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LA COMMEDIA DEGLI OPPOSTI ESTREMISMI VA IN SCENA ANCHE DI SABATO: MILANO, ROMA E PALERMO LE PIAZZE SCELTE PER LA RAPPRESENTAZIONE

Febbraio 23rd, 2018 Riccardo Fucile

ISTIGATORI ALL’ODIO, MANOVALANZA, MANOVRATORI OCCULTI, COMPARSE, PROVOCATORI PROFESSIONISTI, MANGANELLATORI SERIALI, BARBEFINTE, INFILTRATI VARI E VITTIME SACRIFICALI: TUTTI IN PIAZZA PER UN MOMENTO DI GLORIA

Si teme un sabato di tensioni per Roma, Milano e Palermo. Le tre città  saranno infatti la sede di cortei e manifestazioni politiche di diverso colore.
L’attenzione per le iniziative di piazza è salita dopo gli ultimi episodi violenti: il pestaggio di un militante di Forza Nuova a Palermo (“sanzionamento antifascista” secondo Radio Onda d’Urto) e l’accoltellamento di un attivista di Potere al Popolo a Perugia. Senza dimenticare gli episodi di Piacenza, dove è stato aggredito un carabiniere, e da ultimo gli scontri in piazza a Torino tra forze dell’ordine e anarco-insurrezionalisti, scesi in strada per contestare il comizio del leader di Casapound, Simone Di Stefano.
Riflettori puntati soprattutto sul centro storico di Milano, quindi, dove a poca distanza tra loro faranno sentire la propria voce Lega, CasaPound e gli antifascisti.
Matteo Salvini ha dato appuntamento ai suoi simpatizzanti in Piazza Duomo alle 15. Alla manifestazione si attendono circa 30mila persone. Allo stesso orario e non lontano dalla piazza leghista, davanti al Castello Sforzesco, è previsto un comizio elettorale di CasaPound.
Questi due appuntamenti non sono andati giù ai movimenti antagonisti che hanno deciso a loro volta di organizzare un corteo antifascista alle 14.30 nel centralissimo Piazzale Teatro Strehler.
Il documento in cui si chiama alla piazza è firmato tra gli altri da Lume, Lambretta, Zam, Zip e condivisa da Potere al Popolo.
A esprimere preoccupazione per le tre manifestazioni è il sindaco di Milano, Beppe Sala: “Siamo attenti, abbiamo fatto un incontro con prefetto e questore, ci saranno momenti di possibile tensione. Le forze dell’ordine sono pronte, sono stati chiamati più uomini. Richiamo tutti a manifestare, ma con civiltà ”
Un’altra piazza “calda” sarà  quella di Palermo, dove sono state organizzate manifestazioni da Forza Nuova e dai centri sociali. Previsto un grande spiegamento di forze dell’ordine per garantire il regolare svolgimento delle due iniziative, soprattutto a pochi giorni dall’aggressione di Massimo Ursino, segretario provinciale di Forza Nuova. Tanto che si è deciso di far organizzare i raduni in zone lontane della città . I centri sociali e Potere al Popolo manifesteranno in Piazza Verdi e davanti al Teatro Massimo.
La manifestazione di Forza Nuova si svolgerà  prima con un concentramento in piazza Crispi, poi un corteo, ancora da stabilire, per le vie di Palermo fino in piazza Verdi, dove si terrà  il comizio di Roberto Fiore, leader di Forza nuova.
È prevista inoltre la presentazione del programma elettorale di CasaPound, che dopo la raccolta di oltre 4000 firme in Sicilia si candiderà  in tutti i collegi della Camera e del Senato. Alle 17.30 un corteo partirà  nella sede di cortile Barcellona, in zona Tribunale per raggiungere il centro.
Per quanto riguarda Roma, è previsto in Questura il tavolo tecnico per definire gli ultimi dettagli del piano sicurezza.
Anche nella Capitale tutte le iniziative si concentreranno nel pomeriggio di sabato, per limitare i disagi tra le 14 e le 16, nell’orario in cui si stima l’arrivo dei cortei nelle rispettive piazze.
Tra le iniziative in calendario un corteo organizzato da Anpi e dal Comitato ‘Mai più fascismo’ “contro razzismo, xenofobia ed i rigurgiti di fascismo in Italia ed in Europa”. Si svolgerà  dalle 13 alle 17 e, all’iniziativa, è prevista la partecipazione di 20.000 persone che da piazza della Repubblica giungeranno fino a piazza del Popolo. Al corteo ha dato la sua adesione anche il Partito democratico.
Un altro corteo è stato invece promosso dal sindacato S.I. Cobas, “allo scopo di chiedere l’abolizione del Jobs Act”: partirà  alle 14 da piazza Esquilino con arrivo alle 19 a piazza Madonna di Loreto.
In programma anche una manifestazione statica, promossa da esponenti del movimento No vax contro l’obbligatorietà  di vaccino, che avrà  luogo in piazza di Porta San Giovanni dalle 14 alle 18 ed è prevista la partecipazione di 10.000 persone. Per ultimo, una iniziativa annunciata al Cie di Ponte Galeria e promossa da “Gruppi Antagonisti” contro la normativa vigente in materia di immigrazione.
Il piano sicurezza della questura scatterà  dalle prime ore del mattino con controlli ai caselli autostradali e sulle vie consolari interessate. Duplice l’obiettivo: garantire un elevato standard di prevenzione antiterrorismo ed evitare che gruppi di facinorosi possano infiltrare i cortei condizionando l’ordine e la sicurezza pubblica.
Tra le indicazioni contenute nell’ordinanza di servizio del questore, il divieto di partecipare agli eventi con oggetti contundenti di ogni tipo, aste rigide di bandiere, vestiario utile al travisamento ed ogni altro strumento potenzialmente utilizzabile per occultare la propria identità . Vietati anche caschi, elmetti o cappelli rigidi.
Il rischio individuato dagli esperti della questura di Roma e del ministero degli Interni sono gli infiltrati, specie nel corteo della sinistra più radicale, assieme ai sindacati autonomi Cobas contro il Jobs Act, da piazza Esquilino a piazza Madonna di Loreto, nel centro storico. Per questo dovrebbero essere circa tremila gli uomini delle forze dell’ordine impiegati tra cortei e manifestazioni.

