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PENSIONI, LE PROPOSTE DEL GOVERNO E LE RICHIESTE DEI SINDACATI, I NODI DELLO SCONTRO

Novembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

COSA PROPONE IL GOVERNO E COSA INVECE VOGLIONO I SINDACATI

Le attività  gravose
Il governo propone di bloccare l’aumento di 5 mesi anche alle pensioni di anzianità  (e non solo di vecchiaia) per le 15 categorie dei lavori gravosi. I requisiti per l’uscita anticipata resterebbero fermi a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne (invece di salire, dal 2019, rispettivamente a 43 anni e 3 mesi e 42 anni e 3 mesi).
Un fondo per la proroga Ape social
Altra proposta, l’istituzione di un fondo per i potenziali risparmi di spesa con l’obiettivo di consentire la proroga e la messa a regime dell’Ape sociale, la cui sperimentazione scade nel 2018. Ad oggi, l’anticipo pensionistico, a carico dello Stato, prevede l’uscita a 63 anni, con un sconto di 3 anni e 7 mesi rispetto all’età  di vecchiaia.
Stop quota 67
Oltre alle 11 categorie di lavori gravosi già  individuate dalla stessa Ape social, il governo già  nei precedenti incontri ha aggiunto 4 new entry: operai e braccianti agricoli; marittimi; addetti alla pesca; siderurgici di seconda fusione e lavoratori del vetro. Le 11 sono: addetti alla concia di pelli; addetti ai servizi di pulizia; magazzinieri e facchini; camionisti; macchinisti e personale viaggiante; gruisti; infermieri e ostetriche turnisti; maestre d’asilo; operai edili; operatori ecologici.
Per l’esenzione è necessario aver svolto attività  gravose da almeno 7 anni nei 10 precedenti il pensionamento ed avere un’anzianità  contributiva pari ad almeno 30 anni
Nuovo calcolo aspettativa di vita
Il governo punta ad una revisione «strutturale», per tutti, del meccanismo di calcolo della speranza di vita a cui si adegua l’età  di pensione: dal 2021 si potrebbe considerare non solo la media del biennio confrontato con il precedente (e non più lo scarto secco tra un anno e un altro) ma anche fissare un «limite massimo di tre mesi» per ogni futuro rialzo. Se si dovesse registrare un incremento superiore, sarebbe riassorbito nell’adeguamento successivo.
Si terrebbe conto anche dell’eventuale riduzione della speranza di vita relativa al biennio, che andrebbe però scalata dall’adeguamento successivo. L’obiettivo: «garantire un andamento più lineare».
Commissione sulla gravosità  dei lavori
Si guarda ad una Commissione tecnica di studio (composta da Mef, ministeri Lavoro e Salute, Istat, Inps e Inail) per una rilevazione «su base scientifica della gravosita’» delle occupazioni, in base ai diversi lavori, «anche in relazione all’età  anagrafica dei lavoratori».
Si prevede che concluda i lavori «entro il 30 settembre 2018» e che «entro i 10 giorni successivi» il governo presenti al parlamento una relazione sugli esiti
I sindacati
La Cgil respinge le proposte del governo e punta sulle decisioni che potrà  prendere il Parlamento. Innanzitutto il rinvio a giugno 2018 dell’aumento a 67 dell’età  per la pensione che, secondo la legge, dovrebbe essere deciso entro il 31 dicembre e scattare dal primo gennaio 2019. La Cgil si prepara all’incontro di martedì con il governo, ma se non otterrà  il rinvio dell’aumento a 67 anni, si arriverà  allo sciopero generale, forse sabato 2 dicembre. Ma i sindacati non sono uniti: per la Cisl infatti il giudizio sulle proposte del governo è «positivo» mentre per la Uil servono correzioni e chiarimenti. La manovra comunque andrà  chiusa, nella sostanza, entro metà  dicembre.
In quella sede potrà  essere inserito il pacchetto pensioni (o parte di esso), risultato dell’eventuale accordo

(da “il Corriere della Sera”)

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REGIONALI LOMBARDIA, GORI PER SFIDARE MARONI USA ROVAZZI

Novembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

E SULL’IMMIGRAZIONE: “STRANIERI NON SIANO LASCIATI A OZIARE”

