Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
IL SINDACO INAUGURA IL NUOVO CENTRO DI PREGHIERA, ANCHE FORZA ITALIA VOTA SI’
Moschea sì. Moschea no. L’Italia dei campanili si divide, Pavia si distingue.
Sabato sera il sindaco in persona, Massimo De Paoli del Pd, ha partecipato all’inaugurazione del nuovo Centro Islamico per il Dialogo di via Pollak: «Pavia è una città accogliente. È una struttura che hanno comperato e adattato a loro spese. Mi fa piacere che abbiano scelto questo nome. Era giusto esserci».
Nulla da eccepire dall’ex sindaco Alessandro Cattaneo di Forza Italia che oggi guida le opposizioni in consiglio comunale: «Sarei andato anch’io. Con questa comunità avevo rapporti anche da sindaco. Sono medici, professionisti, giordani, siriani, a Pavia magari da 40 anni dopo essere venuti alla nostra università . Nulla a che vedere con il progetto della grande moschea che abbiamo bocciato in consiglio…».
In via Pollak il neonato centro islamico è un capannone industriale dipinto di grigio, con le vetrofanie coraniche alle finestre, in un’area dove sorgono solo altri capannoni industriali.
Non ci sono abitazioni. Non ci sono scuole. Non ci sono negozi. Solo il via vai dei camion e dei furgoni che alimentano aziende e fabbrichette. Niente a che vedere con il progetto della Grande Moschea – grande come quella di Sesto San Giovanni che ha fatto la stessa fine – bocciato dalla giunta di centrodestra di Pavia, ribocciato da quella di centrosinistra.
Il sindaco Massimo De Paoli, l’ultimo a stopparla, spiega le ragioni: «Il progetto non era chiaro. I richiedenti assicuravano di avere a disposizioni fondi del Qatar». Abbastanza per decidere di bloccare tutto visto che il Qatar è uno di quei Paesi considerati ambigui dall’Occidente riguardo ai rapporti con i jihadisti. Perchè alla fine si torna sempre lì. Al diritto di culto, qualsiasi culto, garantito dalla nostra Costituzione. Ma pure alle esigenze di sicurezza che fanno accendere i riflettori sulla comunità islamica.
Una comunità numerosa a Pavia, ma non in cima alle classifiche degli stranieri in cui svettano soprattutto rumeni e albanesi.
Tutto sommato con numeri in linea col resto d’Italia visto che gli stranieri sono poco meno di 10 mila a fronte di poco più di 70 mila abitanti.
Con una convivenza consolidata anche dalla storica presenza dell’Università fondata nel 1361 e che oggi ha 22mila studenti, molti dei quali stranieri. Non principalmente musulmani. E di sicuro non tutti praticanti.
Secondo l’imam Al Hasan Badri i fedeli che ruotano attorno al Centro del Dialogo di via Pollack sono 400. Molti meno quelli che si ritrovano nell’altro centro di via San Giovannino che è poco più di un appartamento da un’altra parte della città .
Luoghi conosciuti, accettati dalla città .
Alessandro Cattaneo, l’ex sindaco di Forza Italia, dice quello che dicono tanti: «Il dibattito è quello di sempre. Meglio sapere dove si ritrovano alla luce del sole che non in qualche cantina. Ma il problema vero non sono le moschee. Sono gli uffici dell’anagrafe dove i bambini stranieri nascono più degli italiani. È un fatto di proporzioni gigantesche che nessuno sta controllando».
Certo Al Ahasan Badri è uno straniero. Anche se è in città da talmente tanto tempo che si fa fatica a non considerarlo un pavese ha tutti gli effetti: «Ho studiato qui. I miei figli sono nati qui. Pavia è una città multiculturale. E noi come comunità partecipiamo al Tavolo interreligioso».
Un gesto concreto, ricambiato da don Michele Mosa che per la Diocesi di Pavia ha partecipato all’inaugurazione del centro islamico: «Perchè funzioni, il dialogo tra religioni non può essere solo a livello teologico. È importante anche un livello più terra terra, quello della conoscenza personale che ci fa essere qui».