(da “Huffingtonpost”)

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ANCHE MONTANARI HA DETTO NO: LA STORICO DELL’ARTE HA DUE BUONE RAGIONI PER NON FARE IL SOLDATINO DI DI MAIO

Febbraio 23rd, 2018 Riccardo Fucile

IN PRIMO LUOGO NON CONDIVIDE LA POLITICA SULL’IMMIGRAZIONE REAZIONARIA DEL M5S, IN SECONDO E’ CONTRARIO A MODIFICARE LE REGOLE SUL VINCOLO DI MANDATO… MA MONTANARI E’ PERSONA SERIA, NON UN SERVO

Luigi Di Maio ha praticamente chiuso la partita della squadra di governo. In ballo resterebbe solo la casella dell’Economia. Della partita non farà  parte Tomaso Montanari.
Lo storico dell’arte era stato sondato per il ministero della Cultura. Dopo una serie di contatti, il dialogo era rimasto in stand by. Montanari ha posto delle clausole precise da cui far dipendere un suo eventuale coinvolgimento in un esecutivo a 5 stelle. Riguardanti le politiche sull’immigrazione. Ma non solo.
A quanto risulta all’Huffpost, a frenare definitivamente la possibile intesa è stato l’articolo 67 della Costituzione.
Quello che recita così: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
Inserire per legge una clausola anti trasformismo è uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5 stelle. Ma, culturalmente, Montanari proviene da un’area per la quale l’intangibilità  del mandato elettorale è sacra.
Quando ha esposto il suo pensiero, la trattativa si è interrotta.
Il tema è talmente radicato nel bagaglio stellato che la seconda convergenza di governo proposta da Di Maio agli altri partiti non più tardi di giovedì, riguardava il vincolo di mandato, definito “l’unico vero antidoto alla piaga dei voltagabbana che ammorba il Parlamento da anni”, in realtà  si vogliono solo servi fedeli.
Fine dei giochi.
Nella lista che il candidato premier presenterà  la prossima settimana all’opinione pubblica, il nome di Montanari non ci sarà .

