Settembre 26th, 2017 Riccardo Fucile
LESBICA, SPOSATA CON UNA IMMIGRATA CINGALESE CON CUI HA ADOTTATO DUE BAMBINI, UNA CARRIERA NELLA GOLDMAN SACHS… IL PARTITO E’ CONTRO L’OMOSESSUALITA’ NELLE SCUOLE TEDESCHE, TANTO LEI VIVE IN SVIZZERA DOVE HA FATTO LAVORARE IN NERO UNA RICHIEDENTE ASILO SIRIANA : UNA CAMPIONESSA DI COERENZA
Premettiamo un semplice concetto: l’unica cosa “normale” che riconosciamo ad Alice Weidel, leader del partito razzista Afd, è il fatto che sia lesbica, che viva con una compagna e che abbia adottato due bambini.
Chi ci segue sa che non useremmo mai le “differenze di genere” per crocifiggere una persona, uomo o donna che sia, a differenza di quella fogna omofoba e razzista che in Italia in queste ore sbrodola per il modesto risultato (12,6%) raggiunto da Afd in Germania e per la sua leader.
Modesto non lo diciamo solo noi, lo dice anche l’ex presidente Frauke Petry sostenendo che, se avesse emarginato i neonazisti, il partito avrebbe potuto raccogliere il 20% evitando di spaventare l’elettorato.
Ma in Italia è normale che un partito che non ha mai superato il 14% consideri una vittoria arrivare al 12,6%: è la tipica reazione degli scopiazzatori sfigati, incapaci di elaborare idee proprie, nulla di che.
Ma è divertente capire come i cultori della “famiglia tradizionale” (rappresentata da un padagno che ha avuto un figlio dalla prima moglie, uno dalla seconda compagna e ora sta con una terza), i difensori dei valori dalla “contaminazione gender” che si sono inventati, i fustigatori della degenerazione omosessuale, i combattenti contro i poteri forti, si trovino costretti a incensare una “campionessa di coerenza” come Alice Weidel, leader di Afd.
Ma vediamo meglio chi è il nuovo mito dei sovranisti italiani.
Lesbica, unita civilmente con una immigrata di origini cingalesi, ora cittadina svizzera, con cui ha adottato due bambini, è leader in un partito contrario alle adozioni da parte delle coppie omosessuali.
La biografia privata di Alice Weidel racconta perfettamente delle contraddizioni e le ipocrisie interne dei movimenti xenofobi europei. La stessa Weidel ha sempre cercato, se non di nascondere, di tenere ben lontana la sua vita privata dai riflettori della politica.
Probabilmente, se avesse potuto, Weidel avrebbe continuato così.
Studi economici alle spalle, una carriera tra Allianz e Goldman Sachs, Weidel ha vissuto anche molti anni in Cina, al servizio della finanza internazionale e di quei “poteri forti” che Afd ora (in teoria) dice di voler combattere.
Salvo in alcune mail del 2013, riportate da Die Welt, apostrofare i politici al governo come “maiali” e “marionette al servizio delle potenze vincitrici“.
Ma Weidel non si fa mancare nulla: secondo il settimanale Die Zeit avrebbe fatto lavorare in nero nella sua casa in Svizzera una richiedente asilo siriana, quando il suo partito è fortemente contrario alla politica della Merkel sui migranti.
Una sorta di Giano bifronte, tutto e contrario di tutto.
Il programma elettorale del suo partito lamenta il declino della famiglia tradizionale e attacca da tempo lo spazio che nelle scuole tedesche viene dato all’omosessualità e alle diversità sessuali in genere.
Weidel ha già spiegato che «a scuola i bambini devono studiare tedesco, matematica e scienze. Le tematiche Lgbt e quelle legate alla questione del genere sono adatte invece alle sole mura di casa” (borghesuccia piccola piccola)
Tanto i suoi figli vanno a scuola a Biel, in Svizzera, dove Weidel risiede con la compagna. Non nelle scuole tedesche, sai che gliene frega.
Alla prossima manifestazione per la famiglia tradizionale Salvini e la Meloni sanno chi possono portare in processione.
Risparmiateci almeno l’inchino davanti alla casa di qualche boss.
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Settembre 26th, 2017 Riccardo Fucile
BACIARSI IN PUBBLICO CONTRO L’OSCURANTISMO: BASTA UNO FUORI DI TESTA E SCATTA LA LINGUA IN BOCCA DAVANTI A UNA MOSCHEA (PURE CHIUSA DA MESI)
Se non fosse che la protagonista e organizzatrice del flash mob (nel 2017?) a base di “baci e abbracci”
a Giorgia Meloni si potrebbe dire “fate l’amore, non fate la guerra”.
