo della Lega Nord sarebbe pronta a chiedere la testa dell’assessore al Bilancio, mentre una Forza Italia imbufalita sarebbe pronta a votare no.
Garavaglia, comunque, è deciso ad andare avanti: “Nessun favore a Di Pietro, semplicemente vogliamo pagare chi lavora”, ha spiegato martedì pomeriggio.
“Il suo stipendio — ha aggiunto — lo decide l’assemblea come tutte le società del mondo”.
In giornata era circolata anche la voce che il Pirellone volesse andare oltre il “regalino”, permettendo addirittura a Di Pietro di sforare la soglia dei 240 mila euro annui previsti per i manager pubblici.
Una voce smentita dallo stesso Garavaglia: “Non ho idea di quanto prenderà Di Pietro, comunque non ci sarà alcuno sforamento”.
Resta comunque una norma ad personam, che difficilmente i colleghi di maggioranza — già assai “dubbiosi” sulla scelta dell’ex magistrato per gestire un’autostrada dalla vita difficile e spesso al centro delle polemiche — potranno accettare.
Il pasticciaccio sullo stipendio di Di Pietro è solo l’ultima tegola piovuta sulla giunta Maroni a causa di Pedemontana: nei giorni scorsi l’opposizione aveva attaccato la decisione del Presidente di concedere l’ennesima copertura pubblica dei debiti contratti dalla società autostradale con le banche, un “regalino” da 240 milioni di euro.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
“MARRA E ROMEO HANNO PORTATO UN SACCO DI VOTI A M5S, POI SONO PASSATI ALL’INCASSO”
“Marra si comportava come se il sindaco fosse lui e si muoveva in maniera spregiudicata assieme a Romeo. Erano sodali, avvinghiati in modo indissolubile, un sol respiro… il primo che vestiva gessato e sembrava civile, mentre l’altro rozzo e arrogante fino al limite della brutalità “.
Lo dice in un colloquio con Qn Carla Raineri, ex capo di gabinetto capitolina autrice del dossier che ha fatto scaturire l’inchiesta sulle nomine.
Raineri dice di aver avuto la sensazione che Raffaele Marra potesse ricattare Virginia Raggi. “Vediamo adesso che cosa avrà da dire”, aggiunge, “visto che diceva sempre, come un mantra minaccioso, ‘se parlo io…’. Ecco, adesso ha l’opportunità di parlare, che lo faccia!”.
“So per certo che è stato Romeo a presentare Marra alla Raggi. Dunque il vero sodalizio comincia con il primo. E so per certo che Marra è comunque entrato nella vita della Raggi, se così si può dire, ben prima di essere eletta sindaco. Insomma, il patto tra i tre, evidentemente, era precedente, fin da quando la Raggi vinse le ‘comunarie’ a 5 stelle contro De Vito”.
Raineri crede che ci possa essere stato un aiuto elettorale “pesante”.
“Marra e Romeo hanno portato una montagna di voti alla Raggi, poi sono passati all’incasso, come avviene in questi casi. Però, forse, la questione non si limita solo a questo. Ho la sensazione che ci sia anche di più”.
“Durante il ricevimento per il matrimonio di un Consigliere di Stato in Campidoglio, un comune amico incrociò l’avvocato Sammarco e gli chiese come mai la Raggi avesse accanto un personaggio discutibile come Marra. L’avvocato Sammarco rispose seccato: ‘Marra non si tocca’. Una risposta che dice molte cose…”.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
L’ANALISI IMPIETOSA DI UN ESPERTO DI WEB CERTIFICA IL CROLLO DI POPOLARITA’ DELLA SINDACA CINQUESTELLE
È stata una settimana difficile. Inizia cosi l’ultimo post pubblicato su Facebook da Virginia Raggi.
Sembra di vedere un film già trasmesso qualche mese fa, quando a inizio settembre una raffica di dimissioni mandò in tilt la Raggi e il suo staff.
In quei giorni, sotto la pressione dei media e con un web che ribolliva di rabbia contro la neo sindaca, il movimento perse tantissimo in termini di consenso elettorale.
Infatti nella settimana precedente la tempesta scatenata sulla Raggi il M5s era il primo partito italiano, davanti al Pd con 3 decimi di vantaggio.
Dopo il netto calo d’immagine dei grillini un sondaggio Emg evidenziò come il M5s si fermasse al 29,0%, calando di oltre il 2% a tutto vantaggio del Pd.
Oggi lo scenario si ripete, secondo il sondaggio Emg di ieri.
Il caso Marra ha risvegliato nella rete una sentiment fortemente negativa nei confronti della Raggi e del M5s.
L’arresto del braccio destro del sindaco è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso: venerdì 16 dicembre “Marra” è stato l’argomento più cercato sul web.