(da “La Stampa”)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
SARA’ A CAPO DI UNA LISTA CIVICA DI CENTRODESTRA
Lo aveva annunciato sulla sua pagina Facebook, con un sibillino «ci potrebbero essere
novità », riferendosi alla prossima presentazione del suo libro, in programma martedì 24 ottobre, ma a quanto pare la decisione sarebbe stata presa.
Sergio Pirozzi, il sindaco di Amatrice, la cittadina del Reatino rasa al suolo dal terremoto del 24 agosto dello scorso anno, sarà il candidato alla presidenza alle prossime regionali del Lazio, pare alla guida di una lista civica di centrodestra che porterà il suo nome.
La notizia è stata rilanciata dall’edizione online de Il Messaggero.
Conferme, ma al momento nessuna dal diretto interessato, arrivano anche dal suo entourage.
Una scelta, quella di Pirozzi, che pare sia stata molto sofferta, ma che era nell’aria da mesi.
Un passo più volte smentito da lui stesso, anche recentemente dalle colonne di Ciociaria oggi. Pirozzi potrebbe dare ufficialità alla sua candidatura proprio nel corso della presentazione del suo libro, «La Scossa dello Scarpone. Anatomia di una passione sociale», edito da Armando editore, in programma martedì 24 ottobre, alle 17.30, al Salone delle Fontane a Roma, 160 pagine in cui l’attività del sindaco di Amatrice è arricchita anche da note biografiche legate ai ricordi della sua infanzia trascorsa nei «campi di terra» e in mezzo alla natura del suo Comune.
Un racconto della sua esperienza di uomo e di sindaco, «perchè – scrive – sento il dovere di testimoniare un passato importante».
Tra coloro che sostengono fortemente la candidatura del sindaco-allenatore c’è, soprattutto, Francesco Storace, attuale vice presidente del consiglio regionale del Lazio, che proprio ieri, in merito a una possibile candidatura di Pirozzi, aveva detto in un tweet che il sindaco di Amatrice non era il «suo» candidato «ma certo ne sarei un suo felicissimo elettore».
Pirozzi, se confermerà quanto riferito questa sera dal quotidiano romano, è il terzo candidato in corsa per le regionali del 2018 dopo la conferma della ricandidatura del presidente Nicola Zingaretti (Pd) e l’esito delle regionarie del M5S che hanno sancito la candidatura di Roberta Lombardi.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
IL 76% DEI SICILIANI GIUDICA POSITIVAMENTE L’OPERATO DEL GOVERNATORE CROCETTA (MA ALLORA PERCHE’ LA SINISTRA NON L’HA RIPRESENTATO?)
Il testa a testa tra centrodestra e Movimento 5 Stelle. Il calo del Pd, tallonato dallo schieramento della sinistra unita. Gli effetti del voto sugli equilibri nazionali.
Demos ha analizzato le tendenze in atto ed eventuali effetti del voto per le regionali siciliane che si terrà il prossimo 5 novembre.
Con un focus che riguarda i candidati alla successione di Rosario Crocetta (la cui esperienza da governatore è considerata positiva dal 76% dei siciliani).
Secondo il sondaggio di Demos è avanti l’esponente del centrodestra Nello Musumeci con il 35,5% dei consensi; seguito dal grillino Giancarlo Cancelleri che si ferma al 33,2%.
Molto distanziato il rettore Fabrizio Micari, candidato dal Pd e dai centristi di Alfano: 15,7%.
Che sopravanza per soli due punti percentuale Claudio Fava, che guida la lista di sinistra “Centopassi per la Sicilia”.
Il candidato di centrodestra è ancora avanti ma a dividerli c’e’ un margine ristretto, quindi la corsa quando mancano più di due settimane alle elezioni, è ancora aperta.
In più, anche un sondaggio di Demopolis certifica che Musumeci e Cancelleri possono contare, entrambi, su un bacino potenziale del 42%: si tratta di elettori siciliani che prendono in considerazioni più opzioni e che non escludono oggi di poterli votare il 5 novembre.