Ma i patrioti di Fratelli d’Italia se potessero la guerra probabilmente ai musulmani che vengono qui e pensano di farla da padroni la farebbero anche domani.
A scatenare la reazione affettuosa della Meloni un’aggressione avvenuta ieri sera in Via San Vito nei pressi di un Centro Islamico in zona Esquilino a Roma
Ieri sera una coppia di fidanzati che stava passeggiando in Via San Vito, è stata aggredita da un ragazzo di 24 anni originario del Mali che si è avvicinato ai due urlando «Non potete baciarvi davanti alla moschea».
Dopo l’avvertimento il giovane ha spintonato la ragazza e preso a calci e pugni il suo fidanzato. L’aggressore è stato successivamente identificato e arrestato — dopo una breve colluttazione — dai Carabinieri.
Secondo quanto è si appreso si tratterebbe senza fissa dimora incensurato che nella giornata di domenica era sembrato “poco lucido e agitato”.
Sembra inoltre che gli inquirenti siano propensi ad escludere che si possa trattare di un soggetto radicalizzato.
Insomma, sarebbe un ragazzo senza tetto che “ha dato di matto”.
Questo non rende l’aggressione meno grave, ed infatti è stato arrestato.
Solo che ricondurre l’aggressione ad un movente “islamico” sembra esagerato. Anche perchè la mosche abusiva vicino alla quale la coppia di fidanzati è stata aggredita è stata chiusa a febbraio.
Il Centro di Via San Vito — poco più uno scantinato — era la sede dell’associazione bengalese «Hil Ful Fuzul» (poco a che fare con il Mali quindi) è stato chiuso perchè non a norma (sono stare rilevate violazioni delle norme antincendio e di sicurezza) e soprattutto perchè al suo interno la Polizia Locale aveva scoperto che era stato allestito anche un asilo nido abusivo.
La “moschea abusiva” quindi al momento non sarebbe nemmeno una moschea e questo dà forse meglio la misura di quanto poco c’entri l’Islam con l’aggressione di domenica notte.
Ma a Giorgia Meloni non la si fa, perchè ritiene che fra poco si arriverà al punto in cui per non infastidire qualche musulmano e rischiare di essere aggrediti per strada saremo costretti a non poterci più baciare in pubblico (solo se siamo etero però…).
Dalla Meloni attendiamo però istruzioni più precise: è giusto baciarsi anche sul sagrato di una Chiesa cattolica o è disdicevole?
E se arriva un ultras cattolico che ci rimprovera come ci si deve comportare?
Che tipo di bacio è permesso?
Casto come tra fratelli (d’Italia) o anche lingua in bocca (come fanno loro con i leghisti) ?
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Settembre 26th, 2017 Riccardo Fucile
MOLTI CENTRI DI ACCOGLIENZA SONO DIVENTATI SERBATOIO DI MANDOPERA A BASSO COSTO… ALTRO CHE MIGRANTI “PARASSITI CHE MANGIANO E DORMONO”
Un ragazzo del Gambia è seduto su una vecchia sedia girevole. Siamo in mezzo a una baraccopoli nei pressi di Mazara del Vallo, tra casette di cartone e lamiera.
“Un giorno avrò la mia chance”, dice. Aspetta una risposta alla richiesta d’asilo e qualcuno che lo chiami a giornata per raccogliere olive
Come lui, centinaia di migranti ospiti dei centri d’accoglienza lavorano nelle campagne da Nord a Sud.
In Toscana per la vendemmia del Chianti, in Calabria per le patate della Sila, in ogni angolo della Sicilia per raccogliere pomodori, arance e olive.
Almeno tre inchieste della magistratura raccontano di migranti arrivati in Italia per chiedere protezione e finiti in schiavitù.
Decine di testimonianze lasciano intravedere un fenomeno molto ampio. Cresciuto proprio mentre l’opinione pubblica si accaniva sui parassiti che “mangiano e dormono negli hotel a cinque stelle”.
I “Cas” (Centri di accoglienza straordinari) sono strutture d’emergenza, gestiti da privati ma autorizzati e controllati dalle prefetture, quindi dal governo.
Il Cas può essere un piccolo albergo, un centro anziani riadattato o un casolare nel nulla.
I tempi di permanenza — decisi dalla burocrazia statale – vanno dai sei mesi ai quattro anni.. Il migrante presenta richiesta d’asilo e aspetta. Ma nel frattempo cosa fa?
Quelli dei Cas
“Benvenuti nella città del sale e dell’accoglienza”. All’ingresso di Trapani i cartelli stradali ricordano il business del passato e quello del presente. In provincia ci sono una trentina di Cas.
