Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile
EMINE AVEVA SEI ANNI QUANDO E’ PARTITA DALL’ALBANIA, ORA STUDIA, DIRIGE UN RISTORANTE E SI DEDICA AGLI ALTRI CON LA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO
«Che bello prendiamo il traghetto!». Emine ha sei anni e per il viaggio imminente tutta contenta ha scelto un completo giallo, pantaloncini e maglietta. E pazienza se a casa, nella città di Shkoder, ha dovuto lasciare tutto il resto. A preparare le valigie, quelle grandi, ci ha pensato la mamma ansiosa di raggiungere il papà muratore in Italia.
«Poi, invece, è arrivato il gommone. Era buio, tutti sotto al telone, i bambini da una parte e gli adulti dall’altra. Mia sorellina piangeva e uno le ha detto: dai che ti faccio vedere il mare».
Emine ha 26 anni, da venti abita a Genova, e quella notte di onde e pianti, in un giugno carico di speranze, non l’ha dimenticata: «Per tanto tempo non ci ho pensato – racconta guardando un punto lontano – poi due anni fa, dopo aver visto in tv le tragedie dei migranti, mi è venuto tutto in mente. Quel mare che ho scorto da sotto il telone che si alzava e si abbassava»
Il diploma da ragioniera, un lavoro di responsabile in un noto ristorante genovese e la prospettiva di iscriversi alla facoltà di Economia e commercio,
Emine è la giusta testimone dei 50 anni della Comunità di Sant’Egidio e della “Scuola della pace”. Un istituto insolito che soltanto a Genova conta 10 sedi, quasi 150 studenti come insegnanti volontari oltre ad un nuovo gruppo di docenti che, dal Ponente al centro storico, aiuta quasi 500 ragazzi.
D’altro canto, il nucleo dell’onlus sorse nel 1968 proprio quale doposcuola per i bambini ammassati nelle baracche di Roma.
Da Shkoder (Scutari) a Genova, oltre una riva sconosciuta, l’albanese Emine Ceka oggi è una giovane donna «sempre curiosa e ansiosa di migliorare» che con quel viaggio per mare si è riconciliata.
«Dopo la spiaggia di Lecce, che abbiamo raggiunto a nuoto, perchè gli scafisti ci hanno buttato in acqua e senza giubbotto – è ancora il ricordo – siamo arrivati al campo di accoglienza e poi da lì a Genova».
A superare la delusione per un mare che così paterno non era stato, Emine ha contato anche sulla scuola: «Le suore di San Filippo Neri mi hanno aiutata molto. Poi, una compagna delle elementari mi ha portato alla Scuola della Pace».
In un pomeriggio di dieci anni fa, Emine si trova in una classe multi lingue: storie diverse si intrecciano sui banchi e da lì, dal doposcuola, nasce anche un nuovo interesse: aiutare gli altri.
Ancora oggi, Emine fa parte di un gruppo che due volte alla settimana tiene compagnia ai “nonni degli altri”, gli anziani dell’istituto Brignole.
Si illuminano gli occhi all’arrivo della Scuola della Pace. Tutto questo, oltre al lavoro, agli amici, i viaggi in scooter e il futuro da matricola, è un sicuro tassello della vita di Emine: vent’anni sono passati da quella notte in cui «sulla spiaggia ci hanno detto di correre e correre».
Non c’è angoscia nello sguardo di Emine, solo la luce del riscatto: «Mio nonno era musulmano e mio bisnonno un imam: ancora oggi ricordo il suo insegnamento: alla sera, dì tre preghiere, per la famiglia, per il paese e per gli altri».
Oggi è il 50° anniversario della comunità di Sant’Egidio. E la Scuola della Pace festeggia con il libro omonimo curato da Adriana Gulotta (edizioni San Paolo), un’analisi del progetto scolastico dal Salvador al Malawi, passando per Buenos Aires fino a Napoli, che sarà portato nelle scuole d’Italia, a diffondere una cultura dei bambini: da aiutare gratuitamente nello studio e nel fare amicizia, pensando che nessuno è troppo piccolo per fare qualcosa per gli altri: «Siamo al 100 per cento volontari – ribadisce uno dei responsabili, il genovese Sergio Casali – e spieghiamo ai bambini e ai ragazzi che da noi “ricevono” perchè qualcuno vuole loro bene e si indigna per loro».
