Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
OPERAZIONE “GRANDE TAGLIAMENTO”: INCHIESTA SUGLI APPALTI PER UN MILIARDO DI EURO, OMISSIONI NEI CONTROLLI, 150 GARE SOTTO LA LENTE
Sono 400 i finanzieri del Comando del Friuli-Venezia Giulia impegnati da stamattina, nel
Triveneto e in tutta Italia, in acquisizioni documentali, perquisizioni e sequestri disposti dalla Procura di Gorizia in enti pubblici e società per indagini su appalti di opere pubbliche per un valore di oltre un miliardo di euro.
L’inchiesta ipotizza turbative d’asta tra le imprese coinvolte per effetto di pratiche collusive, ma anche frodi nella realizzazione di ponti, viadotti, cavalcavia, sottopassi, gallerie, piste aeroportuali costruite utilizzando materiali difformi da quelli dichiarati.
Materiali non conformi e omessi controlli
Secondo i finanzieri – che hanno chiamato l’operazione “Grande Tagliamento” – le opere venivano realizzate utilizzando talvolta materiali non certificati o comunque difformi da quelli dichiarati e in quantità inferiori rispetto a quelli richiesti e fatturati, riscontrando anche un comportamento a volte omissivo da parte di chi avrebbe dovuto controllare. Tra i reati, si ipotizzano associazione a delinquere, turbativa d’asta, inadempimenti e frodi nelle pubbliche forniture, subappalti in violazione di legge e concussione. Sono al vaglio altre ipotesi di reato.
Strade nelle zone del sisma 2016
Sono circa 150 le gare d’appalto per la realizzazione o la manutenzione di opere pubbliche che sarebbero state alterate e sulle quali sono in corso le verifiche della Guardia di Finanza e della procura di Gorizia. Tra queste, secondo quanto si apprende, anche alcune riguardanti opere e strade da realizzare nelle zone dell’Italia centrale colpite dal terremoto del 2016 tra cui la Tre Valli Umbre. Le verifiche degli uomini delle Fiamme Gialle si concentrano sulle gare indette in tre anni, dal 2015 al 2018.
Sequestri in 120 società e 14 regioni
Le perquisizioni e i sequestri hanno riguardato complessivamente 120 società e 220 soggetti in 14 regioni: oltre alle tre del Nordest, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna. Diverse sono le stazioni appaltanti coinvolte, nelle sedi delle quali i finanzieri stanno acquisendo documenti: Autostrade per l’Italia, Anas, Veneto strade Spa , Autovie Venete Spa ,Commissario per l’emergenza della mobilità riguardante la A4, Friuli Venezia Giulia Strade Spa, Concessioni Autostradali Venete Spa, Commissario per l’emergenza traffico in province Treviso e Vicenza, le società che gestiscono gli aeroporti di Trieste (Aeroporti Friuli Venezia Giulia Spa), Treviso (Aer Tre Spa), Venezia (Save Spa), Verona (Aeroporto Valerio Catullo Spa), la Regione Friuli e le società competenti per i porti di Trieste (Autorità di Sistema portuale del mare Adriatico orientale) e di Monfalcone (Consorzio per lo sviluppo economico del monfalconese).
(da agenzie)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
SE NON DIVENTERANNO EGOISTI E BECERI RAZZISTI COME MOLTI LORO GENITORI L’EUROPA HA ANCORA SPERANZA DI SALVARSI
Due bambini su tre in Europa hanno un atteggiamento positivo nei confronti dei migranti. E’ quanto emerge dai risultati del sondaggio online Europe Kids Want (L’Europa che i bambini vogliono), pubblicati oggi dall’Unicef e da Eurochild in occasione della giornata mandiale dell’infanzia.
Il 68% dei bambini e adolescenti di oltre 20 Paesi europei, secondo l’indagine, si sentono infatti accoglienti e curiosi nei confronti di persone di diverse nazionalità che vivono nei loro paesi.
La tolleranza e la parità di trattamento dei migranti, indipendentemente dalla religione, dalla cultura o dalla lingua, sono gli aspetti più rilevanti dei risultati dell’indagine
Europe Kids Want è stato sviluppato da esperti di diritti dell’infanzia e testato con i bambini prima di essere lanciato nel giugno di quest’anno.
In totale, quasi 14.000 bambini e giovani di 23 paesi hanno partecipato all’indagine nel corso di quattro mesi, fornendo oltre 38.000 risposte a temi quali la sicurezza scolastica, il cambiamento climatico, l’ambiente familiare e il comportamento online. E’ stato realizzato su un campione composto da bambini di 9 o meno anni (3,2%), 10-14 anni (35,2%), 15-17 anni (39,2%), 18-30 anni (22,4%).
La ricerca mostra inoltre che il 53% dei bambini e dei giovani dai 10 anni in su sono preoccupati di non trovare un lavoro nel futuro, soprattutto in Italia, Serbia, Spagna, Irlanda e Bulgaria.
Il 74% di quelli che hanno risposto hanno detto che la scuola non li sta preparando abbastanza bene per le prossime fasi della loro vite
Il sondaggio rimane aperto ed è disponibile in 29 lingue. “Oggi nell’Unione Europea – ha detto da Bruxelles il vicedirettore dell’Unicef Charlotte Petri Gornitzka – vivono almeno 100 milioni di bambini e adolescenti che dovrebbero far sentire la loro voce sulle decisioni relative al loro futuro. Il Parlamento europeo apre oggi le sue porte ai giovani per far sì che si possa cominciare con loro una conversazione e contribuire a migliorare l’Europa di domani; noi siamo entusiasti di unirci a questa conversazione”.
L’evento a Bruxelles, ospitato dal Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani o e co-organizzato da Unicef ed Eurochild, ha riunito insieme 40 bambini e giovani provenienti da tutta Europa, con autorità ed esperti di alto livello, per discutere i risultati dell’indagine Europe Kids Want e concordare una tabella di marcia per l’impegno futuro.
“La partecipazione dei bambini al processo decisionale pubblico non è una cosa che è ‘bello avere’ – ha detto Hanna Heinonen, presidente ad interim di Eurochild – ma un contributo necessario per ottenere decisioni migliori e una democrazia maggiormente partecipativa. Mentre gli incontri annuali sono simbolicamente importanti per il dialogo tra chi decide a livello europeo e i bambini, abbiamo anche bisogno di un’azione di governo a livello locale, nazionale e comunitario per coinvolgere i bambini. Non dobbiamo pensare ai bambini come ‘al futuro’, ma piuttosto come artefici del cambiamento oggi”.
(da agenzie)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
EMISSIONI MINIME DI MONOSSIDO DI CARBONIO, AMMONIACA, CARBONIO ORGANICO E OSSIDI DI AZOTO… LA CAPITALE DANESE NON E’ UN MODELLO
L’inceneritore di Copenaghen produce solo vapore acqueo? No, non è vero. 
Lo dice la stessa azienda che ha fornito il sistema di alimentazione del forno e le tecnologie di depurazione dei fumi.
Che non saranno solo di vapore acqueo, come scrivono diversi media italiani tra i quali il Corriere della Sera.
Certo, le emissioni sono ottimizzate, ma comunque dal camino usciranno monossido di carbonio, ammoniaca, carbonio organico e ossidi di azoto.
L’inceneritore potrebbe diventare una delle maggiori attrazioni turistiche di Copenaghen e molti, in questi giorni di polemica su quel tipo di impianti, citano la struttura della città danese in fase di ultimazione come un modello da seguire.
Famoso perchè ospiterà sul suo tetto una pista da sci e percorsi di trekking e per le sue tecnologie all’avanguardia, l’impianto emette però qualcosa in più oltre al semplice vapore acqueo e per funzionare guarda all’immondizia in arrivo da altri Paesi.
Ecco come funziona.
Energia dai rifiut
Amager Bakke, rinominato anche Copenhill perchè ambisce a rappresentare una collina verde, dentro la città danese, è stato costruito da una società di cinque Comuni. Ha iniziato a funzionare a settembre 2017 in sostituzione di un altro inceneritore arrivato a 45 anni di anzianità .
Con due linee di combustione, brucia in totale 70 tonnellate di rifiuti all’ora: in un anno, può trattare circa 400mila tonnellate di spazzatura, prodotta da 550-700mila cittadini e 46mila imprese.
L’energia sprigionata dalla combustione torna alle famiglie sotto forma di elettricità per 50mila utenze e calore per 120mila.
Per avere un termine di paragone, l’impianto di Brescia, il più grande d’Italia con oltre 700mila tonnellate incenerite nel 2017 ma una tecnologia più datata, produce energia elettrica pari al fabbisogno di oltre 200mila famiglie e calore per oltre 60mila appartamenti.
Non proprio vapore acqueo
“Gli amanti dello sci hanno bisogno di non preoccuparsi per la qualità dell’aria sul versante dello stabilimento”, si legge in una brochure della Babcock & Wilcox Và¸lund, azienda danese che ha fornito il sistema di alimentazione del forno e le tecnologie di depurazione dei fumi, per ridurre le emissioni inquinanti dell’impianto. L’azienda assicura che l’inceneritore di Amager Bakke “rispetto al vecchio impianto riduce del 99,5 per cento le emissioni sulfuree e minimizza quello degli ossidi di azoto a un decimo”.
Prestazioni avanzate, è vero, anche se nel fumo che esce dall’altissimo camino non c’è solo vapore acqueo, come qualcuno arriva a dire in questi giorni.
La Và¸lund assicura che l’impianto manterrà le emissioni degli ossidi di azoto entro i 15 mg/Nm3, il monossido di carbonio sotto i 50, ammoniaca non oltre i 3, così come il carbonio organico totale.
Se si osservano i dati delle emissioni di forni italiani (anch’essi frutto di autodichiarazioni da parte degli impianti), si osserva che i vantaggi dell’impianto di Copenaghen riguardano soprattutto gli ossidi di azoto, composti associati alla combustione (compresa quella da traffico) molto dannosi per l’apparato respiratorio. Per fare un confronto con l’inceneritore del Gerbido di Torino, entrato in funzione nel 2013, in media nel mese di settembre 218 la linea 1 dell’impianto ha emesso 2 mg/Nm3 di ossido di carbonio, 0,1 di carbonio organico totale, 0,7 ammoniaca, ma quasi 26 mg/Nm3 di ossidi azoto.
Sciare sull’inceneritore
A far parlare molto dell’impianto prima ancora della sua apertura al pubblico prevista per la primavera 2019 sono però, oltre alle prestazioni ambientali, le attività che si possono fare sul tetto e su uno dei lati.
Copenhill ospiterà una pista da sci, percorsi su cui correre e passeggiare, un’area verde per il pic nic, una parete di arrampicata alta 80 metri, oltre che un ristorante e un bar. Costato circa 500 milioni di euro, di grosse dimensioni per raggiungere alti livelli di efficienza, adesso Amager Bakke conta sui turisti e sui rifiuti in arrivo da fuori confine per ripagare il cospicuo investimento.
Modello danese?
Mentre la Lega propone un inceneritore per provincia e il Movimento 5 stelle non ne vuole neanche uno, gli operatori del settore rifiuti ricordano che per chiudere il ciclo ad oggi serve anche l’incenerimento.
Per far diventare realtà l’economia circolare bisognerà puntare su riduzione dei rifiuti e di imballaggi non riciclabili, riuso, riciclo, affrontando però di pari passo il problema della parte della spazzatura impossibile da rigenerare.
Oggi nelle regioni del Sud senza inceneritori questi scarti raggiungono il Nord o vanno in discarica con punte dell’80 per cento in Sicilia e del 58 in Calabria.
Ma di fronte alle richieste dell’Europa di non superare il 10 per cento di rifiuti interrati entro il 2035 diventa molto difficile fare a meno degli altri impianti di smaltimento, seppur brutti e inquinanti.
In questo quadro, la Danimarca può davvero essere un modello da replicare? Non più di tanto.
Copenaghen ha sì un impianto di combustione considerato all’avanguardia, ma ha avviato solo di recente la raccolta dei rifiuti organici, che da soli rappresentano circa un terzo degli urbani e sono una risorsa per produrre biometano e biogas. Non solo.
Nel Paese che vuole raggiungere il 50 per cento di riciclo entro il 2022 e la cui capitale sogna di diventare a emissioni zero entro il 2025, c’è il problema opposto a quello italiano: una sovraccapacità di incenerimento, con 28 impianti attivi per meno di 6 milioni di abitanti.
L’incenerimento, seppur a ridotte emissioni e alti livelli di accettazione da parte dei cittadini, qui non si ferma alla gestione dei rifiuti ma è anche una strategia di sviluppo industriale.
Lo stesso Copenhill, ha spiegato il direttore Clima della città di Copenaghen Jorgen Abildgaard, è stato sovradimensionato per ottenere dei benefici in termini di efficienza e ora come gli altri 27 cercherà rifiuti sui mercati stranieri.
Tra il 2013 e il 2015, si legge nel rapporto annuale sul tema del ministero dell’Ambiente danese, l’importazione di rifiuti per l’incenerimento è passata da 160mila a 350mila tonnellate: oggi rappresentano l’11 per cento della spazzatura bruciata nel Paese e arrivano soprattutto dalla Gran Bretagna.
Ma lo spazio nei forni c’è e la Danimarca guarda a tutta l’Europa, Italia compresa. Così, mentre da noi si litiga, chissà che qualcuno a Copenaghen già non pensi ai treni di immondizia che potrebbero arrivare dalla penisola per far marciare gli impianti danesi.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
ABUSAVA DELLE ALLIEVE, MA NON ESSENDO UN RICHIEDENTE ASILO NESSUN POST DI ESECRAZIONE DEI SOVRANISTI
Un 47enne di Taranto, gestore di una palestra, è stato arrestato dalla polizia per violenza sessuale continuata nei confronti di due adolescenti, una delle quali 13enne. All’uomo è stata notificata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Vilma Gilli su richiesta del procuratore aggiunto Maurizio Carbone e del sostituto procuratore Marzia Castiglia.
In epoca successiva al novembre 2012 e fino al giugno 2018, abusando dell’autorità connessa al proprio status di allenatore e di figura di riferimento, l’uomo avrebbe abusato delle adolescenti.
L’indagine scaturisce dalle dichiarazioni rilasciate da una delle ragazze in sede di ascolto protetto, nonchè dalle dichiarazioni rese da altre ragazze indicate dalla stessa vittima e successivamente individuate dalla Squadra Mobile, anche loro frequentatrici della palestra gestita dall’indagato, ma che si erano allontanate senza una ragione apparente.
Le vittime hanno descritto l’uomo come persona che ha carpito la loro fiducia ponendosi come figura di riferimento, seguendole come loro allenatore, mostrando interesse per le loro attitudini sportive e sollecitandole a fare gare, anche allo scopo di acquisire sicurezza in se stesse.
Facendo leva proprio su tale affidamento, il 47enne avrebbe però iniziato a compiere gli abusi. A riscontro del racconto delle vittime e di quanto confermato da alcuni testimoni, ci sono diversi sms che l’indagato era solito scambiare con almeno una delle vittime, i cui contenuti – secondo gli investigatori della Squadra Mobile – hanno dimostrato come dietro al rapporto, apparentemente solo confidenziale ed amorevole, si celasse invece un interesse morboso dell’indagato, che non disdegnava di rivolgere apprezzamenti anche espliciti sulla bellezza fisica della ragazzina.
(da agenzie)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
“UNA RAGAZZA APPASSIONATA E BRAVISSIMA, ERA ALLA SUA SECONDA ESPERIENZA IN KENIA”…. SI E’ LAUREATA A FEBBRAIO E LAVORA PRESSO UNA PALESTRA MILANESE
Si chiama Silvia Romano, ha 23 anni ed è milanese la volontaria italiana della Ong Africa
Milele rapita in Kenia ieri sera da una banda di cui ancora non si sa molto.
Il rapimento sarebbe avvenuto nella contea di Kilifi.
La ragazza si trovava in Kenia per partecipare a progetti di cooperazione internazionale.
Ad agosto, come racconta sulla sua pagina Facebook, era in un orfanotrofio a Likoni con una onlus, la Orphan’s dreams, poi era tornata in Italia e, da poco, era ripartita con un’altra organizzazione e lì era fino a ieri sera, quando è stata sequestrata in un attacco in cui cinque persone sono rimaste ferite.
A febbraio Silvia Romano si è laureata a Milano in una scuola per mediatori linguistici per la sicurezza e la difesa sociale con una tesi sulla tratta di esseri umani, dopo il diploma all’istituto tecnico per le attività sociali ‘Giulio Natta’ e lavora in una palestra milanese, la Zero gravity.
Un collega della palestra racconta: “Una ragazza appassionata, bravissima. Era già alla sua seconda esperienza di volontariato in Kenya. Era tornata in Italia qualche settimana fa, poi era partita nuovamente per l’Africa”.
Prima insegnava nella palestra Pro Patria 1883 di Milano, dove raccontano di lei: “Quando era a Milano, insegnava ginnastica artistica alle ragazzine qui da noi. Una persona tranquilla e disponibile”.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
SILVIA ROMANO E’ UNA COOPERANTE DELLA “AFRICA MILELE ONLUS”, NEL SEQUESTRO FERITE CINQUE PERSONE
Una giovane volontaria italiana di 23 anni, Silvia Costanza Romano, di Milano, è stata rapita sulla costa sud orientale del Kenya, nella contea di Kilifi. