Ottobre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
IL SENATORE GRILLINO PRIMA ACCUSA MALTA DI NON VOLERLO SUL’ISOLA, POI SE LA PRENDE CON LA BINDI … MA IL M5S SI DISSOCIA DAI SUOI PERSONALISMI
Il senatore del MoVimento 5 Stelle Mario Michele Giarrusso scende in guerra prima contro Malta e poi contro Rosi Bindi.
Tutto comincia ieri, quando il senatore rilascia un’intervista a Tribupress nella quale denuncia la propria esclusione dalla visita della commissione parlamentare Antimafia “su esplicita richiesta del governo de La Valetta”.
“Per le mie considerazioni sull’assassinio di Daphne Caruana Galizia sono stato dichiarato persona non gradita dal Governo di Malta. La Bindi mi ha escluso dalla visita della Commissione Antimafia. E’ una cosa gravissima, siamo diventato gli zerbini di una ‘superpotenza’ come Malta, a cui basta protestare perchè l’Italia esegua”, sostiene Giarrusso che nel frattempo riceve varia solidarietà su Facebook.
Le accuse a Malta e alla Commissione Antimafia sono gravi, tanto che arriva una risposta di La Valletta.
Il governo maltese infatti “smentisce” le “insinuazioni” e le “invenzioni” del senatore. L’ambasciatore a Roma ha formalmente chiesto “spiegazioni” alla presidente della Commissione, Rosy Bindi, mentre il ministro degli esteri maltese ha “ribadito il messaggio” al nostro rappresentante diplomatico sull’isola.
“Il governo maltese — spiega una nota — non è mai stato consultato, formalmente o informalmente, sulla composizione della delegazione italiana”.
A questo punto Giarrusso smentisce tutto e se la prende su Facebook con la presidente della Commissione Antimafia Rosi Bindi: «Ho appena appreso dalla viva voce dell’Ambasciatrice Maltese Vanessa Fraizer che non è vero che per il Governo Maltese non sono persona gradita. A questo punto è gravissimo che in Commissione Antimafia mi sia stato fatto intendere questo, negandomi la possibilità di andare in missione a Malta con la Commissione Antimafia. Chiedo formalmente alla Presidente Bindi di dare spiegazioni. Chi e perchè non vuole che il portavoce in Senato del Movimento 5 Stelle Mario Michele Giarrusso prenda parte alla missione del 23/24 ottobre a Malta?»
La guerra di Giarrusso, il M5S che dice?
In tutto ciò, Giarrusso non spiega chi gli ha detto che non era persona gradita a Malta nè perchè è nata tutta questa polemica. Poco dopo però è la commissione antimafia a rispondere al senatore. “Le affermazioni del senatore Giarrusso sulla sua presunta esclusione dalla missione a Malta della Commissione parlamentare Antimafia sono già state smentite e sono prive di fondamento”, sottolinea l’ufficio stampa della stessa Commissione antimafia, in una nota nella quale si sottolinea che “la partecipazione del senatore Giarrusso a questa missione, programmata da tempo, non è mai stata prevista”.
“Fin dall’inizio — si legge nel comunicato — era stato stabilito che la delegazione fosse composta dai membri dell’ufficio di presidenza e dalla coordinatrice del Comitato sulla proiezione internazionale delle mafie. Quando il senatore Giarrusso ha millantato la sua partecipazione lo ha fatto in modo del tutto strumentale, per pubblicizzare le sue dichiarazioni sul presidente Muscat e il governo maltese.
La presidente Bindi, che conosce l’alfabeto dei rapporti istituzionali e diplomatici, senza ricevere alcuna richiesta e men che meno pressioni di alcun genere da parte delle autorità maltesi, ha confermato la composizione della delegazione che, come stabilito, sarà formata dalla presidente, dall’onorevole Giulia Sarti, capogruppo del Movimento Cinquestelle e dall’on. Laura Garavini”
La ricostruzione di Giarrusso
Ovviamente Giarrusso non è il tipo che riceve una smentita senza minacciare una querela in risposta. E infatti poco dopo eccolo a chiedere persino le dimissioni della Bindi: “Con la sua dichiarazione la presidente Bindi dice il falso ed è gravemente lesiva della mia immagine: per questo ho dato mandato ad un avvocato di valutare gli estremi per una querela. Bindi non può dire che millantavo, è una cosa di una gravità assoluta per la quale chiederò anche ai presidenti delle due Camere di intervenire: c’è un’offesa alla mia persona ma c’è anche quella politica, è in ballo la tutela del mio ufficio di senatore, della tutela dell’attività istituzionale di noi senatori” . “Il comportamento della presidente Bindi è inaccettabile e preclude alla prosecuzione del suo incarico” dice il senatore che finalmente ricostruisce la sua versione dei fatti.
Eccola: la missione, ricorda Giarrusso, era prevista dal 13 settembre e, “come tutte le missioni estere, era previsto che partecipassero non tutti i 50 componenti della Commissione ma due a gruppo: io sarei dovuto andare con la collega Giulia Sarti che, infatti, mi ha più volte sollecitato, come posso dimostrare, a trasmettere la mia disponibilità all’ufficio di presidenza”.
Poi il 17 ottobre c’è l’attentato alla giornalista Daphne Galizia Caruana, “io confermo la mia presenza, comunico che sarei partito direttamente da Catania, segnalo l’orario della mia partenza, e venerdì passo dalla Commissione per ritirare il fascicolo che viene normalmente consegnato un paio di giorni prima della partenza. Lì trovo facce scure: una funzionaria, presenti altri testimoni, mi dice che il fascicolo non è pronto, che la missione potrebbe saltare a causa delle mie dichiarazioni sulla giornalista. Poi mi dice, ‘la Bindi sta valutando se andare lei’. Io mi oppongo e a quel punto inizia la ‘corrida’ con la Presidente che cerca di estromettermi dalla missione. Si inventano — racconta ancora il senatore — il comitato ristretto, ma a settembre — sottolinea — la missione era ordinaria, e quindi va lei, Garavini e uno del M5s che non sono io”.
Il colpo di scena
Ma a questo punto arriva il colpo di scena. I membri M5S della commissione antimafia Sarti, Gaetti, D’Uva, Dadone e Bulgarelli si dissociano da Giarrusso: “Quello che è successo a Malta, con l’uccisione della giornalista Daphne Caruana Galizia è da condannare fermamente. La commissione antimafia si recherà domani e martedì in missione a Malta e il MoVimento 5 Stelle farà parte della delegazione, come disposto dall’ufficio di presidenza.
Delegazione che sarà composta dalla presidente Bindi, da Garavini, e dalla capogruppo del M5s in commissione antimafia Giulia Sarti”, esordiscono in una nota. Che poi arriva al vero punto: “Acquisiremo da Malta tutte le informazioni utili per quanto è di nostra competenza. Faremo tutto ciò che è nelle nostre funzioni per accertare la verità su questa terribile morte senza indietreggiare di un passo. In un momento di grande confusione come questo c’è bisogno di professionalità e del massimo impegno da parte di tutti, senza sfociare nella ricerca di protagonismi inutili“, concludono i pentastellati.
Chi sarà quello alla ricerca di protagonismi inutili?
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Grillo | Commenta »
Ottobre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
SU DIECI MEDICINALI VENDUTI SOLO DUE SONO “GENERICI”… MA GLI ITALIANI CHE SI LAMENTANO PERCHE’ NON ARRIVANO A FINE MESE DOVE SONO?
Sicuramente i loro nomi, presi dai principi attivi che li compongono, non li aiutano. 
Quasi tutti sanno cos’è l’anti virale Oki. Pochi che il suo equivalente generico è il ketoprofene.
Così come è uno scioglilingua pronunciare Abciximab, il nome del gemello antivirale Aciclovir.
Però i prezzi dovrebbero essere dalla loro parte, visto che sono almeno del 50% inferiori alla fotocopia griffata.
Eppure il mercato dei generici, pur in costante crescita, in Italia non decolla. Basti pensare che da noi acquistiamo solo due scatole su 10 senza griffe, che in Germania hanno la metà del mercato.
Non sfondano nè in farmacia, nè in ospedale, dove stanno andando deserte due aste di acquisto su dieci, denunciano gli industriali delle pillole low cost.
L’onda d’urto
Un sistema sull’orlo di una crisi di nervi che fa sperperare risorse utili a fronteggiare l’onda d’urto dei farmaci innovativi dai prezzi stratosferici.
Proprio in questi giorni la Food and Drug Administration americana ha sdoganato due trattamenti genetici. Yescarta, contro le neoplasie maligne dei tessuti linfatici e Kymriah indicato per forme gravi di leucemia.
Il primo trattamento ha un costo di 373mila dollari, il secondo di 475mila. Davanti a queste cifre il Fondo speciale di 500 milioni per i medicinali innovativi rischia di essere prosciugato anzitempo, lasciando fuori dal nostro mercato terapie che promettono di combattere più efficacemente malattie come cancro, Alzheimer o Hiv.
Il risparmio
E poi i generici farebbero bene anche alle nostre tasche, visto che ogni anno spendiamo circa un miliardo di quel ticket occulto che è il differenziale, non rimborsato dallo Stato, tra il prezzo del generico e del suo analogo griffato. Non simili, ma proprio uguali, per principio attivo, via di somministrazione, forma farmaceutica (pillola piuttosto che supposta) e persino eccipienti.
Tre terapie su cinque somministrate in ospedale – denuncia Assogenerici, l’associazione dei produttori delle pillole senza griffe – sono a base di farmaci fuori brevetto e il 24% sono generici. E già così si perdono per strada un po’ di soldi, perchè non sempre il medicinale venduto con il nome di fantasia abbassa il prezzo a livello del fratello gemello senza griffe.
Come dimostra appunto quel miliardo di euro sborsato dai cittadini per pagare il sovraprezzo. Ma il problema, come denuncia sempre Assogenerici, è che il 20% dei bandi resta deserto, e quindi in mano ai prodotti più costosi griffati. Per gli industriali “genericisti” la colpa è nello schiacciamento sempre più al ribasso dei prezzi, che metterebbero a rischio la sostenibilità delle imprese. A tal punto da farle battere in ritirata.
Il direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco, Mario Melazzini, a sua volta spiega: «Per trarre il massimo vantaggio dai generici le aziende che controllano sia la produzione degli originali che degli equivalenti devono operare nella consapevolezza della loro responsabilità sociale».
Detto in altre parole: occorre superare il conflitto di intessi tra chi produce entrambe le categorie di farmaci e privilegia quelli più costosi con “firma”.
E questo proprio mentre da qui a fine anno andranno fuori brevetto 16 medicinali super-star, tra cui il Cialis, con un mercato di oltre un miliardo di euro.
Per capire il potenziale effetto in termini di risparmio basta dare un’occhiata ai numeri dell’Imatinim, uno dei primi anti-cancro intelligenti, disponibile da marzo in formato “generico”. Se prima per un mese di terapia ci volevano 1.800 euro, ora ne bastano 45, per un risparmio di oltre 200 milioni. Ossigeno utile a finanziare i farmaci innovativi.
(da “La Stampa”)
argomento: sanità | Commenta »
Ottobre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
IL PARADOSSO TUTTO ITALIANO, MENTRE CALANO GLI ASCOLTI DE LA 7 E DI RAI 3
La Rai è senza pace. Dopo aver fatto cadere l’ex direttore generale Antonio Campo Dall’Orto sul piano dell’informazione e a fronte di un bilancio in forte miglioramento; viale Mazzini ha messo alla porta il direttore di Rai 1 Andrea Fabiano.
Una scelta in qualche modo paradossale: l’ammiraglia Rai è l’unico canale generalista che vede crescere gli ascolti nel giorno medio.
Eppure, l’ex enfant prodige della Rai, fortemente sostenuto proprio da Campo Dall’Orto, subentrerà a Ilaria Dallantana — “stanca delle dinamiche della tv pubblica” dicono fonti del cda — al vertice di Rai 2. Non certo una promozione.
“Il problema della Rai è la mancanza di trasparenza” dice Michele Anzaldi, consigliere Pd in vigilanza, che poi aggiunge: “Potremmo pensare che l’abbiano mandato a Rai 2 per rilanciare il canale, oppure che ci siano problemi che non vediamo o che sia stato spostato per aiutare qualcun altro”.
Come a dire che in un momento difficile per la televisione generalista ci potrebbe essere un disegno per aiutare la concorrenza ai danni della tv di Stato.
Le elaborazioni dello Studio Frasi su dati Auditel lasciano poco spazio ai dubbi: nel giorno medio le tv generaliste (i canali Rai, insieme ai canali Mediaset e La7) raccolgono il 55,7% dello share contro il 57,4% dello scorso anno.
Una caduta sempre più ripida che si spiega con la parcellizzazione degli ascolti e il consumo del video on demand.
“Le situazioni di crisi riguardano più che altro La7 e Rai 3” osserva Francesco Siliato, analista del settore media e partner dello Studio Frasi, che spiega: “Probabilmente il direttore di La 7, Andrea Salerno, non ha capito dove è atterrato e nel confronto con lo scorso anno perde il 21% di share nel giorno medio, mentre l’audience è caduta da 342mila a 275mila telespettatori. Rai 3, invece, perde il 6% nel giorno medio, ma il 20% in prime time”.
Nonostante tutto a pagare dazio è Fabiano che rispetto a un anno fa ha guadagnato 100mila spettatori (più di quelli persi dagli altri due canali di viale Mazzini insieme alle tre reti Mediaset): l’operazione Fazio non è certo stata un successo, ma nonostante gli ascolti deboli gli investitori pubblicitari sembrano soddisfatti.
Insomma i problemi del manager sono evidentemente più profondi e probabilmente legati ad alcuni errori fatti nel tentativo di raggiungere un target diverso da quello classico dell’ammiraglia di viale Mazzini: su tutti spicca il caso di “Parliamone sabato”, il programma di Paola Perego chiuso dopo poche puntate.
I critici osservano che il risultato di Fabiano positivo dipende solo dalla fiction e dagli eventi caratteristici di Rai 1 e il manager sarebbe stato rimosso per evitare che “facesse danni” snaturando il canale.
Carlo Freccero, consigliere d’amministrazione Rai in quota 5 Stelle, si limita a osservare “la grande crisi della televisione generalista. Ormai il salotto della grande domenica pomeriggio si è spostato alla sera, dove c’è Fazio. La famiglia italiana non si trova più sulla Rai, ma di fronte al campionato”.
Probabilmente, quindi, a Fabiano viene imputato il flop di ascolti nella fascia pomeridiana (-6% lo share) che si sommano a quelli del sabato sera.
(da “Business Insider”)
argomento: RAI | Commenta »
Ottobre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
SOLO NEL 30% DEGLI EDIFICI ESEGUITA LA VERIFICA DI VULNERABILITA’ SISMICA.. E I SOLDI STANZIATI SPESSO NON VENGONO SPESI
Più di quattro scuole italiane su dieci si trovano in zone del Paese dove possono verificarsi
terremoti “fortissimi” o “forti”.
L’86 per cento di queste, 13.054 su 15.055, non seguono le norme antisismiche.
Il 43 per cento del totale degli istituti inseriti nelle prime due fasce di rischio (su quattro), dove ogni mattina si recano bambini, ragazzi e insegnanti, sono stati costruiti prima del 1976, anno dell’entrata in vigore della normativa. In zona 1 sono il 34,4% delle strutture totali (866 su 2.514).
Questi sono i numeri più significativi del rapporto “Ecosistema Scuola” di Legambiente, che racconta che il 48,9% degli edifici hanno goduto di manutenzione straordinaria negli ultimi cinque anni mentre il 43,6% degli edifici necessita di interventi di manutenzione urgente e soltanto nel 29,3% è stata eseguita la verifica di vulnerabilità sismica e solo il 13,8% degli edifici è stata costruita secondo criteri antisismici. Repubblica oggi illustra dati e numeri del rapporto:
I dati del rapporto riguardano l’85 per cento circa del patrimonio scolastico italiano, dato che soltanto 36mila strutture, a fronte delle oltre 42mila inserite nell’Anagrafe scolastica, sono presenti nella banca dati del Miur con informazioni relative all’anno scolastico 2015/16. «L’edificio scolastico — spiega Rossella Muroni, presidente di Legambiente — dovrebbe essere il racconto delle potenzialità di un Paese.