Il progetto entra nelle periferie e stimola i giovani anche al volontariato: «Chi è carico di rabbia – dice Casali – accanto a persone fragili tira fuori sensibilità ed umanità ». Ogni anno nel mondo più di 30 mila bambini e adolescenti frequentano regolarmente le scuole della pace della Comunità di Sant’Egidio.
(da “il Secolo XIX”)
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Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile
CALENDA SVELA: “PER LORO LA POLITICA E’ FARSI SELFI DAVANTI ALLE AZIENDE IN CRISI, MI AVESSERO MAI CHIAMATO PER AFFRONTARE LE CRISI AZIENDALI”
“Quando Salvini è andato all’Ideal Standard e ha detto romperò le palle a Calenda non mi ha mai
chiamato. Sono cose inaccettabili, io non mi sono candidato per mettere a rischio le vertenze industriali. Mi manda fuori di melone l’atteggiamento di Salvini che va solo a farsi i selfie e parla senza depositare interrogazioni, credo che sia un metro di giudizio della sua persona politica”.
Così Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico, intervistato a ‘L’aria che tira’ su La7. “Grasso mi ha chiamato sul caso Ideal, ha fatto una cosa seria, si è comportato da persona seria”, ha aggiunto.
“La differenza è tra Salvini e Di Battista che fanno i cialtroni e lavorare seriamente su un caso come anche Embraco. Sono due ragazzi che non hanno mai lavorato e pensano che fare politica sia fare un selfie davanti ai cancelli di un’azienda in crisi. Fanno show sulle spalle degli operai, è una cosa indegna”, ha aggiunto Calenda.
(da agenzie)
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Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile
DI BATTISTA E LA TRASPARENZA CHE NON C’E’
Il MoVimento 5 Stelle, è noto, ha una vera e propria ossessione per gli scontrini. Nessuno li ha mai visti ma i pentastellati giurano che tutte le spese sostenute dai propri parlamentari sono “rendicontate al centesimo”.
Questo significa ad esempio arrivare a farsi rimborsare — è successo — novanta centesimi per un caffè invece che pagarselo di tasca propria.
Significa anche raccontare di campare con la metà dello stipendio base di un parlamentare (e magari farsi fotografare mentre si mangia un panino) e al tempo stesso farsi rimborsare quasi mille euro al mese di spese per ristoranti e supermercati e colazioni al bar.
Come spiega Di Battista il Bancomat per le donazioni è necessario perchè MoVimento 5 Stelle “ha rinunciato” a 42 milioni di euro di finanziamento pubblico per le spese della campagna elettorale.
Una storiella che il M5S racconta da diversi anni e che non è del tutto vera.
Perchè non è vero che il partito di Grillo ha “rinunciato” ai rimborsi elettorali: semplicemente non ne aveva diritto.
Questo poichè al momento delle elezioni non aveva uno statuto, cosa che è nota almeno dal 2012 ovvero da quando è stata approvata la legge che regola i rimborsi elettorali che prevede che per ottenere i rimborsi i partiti (ma anche i movimenti) devono dotarsi di uno statuto, ovvero di quella cosa che per diversi anni il M5S si è rifiutato di avere.
A certificarlo non sono le “fake news” di parti e giornali della casta: è la Corte dei Conti. Come spiega Pagella Politica dal momento che il M5S non ha mai maturato il diritto ad ottenere quei rimborsi è quantomeno improprio parlare di rinuncia.
Questo però non significa che il M5S non goda di altre forme di finanziamento pubblico.
Ad esempio quella ai gruppi parlamentari di Camera e Senato ricevono un contributo unico e onnicomprensivo per coprire le spese sostenute per il loro funzionamento.
Per il 2016 il MoVimento 5 Stelle ha ricevuto dalla Camera dei deputati poco meno di 4 milioni di euro (3.780.845 €).
Il gruppo dei senatori invece nel 2016 ha ricevuto un contributo (ovvero un finanziamento pubblico) pari 2.407.925,97 euro.
Si tratta di denaro che per la maggior parte viene utilizzato per pagare gli stipendi dei dipendenti del M5S alla Camera.
