Novembre 28th, 2017 Riccardo Fucile
POI ATTACCA BERLUSCONI, COSI’ PERDE ALTRI VOTI… LA ZECCA PADAGNA NON NE AZZECCA UNA
Come si comporterà la Lega sulla legge che riguarda il fine vita? 
«Vediamo se decidono estraendo a sorte tra eutanasia, Ius Soli e altri provvedimenti. Io però più che del fine vita mi preoccupo della vita e a me piacerebbe che questo Parlamento si occupasse degli italiani che stanno vivendo».
Così il leader della Lega, Matteo Salvini, ha risposto ai cronisti a margine di una conferenza stampa alla Camera.
«Quindi – ha spiegato – io mi preoccupo di più di quelli che stanno vivendo e stanno vivendo male. Poi di morte ci occuperemo al momento giusto».
Serracchiani: «Disprezzo per i malati»
«Spero che chi oggi parla con sprezzo dei malati e delle loro famiglie recuperi un minimo di umanità e, anche se è contro la legge, si esprima con rispetto».
Lo afferma Debora Serracchiani, componente della segreteria nazionale del Pd, commentando le dichiarazioni di Matteo Salvini sulla legge per il biotestamento.
«La sofferenza di chi vede un proprio caro in condizioni estreme – prosegue Serracchiani – non può essere utilizzata come strumento di polemica politica. La vita e la morte sono grandi e misteriosi eventi cui ci si deve avvicinare con delicatezza e rispetto. Garantire il diritto alla dignità in quei momenti supremi è un obiettivo che non può avere colore politico e che dovrebbe interpellare trasversalmente le coscienze. Temo – conclude – chi si fa portatore di certezze assolute».
«Governo come fantacalcio»
Salvini ha parlato anche di premiership ed elezioni politiche. «Io a Berlusconi chiedo serietà . Un’alleanza c’è se c’è serietà . Non puoi candidare Draghi, Tajani o Gallitelli… Non stiamo facendo la squadra del Milan».
Così Matteo Salvini, a margine di una conferenza stampa alla Camera, si rivolge a Silvio Berlusconi. «L’Italia ha dei problemi che vanno risolti seriamente (il che lo escluderebbe subito)
Biancofiore: «Assist a Berlusconi»
«Voglio ringraziare Salvini che ha tirato l’ennesimo assist al presidente Berlusconi, sebbene il suo intento boomerang fosse attaccarlo. Come di consueto e la cosa sta diventando piuttosto fastidiosa anche per chi, come noi di FI, vediamo nella Lega cugini di famiglia. Penso che tutti gli italiani si augurerebbero che l’Italia fosse formata e diretta come il Milan del Presidente di calcio più premiato , Silvio Berlusconi. Sarebbe stata al vertice del mondo. Peccato che le regole della politica non consentano decisioni unilaterali e permettano sciaguratamente ,viceversa, che all’interno di una squadra, come quella del centro destra che dovrebbe giocare con la stessa maglietta, ci sia chi sembra voler sgambettare i compagni piuttosto che pensare a far goal nella porta avversaria. Faccio mio il più classico motto calcistico: c’è solo un Presidente!». Lo afferma Michaela Biancofiore, parlamentare FI e coordinatore regionale del Trentino Alto Adige.
E anche oggi la zecca padagna è riuscito a perdere altri voti….
(da agenzie)
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Novembre 28th, 2017 Riccardo Fucile
TRA QUELLI IN SCADENZA CI SONO GENTILONI, MINNITI, FRANCESCHINI, PINOTTI, ZANDA, GIACHETTI
Altro che nodo alleanze. Con la legislatura quasi finita e le urne all’orizzonte, l’ossessione, anche tra i parlamentari Pd, si chiama “ricandidatura”.
Tra i corridoi e i palazzi parlamentari, la guerra delle liste è già partita. E nemmeno la fedeltà a Matteo Renzi rischia di bastare per chi punta a un nuovo mandato.
Il motivo? A spaventare non è tanto il rinnovamento paventato dallo stesso segretario per la composizione della lista dem per il prossimo Parlamento.