“Andiamo a cominciare”. Giorgio Gori lancia la campagna elettorale per le Regionali della Lombardia facendo il verso alla nota canzone di Rovazzi (“Andiamo a comandare”) nella sala piena dell’auditorium Verdi a Milano, poco meno di 1300 posti a sedere.
In prima fila il centrosinistra delle grandi occasioni, addirittura con l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia arrivato per dare segnali di distensione, e con grande assente il segretario Pd Matteo Renzi.
Ventidue anni di governo del centrodestra un po’ di paura la fanno. Ma Gori sostiene di vedere il bicchiere mezzo pieno, anche a fronte della difficile lotta che lo aspetta contro il leghista Roberto Maroni: “Forse essere stati per tanto tempo lontani dalla stanza dei bottoni ci ha insegnato qualcosa”.
Il primo cittadino di Bergamo strappa applausi e sostegni almeno in casa. Innanzitutto resta fermo sulla sua posizione: non lascerà  la poltrona da primo cittadino, almeno non fino al voto nonostante le richieste di M5s e Lega Nord di dimettersi: “Mi farò il doppio del mazzo, perchè voglio continuare a fare bene il sindaco e impegnarmi nella campagna elettorale”.
Fuori dalla sala dell’auditorium Verdi ci sono i banchetti con le urne della raccolta fondi. Il logo della campagna è una lampadina: una, vera, viene consegnata simbolicamente a Pisapia.
L’iniziativa di fundraising è stata lanciata da Maurizio Carrara, presidente del Pio Albergo Trivulzio, storica istituzione milanese che opera nel sociale, e ora anche alla guida del comitato “Per Giorgio Gori”. Proprio lui sale sul palco, nonostante le critiche della Lega Nord che in seguito alla scelta di sostenere il candidato ne hanno chiesto le dimissioni. Ma lui taglia corto: “Le cose belle non si possono fare senza soldi. E comunque sarà  tutto rendicontato sul sito del comitato”.
Le parole chiave della giornata sono immigrazione e sicurezza, ma anche sanità , innovazione e, a sorpresa, autonomia. Poi due parole d’ordine: legalità  (“la mafia è un cancro”) e laicità  (“con me non vedrete più certe scritte sul Pirellone”).
Gori dice che “non basta Milano, serve una Regione metropolitana, tutta la Regione”. Importante il tema immigrazione, su cui si giocherà  buona parte della campagna elettorale: “Non voglio giocarla in difesa la partita dell’immigrazione, ma all’attacco. Perchè siamo noi che ci giochiamo la battaglia per la legalità , l’integrazione e la dignità  delle persone, non chi sfrutta la paura e dice ‘tanto meglio tanto peggio’”.
La sua proposta è di rendere la Regione protagonista del sistema di accoglienza dei richiedenti asilo, puntando sull’accoglienza diffusa (Sprar) ma senza “parcheggiare per 18 mesi questi ragazzi arrivati dall’Africa”, “oziare è un disastro per loro”, perchè se non fanno nulla in attesa dell’esame della loro domanda influiscono negativamente sulla “percezione che i cittadini hanno dell’immigrazione”.
Gori immagina l’obbligo di stare “20 ore a scuola e 20 ore al lavoro, a imparare il lavoro degli artigiani”, perchè “formazione, lavoro, legalità  e integrazione sono un tutt’uno con la sicurezza”.
Finora, secondo il sindaco di Bergamo, “sul tema dell’immigrazione la Regione Lombardia ha dato il peggio di sè, rispetto ad altre Regioni: zero regia, zero aiuti, anzi ostacoli ai sindaci che hanno accolto. Siamo stati lasciati soli ad affrontare questo problema”.
Secondo Gori la Lombardia è una regione a vocazione europea, ma “c’è ancora un sacco di lavoro da fare e lo faremo noi”. Il candidato presidente parla di far ripartire l’ascensore sociale, ora bloccato (“Deve diventare indifferente il fatto di essere nato in una famiglia ricca o povera, in città  o periferia”), vuole un’istruzione più indirizzata alla ricerca del lavoro (“Servono più istituti tecnici”), ma senza finti stage che nascondono sfruttamenti. Invoca una burocrazia più snella e una riforma dei trasporti pubblici.