Il candidato del Centro Destra Nello Musumeci, con il 36%, avrebbe oggi un lieve vantaggio sul leader del Movimento 5 stelle in Sicilia Giancarlo Cancelleri, attestato al 35%. La sfida elettorale appare più complessa per il rettore Fabrizio Micari e per il centrosinistra, su cui pesa non solo la divisione con l’area di sinistra guidata da Claudio Fava, ma anche e soprattutto l’eredita’ del Governo uscente. Micari otterrebbe oggi il 21%, con un potenziale stimato al 27; piu’ distante Fava al 7%, con un potenziale del 15%.
(da agenzie)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
L’ASSESSORE AL BILANCIO DELLA RAGGI SI PORTA A ROMA UN AMICO, STIPENDIO DI 41.000 EURO
L’ultima assunzione della Raggi arriva direttamente dalla squadra di pallavolo di
Camaiore.
Per l’Assessorato allo sport? No, il contratto riguarda la segreteria del neo Assessore al Bilancio Gianni Lemmetti.
La sua scelta è caduta su Cristiano Battaglini, designer e pallavolista e suo amico di vecchia data dell’Unione Pallavolo Camaiore. Il contratto supera i 41mila euro l’anno. Della vicenda parla oggi Repubblica Roma:
È l’ultima new entry della squadra grillina: arruolato dieci giorni fa dal neo-assessore al Bilancio Gianni Lemmetti per supportare e coordinare i suoi rapporti con «istituzioni, enti pubblici, società private, organismi rappresentativi di cittadini e tutti i correlati aspetti afferenti alle attività pubbliche e di relazione di natura politica, economica e giuridica», recita la delibera 218, varata in giunta il 9 ottobre. Dove su cinque atti approvati, tre riguardano l’assunzione di altrettanti esterni
Si tratta del 57esimo collaboratore dell’amministrazione cinquestelle, che fa lievitare i costi degli staff a circa 3,5 milioni di euro.
Battaglini ne prenderà poco più di 41mila e rimarrà in carica sinchè il quarto responsabile delle finanze capitoline, già a Livorno con il sindaco Nogarin, deciderà di restare a occuparsi dei conti di Roma.
Un fatto non scontato, almeno a giudicare dai precedenti: Lemmetti è infatti il quarto assessore al Bilancio della giunta Raggi in appena 16 mesi di mandato.
Un destino incrociato, il loro, cominciato diversi anni or sono in quel di Camaiore, piccolo comune in provincia di Lucca, dove la giovane recluta allenava la Nuova Pallavolo Lido, cinque anni fa confluita con la Asd Camaiore Pallavolo in un’unica società sportiva: la Unione Pallavolo Camaiorense.
Lì Lemmetti si occupava della squadra e Battaglini lavorava sulle giovanili. Anche se questa non è l’unica occupazione del nuovo collaboratore dell’assessore al bilancio.
Il nuovo collaboratore del Campidoglio risulta anche fra gli amministratori della “Pinocchio store Collodi srl”, specializzata nella commercializzazione dei gadget sul famoso burattino di legno.
Con cui tuttavia Battaglini non pare condividere nè la storia nè le caratteristiche antropologiche. Nella delibera di assunzione, evidenziando «la complessità e delicatezza delle proprie funzioni politico-istituzionali», Lemmetti rileva infatti «la necessità di una figura in possesso di elevati doti di riservatezza, capacità di lavorare in team e in grado di fornire il suddetto supporto nei rapporti di carattere istituzionale in maniera trasversale sulle diverse materie delegate». Doti indispensabili, specie alla luce del «carattere fiduciario dell’incarico»
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
C’E’ CHI CONTINUA A FOMENTARE ODIO, INSULTI A DON MARTINO, TANTO NESSUNO VIENE DENUNCIATO
Continua la protesta di una piccola minoranza di fomentatori razzisti per l’arrivo dei 12 migranti ieri nell’ex asilo Contessa di Govone di via delle Ripe.
Questa mattina un gruppo di cittadini si è ritrovato fuori dalla scuola a presidiare la struttura e ha chiuso la strada privata con una catena.
Un’iniziativa che ha provocato la timida reazione degli agenti municipali, presenti sul posto insieme ai poliziotti della Digos, che hanno spiegato che in caso di ostruzione del transito gli autori del blocco sarebbero stati multati per avere impedito il passaggio alle vetture, come prevede il codice della strada.
