Ottobre 30th, 2017 Riccardo Fucile
DI MAIO RESPINGE LE APERTURE DELLA LEGA: “SE CERCA DI RIFARSI UNA VERGINITA’ POLITICA CON NOI SBAGLIA DI GROSSO”
“Se Salvini cerca di rifarsi una verginità politica ammiccando ancora a un’alleanza con noi sbaglia di grosso”.
Così su Facebook il candidato premier di M5s, Luigi Di Maio, replicando alle parole del leader del Carroccio che in una intervista a Repubblica apriva a M5s.
“Ripeto per l’ennesima volta – spiega Di Maio – il Movimento 5 Stelle non fa alleanze con i partiti che hanno disintegrato il nostro paese. Poi Salvini in Sicilia ha fatto una precisa scelta di campo: sta con gli impresentabili condannati e arrestati che fanno parte della banda di Musumeci. Uno alla Scajola, uno che gli fanno i candidati a sua insaputa e anche gli assessori. E Salvini si presta a questo gioco sporco sulla pelle dei siciliani”.
“Ricordo anche a tutti – prosegue ancora Di Maio – che la Lega di Salvini ha praticamente votato la fiducia al governo Gentiloni per far passare una legge elettorale truffa e che quindi, anche a causa loro, passerà una legge di bilancio che massacrerà ancora gli italiani. Per noi è imperdonabile. Ed è imperdonabile tradire i propri elettori per avere in cambio delle poltrone.
A Repubblica Salvini aveva detto che “l’obiettivo è il governo di centrodestra. Ma se all’indomani del voto non dovessimo avere la maggioranza, io non chiamerei mai Gentiloni, Renzi e Alfano. Dei governissimi gli italiani sono stanchi, hanno prodotto disastri. Piuttosto alzerei il telefono e chiamerei Beppe Grillo. Se fossi costretto a chiamare qualcuno, chiamerei lui”.
Eppure, Beppe Grillo l’aveva appena attaccato dalla piazza vicina, a Palermo, definendolo un ‘poveraccio’ venuto a prendere i voti al Sud, nella sfida per la Sicilia.
“Ecco – replica -, vedete? Lui mi da del poveraccio, mentre io gli tendo la mano. Mi accusa di essere venuto qui a prendere voti, sai che scoperta, è proprio quello che sono venuto a fare. Come lui, del resto”.
Scambio di cortesie populiste tra fuoricorso fancazzisti, politici di professione.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 30th, 2017 Riccardo Fucile
CHI VUOLE PARTECIPARE DEVE ESSERE “CAPACE DI COMPRENDERE INTERLOCUTORI CON SPICCATE CARATTERISTICHE DIALETTALI”
“Essere capaci di comprendere anche interlocutori con spiccate caratteristiche dialettali”: è
una delle caratteristiche richieste nel capitolato d’appalto che l’Asl Napoli 3 Sud di Torre del Greco ha indetto la gara per “la fornitura di servizio di supporto e gestione azione amministrativa per gli uffici”, responsabile del procedimento la dottoressa Rosaria Comito, Termine ultimo presentazione offerte: le ore 11 del 10 novembre.
In altre parole, per aggiudicarsi l’appalto (base d’asta 207.mila euro pìù Iva per la durata di un anno), le aziende che partecipano alla gara dovranno avere personale in grado di capire il dialetto napoletano, anche per poter gestire (è uno degli altri requisiti richiesti agli addetti) “conversazioni problematiche”.
La ASL in questione ha utilizzato il MEPA (Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione) per avviare il processo di gara con il canale RDO (Richiesta di Offerta) invitando i fornitori che sono iscritti sullo stesso MEPA alla categoria “Servizi Specialistici”.
Il Mercato Elettronico della P.A. (MePA) è un mercato digitale dove possono essere effettuate negoziazioni dirette, veloci e trasparenti per acquisti sotto la soglia comunitaria
In ogni caso, specifica il bando, “per’ l’accettazione del personale proposto (quello che l’azienda aggiudicatrice allocherà presso gli uffici dell’Asl), sarà facoltà della Committente procedere ad un colloquio di approfondimento per verificare la corrispondenza delle competenze riportate nel CV”.
E qui la faccenda si complica: chi e come sarà chiamato a valutare il grado di comprensione del napoletano da parte dei candidati che un’azienda propone? E che livello è richiesto: A1, A2, B1…?