Il futuro si costruisce in ambienti adeguati, per questo alla base di una “buona scuola” devono esserci, prima di tutto, sicurezza e qualità infrastrutturale ed energetica». E lo studio vuol proprio essere uno stimolo ad andare in questa direzione: «Non vogliamo vedere più scuole lesionate e inagibili come quella di Casamicciola dopo il terremoto di Ischia di questa estate».
Una scuola su due dei Comuni capoluogo di provincia non ha il certificato di idoneità statica, di collaudo statico, di agibilità o di prevenzione incendi.
E a volte non per mancanza di fondi: dei 9,5 miliardi di euro a disposizione dal 2014, ne sono stati spesi solo 4,1 per 12mila interventi. Di questi in tre anni solo 550 hanno riguardato l’adeguamento alle norme sismiche.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: scuola | Commenta »
Ottobre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
L’ART 117 DELLA COSTITUZIONE: “I LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI DEVONO ESSERE GARANTITI SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE”… I GOVERNI PREMIANO LE REGIONI PIU’ PRODUTTIVE DEL NORD, IL SUD E’ PENALIZZATO MA DEVE EVITARE LA CATTIVA GESTIONE DEI FONDI
Oggi, in Italia, una parte di una parte del Paese chiede di tenere per sè più risorse perchè in questa fase storica il suo reddito pro capite è più alto e, per mantenere standard di servizi più alti per i propri cittadini, decide bene di spendere circa 70 milioni di euro per un referendum dall’orizzonte quanto meno fumoso.
Sempre positivo il ricorso alle urne, ma il fine non giustifica i mezzi, in alcuni casi, dato che le Regioni hanno ben altri strumenti, senz’altro più economici, per invocare più autonomia.
È il caso del referendum Lombardo-Veneto, basato sull’idea che troppo alto sarebbe il residuo fiscale delle regioni coinvolte: intorno ai 50 miliardi.
In realtà , secondo Paolo Balduzzi, l’ammontare vero di quel residuo, sarebbe circa la metà .
Mi pare sempre più frequente il ricorso all’immagine comoda e rassicurante dello steccato, a livello globale.
Da Donald Trump, che sostiene: “A Nation Without Borders Is Not A Nation” ai referendum autonomisti, fino alla Brexit. Ovunque, la paura dell’uomo occidentale lo sta portando a erigere muri di protezione: contro i migranti, contro il nemico. Aggiungerei, contro i meridionali.
Eppure, in Italia vige ancora una Costituzione. Questa Costituzione sostiene all’art. 117 lett.m che occorre provvedere alla “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.
Parole che rischiano di rimanere una dichiarazione formale e vuota, se tutti i cittadini italiani non vedono riconosciuti eguali diritti: la Costituzione rischia sempre più di esser violata nella sostanza e tutto ciò che conduce verso una simile aberrazione è in conflitto con quel dettato, violandone i principi fondamentali.
L’esperienza quotidiana insegna, purtroppo, che in molte regioni (meridionali) il livello dei servizi offerti ai cittadini è sempre più basso. Trasporti, sanità , asili, scuola, università .
Le migliaia di studenti che emigrano nelle università del Nord e l’emorragia di capitale umano hanno fatto sì che in dieci anni il Sud abbia perso 3,3 miliardi di euro di investimento in capitale umano e 2,5 miliardi di tasse, che emigrano verso le università del Nord.
Infatti, il Sud ha perso 716 mila persone, in questi anni, di cui circa 198 mila laureati, solo negli ultimi anni. Queste ingenti somme il residuo fiscale, evidentemente, non le conta. Come il quotidiano acquisto di prodotti e servizi.
E che dire della spesa drammatica dei migranti della sanità che, per avere cure migliori, si trasferiscono quotidianamente al Nord con un triste indotto collegato?
Chi solletichi le paure e gli egoismi della gente, sa perfettamente che un Pil più alto oggi è il frutto di spese sostenute da tutto il Paese per arricchire aree più sviluppate e farne “locomotori” che avrebbero dovuto trainare tutto il paese. E invece non trainano nulla a quanto pare.
Bisognerebbe metter mano alla gravissima discrepanza tra trasferimenti alle Regioni e livelli dei servizi, mettere a nudo l’inettitudine di chi i fondi trasferiti non riesce a metterli a frutto, invece di aggiungere confusione demagogica.
Un bell’articolo di Francesco Sabatino su Lettera43 ricorda che “il divario tra Sud e Nord nelle risorse pubbliche va ben oltre il residuo fiscale, anche tenendo conto che i centro settentrionali possono contare sul supporto di un sistema semipubblico come quello delle fondazioni (patrimonio totale di 40 miliardi quasi interamente collocato sopra Roma) o che gli incentivi a fondo perduto sono stati sostituiti da strumenti legati all’acquisto di macchinari e servizi (la nuova Sabatini o i superammortamenti di Industria 4.0) che premiano soprattutto le aree più produttive”.
Si fa sempre così, in Italia: anzichè metter mano ai problemi si elucubra e si divide nel segno della demagogia.
Dove vanno a finire i soldi trasferiti? Perchè non si chiarisce questo punto? Perchè non si mette il cittadino nelle condizioni di sapere la ragione di questi buchi e di queste disfunzioni?
Dovrebbe esser la gente del Sud a ribellarsi, di fronte a tanto spreco di risorse.
Infine, le interdipendenze dell’economia globale rendono ridicolo ogni sussulto neonazionalista.
Il concetto di confine è superato e scandaloso e rischia di mettere in discussione il più nobile progetto europeo che, pur con gravi defaillance, è riuscito ad avvicinare le popolazioni del nostro continente come mai nella storia.
Non confondiamo l’oro con le patacche.