Come se si trattasse di un passatempo di ragazzi e non un reato che invece di essere contestato nel momento in cui è posto in essere si possa “sconsigliare” a chi lo attua.
Sarebbe bastato leggere gli striscioni che accompagnavano questi “galantuomini” che “non fanno politica” : “Curia ladrona, Genova non perdona” e “La vostra carità solo in nome del Dio denaro”, con implicite minacce.
Insulti indirizzati a don Giacomo Martino, il sacerdote che segue i 12 ragazzi nel processo di formazione scolastica e accoglienza.
Fuori le urla, dentro il silenzio. Mentre i cittadini di Multedo contrari all’accoglienza presidiavano l’ex asilo Govone al grido «questa è casa nostra», gli ospiti appena arrivati cercavano in ogni modo di vivere una giornata normale, come tante altre. Insieme al responsabile di Migrantes monsignor Giacomo Martino e ad alcuni operatori hanno occupato il tempo tra corsi di italiano e lavoretti. E per stemperare il clima di tensione, a un certo punto hanno organizzato una partita a pallavolo nel piccolo campo giochi, un po’ fuori misura per loro dal momento che un tempo accoglieva solo bambini.
Intorno alle 9.30 i ragazzi sono usciti comunque dalla struttura accompagnati da don Giacomo Martino per recarsi come faranno ogni giorno nella scuola-laboratorio di Coronata.
(da agenzie)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
L’IMPOVERIMENTO DELLA LINGUA NAZIONALE E LA MANCATA CONOSCENZA DEI CLASSICI E CAUSATA DAI TABLET, NON DALLA SOSTITUZIONE DEI NATIVI
Quali sono i maggiori pericoli per il mondo? Certamente quello legato al cambio
climatico. Fra gli ultimi 17 anni stanno i 16 più caldi da quando si misurano le temperature, che continuano a crescere: il 2014 è stato il più caldo della storia, superato dal 2015, poi dal 2016.
Crescono anche i pericoli dell’inquinamento. La cattiva qualità dell’aria – a sua volta legata al riscaldamento globale – uccide ormai 6,5 milioni di persone all’anno: 430.000 nella sola Europa (dati Oms e Aea). A simili pericoli ci abituiamo. Paiono lontani e accettabili: responsabile sembra la modernità nel suo insieme.
A controbilanciare questa rassegnazione, nell’immaginario collettivo si risvegliano paure più immediate e animali: si temono soprattutto pericoli più chiassosi e visibili, ma imprevisti, come l’invasione di immigranti e il terrorismo (orrendo, ma che finora ha provocato in Europa “solo” 200 morti l’anno)
Altro immenso problema è la disuguaglianza economica. Data la globalizzazione, è sempre più importante studiarla con un modello che includa tutto il mondo.
Il grafico dell’economista Milanovic mette in evidenza chi ha guadagnato e chi no nell’ultima generazione. Sulla verticale sta la percentuale di arricchimento, sull’orizzontale i redditi del mondo, divisi in percentili.
Per la sua forma, il diagramma è stato chiamato Elefante.
A sinistra la coda, che parte da zero: i poverissimi sono rimasti tali. Poi si sale verso un’ampia e lunga schiena: i due terzi dell’umanità guadagnano ora 70 – 80% più di venti anni fa.
La poderosa schiena elefantina è infatti costituita dalle masse che in Cina, in India, in America Latina, continuano a lasciare la povertà e a formare un nuovo ceto medio.
Poi la linea ridiscende improvvisamente, formando una proboscide immaginaria che tocca terra: quasi un quinto della popolazione mondiale guadagna quanto 20 anni fa. Rispetto al mondo si tratta del quinto più ricco.
Ma all’interno dell’Occidente questa categoria corrisponde al ceto medio-inferiore: che, a causa di questo ristagno, odia la globalizzazione e negli ultimi anni ha votato massicciamente per partiti populisti. Solo l’ultimo pezzo di proboscide si rialza, addirittura in verticale: l’èlite cosmopolita, i cui guadagni sono favolosamente cresciuti.