Con più di 200mila ricerche su google il caso Marra è stato fortemente correlato a Virginia Raggi e Beppe Grillo.
Per capire l’entità della situazione basti dire che nello stesso giorno l’altra notizia più importante, legata al sindaco di Milano Giuseppe Sala, è stata cercata soltanto 50mila volte.
Nella Twitter-sfera la vicenda ha avuto contorni molto ampi, gli hashtag #raggi e #marra sono rimasti nella classifica degli argomenti più discussi in Italia per oltre 20 ore.
In particolare #raggi ha registrato più di 10 milioni di visualizzazioni da parte di più di 7 milioni di utenti unici.
La sentiment è stato decisamente negativa, associato a questo argomento abbiamo trovato hashtag come #raggidimettiti, #raggirati e #marracapitale.
Il tweet più virale sull’argomento (794 retweet) è stato scritto dal giornalista Rai Marco Frittella: “Arresto di #Marra, dimissioni di #Muraro. Sei mesi di niente. Sipario sulla #Raggi. Doveva essere la prova per il governo nazionale #M5s”.
Questo messaggio è stato più coinvolgente di quello di Marco Travaglio che ha provato a difendere la Raggi scrivendo che il sindaco di Roma non poteva conoscere i rapporti passati tra Raffaele Marra e l’immobiliarista Scarpellini.
Contro Virginia Raggi ha inoltre puntato i suoi riflettori una delle fanpage più popolari e interattive della capitale, “Roma Fa Schifo”.
Questa pagina facebook che si definisce “una bacheca nata per mettere insieme l’indignazione nei confronti del malgoverno e del degrado in cui versa Roma” è arrivata in pochi anni a essere citata anche dal New York Times, diventando un vero e proprio organo di informazione in grado di orientare l’opinione pubblica digitale dei romani.
Molti dei post scritti in questi giorni da Roma Fa schifo contro il sindaco di Roma stanno ottenendo livelli di coinvolgimento davvero alti tra gli utenti di Facebook.
La capitale d’Italia, con le relative vicende negative che vedono coinvolte il suo sindaco, si sta trasformando in un laboratorio di demolizione dell’immagine e della web reputation del movimento 5 stelle.
Guido Petrangeli
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
SI TEME POSSA ESSERE TRA LE 12 VITTIME DI CUI NON VI E’ ANCORA CERTEZZA SULL’IDENTITA’
Berlino, dispersa un’italiana. Si tratterebbe della trentunenne Fabrizia Di Lorenzo. 
Il suo cellulare sarebbe stato ritrovato vicino a Breitscheidplatz, il luogo della strage. Un ragazzo l’ha trovato e consegnato alla polizia.
Contattata telefonicamente l’Ambasciata italiana a Berlino conferma la forte preoccupazione.
La cugina sia su twitter che sul profilo Facebook di Fabrizia nelle scorse ore ha lanciato un appello cercando di rintracciarla. Nessuno degli amici che abbiamo contattato finora ha sue notizie.
Secondo quanto appurato dell’Huffington Post attraverso conoscenze in comune, Fabrizia non si sarebbe recata oggi presso gli uffici della 4flow AG presso cui lavora. L’azienda, contattata telefonicamente, non rilascia dichiarazioni in merito perchè non autorizzata.
Dopo aver sentito fonti della polizia berlinese e dell’ambasciata italiana, entrambe confermano una “forte preoccupazione”. Il timore è che sia una delle dodici vittime sulla cui identità ancora non sono state diffuse notizie.
Fabrizia, di origine abruzzese, vive e lavora a Berlino dove si è trasferita già da alcuni anni.
La giovane si è laureata a Bologna nel 2012 in Relazioni internazionali e diplomatiche, dopo aver conseguito la triennale alla Sapienza di Roma in Mediazione linguistico-culturale.
Subito dopo ha fatto un master alla Cattolica di Milano e dal 2013 vive a Berlino, dove lavora per un’azienda di trasporti.
L’ultimo tweet di Fabrizia risale al 5 dicembre, in cui ha postato la scena del film “La meglio gioventù” in cui il professore universitario, durante un esame di Medicina, invita Nicola (Luigi Lo Cascio) a lasciare l’Italia, un Paese di dinosauri, in cui non cambia mai nulla.
(da agenzie)
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Dicembre 20th, 2016 Riccardo Fucile
“PRIMA CI AVETE COSTRETTO AD ANDARCENE, POI CI SBEFFEGGIATE”: LA LETTERA APERTA DI UNA RICERCATRICE ITALIANA EMIGRATA IN FRANCIA
Caro Ministro Poletti,
le sue scuse mi imbarazzano tanto quanto le sue parole mi disgustano.