(da “Huffintonpost”)

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LA BUFALA QUOTIDIANA DI SALVINI: “CON 5 MILIONI DI DISOCCUPATI E’ DA MATTI REGOLARIZZARE I MIGRANTI”

Febbraio 23rd, 2018 Riccardo Fucile

PECCATO CHE I DISOCCUPATI IN ITALIA SIANO 2.791.000, IL 55% DI QUANTO DETTO DA SALVINI… UNO CHE NON HA MAI LAVORATO IN VITA SUA CHE VOLETE NE SAPPIA, IN EFFETTI

Troppi disoccupati per potersi permettere l’accoglienza dei clandestini?
Questo è il punto di vista di Matteo Salvini che a dieci giorni dal voto attacca le politiche di chi vorrebbe regolarizzare i migranti arrivati in Italia in modo illegale.
“Con 5 milioni di disoccupati in Italia […] regolarizzare centinaia di migliaia di clandestini è da matti” ha scritto ieri il leader leghista su Facebook.
L’osservazione di Salvini inciampa sui numeri e si ferma al semaforo rosso: così debutta in #checkpolitiche2018 anche il capo politico del Carroccio.
I disoccupati in Italia secondo l’ultima rilevazione Istat sono 2.791.000, poco più della metà  (per esattezza il 55%) di quanto sostiene il candidato premier della Lega.
Un numero che non solo è lontano da quello sottolineato da Salvini, ma che, secondo l’Istituto nazionale di statistica, sta calando.
“La stima delle persone in cerca di occupazione a dicembre diminuisce per il quinto mese consecutivo (-1,7%, -47 mila). La diminuzione della disoccupazione interessa donne e uomini e si distribuisce tra tutte le classi di età  ad eccezione dei 25-34enni. Il tasso di disoccupazione si attesta al 10,8% (-0,1 punti percentuali rispetto a novembre), mentre quello giovanile scende al 32,2% (-0,2 punti)”. Questo è quanto afferma il bollettino mensile Istat “Occupati e Disoccupati” del 31 gennaio 2018.
Anche sulla tendenza annuale, i dati confermano una diminuzione del tasso di disoccupazione: il 10,8% a dicembre 2017, livello al quale doveva riferirsi Salvini, è più basso rispetto a dicembre 2016, quando si è registrato un tasso del 12%. In numeri assoluti, la cifra già  citata di 2.791.000 disoccupati è inferiore a quella di dicembre 2016, quando i senza lavoro erano 3.103.000.

(da “La Stampa”)

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I FEDELI SFIDUCIATI IN FILA PER SANT’ANTONIO: “PREGHIAMO CHE CI LEVI DAI PIEDI I POLITICI”

Febbraio 23rd, 2018 Riccardo Fucile

A PADOVA, NEL LUOGO SIMBOLO DEL CATTOLICESIMO

Non ci saremo dimenticati qualcuno? In questa campagna elettorale, fateci caso, si parla pochissimo dei cattolici.
Sarà  che l’unanimismo dei tempi della Dc è un ricordo, e da un pezzo, sarà  che la Cei è insolitamente silente, la categoria quasi non compare nei proclami e nei calcoli pre elettorali.
E allora vale forse la pena di fare un salto in uno dei luoghi simbolo del cattolicesimo più popolare e tradizionale: a Padova, la basilica di Sant’Antonio. Anzi, «il Santo»: inutile perfino specificare quale, basta la parola.
E qui viene subito fuori un’Italia che i giornali non raccontano mai, quella di una devozione forse semplice ma ancora radicatissima.
Infatti in un sabato pomeriggio mediamente uggioso la chiesa, che pure è grande, è pienissima, la messa affollata. Si fa la fila per toccare la tomba con il corpo del Santo, si fa la fila per guardare (e non toccare: è dietro un vetro) la sua reliquia più venerata, quella della lingua.
In effetti, a differenza della stragrande maggioranza dei candidati a queste politiche, Antonio era di un’eloquenza prodigiosa, e sulla consecutio si destreggiava sicuramente meglio di Di Maio.
Quanto ai frati, il miscuglio di tradizione e modernità  è, anche questo, miracoloso. Le messe si ordinano al bancone, una mano porge l’offerta e l’altra riceve un santino neorealista e la ricevuta dei 10 euro. Ma le funzioni, informa il sito, sono anche trasmesse in streaming.
Tra religione e affari
Insomma, sant’Antonio piace sempre moltissimo, e la miscela di fede, turismo, devozione e business pare ancora inossidabile. Lo spiega già  il tassista (dalla stazione alla Basilica, 7 euro e 50, prezzo fisso, come per gli aeroporti): «Qui a Padova abbiamo tre grandi industrie: la Safilo, l’Università  e Sant’Antonio».
Però siamo qui per parlare di politica. Iniziando magari proprio dai padroni di casa, che sono i frati minori conventuali, insomma i francescani, non a caso l’ordine più popolare.
Padre Mario Conti è accanto a una bancarella fuori dall’ingresso, e poco male se pioviggina perchè porta sul saio un cappellino con visiera, magari non troppo regolamentare ma comodo.
E qui si capisce subito che il voto cattolico non esiste più, esiste il voto dei cattolici, divisi e incerti come il resto della Nazione. «Se i pellegrini ci chiedono per chi votare? No, figuriamoci. Anche perchè non sapremmo cosa rispondere. Nel convento siamo una cinquantina e ne discutiamo spesso in refettorio, anche se poi alla fine ognuno resta della sua opinione. Una linea ufficiale non c’è. Parlando con la gente si avverte, più che l’urgenza di scegliere uno schieramento, quella di una politica che si occupi di cose concrete. Lo vediamo quando i fedeli ci confidano le loro preoccupazioni, il lavoro che non c’è, le famiglie che si disgregano, l’incertezza del futuro».
Di fronte allo spettacolo della vita pubblica italiana, vacilla anche la carità  cristiana: «Noi preghiamo sant’Antonio che ci tolga i politici dai piedi. O almeno che ci faccia comandare dall’Europa, ma davvero: sono senz’altro più seri loro che i nostri».
Parola di Renzo e Marisa, marito e moglie, pensionato lui e impiegata lei, di Castelfranco Veneto. Cattolicissimi: messa tutte le sere, adorazione, vespri, «dico due rosari al giorno» (lui) e «deve assolutamente andare a Medjugorje, le cambierebbe la vita» (lei), e pazienza se la Chiesa è scettica. Ma sul comportamento da tenere davanti alle urne, e non quelle delle reliquie, regna ancora una volta l’incertezza.
«Alle ultime tre elezioni non sono nemmeno andato a votare – racconta Renzo -. Questa volta invece lo farò. Sono indeciso fra il Movimento 5 stelle e il Popolo della famiglia». E poi confessa che sì, un po’ di nostalgia per la Dc c’è, se non altro perchè per la maggioranza dei cattolici scegliere era molto più facile: «Forse si stava meglio quando si stava peggio».
L’impressione è che, più che i diritti civili o le questioni morali, dalla politica ci si aspettino risultati su stipendi, pensioni, welfare.
«Sono talmente giù di morale», e non per le unioni civili o l’aborto, ma perchè «sono sommersa di tasse», dice Marianna, di Novara, origini romene ma in Italia da una vita, a Padova non solo per il Santo («Sono credente ma non troppo praticante, però anche il lavoro è preghiera») ma soprattutto perchè un figlio abita qui, poi c’è una figlia in Irlanda, due in Spagna e uno a Novara, almeno lui.
«Di certo farò il mio dovere e andrò a votare. Per chi, però, non lo so ancora. Al lavoro ne parliamo moltissimo, ma vedo molta incertezza. Si sceglierà , al solito, secondo coscienza. Ma non credo che oggi in Italia la fede religiosa sia determinante».
Riassume tutto una professoressa di latino in pensione, 67 anni, il nome non lo dice, battezziamola Maria, molto più a posto, quanto a chiarezza di sintassi e di pensiero, della maggior parte degli ospiti dei talk politici.
Origini calabresi, Maria vive a Padova dal 2003 e ogni tanto viene a trovare il Santo, ma senza eccessi devozionali «sono cattolica ma non fanatica. Mi ha sempre colpito vedere questo fervore, è un fenomeno interclassista e talvolta anche interreligioso: lì dentro (e indica la facciata della basilica, ndr) ho visto anche dei musulmani».
Lei almeno, ha scelto per chi votare, anche se la prende larga: «Io spero nell’unità  degli italiani intorno alla nostra civiltà  greco-latina, cristiana ed europea». Quindi? «Quindi ho deciso di votare per il centro-destra». Berlusconi, insomma: «Non esageriamo, proprio lui magari no. Di certo, una preghiera per la nostra Italia la dirò». E che sant’Antonio ci dia una mano, almeno lui.