In un territorio prevalentemente agricolo, i migranti in attesa sono una manna dal cielo per l’agricoltura in crisi. Ad Alcamo, durante la vendemmia, molti dormono in una piazza del centro. Accampati con sacchi a pelo, cucinano sull’asfalto mentre accanto i vecchietti del paese giocano a carte. Al mattino si metteranno in fila per essere caricati sui furgoncini.
In Sicilia si è prodotta una stratificazione. Tunisini coi capelli grigi, da venti anni in Italia, si affiancano a giovani subsahariani sbarcati da pochi mesi. “Sono quelli dei Cas”, li indicano.
Quei giovani che non parlano italiano sono concorrenti temibili. “Tanto lo Stato ti dà da mangiare e dormire”, dicono i padroni dei campi. E pagano il meno possibile.
Cinquanta euro ai tunisini, 25 ai romeni, da 15 a 7 per gli ospiti dei Cas.
A Vittoria, provincia di Ragusa, il salario di un bracciante a giornata è precipitato. Nelle campagne, al tramonto, decine di africani in bicicletta tornano dalle serre ai centri di accoglienza. In tasca hanno una manciata di monete, il misero compenso di dieci ore di lavoro
Il caporalato da queste parti non c’era. Da poco si sono formate le prime reti.
Tre mesi fa la polizia arrestava alcuni imprenditori. L’accusa? Utilizzavano operai gravemente sfruttati: 19 richiedenti asilo, due tunisini e cinque romeni.
Questi ultimi vivevano in casolari fatiscenti nei pressi dell’azienda, gli altri tornavano a dormire nei Cas. Si tratta di una delle prime applicazioni dalla legge anti-caporalato, che punisce il grave sfruttamento sul lavoro.
Come in gabbia
Le testimonianze su casi analoghi rimbalzano da un angolo all’altro della Sicilia. L’associazione Borderline Sicilia si occupa di monitorare l’accoglienza. Racconta per esempio di un centro anziani a Canicattì che ha aggiunto alla ragione sociale l’ospitalità dei profughi. “Alle 4,30 del mattino si va nel punto di raccolta e si aspetta il contadino che passa con il suo camioncino e sceglie fra adulti italiani, africani e rumeni. Ma anche tanti minori, che non si perdono nella depressione dell’inattività , ritrovandosi a farsi sfruttare per qualche euro in tasca”.
Nel centro sarebbero presenti persone che stanno lì “posteggiate” da tre anni, neomaggiorenni fuoriusciti dalle comunità per minori, migranti in transito per altri centri
Non va meglio nel Cara di Mineo, nei pressi di Catania: una mega-struttura che al momento ospita poco meno di 3mila persone. Il centro è un’isola in un mare di aranceti.
La stagione agrumicola sta per iniziare. Tutti hanno bisogno di braccia. I padroni senza scrupoli scelgono quelle a basso costo.
“Ho comprato una bicicletta per 25 euro. Ogni giorno, aspettiamo le otto. È l’orario di apertura, prima non si può. Stiamo dietro i cancelli, come in gabbia”, si legge nel rapporto FilieraSporca 2016. “Poi le porte si aprono e cerchiamo qualcuno per la giornata”.
Pecore e patate
Come si comportano i responsabili dei centri di accoglienza quando vedono strani movimenti intorno ai loro ospiti? Alcuni aiutano a denunciare. La maggior parte fa finta di niente. Qualcuno si trasforma in caporale.
È il caso di due Cas nella Sila cosentina. Tutto inizia con la denuncia di un migrante, percosso e minacciato solo perchè rallenta la raccolta.
La magistratura interviene contro quattordici persone accusate di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”. Era l’operazione “Accoglienza” dello scorso maggio, prima applicazione assoluta della legge anticaporalato.
Un episodio svela la certezza di impunità nella zona.
Durante la notifica del provvedimento, uno degli agricoltori continuava a impartire ordini agli africani, lamentandosi con i carabinieri per il tempo che perdeva (“le fragole si rovinano”).
Ma i migranti erano sfruttati due volte: nei campi e come mezzo per ottenere finanziamenti.
I famosi “35 euro” finivano tutti in tasca ai gestori, che rendicontavano attività di “integrazione” mai svolte. Invece i rifugiati senegalesi, nigeriani e somali lasciavano i centri alle sei del mattino per lavorare nei campi di patate o per fare i pastori. Il compenso? Poco più di un euro l’ora.
Il vino del Chianti
L’inchiesta si chiama “Numbar Dar” (“Capo villaggio”) e risale alla vendemmia di un anno fa. Dimostra che il problema non è solo del Sud o di territori in crisi.
Tra fattorie storiche nate negli anni ’20, vigneti e colline le aziende del Chianti ricorrevano alla manodopera a basso costo dei centri di accoglienza.