Ma non solo visto che sono stati utilizzati anche per pagare le spese della campagna elettorale per il No al referendum costituzionale.
Perchè chi pensa che tutto sia stato affidato allo scooter di Dibba evidentemente dovrebbe dare un’occhiata ai rendiconti.
Il M5S però è alla ricerca di finanziamenti, e avendo “rinunciato” a quelli statali non resta che rivolgersi ai cittadini.
Ovvero gli stessi dalle cui tasche vengono prelevati i soldi che poi vengono girati ai partiti. Ecco quindi la geniale trovata: il Donamat. È come un bancomat, è portatile e ad Alessandro Di Battista piace tantissimo.
Come funziona? È molto semplice: si inserisce il contributo volontario nell’apposita fessura e in cambio il Donamat cosa fa? Vi restituisce uno scontrino! Non è un’esperienza esaltante? Non è fantastico? Uno scontrino a 5 Stelle, un pezzo rarissimo!
Da oggi spiega Di Battista, «i finanziamenti del MoVimento 5 Stelle sono le vostre donazioni e da oggi possono essere fatte ovunque (davvero ovunque!)».
La stampa dello scontrino è una cosa fenomenale, «cioè, non trasparenza, dippiù».
Ma che trasparenza è? Mica i cittadini possono andare a casa, rendicontare quello scontrino e farselo rimborsare (come invece hanno fatto alcuni consiglieri regionali in passato).
Sarebbe trasparenza se il totem registrasse i dati del donatore. Invece il fatto che si possano inserire dei contanti “dovunque” non ha nulla a che fare con la trasparenza vera e propria.
§Di Battista spiega che il bancomat a 5 Stelle è la dimostrazione che si può fare politica a costo zero grazie alle tante microdonazioni dei cittadini.
Chissà cosa succederà quando i cittadini si accorgeranno che i rimborsi elettorali pagati con le loro tasse sono (una volta suddivisi per il numero di contribuenti) donazioni altrettanto “micro”.
Ma per Di Battista l’importante è ribadire un concetto ovvero che “il nostro unico lobbista è il Popolo Italiano”.
Tutto mentre ieri Luigi Di Maio in Senato teneva una conferenza stampa sui finanziamenti dei partiti e sulle lobby.
Lobby che però per il M5S si chiamano «portatori d’interesse». E poco importa a quella conferenza a fianco di Di Maio Francesco Galietti, capo della società di analisi strategica geopolitica Policy Sonar, organizzatore dell’incontro con i “portatori d’interesse” della City di Londra (i fondi d’investimento).
Galietti, già allievo di Tremonti, è stato definito dal Fatto Quotidiano “lobbista in erba” ed è autore di un libro (“Sovranità in vendita”) nel quale propone di creare una normativa sulle donazioni straniere ai partiti.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile
ANNI DI SILENZIO OMERTOSO DI QUELLA DESTRA PATACCA PRONTA A MOBILITARSI PER I MARO’, MA MAI A FIANCO DEI MILITARI NELLE BATTAGLIE SCOMODE
“La presenza di amianto ha purtroppo caratterizzato navi, aerei, elicotteri. Tanto è vero che la
Commissione d’inchiesta è giunta ad accertare che solo nell’ambito della Marina Militare 1.101 persone sono decedute o si sono ammalate per patologie asbesto-correlate”.
Lo ha scritto la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti dell’utilizzo dell’uranio impoverito nella sua relazione finale, presentata alla Camera dei deputati
La Commissione aggiunge: “Allarmano le prospettive delineate dal Direttore del RENAM Alessandro Marinaccio, audito il 19 ottobre 2017: ‘Il picco dei casi di mesotelioma è presumibile sia nel periodo tra il 2015 e il 2020’. Desta poi allarme la situazione dei teatri operativi all’estero. La Commissione ha dovuto constatare l’esposizione a inquinanti ambientali in più casi nemmeno monitorati. Singolare è, inoltre, la scarsa conoscenza, ammessa dagli stessi vertici militari, circa l’uso in tali contesti di armamenti pericolosi eventualmente impiegati da Paesi alleati”.
