Settembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
IL REGOLAMENTO POTREBBE ESSERE INTERPRETATO IN MODO DA SALVARLA , MA IL CODICE ETICO CHE HA FIRMATO DICE TUTT’ALTRO
La Stampa di oggi racconta che persino un’eventuale condanna nel processo in cui è accusata di falso potrebbe lasciare Virginia Raggi al suo posto di sindaca di Roma. Secondo l’articolo firmato da Ilario Lombardo l’intenzione dei vertici del MoVimento 5 Stelle sarebbe quella di chiudere un occhio ottenendo l’autosospensione di Raggi:
Ma non sarà così lineare il percorso e ai vertici si comincia già a pensare alle contromosse. Grillo esulta per la doppia archiviazione sull’abuso d’ufficio, definendolo «un reato ben più grave» del falso. Ma se questo ha un senso alla luce della legge Severino che avrebbe fatto scattare la possibile decadenza della sindaca, non lo è secondo il codice penale che prevede pene più pesanti per il falso.
Eppure, dice il comico a chi lo ha sentito per raccogliere la sua soddisfazione: «Resta solo una firma su un foglio dell’Anticorruzione». Non solo. Il dolo, dicono i vertici, va inteso «più in senso politico che giudiziario»
I magistrati non hanno riconosciuto l’aggravante al falso, vuol dire che credono che la sindaca non abbia detto il falso per coprire un altro reato, in questo caso l’abuso d’ufficio del suo braccio destro Raffaele Marra interessato alla nomina a dirigente del fratello. Per i 5 Stelle è un’attenuante e sono pronti a sostenerne altre. Per esempio, che la sindaca «ha peccato di inesperienza», «non aveva un capo di gabinetto che la tutelasse da questi errori» e, secondo quella che è la teoria del complotto evocata ormai apertamente da Grillo, «è rimasta vittima delle trappole del Campidoglio».
Ecco spiegate anche le premure di due deputati che maneggiano la materia giudiziaria come Andrea Colletti, «il falso — dice — non ha recato danno alla pubblica amministrazione», e Giulia Sarti, «anche nel falso — sostiene — va valutata quale sia stata la condotta».
Insomma, si stanno aprendo spiragli di interpretabilità nel codice pentastellato. I 5 Stelle e Raggi sono già d’accordo che in caso di condanna l’autosospensione sarà conseguente.
Ma c’è un passaggio nel codice che tornerà utile ai legali che consigliano Grillo, Di Maio e Davide Casaleggio, al punto 3, dove c’è scritto che «l’autosospensione può essere valutata quale comportamento suscettibile di attenuare la responsabilità disciplinare».
In poche parole, il garante (Grillo) e il collegio dei probiviri terrebbero conto di una sorta di buona condotta, e la scelta della sindaca di autosospendersi come gesto compiuto a «tutela dell’immagine del M5S» le permetterebbe di ricevere la grazia.
C’è però un problema grosso come una casa che è di ostacolo a questa ipotesi.
Ed è il problema rappresentato dal Codice di Comportamento firmato dai candidati del MoVimento 5 Stelle prima delle elezioni a Roma.
Al punto 9 il codice è chiarissimo: il sindaco, gli assessori e i consiglieri prendono l’impegno etico di dimettersi se durante il mandato saranno condannati in sede penale, anche solo in primo grado.
Il codice etico quindi costringe Virginia Raggi a dimettersi in caso di condanna. E la firma su quel codice, esibito anche in tribunale, è proprio la sua.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
L’EX CAPO SEGRETERIA DELLA RAGGI POTREBBE ESSERE REINTEGRATO…E PENSARE CHE GRILLO VOLEVA ESPELLERLO
In effetti dalle parole della sindaca su Facebook sembrava che la riabilitazione di Salvatore Romeo
fosse vicina, ma non così vicina.
Invece Andrea Arzilli sul Corriere della Sera Roma ci fa sapere che il ritorno dell’ex capo della segreteria politica alla corte di Virginia Raggi sembra essere questione di giorni.
Il dipendente del Comune di Roma e attivista grillino in realtà non era stato allontanato (ufficialmente si era dimesso) alle prime avvisaglie di indagini sulla sindaca e su di lui, ma dopo lo scoppio del bubbone a seguito dell’arresto di Raffaele Marra.