Sulla sanità , cavallo di battaglia dell’amministrazione leghista, annuncia cure dentistiche gratuite per tutti i bambini e denuncia la mancanza di presidi territoriali. “Va arginato il ricorso agli ospedali per qualunque cosa, non vogliamo più vedere i pronto soccorso intasati e le liste d’attesa fino a 18 mesi per un esame”.
Ma soprattutto promette: “Manterremo noi le promesse da marinaio di Maroni: azzereremo le liste di attesa con un piano straordinario e facendo finalmente funzionare il call center regionale. E lo stesso faremo sul superticket, iniquo e controproducente (perchè sta portando molte persone a scegliere la sanità  privata low cost al posto di quella pubblica), che combatteremo per abolire”.
Poi appunto l’autonomia. Non quella su cui ha il copyright il presidente uscente Roberto Maroni. Piuttosto l’autonomia dei territori, perchè la Lombardia “non è solo Milano”. “Non basta un opuscolo per dire che questa regione è speciale — spiega Gori dal palco — Sotto la superficie ci sono tante disuguaglianze, servono politiche che riguardino tutto il bacino padano per favorire uno sviluppo multipolare e valorizzare i territori dimenticati”.
All’autonomia leghista e al referendum del 22 ottobre, che tuttavia Gori ha sostenuto, solo un accenno: “Finalmente siamo usciti dalla nuvola della propaganda e parliamo di competenze — continua il candidato presidente — Ma evitiamo che questo diventi l’alibi della Lega per tutto quello che non è stato fatto in questi anni”.
L’ex manager di Mediaset è preceduto sul palco da una serie di interventi che servono a introdurlo. E a delinearlo non solo come politico, ma anche come amico, collega e amministratore.
E così si susseguono aneddoti sulla sua gioventù, sulla militanza nel comitato degli studenti socialisti, sull’esperienza da giornalista terminata con il licenziamento da Bergamo Oggi ad opera di Vittorio Feltri.
E poi ancora la lode del “metodo Gori”, definito “un gentile martello pneumatico, stakanovista e innovatore” da Niccolò Carretta, il più giovane consigliere comunale della città  guidata dal candidato governatore. Tanto che a un certo punto la vicesindaco di Milano Anna Scavuzzo, che modera l’evento, scherza sulla positività  di tutti quei ritratti: “Ma non è che stiamo candidando San Giorgio da Bergamo?”.
Gli interventi politici puntano tutti all’unità  del centrosinistra e alla necessità  di una componente civica nella formazione che sosterrà  il candidato.
L’appello più diretto e autorevole arriva da Giuliano Pisapia: “Stamattina mi ha chiamato il professor Romano Prodi per dirmi di andare avanti nel tentativo di riunire il centrosinistra”, ha detto a sorpresa il leader di Campo Progressista dal palco, invitando a un riavvicinamento gli scissionisti di Mdp. Che, sfumata l’ipotesi di primarie, non sembrano voler dare il proprio appoggio a Gori.
A fianco del sindaco di Bergamo ci sono per ora Partito Democratico, Campo progressista, il Patto civico di Umberto Ambrosoli, socialisti, verdi e Italia dei Valori, a cui potrebbero aggiungersi anche i Radicali.
Tra il pubblico della convention si intravedono il ministro Maurizio Martina e il deputato dem Emanuele Fiano, ma l’applauso più lungo e partecipato va all’ex sindaco di Torino Piero Fassino, autore in questi giorni del tentativo di ricompattare la sinistra a livello nazionale. Per Beppe Sala, che ha fatto appello al “grande civismo lombardo”, “Giorgio è di gran lunga il miglior candidato che ci possa essere”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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IL GIORNALISTA BORZI PERQUISITO PER UN ARTICOLO SUI CONTI DEI SERVIZI SEGRETI

Novembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

I SERVIZI HANNO APPOGGIATO PER ANNI I LORO CONTI SU UNA CONTROLLATA DELLA BANCA POP. DI VICENZA. ORA SONO SPUNTATI GLI ACCREDITI… LA PROCURA INDAGA PER VIOLAZIONE DEL SEGRETO DI STATO

Venerdì sera la Guardia di Finanza ha sequestrato l’hard disk del computer di Nicola Borzi, giornalista del Sole 24 Ore, in un’indagine per violazione di segreto di Stato (!), e tutta la memoria informatica dei dispositivi del giornalista.
Tutto ciò a causa di un articolo pubblicato il 16 novembre scorso in cui si raccontava l’“estratto conto” della Presidenza del Consiglio e dei Servizi segreti nazionali contenuto in decine di pagine di documenti “in chiaro” che provengono tutti dal gruppo Banca Popolare di Vicenza.
Ovvero, spiega Nicola Borzi nel suo articolo, conti che venivano utilizzati per fare versamenti a beneficiari diversi:
Insieme a schiere di anonimi sparsi in tutta Italia, tra i beneficiari dei versamenti ci sono i nomi di contabili del ministero dell’Interno «inquadrati nel ruolo unico del contingente speciale della Presidenza del Consiglio dei ministri», personale della Protezione civile e del Dipartimento Vigili del fuoco, funzionari del Consiglio superiore della Magistratura
Poi avvocati, dirigenti medico-ospedalieri, vertici di autorità  portuali e di istituzioni musicali siciliane. Ci sono giovani autori e registi di fortunatissimi programmi di infotainment di tv nazionali private, conduttori di trasmissioni di successo sulla radio pubblica, fumettisti vicini al mondo dei centri sociali. Ma soprattutto i vertici dell’intelligence italiana, dotati di poteri di firma sui conti, e alti funzionari territoriali dei Servizi e delle forze dell’ordine: ufficiali del Carabinieri con ruoli in sedi estere, ispettori della Polizia di Stato coinvolti nel processo dell’Utri del 2001, dirigenti dell’ex centro Sisde di Palermo già  noti alle cronache per vicende seguite all’arresto di Totò Riina.
C’è pure un anziano parente del “capo dei capi” di Cosa Nostra (o qualcuno con lo stesso nome). E ci sono impiegati di Banca Nuova. O, ripetiamo, loro omonimi.
Dopo la pubblicazione dell’articolo Aldo Morgigni, consigliere togato di Autonomia&Indipendenza, il gruppo che ha come leader Piercamillo Davigo, al Consiglio Superiore della Magistratura, ha annunciato la presentazione di una denuncia e la richiesta di apertura di un’inchiesta interna al CSM.
“E’ un fatto molto grave”, ha detto il consigliere ipotizzando “un’attività  di dossieraggio ai danni dei componenti del Csm”. L’inchiesta dovrebbe servire per far luce “sui soggetti che possono aver percepito denaro dai servizi segreti e sulle ragioni”.
La BPVI come cassaforte dei servizi segreti italiani
Anche il Mattino di Padova ha dedicato un articolo alla vicenda nei giorni scorsi, raccontando che il leak è dipeso da una falla del centro elaborazione Sec Servizi, società  padovana che conserva milioni di informazioni dei clienti di versi istituti di credito italiani, fra cui Bpvi: da lì sono spuntati gli estratti conto.
I servizi segreti italiani, per molti anni, hanno appoggiato i loro conti su Banca Nuova, la controllata siciliana del Gruppo Bpvi; e lo stesso ha fatto per diversi conto Palazzo Chigi. Nulla di irregolare: ma la circostanza dà  l’idea del peso “politico” della banca presieduta da Gianni Zonin.
Banca Nuova ha una raccolta intorno ai 3,5 miliardi e di questi, all’epoca, oltre 1 miliardo arrivava dai servizi di tesoreria dello Stato. I conti sarebbero stati chiusi nel 2014. Nella documentazione, ci sono quasi 1.600 transazioni per un valore di oltre 640 milioni di euro, in gran parte relativi a Aisi, e in parte minoritaria ad Aise.
L’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e il comitato di redazione del Sole 24 Ore hanno espresso solidarietà  a Nicola Borzi.

(da “NextQuotidiano”)

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LA MAMMA CHE VENDEVA LE FOTO DELLA FIGLIA DI 13 ANNI

Novembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

ACCOMPAGNAVA LA FIGLIA NEI CENTRI COMMERCIALI   E LA IMMORTALAVA MENTRE PROVAVA I VESTITI… PAGAMENTI DA 50 EURO SULLA CARTA DI CREDITO

La storia la racconta oggi il Messaggero ed accade a Tivoli. Una madre scattava le foto alla figlia tredicenne mentre provava completini intimi nei camerini dei centri commerciali e le inviava con WhatsApp ad alcuni clienti.
I pagamenti, a partire da cinquanta euro circa per foto, avvenivano con versamenti sulla carta di credito prepagata della mamma. Gli acquirenti probabilmente venivano agganciati attraverso i social network. Così potrebbero essere maturati i primi contatti e le prime trattative.
I provvedimenti sono scattati dopo che i poliziotti del team antiviolenza, coordinati dall’ispettore superiore Davide Sinibaldi, hanno messo insieme tutti i tasselli della vicenda: non solo i protagonisti sono stati tenuti d’occhio, ma altri incastri sarebbero arrivati incrociando tabulati telefonici e movimenti di denaro verso la carta della donna
Tra gli acquirenti, secondo il racconto del quotidiano, anche persone insospettabili. La madre, indagata a piede libero per detenzione e diffusione di materiale pedopornografico è stata allontanata dai figli e le è stata sospesa la potestà  genitoriale
Mentre le indagini proseguono per verificare l’eventuale coinvolgimento di altre persone e di questo se ne occupano gli agenti della polizia postale di diverse province. La donna, originaria di Guidonia, avrebbe cercato di non destare sospetti nella casa famiglia di cui erano ospiti.
Per riuscire a scattare le foto aveva escogitato un “gioco” tutto sommato facile da mettere in atto. La mamma, con la scusa di accompagnare la figlia in centri commerciali, magari banalmente per provare vestiti e abbigliamento intimo nei camerini dei negozi, l’avrebbe immortalata in deshabillè.

(da “NextQuotidiano”)

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COPPIA DI PROFUGHI SI SPOSA NEL CENTRO DI ACCOGLIENZA DI POLIGNANO

Novembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

FUGA DAI MATRIMONI COMBINATI, HANNO 23 E 22 ANNI, APPARTENGONO A DUE CASTE DIVERSE

La loro storia d’amore è stata osteggiata nel Paese di origine, in Asia meridionale. Al punto che la famiglia di lei, 23 anni, ha minacciato di morte il coetaneo di cui si era invaghita. Ma non è bastato a fermare il loro matrimonio in programma lunedì 20 novembre, davanti al sindaco di Polignano a Mare, Domenico Vitto.
Loro sono due dei 15 richiedenti asilo di ‘Convivialità  delle differenze’, il progetto Sprar – Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati – gestito dall’Arci di Bari, che a Polignano conta 15 persone.
Ed è proprio nel comune di Domenico Modugno che i due fidanzati hanno dovuto riparare, dopo aver chiesto asilo in Sicilia. E dopo una fuga “alquanto rocambolesca”, racconta chi conosce l’avventura dei due innamorati, di cui non è possibile svelare l’identità  nè il Paese di provenienza proprio per il pericolo di vita cui sono esposti.
“Sono arrivati in Italia con un visto turistico, vendendo tutto quello che avevano: il motorino, i gioielli”, spiega il presidente dell’Arci barese, Luca Basso. Prima di volare in Italia come due turisti, i due avevano già  provato a fuggire dalle rispettive famiglie pur restando in patria.
È servito a poco: “Pochissimi giorni dopo sono stati rintracciati dalla potente famiglia della ragazza, che l’aveva già  promessa a un altro uomo della stessa casta”. Dimenticata la prima, fallimentare fuga, quindi, la coppia ha scelto una meta più lontana, fino a mettere su famiglia a Polignano.
“Hanno già  una bambina, che è nata nel marzo scorso a Monopoli, e lui – continua Basso – ha avuto diverse esperienze di lavoro, anche umili rispetto al grado di istruzione. È stato lavapiatti stagionale in un locale di Polignano, lavorando sodo in vista del matrimonio. Si sono integrati bene frequentando le lezioni di italiano. Oggi l’iter per il riconoscimento dello status di rifugiato è a buon punto e noi siamo felicissimi per loro. Lo siamo tutti: basti pensare che gli altri richiedenti asilo hanno realizzato a mano la bomboniera per loro”.

(da “La Repubblica”)

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MARZABOTTO, IL FUTA AL SACRARIO: “NON ABBIAMO COLPE, CI MINACCIANO”

Novembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

LA SQUADRA A MONTE SOLE SENZA IL CALCIATORE CHE HA FATTO IL SALUTO ROMANO: “LUI E’ FUORI”

Una giornata per capire, o per ricordare. La squadra del 65 Futa, con il presidente Fabrizio Santi in testa, la sua domenica anzichè sui campi da gioco l’ha trascorsa prima al sacrario di Marzabotto, poi alla Scuola di pace di Monte Sole.
Mancava Eugenio Maria Luppi, che domenica scorsa aveva festeggiato il gol vittoria a Marzabotto col saluto romano (poi ritrattato) e mostrando una maglietta con i simboli della Rsi. Ma si sapeva che, contrariamemte a quanto era inizialmete trapelato, il 25 enne di Sasso Marconi non sarebbe salito quassù.
La società , che lo ha sospeso immediatamente, considera chiusa la sua esperienza con il club che unisce i comuni di Loiano e Monghidoro ma che è composta prevalentemente da ragazzi di Casalecchio, Sasso e della vallata che fu teatro, nel ’44, dei famigerati eccidi compiuti dalle Ss e costati la vita a 770 civili, di cui 216 bambini.
“Se ci arriverà  una forte penalizzazione saremo costretti a ritirarci”, hanno spiegato i dirigenti del 65 Futa, che partecipa al campionato di Seconda categoria, mentre uno dei giocatori ha rivelato: “Stiamo ricevendo minacce, ci sono tifosi che vogliono venire alle nostre partite per insultarci, ma noi non abbiamo alcuna colpa”
Anche il sindaco di Marzabotto, Romano Franchi li ha difesi: “E’ importante che la squadra sia venuta qui, è il frutto della dissociazione da quel gesto. Questa recrudescenza va fermata, ma so che i ragazzi del Futa queste cose le conoscono, hanno famiglie alle spalle che hanno subito quelle violenze”.
Simone Fabbri, presidente della Fondazione Scuola di pace di Monte Sole, ha aggiunto, rivolgendosi ai ragazzi del Futa: “Le colpe sono individuali, voi non ne avete alcuna, ma da questo episodio così grave che va ben oltre la politica può nascere qualcosa di positivo, ci piacerebbe infatti invitare le squadre di calcio almeno una volta all’anno qui da noi, perchè la conoscenza aiuta e sapere cosa davvero successe qui 73 anni fa, dalla viva voce dei superstiti, può fare solo bene”.

(da “La Repubblica”)

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PAPA FRANCESCO: “DIO NON E’ UN CONTROLLORE DI BIGLIETTI NON TIMBRATI, L’INDIFFERENZA VERSO LA POVERTA’ E UN GRANDE PECCATO”

Novembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

“NON FARE NULLA DI MALE NON BASTA, I POVERI SONO IL NOSTRO PASSAPORTO PER IL PARADISO”

Non fare nulla di male non basta, perchè l’omissione è una ‘colpa’ altrettanto grave dell’agire male.
Papa Francesco, in occasione della Prima Giornata Mondiale dei poveri, mette in guardia quanti presumono di essere ‘buoni e giusti’ per il fatto di non aver agito in modo scorretto: “Spesso ci accontentiamo dell’idea di non aver fatto nulla di male”, ha ammonito Bergoglio, fotografando così quell’atteggiamento diffuso che si esprime, ha detto, in “una parola, forse andata un po’ in disuso eppure molto attuale, direi: l’omissione”.
“Ma – ha scandito Francesco – non fare nulla di male non basta perchè Dio non è un controllore in cerca di biglietti non timbrati, è un Padre alla ricerca di figli, cui affidare i suoi beni e i suoi progetti. Ed è triste quando il Padre dell’amore non riceve una risposta generosa di amore dai figli, che si limitano a rispettare le regole, ad adempiere i comandamenti, come salariati nella casa del Padre”.
Non si può, insiste il Pontefice, restare ciechi davanti alla povertà : “Se agli occhi del mondo” i poveri “hanno poco valore, sono loro che ci aprono la via al cielo, sono il nostro ‘passaporto per il Paradiso'”.
Per questo, esorta Bergoglio, “per noi è dovere evangelico prenderci cura di loro, che sono la nostra vera ricchezza, e farlo non solo dando pane, ma anche spezzando con loro il pane della Parola, di cui essi sono i più naturali destinatari. Amare il povero significa lottare contro tutte le povertà , spirituali e materiali. E ci farà  bene: accostare chi è più povero di noi toccherà  la nostra vita. Ci ricorderà  quel che veramente conta: amare Dio e il prossimo. Solo questo dura per sempre, tutto il resto passa; perciò quel che investiamo in amore rimane, il resto svanisce”.
“Per il cielo non vale ciò che si ha, ma ciò che si dà “. “Non cerchiamo allora il superfluo per noi, ma il bene per gli altri” perchè occorre “il coraggio di amare non a parole, ma coi fatti”.
E non esistono alibi o scuse: “nessuno – ha proseguito Papa Francesco – può ritenersi inutile, nessuno può dirsi così povero da non poter donare qualcosa agli altri. Siamo eletti e benedetti da Dio, che desidera colmarci dei suoi doni, più di quanto un papà  e una mamma desiderino dare ai loro figli. E Dio, ai cui occhi nessun figlio può essere scartato, affida a ciascuno una missione”.
Quindi l’invito ad agire: “questa è la vera fortezza: non pugni chiusi e braccia conserte, ma mani operose e tese”.

(da agente)

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TRA DEGRADO E IMPUNITA’ IL “LUNGOMURO” DI OSTIA DOVE MUORE IL MARE DI ROMA

Novembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

UNA SCIA CRIMINALE VA DALLA MAGLIANA AGLI SPADA E GLI STABILIMENTI BALNEARI FANNO SCUDO ALLA SPIAGGIA

Tira proprio una bella aria. Ostia, stabilimento Orsa Maggiore, nove del mattino. Poche decine di metri più a nord arriva e si conclude la Cristoforo Colombo.
La conoscete tutti: è la strada dei film. Aldo Fabrizi in coda per andare al mare, Vittorio Gassman che fa le corna al vecchio nel Sorpasso.
Qui non è un granchè, di là  della strada ci sono palazzine bruttarelle di due piani, la vegetazione è anarchica. Eppure l’Orsa Maggiore è molto frequentato, ogni tanto arrivano starlette, si organizzano feste in spiaggia.
Pochi anni fa se lo presero in società  Ferdinando Colloca, che era il capo di Casapound, un maresciallo della Marina militare e il genero di Armando Spada dell’ormai letterario clan Spada, il cui ultimo campione ha fracassato il naso a Daniele Piervincenzi della Rai.
Poi sono stati tutti condannati, insieme col direttore dell’ufficio tecnico del municipio, Aldo Papalini, per dire il garbo e l’ossequio alla legge con cui misero le mani sull’Orsa Maggiore.
Oggi c’è il sole ma è pur sempre novembre, e sulla Colombo non c’è traffico. Doveva chiamarsi la Via dell’Impero, nei progetti di Benito Mussolini, che volle fare di Ostia il mare di Roma.
Verso nord, sul lungomare, si vedono i primi edifici liberty, elegantissimi, alcuni sbrecciati, altri abbandonati con le finestre aperte e il cartello vendesi scolorito. Appartenevano ai ricchi villeggianti d’inizio Novecento, una fila di gioiellini, e poi la fila dietro, a dare la prima idea di impianto ortogonale della città , le vie larghe che si intersecano perpendicolari.
Prima di arrivare lì, ci si ferma allo stabilimento Le Dune. Una volta si chiamava Tibidabo. Anche qui non è una meraviglia. Ostia poteva esserla, una meraviglia, e non lo è. Qui ci sono centri commerciali in cemento e vetro, condomini anni Sessanta o Settanta color mattone, uno via l’altro, che intristiscono e si insudiciano più si va nell’entroterra.
Alle Dune venivano quelli della Banda della Magliana, quelli veri, il Dandi e il Freddo nella versione delle fiction. Il titolare è Renato Papagni, da secoli capo dei balneari di Ostia e da secoli dentro informative della polizia, ma alla lunga candido come il lino, non fosse per un abuso edilizio: il ristorante dovrebbe essere di sessanta metri ed è di quattrocento.
Fra il liberty è poi spuntato il razionalismo del Ventennio, miracolosamente rispettoso di proporzioni e spazi. La Colonia marina Vittorio Emanuele III, ingigantita dal Duce, è il segno che il mare di Roma era popolare.
Su Youtube ci sono i filmati dei bambini che trascorrevano l’estate fra bagni e coreografie militaresche e saluti romani. Davanti c’è proprio l’ufficio tecnico dove fu intercettato il direttore (sempre Papalini) che parlava con Armando Spada. Gli Spada si sono spartiti Ostia con i Fasciani e coi Triassi (ormai declinanti), e Armando diceva ora ci devi dare il chiosco di quelli che abbiamo ammazzato noi. Proprio una bella aria.
Sarà  che dal mare non ne arriva: la particolarità  del lungomare è che non si vede il mare. Quasi mai. Lo chiamano lungomuro.
Per chilometri le cancellate, le cabine, i bar e i ristoranti fanno barriera, niente vista, se non si paga non si va in spiaggia. Quando era presidente di circoscrizione, anni Novanta, Angelo Bonelli (oggi leader dei Verdi) scoprì che i titolari degli stabilimenti dovevano dieci miliardi di lire al Comune e, siccome si mise in testa di recuperarli, una sera sul pontile, di fronte a piazza Anco Marzio, il cuore più antico della città , fu fermato da due che si facevano chiamare Bafficchio e er Sorcanera e che gli diedero un coppino, roba da film, «che te la sei presa? Sei il solito cazzaro. Lo sai che ti vogliamo bene».
Non li aveva mai visti. Basicchio e er Sorcanera finirono poi ammazzati. E a Bonelli gli hanno bruciato la casa alle tre di notte con venti litri di benzina.
Quando gli hanno posato all’uscio una scatola con un fegato e un cuore («il prossimo sarà  il tuo», diceva il biglietto) ha deciso di andarsene, al culmine di trent’anni di battaglie.
Rimane invece Federica Angeli, cronista della Repubblica, minacciata di morte e scortata. Potrebbe raccontare quale boss si è incontrato con quale politico in ognuno degli stabilimenti di Ostia.
Qui c’è stato anche un incontro fra i balneari e i vertici nazionali del Movimento cinque stelle: «Sono il meglio che c’è a Ostia», dissero. Proprio il meglio.
All’estremo nord, poco prima dell’Idroscalo dove morì Pier Paolo Pasolini, c’è il porto. Il presidente fino a l’altroieri era Mauro Balini, titolare dei bagni Plinius e Hakuna Matata, il Kursaal è di sua cugina.
La gestione del parcheggio del porto è stata a lungo affidata a uno conosciuto come l’Iracheno, reduce di secondo piano della Banda della Magliana. L’anno scorso a Balini è stato sequestrato tutto: misura preventiva secondo il codice antimafia. Fra le altre cose, Balini si occupava del mantenimento della moglie di Roberto Giordani, detto Cappottone, che gambizzò uno dei Triassi, precisamente Vito, e poi è finito in prigione.
Questo è soltanto il lungomare, un breve, sommario viaggio. Ci si potrebbe addentrare, andare dove Federica Angeli ha assistito a una sparatoria fra gli Spada e i Triassi. Andare dove Paolo Frau, guardaspalle di Danilo Abbrucciati, sempre Banda della Magliana, fu ucciso con due colpi di pistola in testa. Andare nei negozi taglieggiati. Dove si fanno scommesse clandestine.
Nei quartieri del racket della case popolari. Ma non serve: si entra in città , in un reticolo orripilante di palazzi ossessivi, scrostati, spazzatura ovunque, stendini sui marciapiedi, in un delirio urbanistico che ha tradito il destino di Ostia, e tanto basta. Doveva essere il mare di Roma, è diventato un sobborgo così brutto che genera soltanto il brutto.