Nella relazione si sottolinea: “Le criticità sono alimentate da un problema irrisolto: l’universo della sicurezza militare non è governato da norme e da prassi adeguate. Restano immutate le scelte strategiche di fondo che attualmente ispirano la politica della sicurezza nel mondo delle Forze Armate. Quelle scelte strategiche che paradossalmente trasformano il personale della Difesa in una categoria di lavoratori deboli. Si tratta di scelte strategiche che doverosamente, tra il 19 e il 20 settembre 2017, la Commissione d’inchiesta ha segnalato alle Autorità competenti, trasmettendo, in particolare, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonchè ai Ministri della Difesa, della Salute, del Lavoro e dell’Ambiente, la propria ‘Relazione sull’attività d’inchiesta in materia di sicurezza sul lavoro e tutela ambientale nelle forze armate: criticità e proposte'”.
(da “Huffingtonpost“)
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Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile
MA OGGI LE FANFARE DEI SOVRANISTI TACCIONO, NESSUNO MOSTRA SDEGNO E MANIFESTA CONTRO L’ASSASSINO PADAGNO
Uccisa per aver rifiutato un rapporto sessuale. Potrebbe essere questo il motivo della morte di Jessica Valentina Faoro, 20 anni. Sarebbe stata uccisa a coltellate da Alessandro Garlaschi, già fermato, tranviere 39enne sospettato dell’omicidio. L’uomo, attualmente interrogato dal pm Cristiana Roveda e dagli uomini della squadra mobile, ha fatto parziali ammissioni.
Il fatto è avvenuto a Milano, in via Brioschi, zona Ticinese, in uno stabile dove abitava l’uomo insieme alla moglie.
Il cadavere della ragazza è stato trovato stamattina alle 10.30 al secondo piano della scala 11 del civico 93: da quell’appartamento è stata portata via, per essere ascoltata, anche la moglie di Garlaschi che pare non fosse in casa al momento dell’omicidio.
Secondo le prime indagini l’uomo, approfittando della temporanea assenza della moglie, avrebbe aggredito Jessica per avere un rapporto sessuale.
Altre versioni – da appurare – dicono Jessica fosse lì ospite da qualche giorno(in subaffitto) dopo aver lasciato una comunità .
Al rifiuto della giovane – ipotizzano gli inquirenti – lui l’avrebbe uccisa a coltellate. Poi, nel panico, avrebbe pensato prima di darsi fuoco e poi di tagliarsi i polsi (ha delle fasciature) e infine ha chiamato la polizia.
I vicini hanno raccontato di aver visto la ragazza salire nell’appartamento dell’uomo già due giorni fa e i due sarebbero stati visti passeggiare insieme nel quartiere.
Altri testimoni riferiscono di aver sentito Garlaschi dire, “Ho fatto un guaio grosso”, mentre passava dalla portineria del condominio mentre altri avrebbero riferito di aver sentito le parole “ho una ragazza morta a casa”.
L’omicidio sarebbe avvenuto alle 4 del mattino e sembra che l’uomo abbia riferito di una “collutazione dopo una iniezione per il diabete”. C’è ancora poca chiarezza però sulla dinamica dell’omicidio.
“Ci sono persone con cui perdi tempo e altre con cui perdi il senso del tempo. È solo una questione di scelte”.
E’ uno degli ultimi post scritti su Facebook da Jessica Valentina Faoro. “Un giorno senza sorriso è un giorno perso”, recita un altro post della giovane, che accompagna un selfie scherzoso.
Tante le foto in cui la vittima, lunghi capelli biondi e un fisico minuto, è ritratta sul social. In alcune compare quello che sembra essere il suo ragazzo. I post più numerosi della giovane, che dichiara su Facebook di lavorare per Foot Locker, sono però dedicati agli animali, ai cani, per cui la giovane manifesta un grande amore.
Il fermato era stato denunciato da una donna per stalking nel 2014. Probabilmente si trattava di una collega di cui si era invaghito.
“Indebitato e maniacale”, lo descrivono i vicini di casa di via Brioschi 93.
“Non voleva fare gli straordinari” e poi la sera “andava a fare le consegne di cibo take away”. Numerose anche le cause che aveva in corso, compresa quella con la cooperativa che gestisce gli appartamenti dei tranvieri.
I vicini hanno anche riferito che precedentemente in casa l’uomo aveva “ospitato” un’altra donna, forse in subaffitto: la stessa condizione nella quale forse si trovava la povera 19enne da un paio di settimane.