Il caporale pachistano, i consulenti di Prato — quelli che falsificavano le buste paga — e i titolari delle aziende vinicole erano i cardini del sistema.
Circa 160 migranti sono rimasti incastrati nel sistema. Lavoravano fino a dodici ore al giorno per quattro euro l’ora e venivano spesso picchiati
Nelle giornate di picco della raccolta dell’uva, i viaggi da Prato a Tavarnelle Val di Pesa erano due al giorno. I caporali privilegiavano i connazionali pakistani: solo a loro era concesso del cibo e un po’ di acqua.
Se occorrevano altre braccia, venivano chiamati a lavorare a giornata anche richiedenti asilo africani, vittime di maggiori soprusi. I “negri” non avevano il diritto di bere nè di avere scarpe: lavoravano a piedi nudi nei campi
In tutta Italia, ci sono centri di accoglienza gestiti con professionalità e personale che ci crede.
Ma negli ultimi anni le lentezze burocratiche hanno creato una situazione drammatica. I documenti in Questura, l’esame alla commissione asilo e il ricorso al Tribunale possono richiedere anni.
Nel frattempo le famiglie in Africa pressano per ricevere soldi. Così i migranti trovano in Europa un incubo simile a quello che avevano lasciato.
(da “L’Espresso“)
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Settembre 26th, 2017 Riccardo Fucile
IL PROF MUNARI: “GLI INGLESI VORREBBERO TORNARE INDIETRO, PER I MIGRANTI SIAMO UN SOGNO, DA SOLI NON SI VA PIU’ DA NESSUNA PARTE”
Non è tra i più felici il momento in cui l’Università di Genova inaugura il suo corso di Diritto
dell’Unione europea.
Movimenti populisti e destre mettono in crisi i partiti tradizionali esasperando le criticità dell’Europa che nel sentire dei suoi cittadini è soprattutto il mandante dell’austerity che ha minato la quotidianità di milioni di persone già provate dalla crisi.
Più Europa? Per molti significa non essere “padroni a casa nostra”, cedere sovranità . E il sogno di convivenza pacifica e libertà che nutriva la promessa europea sembra sbiadire.
“Perchè i giovani oggi non ricordano da dove veniamo e cos’ha fatto l’Europa per noi”, avverte Francesco Munari, professore ordinario di Diritto dell’Unione europea a Genova:
“Dov’era l’Italia prima dell’adesione alla Ue e dov’è oggi: eravamo un paese di poveracci usciti dalla guerra distrutti e l’Europa ci ha aiutato”.
Ma non si tratta solo degli argomenti di populisti ed estremisti.
In Europa permangono distanze nelle condizioni sociali, nei livelli salariali, e a fronte di paesi in costante surplus ce ne sono altri in grave difficoltà .
Ma non è abbastanza per dichiarare fallito l’esperimento europeo. Non per Munari, che imposta la sua riflessione sulla base di alcune considerazioni: “È vero, siamo andati avanti sperando che il meccanismo progredisse sempre in modo virtuoso, purtroppo da un po’ di anni ci siamo bloccati e questo ha generato sfiducia. Abbiamo creato la moneta unica pensando di poter omogeneizzare le economie, pur partendo da regole che mettevano molta distanza tra la politica monetaria e quella economica. Ma non illudiamoci che oggi gli stati possano andare lontano nel mondo globalizzato. Da soli ormai non si va da nessuna parte”.
E a quanti, anche in Italia, propongono l’uscita dall’euro o addirittura dall’Unione come soluzione, ribatte: “Ci concentriamo troppo sulle cose che diamo per scontate senza renderci conto che l’Europa è una conquista quotidiana, che va migliorata tutti i giorni. Fare a meno dell’Europa vorrebbe dire regredire inevitabilmente. Prima di Brexit qualcuno poteva pensare di poter fare a meno dell’Europa, ora drammaticamente gli inglesi non sanno più come fare per rimediare all’errore che hanno combinato, spinti da esigenze di consenso di breve periodo e di disinformazione, con gravi responsabilità da parte dei politici”.
Eppure nessuno può più permettersi di legittimare le sue scelte con il famoso “ce lo chiede l’Europa”: l’Ue continua a essere vista come fonte di sacrifici.
“Non è così: stare in Europa significa in effetti molte più opportunità , soprattutto per chi è più giovane. Si pensi al diritto di poter circolare e trovare un futuro migliore altrove, basta immaginare a chi, anche solo per provarci, rischia la vita attraverso il Mediterraneo, capire quello che loro non hanno e noi abbiamo. Chiaro che in Ue il singolo stato conti meno, ma l’esperienza di molti migranti deve farci riflettere sulla differenza tra essere da soli e stare uniti”.
Quali sono allora i passaggi obbligati per arrivare a degli “Stati Uniti d’Europa”, traguardo al quale guardano in molti europeisti?