Anche perchè il requisito linguistico, nell’elenco delle competenze richieste, precede altre che, in linea teorica, dovrebbero essere più importanti, come
avere un livello di istruzione almeno pari alle medie superiori
saper utilizzare strumenti informatici standard
saper navigare in modo efficace un sito internet ed applicazioni Web oriented
“Non parteciperò alla gara”, dice una fonte a neXt Quotidiano, “anche perchè non ho nessun dipendente napoletano, ma è la prima volta in 35 anni di fornitura di servizi ad enti”.
Secondo Babbel, la app per imparare le lingue, per gli italiani tra le lingue più studiate per ragioni lavorative si trova l’inglese (77%), il francese (30%) e il tedesco (21%).
Forse dovrà aggiornare il bouquet dell’offerta con il napoletano.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 30th, 2017 Riccardo Fucile
CI FOSSE MAI UN MARTIRE CHE AFFRONTI IL CARCERE… MADRID COMMENTA: “L’IMPORTANTE E’ CHE STIA LONTANO DALLA GENERALITAT”
L’ex presidente della Generalitat della Catalogna Carles Puigdemont e cinque suoi consiglieri intendono chiedere l’asilo politico al Belgio. Lo sostiene la tv spagnola La Sexta nel suo ultimo telegiornale.
Puigdemont si trova a Bruxelles per incontri con i nazionalisti fiamminghi.
Lo scrive El Periodico online. Ieri il segretario di Stato belga all’immigrazione Theo Francken aveva ipotizzato un asilo politico per Puigdemont.
Il partito di Francken, l’N-VA, fa parte della coalizione di governo, e il premier Charles Michel in serata è dovuto intervenire per escludere l’ipotesi dopo la reazione irritata di Madrid.
Il governo Rajoy ha fatto sapere di “non essere preoccupato” per il viaggio di Puigdemont in Belgio.
Secondo quanto riferito a La Vanguardia da fonti del ministero dell’Interno spagnolo, quello che oggi contava davvero è che non si presentasse al Palau de la Generalitat.
La trasferta a Bruxelles, dunque, sembrerebbe fare il gioco di entrambe le parti.
Da un lato di Madrid, che temeva scenate all’esterno del Parlamento catalano; dall’altro di Puigdemont, per il quale il procuratore generale dello Stato spagnolo, Juan Manuel Maza, ha chiesto l’incriminazione per “ribellione” e “sedizione”, così come per tutti i suoi ministri.
Maza ha spiegato che, dopo la rimozione del presidente catalano dal suo incarico e la dissoluzione del Parlamento regionale, Puigdemont e gli altri membri del governo non possono essere indagati dalla Corte Suprema o dalla Corte di Giustizia di Catalogna.
Almeno per ora il procuratore Maza non ha chiesto l’arresto preventivo di Puigdemont, dei suoi ex ministri e della presidente del Parlament Carme Forcadell. Maza attenderà che gli imputati siano sentiti dal giudice per pronunciarsi su possibili misure cautelari.
Il delitto di ribellione, previsto dagli articoli 472 e seguenti del Codice penale spagnolo, prevede pene fra i 15 e i 25 anni di reclusione per coloro che “incoraggiando i ribelli, abbiano promosso o sostenuto la ribellione” e per “i capi principali di questa”.
Coloro che esercitano un ruolo ‘subalterno’ rischiano fra i 10 e i 15 anni di carcere e per i meri partecipanti sono previste condanne fra i 5 e i dieci anni di detenzione.
La pena più alta, 30 anni di carcere, si può comminare ai capi di una insurrezione armata che abbia provocato devastazioni o violenza. Il delitto di ribellione è previsto per quelli che si sollevano in modo “pubblico e violento” perseguendo una serie di obiettivi come la violazione, la sospensione o la modifica della Costituzione o la dichiarazione di indipendenza di una parte del territorio nazionale. Fu il reato per il quale furono puniti gli autori del colpo di Stato del 1981.
Il governo spagnolo, intanto, ha dato “qualche ora” agli ex ministri e funzionari della Generalitat catalana per raccogliere i propri effetti personali dagli uffici con l’obiettivo di ripristinare la normalità istituzionale nel più breve tempo possibile “con la massima discrezione” e il principio del “minimo intervento”.