Gli agenti di polizia scientifica sono al momento ancora sul posto: sono alla ricerca del coltello, l’arma del delitto, per il quale sono stati ispezionati i locali della spazzatura al centro del complesso di palazzine.
(da agenzie)
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Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile
MISSIONI PAGATE DAL GRUPPO M5S NON LEGATE ALLA UE MA ALLA CAMPAGNA ELETTORALE DI DI MAIO CONTESTATE DALL’EFFD, IL GRUPPO CHE UNISCE UKIP E M5S… SCOPPIA LO SCANDALO, M5S BECCATO CON LE MANI NELLA MARMELLATA
Il Movimento 5 Stelle chiede a Repubblica di pubblicare i documenti in merito al pezzo pubblicato oggi
sulla vicenda dei rimborsi all’Europarlamento e sui funzionari Ue utilizzati dal partito per la campagna elettorale.
Repubblica è lieta di farlo. “Non c’è stata nessuna irregolarità nelle missioni in Italia di Belotti, infatti Repubblica non mostra alcun documento in supporto a quanto sostiene. Se li ha li pubblichi, altrimenti chieda subito scusa”, scrive l’ufficio stampa dei grillini a Strasburgo riferendosi alla storia del capo della comunicazione del gruppo al Parlamento europeo, appunto Cristina Belotti, costretta a rimborsare i
soldi di una missione pagata dalle casse Ue quando invece si trovava in Italia non per attività legate alle politiche europee, ma per la chiusura della campagna elettorale per le amministrative.
Belotti inoltre ha rinunciato al rimborso di altre missioni, sempre legate alla campagna elettorale (referendum costituzionale e amministrative) di Luigi Di Maio.
Il Movimento nega che la vicenda abbia creato un problema all’interno dell’Efdd, la famiglia politica al Parlamento europeo formata appunto dai pentastellati e dallo Ukip. Eppure un carteggio conservato dall’amministrazione del gruppo (documento 1) dimostra il contrario.
È il 9 novembre 2017, l’Efdd ha appena riscontrato irregolarità nelle missioni di Belotti, il riferimento
della Casaleggio e di Di Maio all’Europarlamento, e una funzionaria del gruppo, Magali Trodet-Morrisens, le scrive una mail conservata nel dossier aperto dall’amministrazione.
L’Efdd sta verificando una trentina di missioni di Belotti (documento 2) per un valore totale di circa 15mila euro (fatto negato dall’M5S) e nel carteggio in questione la funzionaria chiede spiegazioni su una trasferta a Messina del 14 ottobre 2017.
“Può essere rimborsata sulla base dei documenti che descrivono il soggetto e i compiti che hai svolto”. È solo uno degli esempi delle missioni contestate a Belotti dall’amministrazione.
Evidentemente le spiegazioni della grillina non bastano a placare i dubbi dei funzionari europei, visto che il 15 dicembre 2017 (documento 3) è il segretario generale del gruppo, Aurelie Laloux, a scrivere a Belotti.
L’antefatto è la trasferta a Strasburgo di lunedì 11 dicembre, in occasione della plenaria mensile dell’Europarlamento (i funzionari solitamente risiedono a Bruxelles, dove si svolge il grosso dell’attività dell’Assemblea).
Belotti si era fatta segnare presente, ma i funzionari del gruppo avevano dubbi sulla sua effettiva presenza a Strasburgo, non avendola vista nei locali dell’Europarlamento e sospettando che Belotti si trovasse in Italia con Di Maio.
Scrive Laloux: “Cara Cristina, per quando riguarda il rimborso del tuo volo aereo di martedì ti devo
informare che secondo le regole non possiamo pagare il viaggio a Bruxelles. Il punto principale è provare che lunedì e martedì hai lavorato all’Europarlamento”.
La chiusa della mail dimostra la veridicità del documento numero 2, visto che il segretario generale afferma: “Stiamo esaminando altre tue missioni”.
A questo punto Belotti si trova in un vicolo cieco, rischia lei e rischia il gruppo, peraltro in subbuglio con alcuni europarlamentari piccati nei suoi confronti per il guaio missioni.
E così da Roma e Milano decidono di giocare il jolly per proteggere Belotti.
Pietro Dettori, uno dei principali collaboratori di Beppe Grillo e Davide Casaleggio, scrive all’amministrazione per coprire alcune missioni sospette di Belotti a nome del vertice del Movimento (documento 4): “Nelle date dal 16 novembre al 20 novembre Cristina Belotti, in qualità di Responsabile della Comunicazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo, ha partecipato ad incontri natura privata con la leadership che si compone di Davide Casaleggio, Beppe Grillo e il capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio”.
La copertura vale anche per il futuro: “Nelle prossime settimane si terranno incontri settimanali che riguardano le attività europee della delegazione italiana così come le attività dei membri del Parlamento europeo in Italia. Non è possibile fornire un report degli incontri perchè di natura privata”.
Anche questo intervento, però, non basta a placare i dubbi dell’amministrazione del Parlamento europeo, che convoca per il 19 dicembre una riunione tra Laloux e Belotti alla quale prende parte anche l’Europarlamentare M5S Ignazio Corrao.
È possibile ricostruire l’esito della riunione dai verbali custoditi dal gruppo Efdd (documento 5), che dimostrano come Belotti abbia accettato di cancellare la richiesta di rimborsi per missioni che non avevano a che fare con il suo incarico Ue.
Innanzitutto dal documento si evince il motivo della riunione: “Lo scopo del meeting è dare l’opportunità a Cristina di giustificare la sua presenza a Strasburgo (per la plenaria dell’11) dicembre, dare ulteriori spiegazioni sulle missioni e trovare una soluzione per Cristina”.
Nella nota inviata oggi dall’M5S per smentire Repubblica, si afferma che nessuno ha chiesto le dimissioni di Belotti, ma il tono del verbale conferma quanto fonti concordanti dell’Efdd avevano spiegato a questo giornale, ovvero che per chiudere il caso ed evitare l’intervento del segretariato generale del Parlamento europeo (fatto che avrebbe scoperchiato la vicenda con danno politico per tutto l’Efdd) era stato chiesto un passo indietro a Belotti.
Dal verbale risulta che Belotti prova a giustificare la sua assenza alla plenaria dell’11 dicembre a Strasburgo dicendo che era stata bloccata dal maltempo, ma poi accetta di cancellarla, ovvero rinuncia al rimborso e alla diaria, come correttamente riportato nell’articolo pubblicato oggi da Repubblica.
Stessa cosa avviene per altre due missioni: Roma e Milano del 25-26 ottobre (la trasferta è stata giudicata non attinente alle attività dell’Europarlamento e proprio in quei giorni c’era stato un comizio di Grillo) e Castelfranco del 21 gennaio (comizio di Di Maio). Infine accetta di ripagare una missione che le era già stata rimborsata, quella di Milano e Roma del 9-11 giugno, quando Belotti in realtà si trovava a Genova per la chiusura della campagna elettorale per le amministrative
Dai verbali della riunione del 19 dicembre viene anche fuori la conclusione del caso, con Belotti che “per evitare altri problemi il prossimo anno” e tenere riservata la vicenda accetta di mettersi in congedo non retribuito fino al 7 marzo, libera di seguire la campagna elettorale di Di Maio in Italia.
C’è poi il capitolo dei due funzionari dell’Europarlamento, Stefano Torre e Andrea Pollano, distaccati alla rappresentanza dell’Assemblea a Roma, dove non si sono quasi mai fatti vedere perchè in realtà impiegati dal partito nella campagna elettorale di Di Maio.
Fatto vietato dalle regole europee, che impediscono ai funzionari Ue di lavorare per un partito (caso simile a quello Le Pen e che sempre in Francia ha portato alle dimissioni di due ministri di Macron, Sylvie Goulard e Francois Bayrou).
Il Movimento nella smentita a Repubblica scrive che Torre si occupa del restyling del sito della delegazione del Movimento in Europa e accusa questo giornale di averlo “furbescamente” incastrato senza chiedergli il ruolo effettivo.
Circostanza scorretta, visto che Torre ha ammesso al telefono di occuparsi di fundraising per il partito e poi ha mandato un lungo sms attribuibile allo staff di Di Maio nel quale spiegava l’attività svolta (Repubblica è pronto a pubblicarlo).