Quel giorno, su chiaro input di Beppe Grillo e anche per mettere a tacere una fronda dei parlamentari M5S che era arrabbiata per l’addio polemico di Marcello Minenna e Carla Romana Raineri, arrivarono le dimissioni di Romeo insieme a quelle di Daniele Frongia dal ruolo di vicesindaco.
Poi era scoppiata la grana delle polizze che aveva messo in grave difficoltà la sindaca il giorno del suo interrogatorio davanti ai PM e le aveva anche fatto dire, secondo quanto raccontava il Fatto Quotidiano, che era pronta al TSO nei confronti del suo ex capo segreteria.
Le sue presenze in alcune occasioni ufficiali che riguardavano il suo ruolo di responsabile delle società partecipate avevano portato poi a malignare su un suo presunto ritorno. Il tutto fino ad oggi:
Perchè quella del reintegro in squadra di Romeo, fedelissimo della sindaca rimasto tale quale anche a distanza dopo la rottura del «raggio magico», è una verità che in Campidoglio si dà ormai per assodata.
Negli Uffici la notizia circola da un po’, è nota anche al dipartimento Partecipate, dove Romeo ha lavorato nell’ombra durante l’esilio. Il problema, adesso, è come fare a bypassare quelle due rampe di scale che separano l’ufficio vista fori della sindaca dal suo ex braccio destro: fare un contratto ex novo?
Recuperare quello su cui Romeo, a dicembre dello scorso anno, fu costretto al passo indietro? O non toccare niente per non inciampare di nuovo lasciando che la squadra si ricompatti per vie, diciamo, informali?
«Sono contento e soddisfatto per la chiusura di questa vicenda», il commento di Romeo sullo stralcio del procedimento legato al suo nome.
La cosa certa è che la squadra aspetta a braccia aperte quel «dirigente superfast», lo definisce il consigliere Pietro Calabrese facendo schioccare le dita come a descrivere lo spessore dell’esperto in grado di risolvere le situazioni più intricate.
E infatti, tra un’occhiata alle reazioni social e un mini vertice in Sala delle Bandiere, il tema del rientro di Romeo circola tra i grillini nei termini di una buona nuova, seppure da maneggiare con cautela assoluta.
Ad occhio la questione sarebbe più complicata di come viene messa lì dal Corriere, visto che Romeo — come Frongia — aveva incontrato resistenze interne al M5S.
Ma dalla sua l’ex caposegreteria ha il fatto di non aver mai e poi mai in questi mesi rilasciato dichiarazioni di nessun tipo nei confronti della sindaca, rispettando nella sostanza il passo indietro che aveva formalmente fatto all’epoca e a differenza di altri come Paola Muraro e Paolo Berdini, che però con il M5S non c’entrano niente. All’epoca Grillo voleva espellerlo. Ora il M5S Roma potrebbe perdonarlo.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
UN’ATMOSFERA DI FESTA CHE DIMOSTRA CHE LA SITUAZIONE E’ DISPERATA MA NON SERIA
La scena la racconta oggi Federico Capurso sulla Stampa e dà l’idea più di cento parole della situazione in Campidoglio, che è disperata, certo, ma non seria.
In Campidoglio alle quattro del pomeriggio si brinda con uno spritz. Il Movimento 5 Stelle ostenta serenità , in un’atmosfera di festa che mal si accorda alla richiesta di rinvio a giudizio invocata dai pm nei confronti della sindaca Virginia Raggi per l’accusa di falso ideologico. «Ma sono cadute le accuse più infamanti» legate all’ipotesi di abuso d’ufficio, sottolinea la sindaca nella telefonata con Beppe Grillo, immediatamente informato degli sviluppi dell’inchiesta.
E Grillo, scacciando le preoccupazioni di dover affrontare una campagna elettorale con un possibile processo aperto a Roma, si dice «molto soddisfatto che i due reati più pesanti siano stati archiviati». «Contento» che Raggi sia «riuscita a dimostrare la sua innocenza».