Come ha dichiarato il ministro dell’Interno, Juan Ignacio Zoido, parlando ad Antena3, “in nessun momento” l’esecutivo ha previsto l’eliminazione dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, accusata di essersi schierata con i manifestanti separatisti.
(da agenzie)
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Ottobre 30th, 2017 Riccardo Fucile
NON ANCORA CHIARO SE CHIESTO L’ARRESTO PREVENTIVO
Il procuratore generale dello Stato spagnolo, Juan Manuel Maza, ha chiesto
l’incriminazione del presidente catalano Carles Puigdemont, e dei suoi ministri per “ribellione” e “sedizione”.
Maza ha spiegato che, dopo la rimozione del presidente catalano dal suo incarico e la dissoluzione del Parlamento regionale, Puigdemont e gli altri membri del governo non possono essere indagati dalla Corte Suprema o dalla Corte di Giustizia di Catalogna.
Almeno per ora il procuratore Maza non ha chiesto l’arresto preventivo di Puigdemont, dei suoi ex ministri e della presidente del Parlament Carme Forcadell. Maza attenderà che gli imputati siano sentiti dal giudice per pronunciarsi su possibili misure cautelari.
Il delitto di ribellione, previsto dagli articoli 472 e seguenti del Codice penale spagnolo, prevede pene fra i 15 e i 25 anni di reclusione per coloro che “incoraggiando i ribelli, abbiano promosso o sostenuto la ribellione” e per “i capi principali di questa”.
Coloro che esercitano un ruolo ‘subalterno’ rischiano fra i 10 e i 15 anni di carcere e per i meri partecipanti sono previste condanne fra i 5 e i dieci anni di detenzione.
La pena più alta, 30 anni di carcere, si può comminare ai capi di una insurrezione armata che abbia provocato devastazioni o violenza. Il delitto di ribellione è previsto per quelli che si sollevano in modo “pubblico e violento” perseguendo una serie di obiettivi come la violazione, la sospensione o la modifica della Costituzione o la dichiarazione di indipendenza di una parte del territorio nazionale. Fu il reato per il quale furono puniti gli autori del colpo di Stato del 1981.
Il governo spagnolo, intanto, ha dato “qualche ora” agli ex ministri e funzionari della Generalitat catalana per raccogliere i propri effetti personali dagli uffici con l’obiettivo di ripristinare la normalità istituzionale nel più breve tempo possibile “con la massima discrezione” e il principio del “minimo intervento”.
Come ha dichiarato il ministro dell’Interno, Juan Ignacio Zoido, parlando ad Antena3, “in nessun momento” l’esecutivo ha previsto l’eliminazione dei Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, accusata di essersi schierata con i manifestanti separatisti.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 30th, 2017 Riccardo Fucile
“SICILIA FUTURA” INVITA AL VOTO DISGIUNTO, LA MANOVRA E’ ELEGGERE QUALCHE RAPPRESENTANTE PER POI ASSICURARE UN APPOGGIO A MUSUMECI…I REGISTI SONO L’EX MINISTRO CARDINALE E L’EX ASSESSORE DI CUFFARO
Giuseppe Alberto Falci sul Corriere della Sera oggi racconta una storia che riguarda Sicilia Futura, lista che corre alle elezioni regionali siciliane in appoggio al candidato di centrosinistra Fabrizio Micari, ma che, secondo il quotidiano, starebbe invece consigliando di votare Carmelo Musumeci alla presidenza in ottica anti-5 Stelle:
Protagonisti della singolare vicenda sarebbero i candidati della lista Sicilia Futura, creatura di Totò Cardinale, nato e cresciuto nella Dc e ministro delle Telecomunicazioni nei governi D’Alema e Amato.
La lista dell’ex ministro si è da subito schierata a sostegno del rettore Fabrizio Micari, candidato governatore del centrosinistra
Tuttavia i sondaggi, che darebbero il professore sostenuto dai dem al terzo posto se non addirittura dietro il rivale a sinistra Claudio Fava, avrebbero convinto le truppe di Cardinale al voto disgiunto: ovvero, a optare nel segreto dell’urna per il candidato del centrodestra Nello Musumeci. Non stupirebbe
Del resto, Sicilia Futura annovera al suo interno uomini che in passato hanno militato con ruoli di primo piano nel centrodestra.