“Aumentare la convergenza delle politiche di bilancio, far conoscere di più l’Europa ai cittadini, e renderli consapevoli delle opportunità che hanno. Penso sarebbe già sufficiente.
‘Chi non ricorda il proprio passato è destinato a riviverlo’, ma io spero che la gente ritrovi la memoria del proprio passato per non tornare indietro rispetto a dove siamo: in un Europa che, con tutti i suoi limiti, ci ha permesso di vivere in pace per 70 anni”
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 26th, 2017 Riccardo Fucile
LO STATO COMATOSO DELL’AZIENDA IN ATTESA DEL CONCORDATO: ASSENTEISMO, PARCO MACCHINE IN DISFACIMENTO, LITI SINDACALI
In ATAC oggi saltano 840 corse al giorno, 480 bus si fermano (anche se sono di meno di prima) mentre i sindacati si oppongono alle disposizioni per gli autisti al cellulare: nel corso della commissione Mobilità , convocata ieri dal presidente Enrico Stefà no, il responsabile del servizio di superficie di Atac, Alessandro Cafarelli, ha raccontato lo stato dell’azienda che oggi viene ripreso da Repubblica Roma in un articolo di Salvatore Giuffrida:
Emerge una «fortissima riduzione dei pezzi di ricambio che peggiora con il concordato»: al momento arriva solo il 12% dello stock, che vale almeno 2 milioni di euro, di alternatori, sospensioni, freni, parti di motori, impianti elettrici, di cui ha urgente bisogno un parco bus dall’età media di oltre 12 anni.
È la stessa dirigenza ad ammettere che «la cannibalizzazione dei bus sta diventando consistente ma si preferisce fare il servizio piuttosto che non farlo».
Con l’entrata in vigore dell’orario invernale entrano in servizio 1335 autobus al giorno, più di 160 rispetto a un anno fa, ma il numero dei guasti rimane alto, perchè 480 bus si fermano ogni giorno per noie tecniche.
«Ma rispetto all’estate sono 150 in meno — sottolinea Cafarelli — e abbiamo da 200 a 300 vetture in più».
Anche la gestione delle attività e dei turni da parte della centrale operativa inizia a presentare problemi:
La programmazione dei turni va in tilt per un assenteismo che tra gli autisti, secondo l’azienda, è del 9% ogni giorno. E quindi molte corse, che in media sono 28mila al giorno, saltano o presentano ritardi e il 3% dei bus non è coperto: significa che 840 corse saltano ogni giorno perchè mancano gli autisti
In attesa della protesta di 24 ore programmata per venerdì dai lavoratori Atac e Roma Tpl, sono i fornitori dell’azienda comunale a scioperare per difendere il posto di lavoro. Oggi si fermano i 34 dipendenti di Sigma e Saima, le due aziende che hanno confermato lo stop dal 1 ottobre alla manutenzione delle macchine obliteratrici della metro.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 26th, 2017 Riccardo Fucile
DIETRO LE SLIDE IL NULLA… TRA ORDINARIA AMMINISTRAZIONE E PROGETTI FUTURIBILI, NULLA DI CONCRETO
A febbraio avevamo lasciato Virginia Raggi a moltiplicare i successi della sua amministrazione. 
In un primo momento sembrava fossero appena 43, ma dopo meno di ventiquattrore la sindaca della Capitale ne aveva scovati altri 48. E così i successi della giunta pentastellata salivano a 91.
Sono passati poco più di sei mesi e i successi della Raggi sono aumentati in maniera esponenziale. Durante la kermesse del MoVimento 5 Stelle a Rimini la sindaca ha infatti annunciato con orgoglio che “i piccoli e grandi successi” marchiati 5 Stelle ora sono 254 (duecentocinquantaquattro). E i giornali, questi infami, non ne parlano.
Davanti ai cinquantamila di Rimini la Raggi ha rapidamente elencato tutti i successi della sua azione di governo della Capitale.
Le slide con le 254 vittorie del MoVimento 5 Stelle romano erano presentate in uno stand mentre dal palco la sindaca le definiva “254 passi che allontaneranno la città da Mafia capitale”.
Il tutto all’insegna del mantra grillino “i giornali non ve lo dicono”, perchè è chiaro che tutti hanno interesse a nascondere il buon lavoro fatto fin’ora dal M5S.
Partiamo dall’ultimo “successo”: il prolungamento della linea 720 fino a Ciampino. Non certo un’operazione colossale anche se senza dubbio si tratta di una decisione importante. Dà però la misura di cosa la Raggi sia disposta a considerare “un successo”.
Perchè per la Raggi un successo è anche solo aver aperto un tavolo di discussione per discutere di un progetto che forse vedrà la luce entro il 2021. Per non parlare dei successi che sono merito delle precedenti amministrazioni.