(da “La Stampa”)

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LA DELUSIONE DEI LAVORATORI COOP: “QUESTA SINISTRA E’ IRRICONOSCIBILE”

Febbraio 23rd, 2018 Riccardo Fucile

I DIPENDENTI TRA FRUSTRAZIONE E FEDELTA’ AL PD: “CANDIDANDO CASINI HANNO SVENDUTO LA NOSTRA STORIA”

«Mio nonno era comunista, ma per davvero. Lui ci credeva. Ecco, io penso che se mio nonno sapesse che il Pd ha candidato Casini, si rivolterebbe nella tomba. Poi rivolterebbe anche le sezioni del partito di tutta la provincia. La faccio breve: per la prima volta in vita mia, non so chi votare».
I tormenti del popolo di sinistra alla vigilia delle elezioni prendono forma in un pomeriggio d’inverno al bancone della pescheria di un ipermercato Coop alle porte di Bologna.
Il caporeparto Gianluca Giunta, 54 anni, parla schietto e si accalora: «Anche stavolta metterò la croce sulla scheda elettorale, ma sono arrabbiato. Renzi ha svenduto la nostra storia. Gli vorrei fare una sola domanda: caro Matteo, cosa ti è passato per la testa? Mia figlia vota per i grillini, chissà  che forse abbia ragione lei».
Nella roccaforte rossa  
Fuori piove a dirotto, la nebbia spessa sale da Ferrara e nasconde i colli. «Fa un freddo birichino», chiosa la signora mentre litiga con l’ombrello. Coop Alleanza 3.0 è la cooperativa di consumatori più grande d’Italia. Gestisce punti vendita lungo tutta la dorsale adriatica, dal Friuli alla Puglia.
Solo in Emilia Romagna dà  lavoro a quasi 12 mila persone. Tra questi c’è Alessandro Petrolati, ferrarese, 52 anni di cui trenta passati in cooperativa. «All’inizio facevo il cassiere, poi sono passato all’ortofrutta e adesso sono qui». Oggi è il direttore di un supermercato con 380 dipendenti.
Il suo amore per la Spal è smisurato, pari solo all’allergia per le cravatte. «La cosa più bella — racconta – è quando riesco ad assumere i giovani. La mia filosofia è aiutare chi è rimasto indietro. Proprio quello che dovrebbe fare la politica…».
E invece? «Invece i governanti si sono dimenticati che fuori dai palazzi esiste la gente. Hanno smarrito gli ideali». Affetti e politica, nell’ultima roccaforte rossa tutto s’intreccia. «La mia è una famiglia di sinistra. Mio padre è un vecchio militante, dice che dovrei votare Pd – rivela Petrolati -. Ma sono troppo deluso. Penso che alla fine sceglierò Bonino e Tabacci, sono brave persone e competenti».
Il duello più atteso  
A Bologna – da sempre laboratorio politico e città  maestra di contraddizioni – va in scena una delle poche sfide degne di nota della tornata elettorale. La gustosa battaglia è quella per il collegio uninominale del Senato.
Da una parte c’è Pier Ferdinando Casini, navigato democristiano in Parlamento dal 1983, che ha strappato l’ambito posto in lista nella coalizione guidata dal Pd. Dall’altra c’è l’ex comunista Vasco Errani, già  presidente della Regione, schierato da Grasso e Bersani nel tentativo di sgambettare Renzi nella città  simbolo della sinistra. Infine ci sono Michela Montevecchi (Movimento 5 Stelle) ed Elisabetta Brunelli (civica vicina a Forza Italia), che sperano di beneficiare dello scontro fratricida a sinistra. Scontro che, almeno finora, non c’è stato.
Tra Casini ed Errani, per ora, scorrono parole al miele: «Non ho alcun motivo per polemizzare con lui», dice uno; «Lo rispetto, è un politico per bene», risponde l’altro.
Per sapere come andrà  a finire tocca aspettare il 5 marzo. Tuttavia l’indagine lampo effettuata tra le corsie delle Coop bolognesi — nessuna pretesa statistica, per carità  — qualcosa rivela.
Su trenta interpellati, undici dicono che voteranno per il Pd, sei per i grillini, tre per Liberi e Uguali, due per Forza Italia, uno per Salvini; tre non andranno alle urne, mentre quattro non hanno ancora deciso che fare. Numeri a parte, a colpire è lo scetticismo, tratto distintivo dell’homo bononiensis.
I clienti più cortesi sospirano e sbuffano, i più insofferenti si allontanano e imprecano contro le classi dirigenti (a volte con parole irriferibili). Il termine più abusato è delusione. «Voto Pd, è ovvio», assicura lisciandosi i baffi Graziano Albertazzi, classe 1933: «Casini? Pazienza, mi turerò il naso, ma non tradisco il partito».
Domenico Fortunato, dirigente bancario in pensione, si definisce un «liberale spaesato». Sorride gentile, cita Einaudi e Malagodi: «Quegli ideali si sono persi. Oggi la politica è sporca. Voterò per il centrodestra. Avrei potuto scegliere anche il Pd, in passato l’ho fatto. Ma finchè il ciarlatano toscano non va a casa, preferisco Berlusconi».
Al reparto carni Luciano Aldrovandi affetta con sapienza il sottofiletto: «Io non ho la ricetta magica per guarire i mali del Paese. Quello che so è che dobbiamo lavorare meno per lavorare tutti. Non sta in piedi un sistema che mi tiene qui fino a 70 anni e lascia fuori i giovani. Io cerco di essere ottimista, ma è sempre più difficile. Speravo in un mondo migliore per i miei figli, dovranno costruirselo da soli».
All’uscita del supermercato del quartiere San Donato c’è il banchetto di Greenpeace. «Vuole salvare una balena?», domanda la ragazza con la pettorina verde. Quasi nessuno si ferma. Il cielo è grigio, l’umidità  penetra nelle ossa.
Iyabo batte i denti e sorride a tutti. È arrivato dalla Nigeria un anno fa, laggiù ci sono una moglie e due figli che lo aspettano. Aiuta gli anziani a portare i sacchetti della spesa in cambio di una moneta: «Ci sono le elezioni? Non lo sapevo. In Nigeria i politici sono tutti corrotti. E qui?».
La signora Carla  
La ragazza è l’arcobaleno che all’improvviso sbuca dalla nebbia: occhi verdi, capelli blu, giubbotto rosso, anfibi viola. «Se stai facendo un sondaggio lascia perdere perchè non faccio testo, io sono strana». Si chiama Alida, studia Lettere all’università . Meglio Renzi o Di Maio? Lei finge di svenire, poi sorride: «E va bene, te la sei cercata. Il mio voto va alla signora Carla, anche se non è candidata».
E chi sarebbe? «Una donna di sessant’anni che vive nelle case popolari del quartiere Corticella assieme al figlio disoccupato. Qualche settimana fa volevano sfrattarla, ma l’abbiamo impedito. A Bologna i politici fanno la guerra ai poveri».
Che cosa farà  Alida il 4 marzo? «Quel giorno inforcherò la bici e andrò fuori città . Nei seggi elettorali c’è un cattivo odore, a me piace l’aria pura».