Siamo quelli per cui il Novecento è anche un patrimonio cinematografico invidiabile, che non inseguiva necessariamente i botteghini della distribuzione di massa, e lì imparammo che le parole sono importanti, e lei non parla bene.
Non da oggi.
A mia memoria da quando il 29 novembre 2014 iniziò a dare i numeri sul mercato del lavoro, dimenticandosi tutti quei licenziamenti che i lavoratori italiani, giovani e non, portavano a casa la sera.
Continuò a parlare male quando in un dibattito in cui ci trovammo allo stesso tavolo dichiarò di essere “il ministro del lavoro per le imprese”, era il 18 aprile del 2016.
Noi, quei centomila che negli ultimi anni siamo andati via, ma in realtà molti di più, non siamo i migliori, siamo solo un po’ più fortunati di molti altri che non sono potuti partire e che tra i piedi si ritrovano soltanto dei pezzi di carta da scambiare con un gratta e vinci
Parlo dei voucher, Ministro.
E poi, sa, anche tra di noi che ce ne siamo andati, qualcuno meno fortunato esiste.
Si chiamava Giulio Regeni, e lui era uno dei migliori.
L’hanno ammazzato in Egitto perchè studiava la repressione contro i sindacalisti e il movimento operaio. L’ha ammazzato quel regime con cui il governo di cui lei fa parte stringe accordi commerciali, lo stesso governo che sulla morte di Giulio Regeni non ha mai battuto i pugni sul tavolo, perchè Giulio in fin dei conti cos’era di fronte ai contratti miliardari?
Intanto, proprio ieri l’Inps ha reso noto che nei dieci mesi del 2016 sono stati venduti 121 milioni e mezzo di voucher. Da quando lei è ministro, ne sono stati venduti 265.255.222: duecentosessantacinquemilioniduecentocinquantacinquemiladuecentoventidue.
Non erano pistole, è sfruttamento.
Sa, qualcuno ci ha rimesso quattro dita a lavorare a voucher davanti a una pressa.
È un ragazzo di ventuno anni, non ha diritto alla malattia, a niente, perchè faceva il saldatore a voucher.
Oggi, senza quattro dita, lei gli offrirà un assegno di ricollocazione da corrispondere a un’agenzia di lavoro privata.
Magari di quelle che offrono contratti rumeni, perchè tanto dobbiamo essere competitivi.
Quelli che sono rimasti sono coloro che per colpa delle politiche del suo governo e di quelli precedenti si sono trovati in pochi anni da generazione 1000 euro al mese a generazione a 5000 euro l’anno.
Lo stesso vale per chi se n’è andato e forse prima o poi vi verrà il dubbio che molti se ne sono andati proprio per questo.
Quelli che sono rimasti sono gli stessi che lavorano nei centri commerciali con orari lunghissimi e salari da fame
Quelli che fanno i facchini per la logistica e vedono i proprio fratelli morire ammazzati sotto un tir perchè chiedevano diritti contro lo sfruttamento.
Sono quelli che un lavoro non l’hanno mai trovato, quelli che a volte hanno pure pensato “meglio lavorare in nero e va tutto bene perchè almeno le sigarette posso comprarle”.
Sono gli stessi che non possono permettersi di andare via da casa, o sempre più spesso ci ritornano, perchè il suo governo come altri che lo hanno preceduto, invece di fare pagare più tasse ai ricchi e redistribuire le condizioni materiali per il soddisfacimento di un bisogno di base e universale come l’abitare, ha pensato bene di togliere le tasse sulla casa anche ai più ricchi e prima ancora di approvare il piano casa.
È lo stesso governo che spende lo zero percento del Pil per il diritto all’abitare.
È lo stesso governo che si rifiuta di ammettere la necessità di un reddito che garantisca a tutti dignità .
Ma badi bene, non sono una “redditista”, solo che a fronte di 17 milioni di italiani a rischio povertà , quattro milioni in condizione di povertà assoluta, mi pare sia evidente che questo passaggio storico per l’Italia non sia oggi un punto d’arrivo politico quanto un segno di civiltà .
Ma vorrei essere chiara, il diritto al reddito non è sostituibile al diritto alla casa, sono diritti imprescindibili entrambi.
E le vorrei sottolineare che non è colpa dei nostri genitori se stiamo messi così, è colpa vostra che credete che siano le imprese a dover decidere tutto e a cui dobbiamo inchinarci e sacrificarci.
I colpevoli siete voi che pensate si possano spostare quasi 20 miliardi dai salari ai profitti d’impresa senza chiedere nulla in cambio- tanto ci sono i voucher- e poi un anno dopo approvate anche la riduzione delle tasse sui profitti.