Possono essere considerati dei successi le azioni di ordinaria amministrazione come ad esempio le operazioni di tappatura delle buche?
Sicuramente le toppe su alcune strade sono state messe, eppure non si può parlare di successo. Semmai solo di un’amministrazione che fa il proprio lavoro. E a volte lo fa solo per convenienza elettorale come accade nel X Municipio e ad Ostia dove a novembre si andrà al voto per eleggere il nuovo consiglio municipale.
Ma questo ovviamente la Raggi non lo dice, così come non dice di aver cambiato idea sull’importanza di ripulire i tombini e le caditoie dalle foglie.
Foglie che secondo la sindaca sono cadute anzitempo a causa del surriscaldamento globale.
Altri provvedimenti, come quello “contro le sale slot” è solo di facciata perchè riguarderà unicamente le nuove aperture e solo il centro storico. Per intervenire sul settore ci vorrebbe del resto una legge dello Stato, ma il risultato al momento è che la “guerra alle slot machine” non va a risolvere i problemi attuali e rimane in buona sostanza un provvedimento di facciata.
E molti dei successi sono esattamente così: tavoli di lavoro che vengono aperti ma che non hanno ancora risolto nulla, ad esempio per quanto riguarda le associazioni e le ONLUS sotto sfratto.
Anche per quanto riguarda il taglio agli sprechi la Raggi è riuscita nelle slide a moltiplicare il risparmio.
Ma non dice che ad esempio per quanto riguarda i costi della macchina amministrativa (lo staff di sindaca e assessori) il M5S si è posto l’obiettivo di spendere “solo” 500 mila euro in meno all’anno rispetto a Marino (in cinque anni farebbero 1,5 milioni ma la Raggi deve ancora finire di fare le nomine dei dirigenti).
E non è senza dubbio un successo aver detto no alle Olimpiadi, salvo poi voler “regalare” ai romani un evento sportivo come la prima mezzamaratona della Pace.
Che avrà tutto il suo significato simbolico ma non è certo comparabile.
Tra i successi c’è poi il “piano per il superamento dei 9 campi rom” della Capitale. Con i fondi europei, puntualizzano le slide, se non fosse che quei fondi li ha ottenuti Ignazio Marino quando era sindaco e che il piano prevede il superamento — forse — di soli due campi.
Senza contare che il piano non è ancora operativo: il fatto che una giunta riesca ad approvare un piano non può essere considerato un successo, anche perchè quella giunta è un monocolore a 5 Stelle dove chi non va d’accordo con la linea della sindaca semplicemente perde il posto e viene rimpiazzato.
C’è il piano dei rifiuti con l’apertura di isole ecologiche che però sono le stesse individuate da una delibera del Commissario Tronca
Cosa dire invece dei 150 nuovi autobus entrati in servizio?
Sono stati acquistati con i fondi stanziati da Marino.
Mentre dei 45 filobus “restituiti ai cittadini” in realtà su strada ne sono arrivati 32. Di questi ad agosto ne erano rimasti in circolazione — causa guasti — solo due.
Ma due è pur sempre più di zero, quindi anche questo successo lo mettiamo in saccoccia. C’è poi il piano alberi, solo quello di monitoraggio, perchè il bando milionario per il verde pubblico al quale l’amministrazione ha lavorato otto mesi è stato revocato perchè non a norma.
Ma ci sono anche successi più piccoli come ad esempio la sperimentazione sul 5G fatta assieme a Fastweb. Solo che coinvolgerà appena 3000 romani e che non è affatto chiaro in che modo il Comune ha deciso di scegliere Fastweb, a quanto pare infatti non c’è stato un bando.
Certo, poi ci sono successi più vicini al sentire del M5S: il PUMS e la democrazia diretta, peccato che fino ad ora si tratti di progetti appena lanciati (o fatti a metà ) che non hanno prodotto ancora nessun risultato concreto per i cittadini.
Difficili da valutare quindi ma anche difficile che possano essere considerate delle vittorie. Ogni giorno però l’importante è fare qualcosa, un piccolo passettino, come ad esempio l’inaugurazione di un asilo.
Ma inaugurare un asilo nido non è un successo, lo è invece ottenere i fondi e far partire i lavori. Però il M5S i finanziamenti è più bravo a perderli che a ottenerli.