(da “La Stampa”)

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L’ITALIA NON SPENDE 3,6 MILIARDI DI FONDI UE

Febbraio 23rd, 2018 Riccardo Fucile

MOLTI PROGRAMMI GESTITI DAI MINISTERI E DALLE REGIONI SONO LONTANI DAGLI OBIETTIVI E SI RISCHIA IL TAGLIO DEI FONDI

L’Italia deve spendere entro il 31 dicembre 2018 3,6 miliardi di fondi UE, quelli che sono stati assegnati con la programmazione che va dal 2014 al 2020 attraverso i due strumenti dell’Unione, ovvero il Fondo Europeo per lo sviluppo regionale (FESR) e il Fondo Sociale Europeo.
Se non ci riuscirà , spiega oggi Il Sole 24 Ore in un articolo a firma di Giuseppe Chiellino, scatterà  la tagliola del disimpegno automatico in base alla “regola N+3”: se entro tre anni dall’impegno di spesa indicato dalla regione o dal ministero che gestisce fondi strutturali non è stata presentata la domanda di pagamento alla Ue, Bruxelles “cancella” automaticamente (salvo alcune eccezioni) la relativa quota di finanziamento.
Nell’infografica pubblicata dal quotidiano economico la distanza che separa i programmi regionali e nazionali dall’obiettivo di spesa: ci sono regioni virtuose come il Piemonte   e ministeri efficienti come il MISE, e regioni non esattamente virtuose come la Sicilia (oltre alle province autonome) e ministeri meno efficienti come quello dell’Interno.
I dati, ottenuti con enorme difficoltà , sono considerati “sensibili” nel timore — è stato detto — di strumentalizzazioni elettorali.
Un timore infondato, a giudicare dal peso che la politica di coesione europea ha nel dibattito e nei programmi dei partiti, nonostante l’annuncio di tagli per la prossima programmazione 2021-2027 che quasi certamente colpiranno anche l’Italia.