D’altra parte nella stessa smentita l’M5S ammette questa attività , cercando di ridimensionarla (“eventuali interventi di Torre sulla parte tecnica del sito di fundraising sono piccoli interventi che presta a titolo volontario”).
Repubblica è pronta a produrre tutta la documentazione necessaria in sede giudiziaria se il Movimento darà seguito alla querela annunciata oggi nel comunicato del gruppo parlamentare di Strasburgo.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile
ASPETTIAMO CHE I SOVRANISTI FACCIANO UNA MANIFESTAZIONE CONTRO DI LUI, TIPICA RISORSA MASCHILE ITALICA…. SENZA QUEI 50 EURO PAMELA NON AVREBBE ACQUISTATO L’EROINA E SAREBBE ANCORA VIVA
Nella storia di Pamela Mastropietro c’è anche un incontro con un italiano.
Prima di Innocent Oseghale e Lucky Desmond, i due indagati che le avrebbero ceduto la droga, la ragazza ha incontrato un italiano di 45 anni
Lunedì 29 gennaio, alle 14.30, Pamela Mastropietro lascia per sempre il villaggio di «San Michele Arcangelo» della comunità «Pars» di Corridonia, dopo tre mesi e mezzo di astinenza forzata dalle droghe.
Non dice niente a sua madre, a sua nonna, agli operatori. Semplicemente lo fa.
Carica il suo trolley rosso e blu pieno di cose e s’incammina verso la provinciale.
È in quel momento che le loro strade s’incontrano: lui è magro, alto, affilato, la barba hipster, la pelle bianca, va spesso a Corridonia con la sua auto.
Ci va a trovare la sorella, che lì ha la casa e anche un esercizio commerciale. Così, vede Pamela che avanza a passi svelti sul ciglio della strada, si ferma, lei sale, ripartono insieme sull’utilitaria bianca.
La ragazza è senza soldi, senza cellulare nè documenti: tutto è custodito negli uffici della «Pars» perchè questo prevede il regolamento. Quando si entra in comunità , si lascia fuori il passato. Si riparte da zero, da niente.
Ma l’italiano non ha cercato di aiutarla, anzi:
Ma per farsi d’eroina ci vogliono i soldi e Pamela non ne ha. Ha con sè soltanto la sua bellezza e decide di venderla a lui. Allora l’uomo punta verso la casa della sorella, che ha un garage sul retro, seminascosto. Lei quel giorno non c’è, nessuno potrà vederli. C’è un materasso in garage, fanno sesso su una coperta, i Ris hanno sequestrato anche quella, insieme alle cicche fumate da lei, unica concessione – le sigarette – prevista da quelli della «Pars».
Cinquanta euro per un rapporto.
Il procuratore capo di Macerata, Giovanni Giorgio, pietosamente aveva voluto raccontare un’altra storia. Aveva detto che Pamela, quel giorno, il 29, si era fermata a dormire dal suo accompagnatore, che poi al risveglio, il martedì mattina, le aveva dato dei soldi per aiutarla a tornare a casa, a Roma, da sua madre. Non è andata così.
Quel lunedì, dopo il garage, l’uomo ha accompagnato Pamela alla stazione di Piediripa e l’ha lasciata lì, al suo destino.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile
TANTO PER CAMBIARE LA PROPOSTA DI LEGA E FORZA ITALIA FAVORISCE SOLO I PAPERONI
Il Sole 24 Ore oggi pubblica un’analisi sulle riforme fiscali proposte dai principali partiti in occasione
della campagna elettorale per le elezioni politiche del 2018.
Le ricette di LeU, Pd e Cinque Stelle puntano sulla progressività , utilizzata come sinonimo di equità , mentre nel centrodestra l’accento è messo sul taglio generalizzato. Ma non sempre i conti tornano, anche a prescindere dallo snodo determinante delle coperture.
Qui però vale la pena soffermarsi sulle proposte di flat tax della Lega e di Forza Italia. Nel grafico si riepilogano gli effetti che avrebbero sui conti di sei famiglie-tipo (ciascuna con un reddito da lavoro dipendente): una coppia senza figli, e una con due bambini piccoli, entrambe articolate su tre differenti fasce di reddito.