Ora, a parte che mentre l’abuso d’ufficio è punito con una pena da uno a quattro anni e il falso in atto pubblico invece con una pena da uno a sei anni, il tutto dà l’idea di una finissima (come al solito) strategia mediatica per passare da vittime:
La linea comunicativa, dunque, è decisa. La caduta delle accuse per abuso d’ufficio va rimarcata come un «successo», mentre la richiesta di rinvio a giudizio va minimizzata. E Raggi deve «continuare a lavorare con serenità », è il messaggio recapitato dai vertici. La giornata «normale» di Raggi può quindi iniziare con un incontro pubblico sul tema della famiglia, insieme al premier Paolo Gentiloni e al prefetto di Roma.
Poi, il ritorno in Campidoglio, nel suo fortino, per preparare il comunicato da affidare a Facebook.
Ancora una volta, nel mirino dell’intervento di Raggi c’è la stampa: «Mesi di fango mediatico su di me e sul Movimento 5 Stelle», scrive la sindaca. E ancora: «Per mesi i media mi hanno fatta passare per una criminale, ora devono chiedere scusa a me e ai cittadini romani. E sono convinta che presto sarà fatta chiarezza anche sull’accusa di falso ideologico».
Al prossimo brindisi.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
L’ATTRICE A OTTO E MEZZO RACCONTA LA PROFONDA DELUSIONE PER IL DEGRADO DELLA CITTA’ E I GRILLINI LA COPRONO DI INSULTI
“Senti scaldarsi la #Foglietta contro #M5S e pensi: proprio una brava attrice questa #Foglietta nella
parte del troll”; ” per anna foglietta si stava meglio con #MafiaCapitale ! Ahhahhaahahah Ridicola, pure come attrice!”; “l’attricetta snob sbuffa non avendo mai preso un autobus neanche in scena, ridicola!”: ieri sera Twitter ribolliva di insulti nei confronti dell’attrice romana Anna Foglietta.
In effetti “colpevole” di gravi reati: no, non il falso ma l’aver partecipato a Otto e 1/2 da Lilli Gruber insieme al deputato del MoVimento 5 Stelle Alfonso Bonafede e aver esecrato le pietose condizioni in cui si trova la città di Roma dopo un anno e mezzo di amministrazione di Virginia Raggi.
La Foglietta ha parlato del film Il contagio, sua ultima fatica, ma soprattutto delle condizioni della città : “Non mi capacito del fatto che i cittadini non si rendano conto dello stato di degrado nel quale vivono, eredità durissima che voi (rivolta a Bonafede) avete assunto. Le persone sono deluse. Io ho creduto in Virginia Raggi. Purtroppo ora mi sento delusa: il vostro codice etico è stato tradito: non dovevate proprio arrivarci a quel punto. La delusione è maggiore rispetto a quelli da cui te l’aspetti”, ha esordito l’attrice.
Per poi andare all’attacco: “Roma è un terzo mondo. Cosa devo pensare, che era meglio quando c’erano Carminati e Buzzi? Un cittadino che vede il proprio parco invaso dagli arbusti, cosa deve pensare? Io non trovo mio figlio negli arbusti, gli devo mettere il cappellino”, ha detto riferendosi alle pietose condizioni in cui si trovano tutte le ville romane (e qui è inutile ricordare che il Comune ha dovuto ritirare bandi perchè fatti male, ritardando di fatto le manutenzioni).
E ancora: “Chiedete ai cittadini degli autobus, dove sono i 150 autobus in più? Noi non li abbiamo notati”; “Voi non volete vedere la realtà : Roma è peggiorata enormemente e voi non ve ne accorgete. E questo non va per quelli che guadagnano poco e devono pagare tutte queste tasse”.
Stranamente, l’intervento di Foglietta ha procurato un discreto travaso di bile su Twitter, con insulti e promesse di boicottaggio da parte dei grillini nei confronti del film in uscita dell’attrice perchè lei si è permessa di dire quello che pensa.
Una sequela di insulti e allusioni a sue fedi politiche che servono a sputtanare i concetti che l’attrice ha portato avanti.
Ovvero quelli che tutta la città , tranne gli invasati, vede con i suoi occhi.
