CANTONIERI, AGRICOLTORI E CERAMISTE: “QUI SIAMO CITTADINI, NON STRANIERI”
COSI’ NELL’ASTIGIANO L’INTEGRAZIONE FUNZIONA E PRODUCE REDDITO… I SINDACI: “SIAMO RIMASTI SENZA OPERAI, GRAZIE A LORO CI SALVEREMO”
Le strade che si arrampicano sulla collina sembrano sterminati giardini. D’inverno ovviamente non sono verdi, ma questo angolo di campagna piemontese di certo non si presenta come una periferia dimenticata.
Il Comune di Chiusano ha le stesse difficoltà di tutti quelli piccoli: può contare sulle braccia di un solo operaio e non ha neanche i soldi per stendere una striscia d’asfalto nuova.
Ma a rendere tutto più decoroso ci pensano ogni giorno Daifallah e Faisal. Arrivano entrambi dal Sudan e qui hanno trovato tutto quello che cercavano: «La possibilità di dormire senza l’eco delle bombe. Non è poco, anzi è molto più importante del lavoro. La cosa bella di vivere qui è proprio il silenzio: il silenzio vuol dire pace».
Nella grande macchina dell’accoglienza italiana, un po’ nel caos e un po’ sotto accusa, l’esperienza di Chiusano è certamente un bell’esempio.
Per sensibilità e per organizzazione. In questo borgo dell’Alto Monferrato sono rimasti 235 abitanti, ma il sindaco Marisa Varvello si è imbarcata in un’avventura che altrove avrebbe scatenato la rivolta: «Abbiamo fatto un progetto Sprar e offerto ospitalità a 39 migranti, tutti col permesso di soggiorno. Sono veri rifugiati e i nostri cittadini sono contenti di avere nuovi vicini di casa».
Casermoni o agriturismo pieni di ragazzi che aspettano l’asilo politico da queste parti non ce ne sono. Una nuova comunità si è mescolata con il resto della popolazione e i paesi vicini hanno aderito subito al progetto.
E così qualcuno è andato a vivere e (a lavorare) a Settime e nella frazione di Meridiana, a Cortandone, Castellero e Monale che di questi paesi è il più grande.
«Questa è integrazione vera», dice il primo cittadino Sergio Manetti. In strada tutti confermano: «Problemi non ne abbiamo – dice l’edicolante, quasi stupito per la domanda – I nuovi arrivati lavorano tutti, li incontriamo solo al supermercato».
Ragazzi che perdono tempo in strada non se incontrano davvero e qui agli anziani nessuno sottrae lo spazio sulle panchine.
«Un ragazzo che faceva il cantoniere è andato via da poco – si lamenta il sindaco di Cortandone, Claudio Stroppina – Adesso siamo in difficoltà ».
Fabrizio Russo è un artista che in Piemonte è molto conosciuto e col progetto Sprar ha creato un laboratorio per la ceramica di qualità . Ci lavorano tre ragazze nigeriane appena ventenni e in pochi mesi i piatti firmati da loro sono entrati nelle cucine di molti chef stellati.
«Sono arrivati fino in Giappone. E mentre continuiamo a spedire riceviamo altre commesse. In pochi mesi le ragazze sono diventate molto brave e ora sogniamo che il progetto si trasformi in azienda».
Raffaele Denc gestisce un’azienda agricola tra le colline: in mezzo alle coltivazioni di nocciole si producono formaggi di eccellenza. Da sei mesi, nel caseificio lavora anche una ragazza arrivata in Italia passando da Lampedusa. «Quando finirà il progetto finanziato dal Ministero sono disposto ad assumerla. Una persona così volenterosa e disponibile si trova difficilmente».
E questo è lo stesso ragionamento che fa Simone Russo, titolare di un impianto per la lavorazione della lamiera.
L’ultimo arrivato in officina si chiama Balde, ha 23 anni e si è lasciato alle spalle l’inferno che ha vissuto in Guinea.
Ha passato un anno nelle prigioni della Libia e qui è il più sorridente degli operai. «Il mese prossimo assumerò anche un altro rifugiato. Non perchè penso che si possano sfruttare, ma perchè sono felice di partecipare a questa esperienza di integrazione”
(da “La Stampa”)
Leave a Reply