Tra questi Michele Cimino, già assessore di Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, così come Edy Tamajo, fino a qualche anno fa colonna portante del Grande Sud di Gianfranco Miccichè.
L’idea di Cardinale è quella di fare eleggere i suoi e farne all’indomani delle elezioni un piccolo gruppo di «responsabili» pronti a dare il loro sostegno, assicurare la governabilità e impedire la scalata dei 5 Stelle.
Il modello a cui si ispirano è proprio quello che a Palazzo Madama si è inventato Denis Verdini
Il ponte tra Sicilia Futura e il centrodestra è rappresentato proprio da Tamajo, il quale, confidano, continua ad avere un’interlocuzione costante con il coordinatore regionale di FI Miccichè.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 30th, 2017 Riccardo Fucile
NOTABILI CHE SI ODIANO MA CORRONO INSIEME, PARTITI CHE SI COMBATTONO MA GIA’ PREPARANO LE COALIZIONI POST-VOTO, SCANDALI NASCOSTI
Ci sono politici siciliani che non si sono rivolti la parola per anni, perchè divisi e
contrapposti su qualunque argomento.
Adesso invece si ritrovano insieme nelle coalizioni che vogliono vincere le elezioni regionali, costi quel che costi.
Vale per il candidato di destra, Nello Musumeci, e per quello del centro sinistra, Fabrizio Micari.
Poi, dietro e sopra i candidati, ci sono i “pupari”, che già pensano al dopo voto del 5 novembre. E lavorano perchè, nel caso probabile di un esito incerto, le coalizioni che adesso si fanno la guerra depongano le armi pur di formare una maggioranza. L’importante è tenere ai bordi del campo dell’Assemblea regionale siciliana, il parlamento dell’isola, gli uomini dei 5 Stelle guidati da Giancarlo Cancelleri o quelli della Sinistra di Claudio Fava, e non far loro toccare palla. Sarà una partita tutta da seguire.
La sedicente destra fa mostra di grande unità e valori condivisi. Tanto che l’ambasciatore di Berlusconi in Sicilia, Gianfranco Miccichè, ha dovuto ingoiare un boccone amaro.
Il suo uomo, destinato alla vicepresidenza di un’eventuale giunta Musumeci, è stato cancellato dal listino.
Nel 2001, all’epoca delle elezioni politiche vinte 61 a zero, Miccichè non avrebbe mai accettato una simile umiliazione. Adesso però l’ordine impartito da Arcore è quello di riconquistare uniti e senza polemiche il voto dell’isola.
La Sicilia, laboratorio da più di mezzo secolo dei futuri equilibri nazionali, può proiettare i suoi effetti sulla prossima campagna elettorale nazionale.
La partita è dunque fondamentale per il centrodestra. Le discussioni sono rimandate, chi oggi subisce tacendo potrà avere ricompense nelle elezioni politiche del 2018.
Oggi, tutti amici, con la parola d’ordine di conquistare Palazzo d’Orlèans.
Nello Musumeci, il candidato, viene presentato come figura credibile perchè, pur avendo ricoperto a lungo incarichi nella pubblica amministrazione e godendo di una rete di potere consolidata negli enti pubblici catanesi, non è mai stato colpito da alcun procedimento penale.
Caratteristica che viene venduta come valore aggiunto: dovrebbe essere il minimo per qualunque candidato, solo che in Sicilia non è la normalità .
Musumeci inoltre si propone come persona seria e credibile, e cerca così di nascondere le decine di “impresentabili” che lo stanno appoggiando in campagna elettorale.
Il dato emerge davanti ai commissari dell’antimafia, impegnati nello screening di tutte le liste che sostengono i candidati alla presidenza.
Musumeci si limita a invitare gli elettori a non votare gli impresentabili, ma sa benissimo che sarebbe stato doveroso non candidarli affatto.
Miccichè intanto continua a stare in silenzio. Inghiotte le contumelie e accarezza proprio gli impresentabili inseriti nelle liste.
In attesa di tornare a fare ciò che ha sempre fatto: il puparo.
Come altri potenti del centrodestra nell’isola, Miccichè è convinto di poter governare Musumeci a piacimento.
La forza di Musumeci, comunque, dipenderà dal risultato del suo partito personale: “Diventerà bellissima”. Avrà più voti delle altre liste di centrodestra?