C’è troppa realtà nel mondo, il M5S farà un decreto per cancellarla.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
ASPETTANDO PISAPIA SENZA CONVINZIONE, IL PRESIDENTE DEL SENATO SI PRENDE GLI APPLAUSI DELLA PLATEA
Il leader vero, sognato e atteso, si chiama Piero Grasso. Sorridente, look casual, camicia sbottonata senza cravatta, parla un linguaggio semplice, diretto.
Valori, ideali, legalità , cita Falcone e Borsellino, ripercorre le battaglie antimafia, ricorda Gerardo Chiaromonte: “Io — dice – mi sento un ragazzo di sinistra e chiedo alla sinistra di non fare passi indietro sui principi. Sui principi. Non possiamo metterli da parte quando chiediamo i voti”.
Il riferimento è allo ius soli, ma non solo. Anche alla legge elettorale, sulla quale difende la sovranità del Parlamento a esprimersi e a cambiarla.
Il “ragazzo di sinistra”, che ricorda l’entusiasmo di quando ha accettato la candidatura, non si sbilancia sul suo futuro e non lo farà finchè resterà , nel ruolo di arbitro, sullo scranno più alto di Palazzo Madama. Ma il corteggiamento verso di lui è più di una suggestione.
Napoli, festa di Mdp nel bellissimo chiostro del convento di Santa Chiara, cuore antico di Napoli. Pierluigi Bersani è seduto in prima fila, durante il suo intervento. Annuisce.
Quando è la volta di Bersani sul palco, il presidente del Senato resta ad ascoltarlo fino alla fine, segno di un’attenzione ma anche di un rapporto di stima mai incrinatosi sin dall’inizio di questa legislatura in cui, invece, la sua conduzione dell’Aula ha parecchio logorato quello con lo stato maggiore del Pd renziano.
I due, a inizio pomeriggio, si sono scambiati due chiacchiere in un bar nella vicina piazza del Gesù, ostentando una certa sintonia.
Il vero “piano a”, quantomeno nei desideri, porta a Grasso – non a Pisapia – soprattutto ora che il suo rifiuto di candidarsi in Sicilia ha scavato un nuovo solco di incomprensione col Pd renziano.
Un volto istituzionale, di “governo” e anche affidabile, come frontman di un listone che unisca tutto il mondo a sinistra del Pd, che funziona proprio perchè è estraneo a una storia di scissioni, incomprensioni, rancori personali che segnano il rapporto tra il gruppo di Pisapia e gli ex compagni di Sinistra Italiana.
E capace di intercettare anche un mondo “di governo” che non crede più nel Pd.
Tra gli stand l’insofferenza verso Giuliano Pisapia, che dovrebbe arrivare domenica, è palpabile.
Vissuto come un novello Godot mai arrivato col cuore, ambiguo sul suo rapporto col Pd e con Renzi.
Rosario, militante di Napoli, ex Pd: “Io non lo capisco, non capisco cosa vuole, non capisco se ci crede, se si candida. In Europa la sinistra è Corbyn, la Linke, e qui stiamo ancora a cincischiare con Renzi”.
Un altro, Nicola, ancora più schietto: “Se non dice una parola definitiva qua domenica gli applausi non se li prende”.
E quando sul palco arriva a Bersani la domanda sull’ambiguità dell’ex sindaco di Milano, scatta l’applauso. Questa storia dell’attesa di Pisapia pare già aver logorato la sua leadership, mentre arrivano voci che una parte dei suoi, come Tabacci e Angelo Sanza, non proprio il nuovo che avanza, spingono a “fare l’accordo col Pd se passa il Rosatellum”.
La gente che c’è a Napoli, uscita dal Pd, non vuole sangue. Chiede parole chiare, meno fumi politicisti, un’idea che motivi di più dopo l’uscita dalla casa madre, perchè se no “tanto valeva rimanere dentro”.
Rispettosa ma fredda nei confronti di Franceschini e Delrio, la cui presenza non è un fatto banale. E anzi non è stata affatto gradita al Nazareno.
Il ministro della Cultura parla, in modo un po’ democristiano, di un “dialogo doveroso e necessario con tutte le forze del centrosinistra”.