Così potrete sempre venirci a dire che c’è il deficit, che si crea il debito e che insomma la coperta è corta e dobbiamo anche smetterla di lamentarci perchè, mal che vada, avremo un tirocinio con Garanzia Giovani.
I colpevoli siete voi che non credete nell’istruzione e nella cultura, che avete tagliato i fondi a scuola e università , che avete approvato la buona scuola e ora imponete agli studenti di andare a lavorare da McDonald e Zara.
Sa, molti di quei centomila che sono emigrati lavorano da McDonald o Zara, anche loro hanno un diploma o una laurea e se li dovesse mai incontrare per strada chieda loro com’è la loro vita e se sono felici.
Le risponderanno che questa vita fa schifo.
Però ecco: a differenza di quel che ha decretato il suo governo, questi giovani all’estero sono pagati. Ma il problema non è neppure questo, o quanto meno non il principale.
Il problema, ministro Poletti, è che lei e il suo governo state decretando che la nostra generazione, quella precedente e le future siano i camerieri d’Europa, i babysitter dei turisti stranieri, quelli che dovranno un giorno farsi la guerra con gli immigrati che oggi fate lavorare a gratis.
A me pare chiaro che lei abbia voluto insultare chi è rimasto piuttosto che noi che siamo partiti. E lo fa nel preciso istante in cui lei dichiara che dovreste “offrire loro l’opportunità di esprimere qui capacità , competenza, saper fare”.
La cosa assurda è che non è chiaro cosa significhi per lei capacità , competenze e saper fare.
Perchè io vedo milioni di giovani che ogni mattina si svegliano, si mettono sul un bus, un tram, una macchina e provano ad esprimere capacità , competenze, saper fare.
Molti altri fanno la stessa cosa ma esprimono una gran voglia di fare pure se sono imbranati.
Fin qui però io non ho capito che cosa voi offrite loro se non la possibilità di essere sfruttati, di esser derisi, di essere presi in giro con 80 euro che magari l’anno prossimo dovranno restituire perchè troppo poveri.
Non è chiaro, Ministro Poletti, cosa sia per lei un’opportunità se non questa cosa qui che rasenta l’ignobile tentativo di rendere ognuno di noi sempre più ricattabile, senza diritti, senza voce, senza rappresentanza.
Eppure la cosa che mi indigna di più è il pensiero che l’opportunità va data solo a chi ha le competenze e il saper fare.
Lei, ma direi il governo di cui fa parte tutto, non fate altro che innescare e sostenere diseguaglianze su tutti i fronti: dalla scuola al lavoro, dalla casa alla cultura, e sì perchè questo succede quando si mette davanti il merito e si denigra la giustizia sociale.
Perchè forse non glielo hanno mai spiegato o non ha letto abbastanza i rapporti sulla condizione sociale del paese, ma in Italia studia chi ha genitori che possono pagare e sostenere le spese di un’istruzione sempre più cara.
E sono sempre di più, Ministro Poletti.
Lei non ha insultato soltanto noi, ha insultato anche i nostri genitori che per decenni hanno lavorato e pagato le tasse, ci hanno pagato gli asili privati quando non c’erano i nonni, ci hanno pagato l’affitto all’università finchè hanno potuto.
Molti di questi genitori poi con la crisi sono stati licenziati e finita la disoccupazione potevano soltanto dirci che sarebbe andata meglio, che ce l’avremmo fatta, in un modo o nell’altro. In Italia o all’estero.
Chieda scusa a loro perchè noi delle sue scuse non abbiamo bisogno.
Noi la sua arroganza, ma anche evidente ignoranza, gliel’abbiamo restituita il 4 dicembre, in cui abbiamo votato No per la Costituzione, la democrazia, contro l’accentramento dei poteri negli esecutivi e abbiamo votato No contro un sistema istituzionale che avrebbe normalizzato la supremazia del mercato e degli interessi dei pochi a discapito di noi molti.
Era anche un voto contro il Jobs Act, contro la buona scuola, il piano casa, l’ipotesi dello stretto di Messina, contro la compressione di qualsiasi spazio di partecipazione.
E siamo gli stessi che faranno di tutto per vincere i referendum abrogativi contro il Jobs Act, dall’articolo 18 ai voucher, la battaglia è la stessa.
Costi quel che costi noi questa partita ce la giochiamo fino all’ultimo respiro.
E seppure proverete a far saltare i referendum con qualche operazioncina di maquillage, state pur certi che sugli stessi temi ci presenteremo alle elezioni dall’estero e dall’Italia.
Se nel frattempo vuole sapere quali sono le nostre proposte per il mondo del lavoro, ci chiami pure.
Se vi interessasse, chissà mai, ascoltare.
Marta Fana
Ricercatrice italiana a Parigi
(da “L’Espresso“)
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