Forza Italia in Sicilia non ha più la presa di un tempo. Ma l’incognita vera per Musumeci è capire se il consenso accumulato da tanti anni nella destra catanese funzionerà anche a Palermo.
Non è facile penetrare nel ventre molle della città , negli strati popolari che è obbligatorio conquistare, come ha saputo fare il sindaco Leoluca Orlando.
I sondaggisti prevedono che metà degli aventi diritto al voto non andranno alle urne. E questo scenario non avvantaggia chi ha i consensi più volatili e trasversali, come il candidato del Pd Fabrizio Micari.
Rettore a Palermo, persona seria e “gentile”, voluto da Leoluca Orlando, presenta un grave deficit di notorietà rispetto ai competitori. Micari paga il prezzo di una candidatura nata nei giochi di potere del centrosinistra e rischia di essere stato usato come specchietto per le allodole.
Il sindaco di Palermo pensava di rilanciarsi da protagonista nell’agone nazionale, e ha imposto al Pd il proprio candidato a governatore.
Ora Orlando si trova a mangiare polvere, con i sondaggi sfavorevoli e Matteo Renzi che indica quella del rettore come una nomina locale, decisa dalla società civile, e non da Roma.
Il bilancio assai poco esaltante che i democratici presentano ai siciliani dopo gli ultimi cinque anni al governo della Regione rischiano di far finire Micari terzo, dietro il candidato del centrodestra e quello dei 5 Stelle.
Chi non ha voluto correre con i dem è stato Claudio Fava, che ha scelto di candidarsi con la Sinistra in polemica con la decisione del Pd siciliano di abbracciare il partito e i candidati di Angelino Alfano.
E così Fava ha iniziato la sua corsa: vuole vincere, dice, per offrire ai siciliani “verità e coerenza”, ma anche una proposta di cambiamento reale.
Il candidato della sinistra raccoglie così una parte dei voti di protesta “duri e puri” che avrebbero potuto trovare la strada dei 5 Stelle, o quelli di chi, pur di non far vincere la destra radicale di Musumeci, avrebbero votato Pd turandosi il naso.
Tra i suoi elettori non solo “i comunisti”, ma molti di quelli che a sinistra sono in disaccordo con la politica di Renzi e tanti di coloro a cui non piace la candidatura di Micari, giudicato solo una figura posticcia messa lì da Leoluca Orlando.
Fava ha parlato di possibili convergenze post elettorali con i 5 Stelle. Cancelleri in un primo tempo aveva fatto intuire che poteva esserci un collegamento con alcune liste civiche come possibili compagni di strada.
Poi il candidato di 5 Stelle è tornato a ripetere il mantra del movimento: non si fanno accordi con nessuno.
Intrighi e laboratorio politico, in Sicilia, sono spesso la stessa cosa.
(da “L’Espresso”)
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Ottobre 30th, 2017 Riccardo Fucile
L’AGGRESSIONE AL BENGALESE CHE TORNAVA A CASA DOPO IL SUO LAVORO DA LAVAPIATTI DA PARTE DI CINQUE DELINQUENTI
E così una domenica di fine ottobre giunge notizia che cinque giovani tra i 17 e 19 anni hanno accerchiato, insultato e picchiato un bengalese e un egiziano.
Il bengalese è al Fatebenefratelli (guaribile in trenta giorni) con il viso massacrato perchè anche dopo averlo buttato a terra, i giovani hanno pensato bene di continuare con i calci a risolvere la questione e a dimostrare la loro superiorità di razza e cittadinanza.
Ora la questione dell’immigrazione è risolta.
Non fosse per l’abominio e la tristezza dei fatti, esisterebbero altri pensieri che premono per uscire.
Il primo riguarda l’imbecillità disumana di questi “eroi liberatori dell’Italia”
Poi sono altre le emozioni che mi scuotono, ossia il dolore e la rabbia per la rovina a cui ha condannato la propria vita proprio chi si voleva fare “eroe del nulla”; perchè questi diciasettenni e diciannovenni avranno ancora una vita da vivere e dovranno fare i conti con le mostruose gesta compiute
Vorrei sapere in che misura questi poveri emarginati si frapponevano come ostacoli da odiare tra i carnefici e la felicità a cui ambivano; vorrei sapere chi (anche se lo so già benissimo) ha indotto questi carnefici a pensare che la loro infelicità fosse colpa di qualcun altro certamente più disgraziato.