Delrio, senza mai nominarla, contraddice la Boschi sullo ius soli invitando a riaprire il discorso in Parlamento dopo la manovra.
Però la sensazione è che la connessione sentimentale non scatta. Scatta col presidente del Senato che, senza mai strabordare dal suo ruolo, fa capire eccome come la pensa un po’ su tutto. Anche sulla legge elettorale: “Rosatellum? Ma perchè dobbiamo rovinare il latino che è una bella lingua…”.
C’è un doppio piano, in questa prima festa nazionale di Mdp.
Un popolo, stufo del politicismo, preoccupato da una campagna elettorale difficile, che giudica incomprensibile questo percorso accidentato per cui ancora non si sa se e quando si farà il nuovo soggetto unitario a sinistra, se e quando si faranno le primarie, il nome, il simbolo, perchè “con Pisapia siamo alle solite”.
E c’è la prudenza di un intero gruppo dirigente, cresciuto nei partitoni di massa, attento a non apparire come dei “gruppettari” settari, con Bersani che allontana il sospetto di una rottura sulla manovra, rassicurando sull’atteggiamento parlamentare di Mdp.
E continua a difendere l’operazione con Campo Progressista, pur senza tanto entusiasmo. Questa volta Bersani, dal palco, non dice “Pisapia è il leader”, ma si concentra assai di più sui valori del collettivo.
Pare che il 19 novembre ci sarà il voto sulla famosa assemblea dei delegati nel nuovo soggetto. Chissà , la questione della leadership è tutt’altro che chiusa.
In parecchi ricordano il precedente Monti: “Scese in campo due mesi prima del voto e prese il dieci per cento. Se Grasso decide il minuto dopo che si sciolgono le Camere… I giochi veri si faranno allora”.
Nel frattempo si attende “l’ineffabile avvocato” come lo chiama D’Alema.
Alle 21, Arturo Scotto beve una birra con qualche compagno: “Voi non potete capire i messaggi che mi stanno arrivando. Guardate qua. Dicono tutti: mollate Pisapia e scegliamo Grasso. Ha un’altra spinta”.
Il ragazzo di sinistra alimenta già una nuova attesa. Più carica di speranze.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
DA 50 ANNI PAGHIAMO TUTTI I CRIMINALI LIBICI CHE SI SUCCEDONO AL GOVERNO… PER AFFOGARE I PROFUGHI CI SERVIAMO DI MANOVALANZA TERZA, COSI’ LA DOMENICA POSSIAMO ANDARE A MESSA CON LA SACRA FAMIGLIA
“Finalmente abbiamo avuto un colloquio chiarificatore in questa vostra magnifica capitale. Era
necessario ed è stato utilissimo per appianare le tante incomprensioni reciproche. Più che prendere decisioni, ci siamo spiegati a vicenda. Ci saranno altri incontri per approfondire la nostra collaborazione. Anche se è ovvio che restiamo noi a decidere, e soltanto noi, se e in quali circostanze dobbiamo ricorrere alla forza per combattere il terrorismo e difendere i libici in casa loro”.
Lo dice il generale Khalifa Haftar in un’intervista al Corriere della Sera nella quale esprime “profonda soddisfazione” per il suo primo viaggio ufficiale in Italia. Qual è il significato centrale della sua visita?
“Un successo. Personalmente sono molto contento di aver parlato a lungo con il ministro della Difesa Pinotti, quello dell’Interno Minniti, il capo di Stato maggiore Graziano e il capo dei vostri servizi segreti, che conosco da tempo ormai. L’importante è che ci siamo parlati con attenzione e ci siamo capiti. Ne avevamo davvero bisogno, da tempo. Abbiamo parlato dell’impegno comune nella lotta contro il terrorismo e della necessità di fermare l’immigrazione illegale. In proposito ho presentato un piano elaborato, ben consapevole che la Libia non è il punto di arrivo, ma solo un corridoio per i migranti che vengono in Europa”.
“Quanto al controllo delle frontiere Sud – sottolinea Haftar – le mie forze possono fornire manodopera, ma voi europei dovete inviare aiuti: droni, elicotteri, visori notturni, veicoli…”.