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: Referendum | Commenta »
Ottobre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
ED EMERGE LA VERITA’: “SIAMO STATI STRUMENTALIZZATI DALLA LEGA , ERANO VENUTI DA FERRARA”… MA OVVIAMENTE NESSUNO DEI MANDANTI E’ FINITO IN GALERA
«Le barricate contro i migranti sono state una roba schifosa, una vergogna». Il pescatore di
vongole è una maschera di rughe cotte dal sole.
A mezzogiorno meno un quarto attraversa il pontile di cemento trascinando gli stivali di gomma. «Facciamo un patto: io le spiego cos’è successo davvero, che poi è quello che qui tutti pensano ma nessuno dice, e lei non scrive il mio nome. La verità è che ci siamo fatti fregare».
Prego? «Siamo stati usati dai soliti politici capopopolo per la loro guerra. Quelle donne nere erano solo delle povere disperate e noi le abbiamo respinte. Ci siamo comportati da razzisti, ma siamo brava gente».
Gorino è un avamposto di 600 abitanti dove il Po incontra l’Adriatico, un luogo dimenticato da Dio e dagli uomini ma non dalle zanzare.
Tutt’intorno, la laguna: un intreccio di canali che danno vita a un ecosistema unico dove viene allevata la maggioranza delle vongole italiane.
C’è un’unica strada che collega questa piccola frazione a Goro, il capoluogo del Comune. Qui, il 24 ottobre 2016, scoppiò la madre di tutte le rivolte contro i migranti. Quella sera i bancali di legno, solitamente usati per depositare le casse di molluschi, diventarono blocchi stradali: decine di residenti e qualche forestiero scesero in piazza per impedire l’arrivo di dodici donne africane.
A mandarle quaggiù era stato Michele Tortora, prefetto di Ferrara, che le aveva destinate all’ostello-bar del paese, di proprietà della Provincia.
Vinsero le barricate. Le televisioni arrivate da mezzo mondo raccontarono la disfatta dello Stato.
Da parte dei rivoltosi si udirono parole d’intolleranza, a volte disumane. Lo sdegno finì sulle prima pagine dei giornali. «Gorino non è l’Italia», disse l’allora ministro dell’Interno Alfano. Forse aveva ragione. Ma l’Italia, in fondo, è anche Gorino.
Da Brescia a Fano, da Treviso a Messina: negli ultimi dodici mesi i focolai delle proteste contro i profughi hanno incendiato gli animi e non solo.
E allora, per capire le origini della rivolta strisciante, conviene partire da questo paesino inghiottito dalla nebbia, non più Emilia e non ancora Veneto.
«Sì, ero sulle barricate», racconta il ragazzone intento a dividere le vongole appena passate. «Anzi, le dico di più: io sono stato il primo a scendere in piazza, ma non ne sono orgoglioso».
Cercansi alloggi sfitti
Diego Viviani, sindaco di Goro eletto con una lista di centrosinistra, assicura che il clima è cambiato: «Vogliamo accogliere migranti anche a Gorino. Abbiamo sensibilizzato la popolazione e invitato i privati a mettere a disposizione appartamenti sfitti». Per il primo cittadino l’integrazione è possibile: «Mi piacerebbe ospitare minori soli non accompagnati e dare loro la possibilità di costruirsi un futuro».
Don Francesco Garbellini, parroco di Goro: «A organizzare i famosi blocchi stradali furono uno o al massimo due persone. Io le conosco, venivano da Ferrara».
Chi erano? «Attivisti della Lega – spiega il sacerdote -. Gli abitanti di Gorino sono stati strumentalizzati».
L’allusione è a Nicola Lodi detto «Naomo», professione barbiere, da qualche mese segretario della Lega Nord di Ferrara.
Sempre con il megafono in mano nei giorni caldi di Gorino, a dodici mesi di distanza rivendica orgoglioso il suo ruolo: «È tutto vero, sono stato io a organizzare le barricate. Dovrebbero ringraziarmi per aver salvato quel paesino dall’invasione, i migranti portano criminalità e degrado».
La felicità secondo Sanela
All’ora di pranzo la ragazza versa un’acqua tonica all’unico avventore del bar ostello di Gorino: «È già passato un anno, ma ricordo tutto come fosse ieri. L’incubo cominciò con i carabinieri che bussavano alla porta e mi dicevano che la struttura era stata sequestrata per ospitare migranti. Ero incredula e impaurita. Avevo trent’anni e quel giorno sono diventata adulta».
Si chiama Sanela Mikolik e gestisce lo spartano albergo con passione ammirevole. È nata in Serbia, ma se la cava piuttosto bene anche con l’incomprensibile dialetto di queste parti: «Io stessa sono straniera, come potrei essere razzista? Il problema è che volevano interrompere il mio piccolo sogno. Qui vengono gli anziani a giocare a carte, i bambini a fare merenda, i turisti a rinfrescarsi dopo l’uscita in barca. Temevo che l’arrivo dei migranti avrebbe cambiato tutto per sempre».
Sanela porta i capelli raccolti sulla testa, mette in fila parole con tono serioso, poi all’improvviso spalanca un sorriso sincero: «Qui la natura è magnifica, non è come in città : c’è più amore nelle cose. Non me ne frega niente della politica, destra o sinistra. Io voglio solo far sentire a casa i clienti. Non è facile: lavoro 12 ore al giorno e fatico a pagare le bollette. Ma sono felice».
A Gorino il tempo sembra essersi fermato a quel giorno d’ottobre di un anno fa, anche l’orologio del campanile è guasto.