Il vero incubo per big e veterani del partito sono invece le regole interne del partito stesso. Basta leggere lo Statuto.
Perchè il regolamento, all’articolo 21 comma 3, parla chiaro: “Non è ricandidabile da parte del Partito Democratico per la carica di componente del Parlamento nazionale ed europeo chi ha ricoperto detta carica per la durata di tre mandati”.
Quindici anni al massimo, così com’è stata interpretata la norma già nel 2013. Ovvero, tre mandati pieni.
La conseguenza? Tra Camera e Senato, non pochi rischiano di perdere la poltrona, restando a mani vuote.
Numeri alla mano, sono almeno 32 i democratici che rischiano di essere incandidabili per le norme del partito (salirebbero a 76 se i tre mandati non fossero considerati completi, ndr).
I nomi? Non solo peones qualunque. Ma ministri, storici dirigenti e capigruppo, compresi renziani di stretta osservanza.
A partire dal premier Paolo Gentiloni e dal titolare dell’interno Marco Minniti, entrambi con quattro mandati e già 17 anni in Parlamento alle spalle. Ma non sono gli unici.
Tra i nomi di peso c’è anche il ministro alla Cultura Dario Franceschini e la titolare della Difesa, Roberta Pinotti, il capogruppo al Senato Luigi Zanda, il fedelissimo renziano ed ex candidato sindaco di Roma, Roberto Giachetti.
E poi Antonello Giacomelli, Ermete Realacci, il prodiano Franco Monaco, l’ex dalemiano Nicola Latorre.
In pochi, ministri su tutti, hanno voglia di replicare: “Se chiederò la deroga? La saluto, non ne parlo con lei per strada, ma in ambito di partito”, replica stizzita Pinotti a ilfattoquotidiano.it.
Non risponde ai microfoni nemmeno Franceschini — ormai un classico — che si rifugia in macchina. Tra i pochi a replicare c’è Nicola Latorre, senza però esporsi troppo: “Non mi sono posto il problema”.
Altri ancora, come Ettore Rosato, hanno tre mandati, ma non pieni. E così puntano a salvarsi: “Non ho 15 anni alle spalle. Se mi ricandido? Decidono gli elettori“, rivendica lo stesso capogruppo alla Camera.
Ma la salvezza, anche per chi ha superato i tre mandati, c’è: e si chiama “deroga”, che può essere richiesta da chi vuole continuare il suo percorso politico in Parlamento.
E dovrà essere approvata dalla Direzione Pd, con voto a maggioranza assoluta.
Non potrà però valere per tutti: norme alla mano, i “graziati” non potranno superare il 10% del numero dei parlamentari uscenti (non più di 38, in questo caso, ndr). Ma non solo.
C’è già chi prevede come possa diventare un’arma di ricatto nelle mani del segretario, nei confronti delle minoranze. E pure di chi, nel governo, ha fatto troppa ombra all’ex premier dopo il tracollo referendario del 4 dicembre. “Franceschini e Minniti dovranno presentarsi con il cappello in mano dal segretario per ottenere la ricandidatura? Da noi non funziona così. Basta la loro autorevolezza”, risponde però piccato il renziano Andrea Marcucci, che non ha raggiunto i 15 anni complessivi.
All’ultimo giro, nel 2013, furono 10 i “veterani” che riuscirono a ottenere la deroga, per poi partecipare alle primarie interne: Rosy Bindi e Anna Finocchiaro (tra le poche che hanno già dichiarato di volersi fermare, ndr), il cattolico Beppe Fioroni, Franco Marini, Gianclaudio Bressa, Cesare Marini, Mariapia Garavaglia, Mauro Agostini, Giorgio Merlo e Giuseppe Lumia.
Oggi, invece, ufficialmente quasi nessuno si espone. “Io ho già dato. Non c’è mica bisogna di stare per forza in Parlamento per fare il proprio impegno civile”, è la stoccata della vicepresidente del Senato Linda Lanzillotta, ex Sc, tra le poche che ha già deciso di dire “basta”.
Ma sembrano parole che, al Nazareno, restano quasi inascoltate. “Mi ritroverete in Parlamento? Chissà , è ancora presto”, replica sarcastico Andrea Romano, un altro ex montiano, ora direttore di “Democratika”, il giornale dem.
E, tra i renziani della prima, seconda, terza o quarta ora, nessuno vuol farsi da parte: “Vediamo, ancora c’è tempo per decidere”, è il mantra ripetuto pure da Ernesto Carbone, uno che — come Renzi, Boschi — aveva promesso di lasciare la politica se avesse vinto il “No” al referendum. Per poi rimangiarsi tutto.
Ci sono pure i transfughi ex Sel, come Titti Di Salvo: “Io di anni di mandato ne ho soltanto sette…“, ci tiene a precisare, per mostrare di avere i requisiti giusti, Statuto alla mano, per partecipare al nuovo corso.
O chi si dice “pronto alla sfida in un collegio”, come il senatore Roberto Cociancich, noto per il suo “canguro” ammazza emendamenti, ai tempi del passaggio della riforma costituzionale a Palazzo Madama.
Resta il nodo di come saranno scelti i potenziali eletti: “Le primarie nei collegi saranno difficili da fare, perchè c’è una coalizione. Nel Pd, invece, decideremo”, si limita a spiegare al momento Rosato. Ma l’esperimento delle primarie per i parlamentari, già usato a fine 2012, sembra al momento già archiviato dallo stesso Renzi.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 28th, 2017 Riccardo Fucile
A TORINO A POCHI GIORNI DALL’APERTURA DI “NATALE COI FIOCCHI” ESPLODE LA POLEMICA SUL NULLA, SPERIAMO CHE BABBO NATALE NON SI INCAZZI
Non c’è pace per i mercatini di Natale a Torino. 
Lo scorso anno la manifestazione natalizia “Natale coi Fiocchi“ secondo gli esercenti fu un flop, soprattutto in alcune zone come Corso Marconi e Piazza Statuto.
Tra piazze vuote e stand non allestiti molti furono quelli che criticarono la gestione del primo Natale a 5 Stelle della città .
Per questo motivo l’assessore al Commercio Alberto Sacco spiegò che per prudenza l’Amministrazione comunale aveva scelto «di fare un bando limitato a un anno in modo da poter evidenziare eventuali criticità e avviare già da gennaio le procedure per il bando dei prossimi anni in collaborazione con la Soprintendenza e le associazioni di categoria». Natale è ormai alle porte e gli stand devono ancora aprire i battenti ma sui mercatini torinesi fioccano già le polemiche.
Al centro della questione c’è la società che ha vinto il bando per l’edizione 2017 di “Natale coi Fiocchi”.
Ad aggiudicarsi l’organizzazione della kermesse, con un’offerta da 512 mila euro, è stata la Mercatini di Bolzano Srl una società con sede a Bolzano, ma che secondo il senatore Stefano Esposito è il paravento dietro la quale si cela “Buongiorno Italia” la società responsabile della realizzazione della scorsa edizione del Natale torinese.
La Mercatini di Bolzano Srl è l’unica ad essersi presentata alla gara per il Natale dei torinesi.
Il 25 ottobre Esposito scrisse su Facebook che la società ha dei legami con la Buongiorno Italia Srl, la società che si aggiudicò la gara per l’edizione 2016 e con la quale il Comune ha un contenzioso aperto sulle inadempienze.
La Mercatini di Bolzano Srl risulta essere — secondo il senatore Dem — una società creata “per l’occasione” dal momento che è stata costituita il 26 settembre (la gara per Natale coi Fiocchi è stata pubblicata il 20 settembre) e che ha iniziato la sua attività il 6 ottobre. Esposito sostiene che tramite la società “Servizi e Partecipazioni Srl” la Mercatini di Bolzano Srl condivide con Buongiorno Italia lo stesso Direttore Marketing.
Mercatini di Bolzano Srl ha anche una pagina Facebook, creata il 5 ottobre 2017 e che al momento ha solo 92 “mi piace”. Strano per una società che “da anni” dice di occuparsi dell’organizzazione di eventi.
Su quella pagina gli amministratori hanno pubblicato un comunicato stampa nel quale rendono noto di aver dato mandato ai propri legali di procedere ad ogni iniziativa “volta a tutelare l’onorabilità della società ” ritenendo che le notizie date da Esposito gettano discredito sulla società .
A complicare le cose c’è ora il fatto che la società utilizzi come logo il Monumento alla Vittoria di Bolzano.
Si tratta di un arco di trionfo realizzato tra il 1926 e il 1928 con dei fasci littori a fare da colonne.
Da sempre il monumento è il simbolo dell’ideologia neofascista in Alto Adige. La scelta appare dunque alquanto singolare e ha spinto la consigliera comunale PD Chiara Foglietta a presentare un’interrogazione nella quale chiede alla sindaca Chiara Appendino e all’assessore Sacco di conoscere se la società sia la stessa che — con un altro nome — ha organizzato i mercatini del 2016.
La Foglietta si sofferma anche sull’utilizzo del simbolo della società , ricordando come il monumento scelto sia un “emblema fascista e dei movimenti di estrema destra” e come l’Azienda di Soggiorno di Bolzano abbia avviato un’indagine sulla società al fine di verificare se l’utilizzo del logo sia stato autorizzato o meno.
C’è però da dire che la prima immagine profilo della pagina, caricata alle 18:20 del 5 ottobre è una semplice M (di Mercatini probabilmente) maiuscola.
Niente a che vedere con il contestatissimo logo caricato sulla pagina Facebook qualche minuto dopo.
Secondo Repubblica però il font della M del logo incriminato ricorda il fregio dei “Battaglioni M” (dove la M stava per Mussolini) che combatterono durante il fascismo come unità della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.
Non è chiaro però quanto intenzionale sia stata la scelta, e quanto invece non possa essersi trattato di una “svista” dovuta al fatto che — ad esempio come sostiene il Senatore Esposito — la società non è di Bolzano e non conosce il significato di quel monumento. Oppure il logo potrebbe essere stato scelto in fretta vista la necessità di lanciare la pagina prima della partenza di “Natale coi Fiocchi 2017”.
D’altra parte c’è il fatto che il logo di una società che organizza mercatini di Natale utilizzi proprio quel monumento (che pochi associano all’immaginario del Natale a Bolzano) e lo faccia usando uno sfondo nero solleva più di qualche dubbio.
L’ufficio stampa di Mercatini di Natale Srl precisa che la scelta del logo “non ha alcun significato politico” ed è stato del tutto casuale la decisione di utilizzare il Monumento alla Vittoria, il font della lettera M e il colore nero dello sfondo.
Insomma, sarebbe tutto un equivoco.
Rimane il sospetto che che la nuova società sia collegata a quella dell’anno scorso.
Speriamo che Babbo Natale ci metta una pezza, altrimenti si continuerà una polemica sul nulla fino alla Befana.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 28th, 2017 Riccardo Fucile
BLINDATI IN STRADA, ELICOTTERO NEI CIELI, PERQUISIZIONI NEL FEUDO DEI CLAN: TUTTO QUANTO FA SPETTACOLO… MA LE CASE POPOLARI DOVE UNO SU TRE E’ ABUSIVO QUANDO LE NORMALIZZIAMO?
Ostia Nuova si è svegliata con i blindati in strada questa mattina. Una vasta operazione della polizia ha preso il via alle prime ore dell’alba in piazza Gasparri, feudo dei clan. Centinaia di agenti in assetto anti sommossa hanno effettuato diverse perquisizioni in abitazioni private.
E’ la tardiva risposta dello Stato alla scia di sangue e fuoco che si è registrata a Ostia negli ultimi giorni: prima la gambizzazione all’interno di una pizzeria in via delle Canarie dove è stato ferito il nipote di Fasciani, poi sabato sera il doppio avvertimento alle case degli Spada, Silvano e Giuliano, cugini di Roberto, secondo i pm il reggente del clan, responsabile della testata al giornalista di Nemo e attualmente rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo.
In particolare vengono controllate a tappeto piazza Gasparri e le vie limitrofe dove vive il clan Spada. In particolare davanti l’abitazione di Roberto, rinchiuso nel carcere di sicurezza di Tolmezzo dopo aver aggredito il giornalista Daniele Piervincenzi e il suo operatore.
L’abitazione che il comune assegnò a Rosaria Spada è stata perquisita. Il nipote Walter Casamonica che di fatto viveva lì è stato portato in commissariato e sarà denunciato.
Nel giardino dell’abitazione era stato costruito un terrazzo completamente abusivo.
Due uomini sono stati invece arrestati per spaccio. “Bello vedere l’attenzione dello stato in questo quartiere – dice la titolare della tabaccheria di via Storelli proprio accanto al bar Music di Roberto Spada – voglio ricordare che qui vive tanta ma tanta gente perbene. Spero non vi dimentichiate di loro”.
(da agenzie)
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Novembre 28th, 2017 Riccardo Fucile
QUATTRO IN CARCERE E DUE AI DOMICILIARI
Sei agenti di polizia dell’ufficio immigrazione sono stati arrestati nell’ambito di una
indagine relativa ad un giro di carte di soggiorno rilasciate dietro compensi che andavano da poche centinaia di euro ad alcune migliaia.
Quattro sono finiti in carcere con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’illecito rilascio di permessi di soggiorno, oltre a falso in atto pubblico e accesso abusivo a sistemi informatici.
Per due sono stati disposti gli arresti domiciliari perchè estranei all’associazione.
Oltre ai sei poliziotti raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare, c’è un settimo collega che è stato sospeso per un anno dal lavoro.
§Tutti gli agenti erano già stati allontanati dall’ufficio Immigrazione da quasi due anni su disposizione dell’amministrazione interna, che ha avviato l’indagine nel 2013 e nel 2016 ha arrestato un altro poliziotto per i medesimi reati.
In manette anche due ristoratori cinesi e ricercato un nordafricano, che avevano il ruolo di intermediari e procacciatori di ‘clienti’.
Il tariffario oscillava da poche centinaia ad alcune migliaia di euro, a seconda della difficoltà nel procurare il documento. Per lo più si trattava di carte di soggiorno.
Nel corso delle indagini è emerso che gli agenti coinvolti si lamentavano dei controlli stringenti iniziati con l’arrivo della nuova dirigente dell’Immigrazione.
“Gli agenti hanno fra i 40 e i 50 anni, sono operatori esperti nel campo dell’immigrazione. Di fronte all’aumento dei controlli interni hanno iniziato ad appoggiarsi a colleghi in distaccamenti dell’ufficio all’interno dei commissariati – hanno spiegato gli investigatori della Squadra mobile – I casi scoperti sono sicuramente superiori al centinaio”.
Da un minimo di 500 a un massimo di 5mila euro. Sarebbe stata questa la tariffa dei permessi di soggiorno ‘a lungo periodo’ fissata dai poliziotti arrestati oggi dai loro stessi colleghi della Squadra Mobile su disposizione del gip Livio Cristofano.
Il prezzo piu’ alto veniva chiesto agli imprenditori e ai clienti piu’ danarosi, per gli altri scattava una tariffa piu’ ridotta.
Tra i poliziotti arrestati, due lavoravano per i Commissariati di Lorenteggio e Porta Genova, altri per l’Ufficio Immigrazione.
L’inchiesta aveva gia’ portato tempo fa all’arresto di un poliziotto e si e’ allargata fino a svelare il presunto business relativo almeno a una cinquantina di permessi a lungo periodo che non hanno scadenza, non devono essere rinnovati e attribuiscono allo straniero piu’ diritti rispetto al soggiorno ordinario.
(da agenzie)
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Novembre 28th, 2017 Riccardo Fucile
IERI IL LEGHISTA ACCUSAVA IL PD DI VOLER CENSURARE LE BUFALE SU FACEBOOK, OGGI LA REPLICA DELL’EX PREMIER
Matteo Renzi risponde su Facebook a Matteo Salvini che ieri lo ha accusato di voler censurare Facebook.
Mai detto nulla di tutto questo, caro Salvini. Ho solo chiesto di non rilanciare notizie false come stai facendo tu adesso. Se poi ti avanza tempo, puoi spiegare ai tuoi amici e fans che rapporti ci sono tra il tuo team digitale e quello dei Cinque Stelle, ma fallo solo per loro: noi vi abbiamo già sgamato, non abbiamo bisogno di saperlo. Ragazzi, evitare bufale in rete è fondamentale non solo per la campagna elettorale. Ma anche e soprattutto per la salute: pensate alla propaganda sui vaccini o sull’anoressia.
Caro Salvini, sei padre come lo sono io: ripuliamo la rete dalle bufale, senza alcuna censura ma solo rispettando la realtà . Facciamolo per i nostri figli. Poi ci confronteremo in campagna elettorale e litigheremo come sempre, ma prima prendiamoci l’impegno di non rilanciare notizie spazzatura. Nessuna censura, solo educazione e rispetto. Buona giornata a tutti, anche a Salvini.
La censura a Facebook di cui parla Salvini dovrebbe essere la legge sulle fake news che il Partito Democratico vuole presentare in Senato, a prima firma di Luigi Zanda insieme a Rosanna Filippin: secondo la proposta i giganti del web sono invitati ad attivarsi per valutarlo entro 24 ore se si tratta di «contenuti manifestamente illeciti», altrimenti entro sette giorni.
Se nulla succede alla scadenza del tempo, si può ricorrere al Garante della privacy: se anche dinanzi a una sua disposizione il social network decide di far finta di niente, scattano sanzioni pesanti, da 500mila a un milione di euro.
(da “NextQuotidiano“)
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Novembre 28th, 2017 Riccardo Fucile
IN COMUNE HANNO LA PASSIONE PER INVENTARE UNA REALTA’ A LORO USO E CONSUMO
Che cosa farà Alessandro Di Battista fuori dal Parlamento sono in molti a
chiederselo. Tornerà a viaggiare? Si dedicherà al figlio Andrea e alla scrittura di romanzi con i quali insidiare il successo di Fabio Volo?
Oppure lo troveremo a bordo di una nave di una ONG intento a salvare quei migranti che Luigi Di Maio non vorrebbe arrivassero in Italia?
Il Dibba fa il misterioso, dice che continuerà a fare politica fuori dal Palazzo, forse in officina dal suo fedele meccanico Massimo.
Ieri sera a Otto e Mezzo abbiamo scoperto che potrebbe avere un brillante futuro in coppia con Riccardo Scamarcio.
I due si piacciono, è evidente. I ruoli però sono ancora da stabilire, Scamarcio potrebbe produrre un film sulla vita di di scaricatore di maiali e di banane di Di Battista, qualcosa che racconti le famose spremute d’umanità del Dibba.
I due potrebbero anche fare uno spettacolo teatrale assieme, su e giù per lo Stivale a raccontare i mali dell’Italia.
Da quel poco che si è visto ieri sera da Lilli Gruber sarebbero un duo decisamente affiatato. Del resto Scamarcio non sembra disdegnare i 5 Stelle (ai quali contesta il limite dei due mandati) ma è soprattutto il Dibba politico — quello che «mette al centro questioni vitali, serie, che dovrebbero essere all’ordine del giorno dell’agenda dei giornali italiani» — che lo affascina.
Certo, ci sono alcuni aspetti da limare: ad esempio all’attore pugliese piacerebbe che Alitalia venisse nazionalizzata. Di Battista ritiene che non sia il momento giusto per mettere altri quattrini nella ex compagnia di bandiera.
Ma fortunatamente le sorti della compagnia aerea e dei suoi dipendenti non dipendono dalle decisioni di nessuno dei due, quindi la questione può rimanere sullo sfondo.
Sia l’uno che l’altro condividono una certa abilità a ri-raccontare la realtà .
Di Battista ha detto «la decisione di non ricandidarmi l’ho presa già del 2014 ma nessuno mi ha mai creduto».
All’epoca Di Battista disse «Non mi ricandido. L’ho deciso. Se arriviamo al 2018, io non mi ricandido. Non vedo l’ora di uscire di qui, per non avere più a che fare con queste merde».
Allora non si spiega come mai qualche mese fa, quando i giornali dissero che stava per fare il passo indietro che poi ha effettivamente fatto, Di Battista abbia smentito le voci riguardanti una sua possibile, eventuale, pausa dalla politica attiva.
Voci che si rincorrevano da tempo ma che per Di Battista erano solo invenzioni frutto della fantasia (e diciamolo, della cattiveria) dei giornalisti.
Scamarcio non è da meno. Alla domanda “Roma è migliorata o peggiorata?” se la prende con il famoso articolo del New York Times sui guai di Roma.
Secondo Scamarcio il NYT “ha detto che a Roma c’erano i topi e tutti quanti hanno ripreso questa notizia” che però è una non notizia.
Del resto — ci spiega l’attore che va spesso in America — anche a New York ci sono i topi, e sono pure belli grossi e nessuno ne fa scandalo.
C’è però un piccolo problema: quell’articolo di Frank Bruni non parla dei topi di Roma. Addirittura nell’articolo i topi, i ratti, i sorci, non vengono mai menzionati.
La cosa interessante è che una ventina di giorni prima di quell’articolo l’assessora all’ambiente di Roma Capitale — Pinuccia Montanari — ci faceva sapere di non aver mai visto un topo a Roma.
Il Dibba&Scamarcio show prosegue poi parlando di Europa.
Per Scamarcio Berlusconi “ha sbagliato ad andarsene nel 2011” e avrebbe dovuto restare a fare gli interessi del Paese.
Di Battista se la prende con Francia e Germania che hanno potuto sforare il tetto del deficit ma quando la Gruber gli ricorda che il nostro debito pubblico è più alto del loro Di Battista ribatte dicendo che «gli Stati Uniti hanno un debito pubblico altissimo e gli è concesso qualsiasi cosa».
Evidentemente ci siamo persi il momento in cui gli USA sono entrati a far parte della UE e quindi devono rispettare i parametri europei sul deficit.
E si capisce così che forse è proprio sul sovranismo e sull’antieuropeismo che i due potrebbero trovarsi maggiormente d’accordo.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 28th, 2017 Riccardo Fucile
IN UNA “ZONA BENE” DI BOLOGNA LA IGNOBILE SCRITTA RAZZISTA, I RESIDENTI FANNO DENUNCIA E LA CANCELLANO: “NON VOLEVAMO CHE I SUOI FIGLI LA LEGGESSERO”
In una delle vie più eleganti di Bologna, all’ombra dei primi colli, qualcuno armato di pennarello e poco cervello ha scritto sul muro, di fianco a un portone: «Qui vive nero + figli. Vende fazzoletti! Bella Italia!».
Qualcun altro, armato invece di spiccata sensibilità , appena ha visto il graffito si è messo al lavoro per cancellarlo subito, avvertendo polizia municipale e carabinieri dell’accaduto.
Sono stati i vicini di casa della famiglia messa all’indice dalla scritta a munirsi di spugna e secchio e a ripulire la parete.
In fretta, anche: «Volevamo evitare che i figli della coppia, che sono grandi e l’italiano lo conoscono bene, lo leggessero», racconta Valentina Paradisi.
Valentina è incappata in quel messaggio domenica mattina, appena uscita di casa. «Stavamo passeggiando e l’abbiamo visto: una roba disumana, razzismo allo stato puro. Abbiamo incrociato una signora che abitava nello stesso palazzo della famiglia. È entrata a prendere un secchio con del detergente e una spugna. E l’abbiamo cancellata».
Non è la prima volta
Non è la prima volta che accade. «La vicina ci ha riferito che già in passato è stato scritto qualcosa di simile sulla famiglia, poi cancellato».
E qualcosa di pericolosamente simile a quel che accadeva in un passato nemmeno troppo remoto, «con le scritte fuori dai negozi e le case degli ebrei, a segnalarne la presenza». Succede oggi in quella che nell’immaginario comune è ancora la «dotta» e accogliente Bologna.
Non ci sarebbe nemmeno bisogno di specificarlo ma, per la cronaca, «quella di cui è stato scritto sul muro è una famiglia per bene, composta da persone carinissime, figli educati e ben tenuti, nonostante le condizioni economiche precarie in cui vivono. Noi che abitiamo in zona la conosciamo tutti, e non siamo gli unici a pensarla così», continua Valentina.
Avvertiti vigili e carabinieri
È stata lei ad avvertire la polizia municipale, a recarsi in viale Panzacchi per presentare un esposto ai carabinieri e infine a denunciare il fatto a Radio Città del Capo che lo ha raccontato. «I carabinieri ci hanno chiesto se c’erano telecamere in zona e ci hanno avvertito che, nel caso di indagini, ci avrebbero richiamato» spiega. A oggi ancora non hanno avuto notizie.
Non sanno nemmeno se sono riusciti a evitare, con olio di gomito e spugna, che i figli della coppia leggessero di fianco al loro portone l’ignobile messaggio. «I genitori non conoscono bene la lingua, magari non avrebbero notato la scritta, ma i figli l’italiano lo sanno bene, e una roba del genere non dovevano leggerla».
Nella via «bene» di Bologna
Nessuno dovrebbe scrivere nè leggere certe cose. Non dovrebbero incapparvi i tanti che come loro vivono in via D’Azeglio (fu così per Lucio Dalla), o che magari vi frequentano uno dei bar, come i giocatori del Bologna fanno con l’omonima pasticceria, o chi va e viene da scuola (c’è il San Luigi, proprio lì), o chi semplicemente passeggia in una delle strade più belle e amate di Bologna.
Forse il contrasto tra la condizione economica della famiglia di origine africana e la zona agiata in cui casualmente vive (in un appartamento popolare, in realtà ) e lavora il padre ambulante, ha armato di ulteriore ferocia la mano di chi ha scritto sul muro.
Ignoranza e razzismo assieme partoriscono idee sempre aberranti.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 28th, 2017 Riccardo Fucile
ARRIVANO I PREMI A QUADRI E DIRIGENTI PER I “TRAGUARDI RAGGIUNTI NEL 2017″… SORGE SPONTANEA UNA DOMANDA: QUALI?
Dopo gli aumenti di stipendio è la volta dei premi. Mentre ATAC si avvia faticosamente
verso il concordato (la settimana scorsa il tribunale ha concesso altri due mesi di proroga per la presentazione del piano) arrivano tre milioni e 158 mila euro solo di premio da versare a quadri e dirigenti per i traguardi raggiunti nel 2017.
Spiega Andrea Arzilli sul Corriere della Sera:
Del monte premi stimato, un milione e 73 mila euro sono da pagare ai 47 manager che amministrano l’azienda — zavorrata da 1,4 miliardi di debito — col compito di traghettarla nella delicatissima fase di richiesta di concordato preventivo in tribunale, procedura che ha appena ottenuto una proroga di due mesi grazie alla sponda dell’accordo siglato con i sindacati sul piano industriale.
«Passo fondamentale per risanamento e rilancio di Atac», dice l’ad, presidente e dg Paolo Simioni dopo le firme conCgil-Cisl-Uil che attivano dal primo gennaio il cambio da 37 a 39 delle ore di lavoro settimanale per i dipendenti. Pure per i dirigenti che però potranno contare su un bonus medio di circa 25 mila euro.
Con picchi di 40mila per sette manager, due dei quali risultano addirittura in aspettativa. Tanti soldi se paragonati agli stipendi medi dei lavoratori italiani (20.660 mila euro secondo Il Sole 24 Ore), ma non così tanti se accostati ai 108mila euro che rappresentano la media degli emolumenti erogati da Atac ai suoi manager, al netto dei cambi di governance e della volontà politica dell’azionista.
Proprio per rafforzare la posizione dell’azienda davanti al Tribunale fallimentare, scrive infatti Il Messaggero, il presidente e ad Paolo Simioni è riuscito a strappare un accordo con le principali organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl, Uil, Faisa Cisal e Ugl); l’intesa permetterà di far partire subito l’aumento di produttività previsto dal piano.
Autisti e macchinisti dovranno lavorare 39 ore a settimana, come avviene nel resto d’Italia da anni — lo prescrive il contratto nazionale della categoria — e non più solo 37 ore, come era stato tollerato fino a oggi grazie a un generoso accordo interno.
(da “NextQuotidiano”)
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