(da “NextQuotidiano”)

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IL PD LITIGA ANCHE OLTREOCEANO

Febbraio 23rd, 2018 Riccardo Fucile

E C’E’ CHI INVITA A VOTARE LIBERI E UNITI

Mentre in Alto Adige si spacca sulla candidatura di Maria Elena Boschi, alla vigilia delle elezioni le cose non vanno benissimo nemmeno tra il Partito Democratico degli Stati Uniti e quello di Montreal.
Il segretario dei primi Sergio Gaudio stigmatizza in un comunicato ufficiale il comportamento di Domenico Bruzzese, che ha invitato a votare il candidato di Liberi e Uguali Giuseppe Continiello.
“Sia chiaro che in un partito e’ naturale ci si possa trovare in disaccordo con le decisioni prese dai vertici, ritengo sia naturale anche potersene dissociare, tuttavia decidere di comunicare pubblicamente al proprio circolo di votare per un partito avversario, contro il proprio, tradisce in modo molto grave il senso dello stare insieme e dello stare in una comunita’ politica.”
Bruzzese è arrabbiato perchè “Anna Grassellino, responsabile PD nel mondo, recentemente incaricata dal segretario Matteo Renzi a soli sei mesi dall’appuntamento elettorale, ha dimostrato incapacità , disinteresse e superficialità ”, perchè “non ha tenuto in considerazione da parte del PD nessun possibile candidato da Montrèal, terza città  per numero di votanti intentro e Nord America dopo Toronto e New York”.

(da “NextQuotidiano”)

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CANTONIERI, AGRICOLTORI E CERAMISTE: “QUI SIAMO CITTADINI, NON STRANIERI”

Febbraio 23rd, 2018 Riccardo Fucile

COSI’ NELL’ASTIGIANO L’INTEGRAZIONE FUNZIONA E PRODUCE REDDITO… I SINDACI: “SIAMO RIMASTI SENZA OPERAI, GRAZIE A LORO CI SALVEREMO”

Le strade che si arrampicano sulla collina sembrano sterminati giardini. D’inverno ovviamente non sono verdi, ma questo angolo di campagna piemontese di certo non si presenta come una periferia dimenticata.
Il Comune   di Chiusano ha le stesse difficoltà  di tutti quelli piccoli: può contare sulle braccia di un solo operaio e non ha neanche i soldi per stendere una striscia d’asfalto nuova.
Ma a rendere tutto più decoroso ci pensano ogni giorno Daifallah e Faisal. Arrivano entrambi dal Sudan e qui hanno trovato tutto quello che cercavano: «La possibilità  di dormire senza l’eco delle bombe. Non è poco, anzi è molto più importante del lavoro. La cosa bella di vivere qui è proprio il silenzio: il silenzio vuol dire pace».
Nella grande macchina dell’accoglienza italiana, un po’ nel caos e un po’ sotto accusa, l’esperienza di Chiusano è certamente un bell’esempio.
Per sensibilità  e per organizzazione. In questo borgo dell’Alto Monferrato sono rimasti 235 abitanti, ma il sindaco Marisa Varvello si è imbarcata in un’avventura che altrove avrebbe scatenato la rivolta: «Abbiamo fatto un progetto Sprar e offerto ospitalità  a 39 migranti, tutti col permesso di soggiorno. Sono veri rifugiati e i nostri cittadini sono contenti di avere nuovi vicini di casa».
Casermoni o agriturismo pieni di ragazzi che aspettano l’asilo politico da queste parti non ce ne sono. Una nuova comunità  si è mescolata con il resto della popolazione e i paesi vicini hanno aderito subito al progetto.
E così qualcuno è andato a vivere e (a lavorare) a Settime e nella frazione di Meridiana, a Cortandone, Castellero e Monale che di questi paesi è il più grande.
«Questa è integrazione vera», dice il primo cittadino Sergio Manetti. In strada tutti confermano: «Problemi non ne abbiamo – dice l’edicolante, quasi stupito per la domanda – I nuovi arrivati lavorano tutti, li incontriamo solo al supermercato».
Ragazzi che perdono tempo in strada non se incontrano davvero e qui agli anziani nessuno sottrae lo spazio sulle panchine.
«Un ragazzo che faceva il cantoniere è andato via da poco – si lamenta il sindaco di Cortandone, Claudio Stroppina – Adesso siamo in difficoltà ».
Fabrizio Russo è un artista che in Piemonte è molto conosciuto e col progetto Sprar ha creato un laboratorio per la ceramica di qualità . Ci lavorano tre ragazze nigeriane appena ventenni e in pochi mesi i piatti firmati da loro sono entrati nelle cucine di molti chef stellati.
«Sono arrivati fino in Giappone. E mentre continuiamo a spedire riceviamo altre commesse. In pochi mesi le ragazze sono diventate molto brave e ora sogniamo che il progetto si trasformi in azienda».
Raffaele Denc gestisce un’azienda agricola tra le colline: in mezzo alle coltivazioni di nocciole si producono formaggi di eccellenza. Da sei mesi, nel caseificio lavora anche una ragazza arrivata in Italia passando da Lampedusa. «Quando finirà  il progetto finanziato dal Ministero sono disposto ad assumerla. Una persona così volenterosa e disponibile si trova difficilmente».
E questo è lo stesso ragionamento che fa Simone Russo, titolare di un impianto per la lavorazione della lamiera.
L’ultimo arrivato in officina si chiama Balde, ha 23 anni e si è lasciato alle spalle l’inferno che ha vissuto in Guinea.
Ha passato un anno nelle prigioni della Libia e qui è il più sorridente degli operai. «Il mese prossimo assumerò anche un altro rifugiato. Non perchè penso che si possano sfruttare, ma perchè sono felice di partecipare a questa esperienza di integrazione”