Certo, sono dei delinquenti, non c’è dubbio, nessun paternalismo o comprensione, ma chi e cosa ha corrotto l’animo di questi ragazzi fino renderli inumani?
A rovinare l’esistenza di questi giovani plausibilmente già disgraziati e facilmente lobotomizzabili da deliri di violenza e razzismo sono state tutte quelle dichiarazioni sentite in chissà quale contesto (forse anche in casa), proclamate da chissà quale cialtrone politico in cerca di voti orrendi, riportate e rilanciate — condivise — all’infinito da chissà quante pagine sui socialdeadwork.
A questo punto non serve più l’indignazione; occorre una tolleranza ZERO nei confronti di quelle parole orrende, apparentemente goliardiche, apparentemente ininfluenti e scambiate per humor nero (“è solo una battuta”: così si dice in genere); perchè come vediamo, è facile che le menti e le personalità più fragili le assumano come idea, a modello, a dogma, ad esempio; stimolando solo la diffusione del male e del dolore, distruggendo a vuoto esistenze di vittime che per qualche minuto di follia han voluto essere disumani carnefici.
Occorre una guardia feroce a difesa del Bene.
Punto.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 30th, 2017 Riccardo Fucile
AI TEMPI DI MUSSOLINI SAREBBE FINITO A SPACCARE LE PIETRE, ALTRO CHE FOTO DEL DUCE SU FB
Si chiama Alessio Manzo il ragazzo di diciotto anni arrestato per tentato omicidio
aggravato dall’odio razziale di un cittadino bengalese nella notte tra sabato e domenica, a piazza Cairoli in pieno centro di Roma. Insieme a lui, alle 2 di notte in piazza Cairoli, a due passi dal Ministero della Giustizia, ad aggredire due persone una decina di amici, tra cui forse anche due ragazze: altri tre, un 17enne, due 18enni e un 19enne, sono stati denunciati per lesioni aggravate e percosse.
Oggi il Corriere e la Repubblica Roma raccontano com’è andata l’aggressione e puntano il dito sul profilo Facebook (e su quello di ASK) del 18enne: mentre gli altri si allontanavano, sarebbe tornato indietro per un’ultima raffica di calci e pugni, prima di andare via
Ma non è questa la versione che il giovane ha raccontato agli inquirenti, parlando inizialmente di una rissa, una classica lite tra ragazzi e forse qualche bicchiere di troppo del sabato sera.
Nessun riferimento alle frasi razziste, neanche alle sue ideologie. Quelle che sui social non ha mai nascosto: soprattutto su Askfm, un sito che si basa su domande e risposte.
Così, circa un anno fa, quando sulla sua bacheca un certo “ErNoce”, gli scriveva, «Te seguo solo perchè sei fascista e questo ti fa tanto onore» con tanto di emoticon per richiamare il saluto romano, lui rispondeva: «Certo che me fa onore».
E a chi lo provoca scrivendogli «comunista nel cuore», lui risponde: «Pietà per te».
E rilancia: «Mussolini, spero nel suo ritorno per salvare questa Italia che sta andando veramente a…». Oppure: «Se per razzista si intende chi difende la propria terra allora siamo razzisti».
Il solito armamentario qualcunquista di chi del fascismo non ha capito un cazzo e sembra la pubblicità vivente dei fasci da operetta che non hano mai letto un libro di Mussolini.
Che ha pur fatto mille errori, ma i delinquenti non circolavano.
Manzo, scrive il Corriere, ha un precedente di polizia per droga.
Kartik Chondro, l’aggredito che se l’è vista peggio, è attualmente ricoverato con 30 giorni di prognosi nel reparto maxillo-facciale dell’ospedale San Camillo. Ha il volto devastato: mandibola, orbite oculari e naso fratturati.
L’uomo ha raccontato che durante l’aggressione è stato “salvato” dalle ragazze che stavano con il gruppo, le quali hanno convinto gli aggressori ad andarsene e a lasciare perdere: «Devo dire però che sono state brave: si sono messe in mezzo, cercavano di tirare via quelli che mi picchiavano. Credo che senza di loro sarebbe andata molto peggio…».