Anche un secolo fa si poteva rappresentare la distribuzione della ricchezza in diagrammi. Ma questi erano sostanzialmente nazionali, la loro curva era unica, non un ottovolante: quando i guadagni del capitale parevano sproporzionati, lo Stato provava a trasferirne una parte ai bisognosi.
Oggi, con “l’elefante di Milanovic” le cose sono ben più complicate. La linea tormentata delle disuguaglianze si spezza e ricompone di continuo in ogni anfratto del mondo, ma manca un governo mondiale che possa correggerla, anche solo in parte.
La globalizzazione è difficilmente reversibile, come irreversibile fu l’epoca delle scoperte. Se non può essere cancellata, andrebbe però corretta. Con graduali ma continui aggiustamenti, nel secolo scorso il Nord Europa aveva raggiunto il miglior livello di giustizia sociale nella storia dell’uomo. Oggi mancano non solo gli strumenti, ma anche le informazioni basilari sul problema.
Negli Stati Uniti hanno eletto Donald Trump. Ma i suoi muri potranno fermare le persone, non le merci.
Le multinazionali potrebbero riportare le fabbriche in Occidente, ma sostituendo i dipendenti con robot e tecnologia. Un politico inglese ha detto: «Non ci siamo sparati sui piedi, ci siamo sparati alla testa».
Anche i paesi che, nel secolo scorso, commisero suicidà® della intera nazione che a parole difendevano; in particolare la Germania. Non accontentiamoci dicendo che i tempi sono cambiati: anche molti fascismi erano iniziati come populismi soft, ma liberare l’isteria di massa li ha trasformati in hard. Sotto stress, il singolo uomo può diventare a volte irrazionale: la massa lo diventa sempre.
Veniamo alle migrazioni.
Dopo aver già sparso anti-islamismo con il suo Lo scontro delle civiltà (1996), Samuel Huntington in La nuova America (2004) ha preparato la strada a Trump, indicando nel Messico un pericolo mortale.
L’America, avvertiva, era in via di snazionalizzazione. Accantonando la purezza della lingua e la prevalenza del protestantesimo puritano, perdeva anche il suo credo civile (gli Stati Uniti dichiarano di professare anche una civil religion laica).
Pur compiendo una complessa analisi, il filo conduttore di Huntington ha uno sbocco paranoico. Vede l’origine dei mali nei diritti civili degli anni ’60 e ’70, che avrebbero cancellato l’identità americana dall’interno mettendo sullo stesso piano dei coloni originari le minoranze e gli immigrati: soprattutto dove questi si concentrano localmente, come i messicani in California.
Oggi, solo 13 anni dopo, La nuova America è contraddetta dai fatti: la California ha l’identità più forte fra i 50 Stati: è in testa per i diritti, per reddito, assistenza, integrazione, protezione dell’ambiente, livello culturale e tecnologico (Università e Silicon Valley).
Stimolante ma contraddittoria è anche la polemica identitaria del francese Renaud Camus. Le grand remplacement (La grande sostituzione, 2011) profetizza la sostituzione dei francesi da parte degli immigrati e dei loro discendenti: non verrà rimpiazzata solo la popolazione, ma l’intera cultura del paese.
Camus vede l’impoverimento della lingua nazionale e la mancata conoscenza dei classici come corrosione nella integrità di un popolo infiltrato dagli stranieri.
Tuttavia, ancor più tragico che in Occidente, questo smottamento delle basi linguistiche e umanistiche si sta manifestando in Cina, Giappone e Corea, dove la immigrazione dei nordafricani corrisponde a zero e la massa della popolazione resta rigorosamente autoctona.
Oggi, infatti, il maggior pericolo per la lingua e la cultura non viene dalla sostituzione dei nativi con gli immigrati, ma da quella dei libri con lo smartphone e il computer, che in Estremo Oriente procede a una velocità ancora più allarmante che in Europa o Stati Uniti.
Torniamo all’istinto animale che in noi cerca un nemico, un capro espiatorio.
È vero, come dice Camus, che dobbiamo affrontare il pericolo di una Grande Sostituzione. Non si tratta, però, di una popolazione che ne rimpiazza un’altra.