Un po’ meno audace è la tassa piatta di Forza Italia, che presenta qualche punto di progressività maggiore per due ragioni semplici: l’aliquota è più alta (23%), e maggiore è anche la no tax area prodotta dalla deduzione di base (12mila euro) e dalle detrazioni per i figli (2mila euro fino a 3 anni, mille euro dopo).
La tassa azzurra sostiene anche i redditi più leggeri, ma l’incrocio con la scomparsa delle detrazioni attuali ha effetti collaterali: la coppia con 15mila euro di reddito senza figli, infatti, avrebbe un vantaggio finale da 506 euro all’anno, mentre quella con lo stesso reddito e due figli non avrebbe alcun vantaggio perchè già oggi non paga nulla.
Alla fine, insomma, ci sarebbero «meno tasse per (quasi) tutti», ma con un’avvertenza cruciale: per finanziare i 50 miliardi a regime di costo calcolato per l’aliquota unica al 23% si prevede di recuperare risorse dai 175 miliardi delle “spese fiscali”, cioè i variopinti sconti del sistema attuale. Un rischio per chi oggi ne beneficia.
Nella gara del costo lordo, cioè dei soldi che andrebbero trovati per portare davvero la riforma in Gazzetta Ufficiale, il primato tocca ai 63 miliardi della Lega (da finanziare con un maxicondono sulle cartelle arretrate fino a 100mila euro e puntando su emersione del sommerso e ripresa economica).
Gli effetti della tassa piatta al 15%, però, non sembrano rivoluzionari per tutti.
Per i due profili con il reddito più basso la ricaduta sarebbe nulla: a loro, infatti, le detrazioni attuali garantiscono un robusto taglio d’imposta, per cui dovrebbe scattare la clausola di salvaguardia che nella proposta della Lega applica la vecchia Irpef quando è più conveniente della Flat Tax.
La situazione cambia quando si sale la piramide dei redditi: per il club esclusivo degli italiani che dichiarano 150mila euro (da lì in su si incontrano 164mila persone, lo 0,4% dei contribuenti) la richiesta sarebbe tagliata del 60%, passando dai 56.670 euro all’anno dell’Irpef attuale ai 22.500 euro della Flat Tax.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile
APOLOGIA DELL’EDILIZIA SELVAGGIA… I VERDI: “POLITICHE CRIMINALI, CON LUI TRIONFANO I FURBI”
Dopo la scossa in campagna elettorale innescata dal raid razzista di Macerata, sul tema migranti Silvio Berlusconi ai microfoni di Radio 24 chiarisce una volta per tutte: “Noi e la Lega siamo sulla stessa linea”. Ma precisa: “Loro usano parole più dure”.
Ma a colpire sono anche le promesse di un nuovo condono edilizio ultra-libertario, che fa ritornare lo spettro dell’edilizia selvaggia: “Bisogna cambiare le regole: chi deve costruire una casa o aprire un’attività commerciale, non dovrà più aspettare anni per permessi e licenze – continua l’ex premier – dovrà dichiarare l’inizio dell’attività e assumersi la responsabilità di rispettare le leggi. Solo dopo verranno i controlli”.
Un maxi-condono? “Chiamatelo come volete – taglia corto – l’importante è che si cambino queste regole attuali”.
Una prospettiva inquietante che innesca la reazione immediata dei Verdi, con Angelo Bonelli, promotore della lista Insieme (alleata del Pd), che attacca: “Berlusconi propone una legge per riconoscere l’abusivismo di ‘necessità ‘, colui che è stato responsabile di ben due condoni edilizi che hanno massacrato coste e territorio del nostro Paese torna a strizzare l’occhio ha chi ha violato legge a danno degli italiani onesti e dell’ambiente”.
E conclude: “Sono politiche criminogene, l’Italia tornerebbe ad essere il paese che legalizza le illegalità , il paese che premia i disonesti e massacra il territorio”.
Berlusconi non risparmia, poi, una frecciatina all’alleata Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, in riferimento alla sua manifestazione anti-inciucio: “Fare manifestazioni di questo genere sarebbe molto dannoso, darebbe l’impressione ai nostri elettori che ci sia la possibilità di accordi con la sinistra, che non c’è. Che senso ha fare una manifestazione su una cosa chiarissima?”.
(da agenzie)
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