La ferita è ancora aperta e la gente non parla volentieri delle barricate. Prima di farlo Roberto Mantovani, 69 anni, si liscia i baffi bianchi: «Non ho partecipato alle proteste. Umanamente mi è spiaciuto per quelle donne respinte, ma non eravamo in grado di accoglierle nella nostra comunità ».
In questo paesino di 600 abitanti secoli di salmastro hanno forgiato una comunità orgogliosa, gelosa della propria identità . «Sa cosa dicevano un tempo i nostri vecchi? Che se dopo la guerra avessimo fatto esplodere l’unica strada che ancora oggi ci collega a Goro, avremmo potuto far parte della Jugoslavia. E forse sarebbe stato meglio così», scherza Tino Milani, classe 1945, di ritorno dal porto con un’anguilla nel sacco della spesa. «No, in piazza non c’ero. Quel giorno stavano tutti a petto in fuori perchè c’era la televisione. Ma io non faccio barricate contro la povera gente».
(da “La Stampa”)
argomento: Razzismo | Commenta »
Ottobre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
LA DIFFERENZA NON E’ PIU’ TRA BIANCHI E NERI, ETERO E GAY, ITALIANI E STRANIERI, MA TRA AMANTI DELLA LEGALITA’, DELLA LIBERTA’ E DEL MERITO E CHI LE NEGA… E A DESTRA E’ RIMASTA SOLO IGNORANZA E BECERUME
E’ passato qualche anno da quel 2013 nel quale, improvvisamente, da cittadino, da idealista e da Napoletano, liberale e “ribelle”, mi sono ritrovato senza un punto di riferimento politico.
Ricordo ancora la sensazione di vuoto “devastante” he provai quando, nel leggere i risultati di quella tornata elettorale, mi resi conto che GianfrancoFini era defintivamente uscito dalla ribalta politica e che FLI era naufragata sotto i colpi di un elettorato sempre più disamorato ed incapace di sognare
Da cittadino avevo vissuto il sogno rivoluzionario di AlleanzaNazionale
L’idea di una destra che, pur non rinnegando la storia, si affacciava, per la prima volta nella lunga storia Repubblicana, al postulato del “meno Stato, più mercato e più libertà “.
Una destra moderna, ribelle e capace di cavalcare le nuove neccessità sottese all’evoluzione della società e dello stesso ordinamento giuridico in tema di diritti e libertà civili
Una destra equilibrata, moderata e di governo.
Una destra lontana dal popolusmo becero e di facciata. “Identitaria” ma non nazionalista.
Una destra capace di lanciare un giavelotto verso il futuro, spingedo i più giovani a sognare un futuro di merito e di libertà .
Di quella destra non è rimasto quesi nulla, oggi. Soltanto rivoli sparsi, un po qua, un po là . Un “deserto desertificato”. Un campo incolto. Un buio profondo.
Gianfraco Fini, che ho avuto il piacere di conoscere personalmente, una volta, riuscendo a parlarci per un’oretta circa, ha commesso sicuramente degli errori. Lui stesso lo ha ammesso: del resto tutta la vicenda della “casa di Montecarlo”, pure al netto della parola defintiva che, in una direzione o nell’altra, pronuncerà la Magistratura, è stata una brutta storia; una storia greve; il segno di un apparato politico incapace di gestire la responsabilità di essere un centro di imputazione rappresentativo per milioni di Italiani. Se l’iter giudiziario proverà colpe e responsabilità , è giusto che Fini paghi, e che accada in modo duro, perchè “se a rubare è uno dei nostri deve avere l’ergastolo”, proprio come insegnato, anche a noi della nuove generazioni, Almirante.
Fino a quel giorno, però, il garantismo (che non è un mero postulao filosofico, ma valore pregnante della nostra Carta Fondamentale) impone il massimo rispetto…
Ridurre la fine di quella destra alla “storia della casa di Montecarlo” sarebbe oltremodo riduttivo, però
Diciamoci la verità : quella destra si è sciolta come neve al sole per l’incapacità della Sua classe dirigente di essere all’altezza del compito.
Gente che non studiava; che non aveva il ben che minimo titolo sostanziale (salvo le “mazzate” di cui era stata capace ai tempi della guerriglia di strada tra “rossi e neri”); gente che manco lo sapeva che cosa significasse impervicarsi per il periglioso sentiero del sapere e del dubbio…
Irrigidirsi è facile. Ci vogliono giusto due secondi per farlo.
Arroccarsi sulle proprie convinzioni, continuare a postulare valori irrinunciabili senza nemmeno si stia parlando, sia dal punto di vista filosofico, sociologico, giuridico ed economico, però, è stato il peggir errore che quella “classe polititica” potesse commettere, però
Fini azzardava. Ci provava. Dal punto di vista “politico-folosofico” bisognerà dargliene sempre atto
Gli altri, invece, quelli che gli stavano accanto, manco lo capivano dove cercasse di condurre un’intera comunità politica.
Manco lo afferravano il senso rivoluzionario e ribelle di una visione ultranazionalista, europea e nella quale, la differenza tra le persone non era più tra banchi e neri, tra etero e gay, tra italiani e stranieri, ma tra amanti della libertà , della legalità e del merito, da una parte, e tutti gli altri, all’altra.
Ma questa è storia, oramai. Una storia lontana e sempre più sbiadita. Priva di condottieri. Priva di armate e senza più luce…
Ricordo soltanto che in quel 2013 mi sentii spaesato. Che, in qualche modo, da cittadino appassionato, mi sentti chiamato in causa. Volevo impegnarmi. Volevo provare a portarle avanti, quelle idee. Ma con chi? Dove? In quale contesto empirico-organizzativo
In quattro anni i tentativi sono stati tanti e tutte le volte, al netto delle belle persone che, pure, ho conosciuto, il risultato è sempre stato desolante ed infruttuoso, e da tutti i punti di vista.