Però l’Italia rispetta l’embargo Onu contro l’invio di materiale bellico in Libia.
“Da tempo dico che tale embargo va cancellato nei riguardi del nostro esercito nazionale. Tutti i Paesi europei interessati a fermare i migranti dovrebbero revocarlo. Il ministro Pinotti comunque ha già accettato un programma di addestramento dei nostri soldati in Italia”.
Quanto alla questione del ricorso alla forza, precisa:
“Non abbiamo bisogno di consigli. Ovvio che preferiremmo le vie della politica, ma quando queste non funzionano occorrono altre soluzioni. Stiamo sconfiggendo il terrorismo in Libia, non per via diplomatica, bensì con le armi. Sta a noi decidere come difendere il nostro Paese e i suoi abitanti. Sino ad ora non abbiamo ancora fatto uso della forza per risolvere la crisi politica interna”.
Per l’uomo forte di Tobruk, il recente accordo tra l’Italia, il governo Sarraj e alcune milizie nell’ovest libico, specie a Sabratha, per bloccare il traffico di migranti è “un grande errore: il governo italiano non dovrebbe lasciarsi illudere dalle milizie – risponde Haftar – Pagarle significa cadere in un circolo vizioso: domani faranno la lotta fra loro per spartirsi il bottino e chiederanno più soldi, sarà un ricatto infinito. L’unica forza sovrana è il nostro esercito, che oltretutto non chiede neppure un soldo. Dove noi siamo presenti finiscono il traffico dei migranti e anche il contrabbando di petrolio o di armi. I flussi dei migranti sono diminuiti non grazie alle milizie, ma al nostro esercito che sta estendendo il dominio sul territorio”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
“NON HO RUBATO NIENTE”: LO SFOGO DELLA DONNA CHE HA PERSO IL LAVORO ALL’AZIENZA RIFIUTI… UN EPISODIO CHE DIMOSTRA COME IN ITALIA IL BUON SENSO NON C’E’ PIU’
“Sono passati tre mesi e mio figlio piccolo continua a chiedermi scusa come se fosse colpa sua se mi hanno licenziato. E’ una vergogna”.
Aicha Elisabethe Ounnadi, 40 anni, per tutti Lisa, parla dalla pagina del suo profilo Facebook dove, da qualche giorno sta sfogando tutta la sua rabbia
Il 30 giugno scorso è stata licenziata per aver cercato di portare via da un capannone della Cidiu, la ditta di smaltimento rifiuti della zona ovest della provincia di Torino, dove lavorava da 11 anni, un vecchio monopattino destinato alla raccolta differenziata.
L’azienda ha bollato quel comportamento come “appropriazione indebita”, giustificando un licenziamento in tronco per giusta causa. “Ma io non ho rubato niente. Voglio che la verità venga a galla – continua Aicha o meglio Lisa, come la chiamano amici e colleghi – Io volevo solo fare un regalo a mio figlio che ha 8 anni e desidera tanto un monopattino. Il licenziamento è un provvedimento eccessivo. Sono stata licenziata e umiliata”.
E’ difficile immaginare che un monopattino vecchio e un po’ rotto possa costituire motivo di licenziamento.
Di certo non ci ha pensato Lisa che ha altri due figli a cui badare e vive al quarto piano di una casa popolare alla periferia di Torino. “Ora non ci dormo la notte. Sto davvero malissimo perchè sono stata loro dipendente per 11 anni e con questo lavoro mantengo tutta la famiglia”.
La donna si è rivolta agli avvocati Paola Bencich e Mara Artioli che impugneranno il suo licenziamento.
La situazione, però, è anche più grave perchè l’azienda ha presentato un esposto in procura e l’indagine sul conto di Aicha rischia di essere penale.
“Il monopattino mi è stato dato da un’amica, una collega che mi ha detto di portarlo al mio bambino. Io l’ho appoggiato nello spogliatoio prima di caricarlo in macchina”. Erano le 6 di un mattino di fine maggio, e quando Aicha è tornata in sede, a Collegno, a fine turno ha trovato il suo monopattino sotto una bacheca con un biglietto attaccato che diceva: “Non si fa. La prossima volta potresti essere beccato”.