È la componente delirante – ma presente in ognuno – della mente umana che sostituisce i pericoli veri con altri in buona parte immaginari: per giunta, con la sgradevole tendenza a scegliere i capri espiatori fra i gruppi economicamente ed etnicamente più fragili.
In questo modo favorisce la diffusione di paranoie collettive, simili e simmetriche a quella del fondamentalismo islamico.
Un contagio psichico di cui l’Occidente dovrà a lungo pagare il conto.
(da “L’Espresso”)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
RIDICOLA DISPOSIZIONE DELL’ASSESSORE ALLA CULTURA (SI FA PER DIRE)… I MUNICIPI: “A RISCHIO IL NOSTRO RUOLO”
C’è il don che chiede di mettere il logo del municipio per la festa canora. La squadra di calcio che deve premiare i bambini del torneo. Gli anziani del circolo che hanno organizzato la raviolata solidale.
Dopo il taglio dei fondi, il Comune decide di incatenare anche l’autonomia dei municipi, bloccando i patrocini a iniziative nei loro territori.
Prima ci vuole il visto di Tursi? «Non siamo un ufficio tecnico, ma un organo politico: questa è un’azione di prevaricazione. Un attacco: dove è andata a finire l’importanza della nostra autonomia, di cui aveva parlato il sindaco Bucci in campagna elettorale?», tuona Massimo Ferrante, presidente della Bassa Valbisagno.
La reazione arriva dopo la mail spedita dalla segreteria dell’assessora al marketing territoriale, cultura e politiche per i giovani, Elisa Serafini.
«A seguito della decisione di giunta del 31 agosto, le richieste di patrocinio presentate ai municipi e da voi ritenuti meritevoli, prima della definitiva approvazione, dovranno essere inviate a questo assessorato che successivamente provvederà all’inoltro della documentazione ai competenti uffici per la definizione della pratica»
Sagre, tombolate, tornei sportivi: per ottenere il logo dovranno passare sotto la lente d’ingrandimento, una sorta di filtro che li vaglia, prima che arrivi il nulla osta di Tursi.
«A parte che i municipi hanno un segretario generale per vagliare le richieste, cosa vogliamo fare, intasare quelli comunali di pratiche? Tra l’altro, si parla della gestione di questioni di 2-3 mila euro…».
Il caso finisce in sala rossa, materia di una commissione di una questione su cui stanno combattendo la lista Crivello (l’ex assessore ha sempre sostenuto l’importanza vitale dei municipi per far funzionare la macchina comunale) e il Pd.
«Una cosa che non è scritta da nessuna parte, che richiede una regolamentazione. È un attacco alle istituzioni, perchè va oltre a ogni tipo di documento regolare su come funzionano il consiglio comunale e i municipi — interviene Cristina Lodi, capogruppo Pd in consiglio comunale —. La commissione deve chiarire che non si vuole, e non si può fare. Non esiste alcuna modifica di norma, ne statutaria, ne del regolamento, che prevede una cosa del genere».
I municipi devono avere una loro autonomia, conoscono il territorio e le istituzioni. Sono eletti dai cittadini e devono avere la loro autorevolezza.
«Non è previsto da nessuna forza democratica una cosa del genere. La Serafini dovrebbe concentrarsi sulla cose di sua competenza, i municipi sanno lavorare da soli».
I municipi sono sempre stati piccoli comuni nel territorio; addirittura la polizia municipale si è modellata intorno ai municipi, creando nove distretti.
Ora, la loro libertà , anche nelle piccole cose, viene messa in seria discussione.
«Questo atto non ha nessun fondamento normativo, è mirato piuttosto a controllarci e a diminuire il nostro peso». «Non ci possono dire: fermatevi. Sono sbagliate le modalità con cui è stato posto il problema», interviene Mario Bianchi, presidente del municipio Medio Ponente.
Ferrante aggiunge. «In commissione neppure ci hanno invitati. Ci dovevamo incontrare con il sindaco già due volte per la conferenza dei presidenti, ma l’appuntamento è sempre stato rimandato a oggi: questo fa capire l’importanza che viene data ai municipi da questa giunta. Non c’è una visione dei municipi, forse perchè gestiscono il consenso?».