Perchè in un mondo fatto di gelosie, pressapochismo, qualunquismo di manietra, ed arroganza e presunzione, un idealista – peraltro alla continua ricerca della verità su ogni cosa – fa davvero fatica a provare stima sincera per qualcuno.
Mi porto dietro la bellezza di qualche amicizia sinceramente nata, però.
La bellezza di qualche amicizia di spessore capace di farmi riflettere, di farmi crescere e di farmi provare l’ebrezza concettuale dell’imperitura sfida verso la modernità . Il resto è soltanto “putrida melma”…
Tra queste amicizie annovero sicuramente Riccardo Fucile ed il suo meraviglioso blog che, proprio quest’anno, festeggia i suoi 10 anni di vita
Ricordo che proprio quel blog fu uno dei primi risultati che reperii su google quando, preso dalla “disperazione rappresentativa”, mi misi alla ricerca di notizie di quel che rimaneva della destra nella quale avevo creduto.
E proprio non lo immaginavo, in quei giorni, che (poi) l’avrei conosciuto quel Riccardo Fucile, Che addirittura mi avrebbe intervistato due volte, dedicandomi, peraltro, un’attenzione sensibile e profonda. Che ne nascesse un’amicizia sincera e disinterssata, fatta anche di “litigate di concetto” quando è stato necessario, ma sempre – e comunque – nel pieno e puntuale rispetto per le altruii idee.
Non so quante persone sarebbero state capaci di essere così costanti ed evolute com’è stato Riccado in tutti questi anni.
Non lo so proprio quante persone avrebbero avuto la capacità di conservarsi fedeli a se stessi senza rinnegare le ragioni della modenrità .
Non so quante persone sarebbero state capaci di “battersi” per l’affermazione sempre più pregnante di quel senso di dignità e di libertà che travalica gli steccati ideologici di chi, non avendo manco capito di cosa si stia parlado, sostiene, perennemente, di esserne all’altezza di un non meglio precisato compito, salvo sciogliersi nella peggiore delle “masturbazioni mentali”, peratro, “solitarie”..
Io e Riccado avremo sempre idee molto diverse su certe questioni.
Lui continuerà a credere nei “fallimenti del mercato” e nella necessità della persistenze esigenze della presenza di beni pubblici. Continuerà a ragionare su “esternalità ” e “selezione avversa” (e farà anche bene tutte le volte in ci sarà necessario seganalare tutte quell porcate che, nel nome dell’antifascismo, sistematicamente consumano ladri, corrotti ed incapaci).
Io, invece, continuerò sempre a pensare che “l’efficienza Paretiana”, che il “miglioramento Paretiano” e che i postuali propri, sia della prima che della seconda teoria dell’economia del benessere, pur essendo difficili da realizzare per intero, siano la strada maestra per abiurare le brutture di un sistema sempre più ripiegato su se stesso, ed incapace di costruire il futuro.
Ma, pur nella diversità delle vedute, non riuscirò mai a non avere stima per il suo slancio ideale e per il suo impegno.
Sicuramente avrà vissuto anche lui profonde delusioni in un mondo che, mentre da un lato propugna i valori della solidarietà , dall’altro, li rinnega sistematicamente, e nel modo più bieco e indegno.
Non posso fare molto per spingerlo a continuare nella sua quotidiana azione di denuncia e di riflessione. Quel poco che potrò continaure a fare, però, lo farò di cuore, nell’assoluta certezza di agire per il meglio. Sono trascorsi 10 anni da quando hai aperto il tuo blog, Riccardo: io direi che non è ancora venuto il tempo di consegnarsi alla storia…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
argomento: destra | Commenta »
Ottobre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
E PRENDONO LE DISTANZE DA CASAPOUND: “NON LI VOGLIAMO MARTEDI CON NOI”… LA RISPOSTA DI DON GIACOMO: “DISPONIBILE A ORGANIZZARE L’INCONTRO, MA SOLO QUANDO I RAGAZZI POTRANNO USCIRE SENZA LA SCORTA DELLA DIGOS, TRA MINACCE E INSULTI”
Ora i cittadini di Multedo vogliono invitare ufficialmente i 12 migranti a una merenda che
stanno organizzando ai giardini John Lennon: «Così ci conosciamo e anche per fare capire loro chi siamo e per parlare insieme».
«Noi non siamo qui per protestare contro la Chiesa. Non c’è contrapposizione con la chiesa ma la volontà di ribadire che siamo per una accoglienza seria. Se Migrantes insieme a noi cerca un posto alternativo a Multedo per ospitare i 12 profughi saremmo contenti di fare il possibile per quei ragazzi che scappano dalle guerre. Ma l’ex asilo Govone deve tornare a essere un asilo».
Sono le parole di Simona Granara, portavoce del gruppo di una 40ina di residenti che non vogliono il centro migranti a Multedo e che si sono dati appuntamento oggi alle 10.45 nel piazzale antistante la chiesa, poco prima della messa inaugurale dell’anno catechistico, con striscioni che riportano frasi celebri di Papa Wojtyla per ribadire che «l’asilo Govone deve rimanere a disposizione dei bambini».
Martedì, invece, è prevista una fiaccolata, alle 19.30, dai giardini John Lennon a piazza Baracca, a Sestri.
Un altro abitante della zona aggiunge: «Si tratta di lavorare in serenità per ricucire lo strappo».