E giusto ieri ha dovuto chiudere una scuola nel XII Municipio perchè c’era dell’amianto incapsulato sul terrazzo e nessuno si era accorto che la ditta non l’aveva rimosso entro i termini stabiliti.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 26th, 2017 Riccardo Fucile
COME AL SOLITO HA MARINATO UNA IMPORTANTE COMMISSIONE UE PER SCULETTARE TRA GLI STAND A FAVORE DI TELECAMERE, ACCOMPAGNATO DA UN ASSESSORE PADAGNO SOTTO PROCESSO PER TRUFFA
Ieri mattina Matteo Salvini ha deliziato i suoi fan con una lunga diretta mentre in compagnia di Claudio Borghi andava al Salone Nautico di Genova.
Che sia chiaro: Salvini non sta cercando un nuovo modello di ruspa anfibia per poter far sloggiare i migranti che vengono dal mare ma era lì per dare il suo sostegno ad un settore importante per l’economia italiana.
C’è però un piccolo particolare: proprio ieri Salvini avrebbe dovuto essere al lavoro. E il suo lavoro è quello di fare il parlamentare europeo.
Peccato che Salvini avrebbe anche un altro modo per aiutare le aziende italiane a vendere i loro prodotti all’estero.
Ad esempio risulta che Salvini sia uno dei membri della Commissione per il commercio internazionale (INTA) del Parlamento dell’Unione Europea.
Un lavoro per il quale viene profumatamente pagato dai contribuenti europei. Salvini ha in passato giustificato le sue assenze dalle sedute dell’Europarlamento — l’ultima è di qualche giorno fa — spiegando che è in commissione che si fa il vero lavoro.
Ma è già successo che Salvini non si presentasse ai lavori delle Commissioni di cui è membro, ad esempio il giorno degli attentati di Bruxelles il Ruspa stava tornando a casa la mattina presto proprio mentre la Commissione si riuniva.
Si dà il caso che ieri la Commissione INTA si sia riunita ieri per discutere di alcune proposte da presentare all’Europarlamento.
Ad esempio la Commissione doveva decidere quali raccomandazioni fare al Consiglio sulla proposta di mandato a negoziare per i negoziati commerciali con l’Australia. Oppure ascoltare il rapporto di Human Rights Watch sul lavoro minorile in Uzbekistan, paese con il quale la UE sta lavorando ad un progetto di accordi commerciali nel settore tessile.
Forse per Salvini era un argomento poco importante. Di sicuro era meglio — come segnala il giornalista David Carretta — farsi fotografare con due bellissime hostess della Fiera e scherzare con i giornalisti e a promettere che la prossima volta tornerà al Salone in qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri.
Alla fine dell’intensa mattinata Salvini se ne è tornato a casa, tanto a Bruxelles ci può andare un’altra volta, quando avrà voglia di lavorare.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 26th, 2017 Riccardo Fucile
E C’E’ CHI LO VORREBBE “PREMIER SUBITO”
Su Facebook esiste addirittura una pagina “Philip Laroma Jezzi Presidente del Consiglio subito”. 
Abituati come siamo a storie di furbetti, microcriminalità e malfunzionamenti, per non dire di stupri e omicidi, il coraggio di Philip Laroma Jezzi – che ha denunciato i concorsi universitari truccati portando all’arresto di 7 docenti – ha subito conquistato gli italiani. Per lo meno quelli in rete.
Sul profilo Facebook del ricercatore 49enne con padre italiano e madre inglese si sono immediatamente scatenati i commenti positivi.
L’ultimo post pubblico è del 12 settembre e tra l’altro non c’entra nulla con la vicenda di Firenze.
Ma tant’è, ogni spazio è buono per lasciare una parola di ringraziamento e di omaggio: “Sei un mito”, “Hai tutta la mia stima”, “Grandissimo, mi vergogno di essere italiano”, “Tanta stima” e così via.
Si legge ancora: “L’Italia ha bisogno di cittadini come te”, “Ci vogliono gli attributi oltre che l’onestà per fare quello che hai fatto”, “Coraggio e carattere da vendere”, “Vorrei essere rappresentato da gente come te”.
Non a caso c’è già chi lo vuole premier.
Su Twitter è stato coniato l’hashtag #jesuisphilip: “Philip Laroma Jezzi è un esempio che tutti i meritevoli dovrebbero seguire per non accontentarsi di una mediocrità imposta”, ha scritto un utente. #concorsitruccati è da due giorni primo trending topic in Italia ed è anche un trend mondiale.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 26th, 2017 Riccardo Fucile
PHILIP LAROMA JEZZI HA RIFIUTATO DI RITIRARSI E HA MANDATO LE INTERCETTAZIONI ALLA GDF: “IL COMMERCIO DEI POSTI E’ DA VIGLIACCHI”
Essere il migliore può rivelarsi non un pregio ma un difetto da penalizzare. Almeno nel mondo alla rovescia dell’università italiana.
“Con che criterio sei stato escluso dal concorso? Col vile criterio del commercio dei posti”.