Ma Aicha dice di non averlo nemmeno letto, ha caricato il monopattino in macchina e, come pronosticato dall’autore del biglietto, è stata “beccata”.
Il suo licenziamento ha scatenato la reazione di Sinistra Italiana che ha presentato un’interrogazione parlamentare e poi, a cascata, del movimento 5 Stelle in Regione e di Collegno Insieme, in Comune
“Ci sono delle regole che vanno rispettate. E’ stato un gesto di insubordinazione. La dipendente è stata licenziata dopo che i fatti sono stati valutati e approfonditi. Ora la vicenda sarà oggetto di valutazione anche dell’autorità giudiziaria”, dice l’amministratore unico dell’azienda, Riccardo Civera.
(da “La Repubblica”)
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Settembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
A GENOVA PER 20 VIOLENZE EDGAR BIANCHI ERA STATO CONDANNATO A 12 ANNI, LIBERO DOPO AVERNE SCONTATI OTTO
Si è materializzato a Milano negli uffici della procura, ma 150 agenti della squadra Mobile lo
avevano già individuato e gli stavano dando la caccia.
A incastrarlo il tutore che porta al ginocchio: un particolare indicato agli investigatori dalla sua ultima vittima, una ragazzina di 13 anni.
Sarà forse anche per questo motivo che Edgar Bianchi ha deciso di costituirsi, recandosi negli uffici della procura milanese accompagnato dal suo avvocato: è stato fermato dal pm Gianluca Prisco con l’accusa di aver abusato di una ragazzina in zona De Angeli a Milano, nel primo pomeriggio di mercoledì 27 settembre.
Solo l’ennesimo caso, visto che Bianchi è noto per essere il “maniaco dell’ascensore“: era così, infatti, che lo avevano soprannominato i giornali nei primi anni duemila quando aveva scatenato il panico a Genova.
Dal 2004, infatti, il barman oggi quarantenne ha compiuto almeno 20 violenze sessuali, tutte su ragazze minorenni.
Condannato in primo grado a 14 anni, si è visto scontare la pena a 12 in appello, ne ha scontati 8 e nell’agosto del 2014 è uscito dal carcere.
Tre anni dopo eccolo ricomparire a Milano nuovamente accusato di violenza su minore.
Un metro e ottanta, atletico, secondo la perizia psichiatrica del tempo Bianchi è affetto da “narcisismo istrionico con tendenze sadiche”.
Sempre identica la tecnica seguita dal maniaco dell’ascensore: individuava una ragazzina tra i 12 e i 15 anni, la seguiva, entrava con lei nel portone di casa e, una volta sul pianerottolo, la minacciava, la palpeggiava, oppure la costringeva a un rapporto.
La stessa dinamica seguita a Milano, dove la 13enne è stata adescata mentre stava rientrando a casa da scuola verso le ore 14. Dopo l’accaduto la vittima dell’abuso ha raccontato tutto ai genitori, che hanno subito chiamato il 112.
Sul caso indagano gli specialisti della quarta sezione della Squadra mobile, che si occupa di abusi sessuali, mentre il fascicolo dell’inchiesta è arrivato sul tavolo del sostituto procuratore Cristiana Roveda, coordinatrice del pool “fasce deboli” della procura di Milano, al quale fa capo lo stesso pm Prisco. “Si tratta di un criminale seriale: in queste ore siamo al lavoro per ricostruire i suoi movimenti e capire se abbia usato violenza anche a altre donne”, ha spiegato il capo della Squadra Mobile Lorenzo Bucossi.
Gli inquirenti, infatti, stanno cercando di capire se ci sia un legame con le molestie subìte pochi giorni fa da una bambina cinese di 6 anni in un cortile di via Paolo Sarpi, nella Chinatown milanese.
Oltre a questo episodio e a quello della 13enne di ieri, il pool guidato dalla pm Roveda sta indagando su altri 2 casi di violenze sessuali avvenuti a settembre nel capoluogo lombardo: quello ai danni di un’anziana di 81 anni al Parco Nord e quello che ha visto coinvolta una turista canadese di 30 anni, costretta a un rapporto sessuale da un tassista abusivo nella zona di Crescenzago.
(da agenzie)
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