Il numero esiguo di contestatori di stamane dimostra che la protesta è sempre più opera di una minoranza. Come la litania dell’asilo privato da riaprire è un nonsenso, meglio sarebbe chiedere un asilo comunale, perchè l’asilo delle suore è stato chiuso per il numero dei bambini insufficiente. Solo il Comune può permettersi di lavorare in perdita.
La protesta oggi è tranquilla, senza clamore. Il timore di tutti gli abitanti riguarda la possibile strumentalizzazione della loro lotta da parte di gruppi politici.
Si riferiscono alla polemica di ieri scatenata dalla dichiarazione di casa Pound Genova che ha detto di voler partecipare alla fiaccolata. Un’iniziativa che infatti ieri ha sollevato non poche polemiche. Parole che hanno scatenato la dura reazione di Anpi e Cgil: «Genova non può accettare una tale provocazione – si legge in una nota della Camera del Lavoro – I veri stranieri nella nostra città e nei nostri quartieri sono loro (Casapound, ndr) e vanno allontanati senza se e senza ma. Se sarà confermata la manifestazione la Cgil risponderà convocando, per lo stesso giorno, un presidio presso i giardini di Multedo».
Il comitato di Multedo, ieri sera, si è affrettato a chiarire la propria posizione: «Per tutelare i nostri ideali e la sicurezza di chi scenderà in piazza con noi abbiamo scelto di limitare la presenza ai soli cittadini che non appartengono a forze politiche»».
Casapound non è gradita.
E oggi il cambiamento di linea a cui don Giacomo ha risposto: “Felice di organizzare questa merenda per conoscersi, ma solo quando i ragazzi potranno uscire dal centro senza scorta della Digos, basta con insulti e minacce”.
(da “il Secolo XIX”)
argomento: Razzismo | Commenta »
Ottobre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
“ANCHE I MAFIOSI HANNO I SANTINI APPESI NEL COVO, NON PER QUESTO SONO CRISTIANI”…”FACILE AVERE PADRE PIO APPESO AL COLLO, LA FEDE VERA VA VISSUTA”
A Multedo i primi striscioni contro la Chiesa sono comparsi a inizio ottobre, durante una processione nel quartiere. Poi sono arrivate le sparate dell’assessore leghista Stefano Garassino, che ha definito don Giacomo Martino «nemico pubblico numero uno» e ha promesso «calci nel sedere agli accattoni».
Dopo una fiaccolata con insulti alla Curia, a Multedo i richiedenti asilo sono arrivati davvero. In dodici. E le offese del quartiere contro la Chiesa, in riferimento al cosiddetto “business dei migranti”, sono diventate pesantissime: «Mafia ecclesiastica», «Curia ladrona», si leggeva sugli striscioni di venerdì sera al casello autostradale di Pegli.
Monsignor Marco Granara, rettore del Santuario della Guardia, vede un futuro cupo. «Non si ragiona più, si urla solo», dice. «Se questo costume diventa metodo andiamo verso un disastro umano e democratico, una guerra civile».
Monsignor Granara, a Multedo la tensione è altissima. Ma nella battaglia contro il centro d’accoglienza, gli abitanti ripetono: «Non c’è l’abbiamo con i migranti ma con la Chiesa che ci ha tradito». Perchè?
«Pensiamo cosa patisce il Papa, che a parole sta simpatico a tutti ma poi è ritenuto esagerato nella sua misericordia: per moltissimi la Chiesa dovrebbe chiudere un occhio davanti a certe ingiustizie. Il nostro dovere di accogliere però non può essere messo in discussione, e nemmeno il diritto dei migranti di non morire di fame nei loro Paesi. Ma la gente di Multedo, di chi sta difendendo i diritti? Di un po’ di anziani? Ma insomna, il mondo non è loro, ma di chi un giorno prenderà il loro posto».
Tutti i partiti di destra, pur essendo tradizionalmente vicini alle posizioni cristiane, stanno però dalla parte degli abitanti.
«La politica sta sollevando un polverone e c’è un filone in particolare che ragiona con la bava alla bocca in vista delle elezioni. Sta esasperando un problema che potrebbe essere risolto ragionando in modo pacato. Basterebbe guardare i numeri per scoprire che trenta migranti non hanno mai rovinato nessun quartiere. Don Giacomo Martino sta facendo un lavoro di prudenza e mediazione: cinquanta migranti sono troppi? Mettiamone meno allora».
È una soluzione che Multedo rifiuta. Molte persone che seguono la vita religiosa del quartiere non vogliono accogliere nemmeno un migrante. Com’è possibile?
«Sarò brusco: siamo davanti a una fede cristiana fasulla. ll problema è che abbiamo dato per scontato per troppi anni che chi va in Chiesa sia cristiano. E poi ci ritroviamo con i cristiani mafiosi, che hanno i santini appesi nel covo. Il problema è che questi fedeli che si sono ritrovati battezzati da bambini sono tantissimi, e anzichè ragionare come Gesù ragionano con il fegato. Ma non bisogna ragionare come fa la maggioranza, perchè la verità non sta lì: Gesù criticava la maggioranza, e proprio per questo si è ritrovato in croce».
Intanto a Multedo ci sono catechisti e portatori di Cristi delle processioni che scendono in piazza contro la Chiesa.
«Portare il Cristo non significa assolutamente nulla. Puoi anche avere un Padre Pio appeso e credere alla Madonna che piange, ma se ti comporti così non sei cristiano, sei solo superstizioso. Anzi, questa gente fa solo fare brutta figura alla Chiesa. Se perderanno la fede pazienza, tanto non era fede. Ma sa chiaro: io sono disponibile ad aiutare questa gente per far capire loro che cos’è la fede vera».
(da “La Repubblica”)
argomento: Razzismo | Commenta »