(da “La Stampa”)

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A OSTIA NON VOTA (QUASI) NESSUNO, ALLE 12 AFFLUENZA POCO SOPRA L’8%

Novembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

SEGGI APERTI NEL DECIMO MUNICIPIO DI ROMA PER IL BALLOTTAGGIO M5S-CENTRODESTRA

E’ dell’8,6%, pari a 15.968 elettori, il dato dell’affluenza alle 12 per il ballottaggio del Municipio X di Roma, il litorale della capitale che torna al voto dopo due anni di commissariamento per mafia.
Il dato segna una flessione di oltre il 2%, pari a oltre 4.000 elettori in meno, rispetto al primo turno, quando alla stessa ora aveva votato il 10,89% degli aventi diritto.
I 183 seggi allestiti rimarranno aperti fino alle 23. Un’affluenza non incoraggiante per le due candidate al ballottaggio Monica Picca per il centrodestra e Giuliana Di Pillo per il Movimento 5 Stelle.
A presidiare i seggi, contrariamente al primo turno dove la presenza degli uomini del clan Spada era massiccia, l’esercito e i carabinieri, come deciso dal ministro dell’Interno Marco Minniti e dalla prefetta di Roma Paola Basilone.
Il generale del comando generale dell’Arma Antonio de Vita insieme al colonnello del gruppo Ostia, Pasquilino Toscani, hanno fatto visita, stringendo la mano ai cittadini, ai numerosi seggi.

(da agenzie)

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