(da “La Stampa”)

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NEGLI OSPEDALI LIGURI NIENTE PIU’ FARMACI IN DOTAZIONE QUANDO SI E’ DIMESSI: E’ IL REGALO DELLA GIUNTA LEGHISTA CON LA RUOTA DI SCORTA DEL GABIBBO BIANCO

Febbraio 23rd, 2018 Riccardo Fucile

MEGLIO SPENDERE SOLDI NEGLI SPOT DEL RED CARPET CHE PER LA SALUTE DEI LIGURI … LA PROTESTA DEL TRIBUNALE DEL MALATO SUI TAGLI

Sette giorni e cambia tutto per la consegna dei farmaci ai pazienti che vengono dimessi dagli ospedali.
Ora, spesso ma non sempre, tornano a casa con una “dotazione” gratuita per il primo ciclo di cure; le medicine vengono consegnate direttamente dagli infermieri o, in alcuni casi, dalla farmacia dell’ospedale.
La norma in vigore da anni fino a mercoledì 28 febbraio prevede la consegna di due o più confezioni (in base al numero delle compresse o delle fiale) in grado di assicurare fino a un massimo di 60 giorni di terapia.
In caso di farmaci monodose – spesso si tratta di antibiotici – la fornitura gratuita è di due settimane.
Dopodichè il paziente deve andare dal medico di famiglia – oppure chiedere una visita a domicilio – farsi prescrivere le medicine per il secondo ciclo di terapia, andare in farmacia ad acquistarle e pagare il ticket se non è esente per reddito o per patologia cronica.
Dal giovedì 1 marzo scattano i tagli nella dotazione di chi viene dimesso.
Così ha deciso Alisa, l’azienda regionale che coordina le Asl e gli ospedali liguri da Sanzana a Bordighera. «Il fabbisogno necessario a soddisfare il primo ciclo di terapia è costituito da una confezione pari a non più di trenta giorni di terapia e in caso di farmaci monodose al numero di pezzi necessario a garantire non più di 7 giorni di terapia», scrive il direttore sanitario della Asl 3 genovese Paolo Cavagnaro in una lettera inviata alle direzioni di tutti gli ospedali genovesi, Gaslini, compreso.
Le novità  indigeste, come è già  successo in altre occasioni, non sono state pubblicizzate dalla Regione.
La prima a protestare per la “stretta” passata sotto silenzio è Rita Hervatin, coordinatore ligure del Tribunale per i diritti del malato: «Sono preoccupata per i disagi a cui andranno incontro i malati dimessi dagli ospedali che saranno costretti ad andare, in anticipo, a farsi prescrivere le medicine e poi ad acquistarle in farmacia. Non posso fare a meno di richiamare il presidente Toti e l’assessore Viale ad un maggior coinvolgimento, nei processi decisionali, delle associazioni di tutela dei malati, nonchè alla sempre proclamata ma quasi mai praticata trasparenza nell’azione amministrativa e gestionale».

(da agenzie)

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