Cinque presidenti (municipio III, IV, V, VI e VII, quelli del Pd) hanno risposto all’assessora. «Il comunicato non è coerente con le previsioni normative, statutarie e regolamentari».
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
NON BASTANO I 64 PREVISTI, PER GARANTIRE L’ORDINE PUBBLICO SE NE DEVONO SPUTTANARE ALTRI CINQUE
Non basta buttare 64 milioni di euro per una richiesta di autonomia che si attiva con una
raccomandata.
Luca Zaia e Roberto Maroni faranno spendere ai loro cittadini anche altri soldi per garantire l’ordine pubblico durante la consultazione.
Complessivamente, oltre cinque milioni di euro per pagare gli straordinari, l’indennità di ordine pubblico e il vitto delle forze dell’ordine che presidieranno i seggi domenica durante il voto.
La cifra non era prevista nel protocollo che i due governatori avevano sottoscritto con il Viminale ed è stata comunicata solo nelle ultime ore.
Luca Zaia ieri ha detto che la richiesta di stanziamento è folle: «È un atto contro la democrazia. Ci trattano come dei delinquenti solo perchè vogliamo rispettare la sentenza della Corte Costituzionale che ha detto che è giusto dare la voce al popolo. È un chiaro segnale dello scollamento che c’è tra il governo e la popolazione».
In realtà in Lombardia e in Veneto si è scelto di usare lo strumento del referendum per assicurarsi che il Governo tenga conto della volontà popolare ma in effetti non c’era alcun bisogno di arrivare alla consultazione elettorale.
La Costituzione prevede che lo Stato possa raggiungere un’intesa con la Regione ma non menziona il referendum.
L’articolo 117 della Costituzione (oggetto del fallito tentativo di riforma costituzionale Renzi-Boschi) stabilisce quali sono le “materie di legislazione concorrente” tra Stato e Regioni.
Fino ad ora però entrambe le Regioni coinvolte non hanno chiarito — agli elettori in primis — per quale autonomia si andrà a votare.
L’oggetto principale della propaganda è il residuo fiscale, vale a dire la differenza tra quanto una Regione versa in tasse allo Stato centrale e quanto ne riceve indietro in servizi.
Maroni e Zaia ritengono che se il residuo fiscale rimanesse “a casa” si potrebbe utilizzare parte di quei 70 miliardi di euro (52 miliardi per la Lombardia e 15 miliardi per il Veneto) in servizi e investimenti sul territorio che potrebbero dare nuova spinta all’economia.
Tutti sembrano dimenticarsi però che gli enti locali operano in base a princìpi di sussidiarietà , differenziazione ed adeguatezza (art. 118) e che concedendo a Veneto e Lombardia di trattenere il residuo fiscale verrebbe meno il dovere di aiutare i territori meno ricchi e più svantaggiati.
Una posizione questa che potrebbe compromettere i sogni di gloria di Matteo Salvini, da anni ansioso di fare conquiste elettorali al Sud con Noi con Salvini.
Ma cosa penseranno gli elettori del Sud quando scopriranno che Salvini al Nord incoraggia spinte autonomiste che finiranno per danneggiarli?
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
L’SMS DEL PD E I DUE EURO PER NON FARLO DERAGLIARE
I costi complessivi, spiegano dal Nazareno, saranno chiari solo alla fine.
Ma per sostenere l’iniziativa del treno Pd a bordo del quale Matteo Renzi girerà per due mesi l’Italia, è attivo sul sito dell’iniziativa un fundraising, con la possibilità di fare donazioni da 5 a 50 euro.
“Dai energia al treno!”, si legge sul sito dell’iniziativa.
È attivo anche un numero per sostenere “Destinazione Italia” con sms o donazioni via telefono.
Ma anche a bordo del convoglio, all’ultima carrozza, è istituito uno “shop”, un negozio per l’acquisto di gadget, dalle magliette alle tazze, ma anche riviste Dem e l’ultimo libro di Matteo Renzi, “Avanti”.
Su Twitter però l’iniziativa non ha scatenato tanti entusiasmi.
Il treno insomma è partito, ora si chiede aghli iscritti di non farlo deragliare.
(da agenzie)
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