È quasi aulico il noto ex docente di diritto tributario Pasquale Russo, maestro di decine di colleghi e oggi dedito solo all’attività del suo studio fiorentino, quando spiega al ricercatore che vorrebbe diventare professore associato come funzionano le cose.
“Non è che tu non sei idoneo, è che non rientri nel patto del mutuando”.
Russo non sa, quel 21 marzo del 2013, che chi sta ascoltando la sua lectio magistralis sul mondo dei concorsi dopo la riforma del 2010 ha acceso il registratore sul telefono. Sono proprio le parole memorizzate sul cellulare di Philip Laroma Jezzi a far partire l’inchiesta che ha travolto un intero settore scientifico di Giurisprudenza.
L’AVVOCATO CHE DENUNCIA
Laroma Jezzi è un tributarista con studio in un grande palazzo nel centro fiorentino, in via Maggio, che si è opposto alla strada segnata per lui e per tanti suoi colleghi dai professori della sua materia.
Non solo ha registrato due conversazioni fondamentali, ha anche tenuto costantemente informati procura e Gardia di finanza su quello che avviene all’università , su bandi e concorsi.
Già anni fa una sua segnalazione aveva dato il via a un’indagine della procura, quella sull’ex direttore provinciale dell’Agenzia delle entrate fiorentina Nunzio Gargozzo, poi condannato ben tre volte per corruzione.
Prendeva mazzette e in cambio si prodigava per far risparmiare le imposte a imprenditori e professionisti colpiti da accertamenti fiscali.
NELLO STUDIO DEL PROFESSORE
Il 22 novembre del 2012, Laroma Jezzi presenta la domanda per l’abilitazione sia a professore associato che ordinario. Il 21 marzo del 2013 Pasquale Russo lo chiama e lo invita nel suo studio. L’ex professore sa bene chi ha davanti, tanto che a un collega, Adriano Di Pietro, spiegherà : “Laroma come intelligenza e come laboriosità vale il doppio” degli aspiranti associati che partecipano alla selezione.
Bene, Russo cerca di convincere il migliore a ritirarsi dalla corsa dell’abilitazione, perchè i vincitori sono già stati decisi e far passare lui potrebbe metterli in difficoltà quando ci saranno i concorsi.
Il vecchio professore è consapevole di quanto sia pesante quello che chiede, e del resto l’altro minaccia di fare un esposto, ma aggiunge: “Come si fa ad accettare una cosa simile? Tu non puoi non accettare. Che fai, ricorso? Però così ti giochi la carriera. Qui non siamo sul piano del merito Philip. Smetti di fare l’inglese e fai l’italiano”.
Il riferimento è alla doppia nazionalità dell’interlocutore. “È stata fatta una lista e tu non ci sei”, ribadisce Russo. Laroma Jezzi non ritira la domanda e a dicembre 2013 viene regolarmente bocciato. Fa ricorso al Tar e vince. Ora è abilitato come associato.
PARLA IL COMMISSARIO
La prima registrazione è seguita da un’altra, nel gennaio 2014. In questo caso, oltre a Russo, il ricercatore incontra Guglielmo Fransoni, uno dei commissari che l’hanno bocciato, nonchè socio di studio dello stesso Russo.
Gli spiegano che un potente professore fiorentino, Roberto Cordeiro Guerra, è contro di lui perchè vuole fargli passare avanti un suo discepolo a una nuova selezione. “Io non ho capito la tua scelta di restare dopo che ti era stato dato il messaggio di ritirarti – dice Fransoni – cioè se uno ti dà il messaggio il motivo c’era, una consapevolezza di com’era orientata la commissione”.
COME FUNZIONA IL SISTEMA
È Russo a illustrare il meccanismo: “Funziona così: a ogni richiesta di un commissario corrispondono tre richieste provenienti dagli altri commissari: io ti chiedo Luigi e allora tu mi dai Antonio, tu mi dai Nicola e tu mi dai Saverio”. È, appunto, tutto un do ut des tra i vari atenei. “Ogni professore aiuta l’altro – spiega poi Fransoni – perchè è chiaro che se il prof di procedura civile dice: “Scegliamo il miglior tributarista in assoluto”, rischia che poi il tributarista dica: “Scegliamo il miglior processualista in assoluto”.
Allora tutti quanti hanno convenienza a dire “no certo, il tributarista dev’essere il tributarista tuo”, perchè così il tributarista dirà : “no, certo, esimio collega, il processual-civilista sarà il tuo allievo”, e così si aiutano a vicenda”.
Russo sintetizza alla perfezione: “Non è che si dice è bravo o non è bravo. No, si fa: questo è mio, questo è tuo, questo è tuo, questo è coso, questo deve andare avanti per cui…”. Più chiaro di così.
(da “La Repubblica”)
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