«Avevo finito di lavorare da poco. Ero uscito dal ristorante a Campo de’ Fiori con un collega egiziano e insieme ci siamo incamminati come sempre verso la fermata dell’autobus per tornare a casa. All’improvviso ho sentito uno che ci diceva “negri dim…., immigrati dovete sparire, andate via!”.
E voi cosa avete fatto
«Niente, penso solo a lavorare e a tornare a casa. Non ho mai avuto problemi, nemmeno ne voglio. Non capisco perchè mi hanno ridotto così».
Kartik Chondro è il quarto bengalese aggredito nell’ultimo anno a Roma.L’ultimo era stato malmenato da un gruppo di ragazzi a Tor Bella Monaca, dove era andato a vedere la casa popolare che gli avevano assegnato.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 30th, 2017 Riccardo Fucile
ARRESTATO PINO SCADUTO, AVEVA COMMISSIONATO IL DELITTO AL FIGLIO CHE SI E’ RIFIUTATO
La figlia di un mafioso ha messo in crisi un intero clan, uno di quelli che ancora conta nel cuore della provincia di Palermo.
Lei voleva solo vivere la sua vita, al bar aveva conosciuto un giovane maresciallo dei carabinieri, era nata una storia.
Un affronto per il padre capomafia, Pino Scaduto, signore di Bagheria e componente della Cupola per volere di Totò Riina e Bernardo Provenzano.
Un affronto per il codice mafioso, che doveva essere punito col massimo della pena, l’uccisione della figlia.
Così aveva deciso Scaduto in carcere. “Tua sorella si è fatta sbirra”, diceva al figlio. “Questo regalo quando è il momento glielo farò – scriveva a una parente – tempo a tempo che tutto arriva”.
Pino Scaduto aveva deciso. Anche perchè sospettava di essere stato arrestato dai carabinieri proprio per colpa della figlia, nel momento in cui stava gestendo un affare importantissimo per le sorti di Cosa nostra, la ricostituzione della commissione provinciale, la Cupola.
Questa notte, Scaduto è tornato in carcere, dopo sei mesi di libertà .
Aveva finito di scontare il suo debito con la giustizia, ma puntava già a riorganizzare Cosa nostra. I carabinieri del comando provinciale diretto dal colonnello Antonio Di Stasio hanno arrestato 16 persone, l’ordinanza di custodia cautelare è firmata dal giudice Nicola Aiello.
Le indagini della Dda di Palermo diretta dal procuratore Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Salvatore De Luca hanno individuato il nuovo gruppo dirigente del mandamento mafioso di Bagheria, che continuava a imporre estorsioni a commercianti e imprenditori.
Pino Scaduto meditava altri omicidi. Voleva colpire pure il maresciallo dei carabinieri. Puntava su un sicario fidato, suo figlio.
Ma anche il figlio l’ha lasciato solo. Diceva a un amico, con cui si era confidato: “Io non lo faccio, il padre sei tu e lo fai tu… io non faccio niente… mi devo consumare io? Consumati tu, io ho trent’anni, non mi consumo”.
Il padrino insisteva, riteneva di dover ristabiliare quel concetto di onore mafioso che già tanti morti ha fatto.
Nel 1983, Il boss dell’Acquasanta Antonino Pipitone fece uccidere la figlia Lia per il sospetto di una relazione extraconiugale, i sicari finsero una rapina.
Un anno prima, un altro mafioso vicinissimo a Totò Riina, Giuseppe Lucchese, aveva fatto uccidere la sorella, il marito e l’amante per il sospetto di un triangolo amoroso. Cinque anni dopo, Lucchese uccise la cognata. “Si diceva che erano donne troppo libere”, ha raccontato il pentito Gaspare Mutolo.
La testa dei mafiosi non cambia, anche perchè al governo dell’organizzazione sono tornati gli anziani boss, che ragionano alla vecchia maniera.
Il provvedimento di custodia cautelare riguarda Pietro Liga, Antonino Virruso, Francesco Speciale, Giacinto Di Salvo, Salvatore Zizzo, Vito Guagliardo, Damiano D’Ugo, Vincenzo Urso, Andrea Lombardo, Michele Modica, Giovan Battista Rizzo, Giovanni Trapani, Francesco Lombardo, Andrea Carbone e Nicola Marsala.
Nomi vecchi e nuovi del potere mafioso nella provincia di Palermo. Nessun imprenditore ha denunciato i ricatti del pizzo.
(da agenzie)
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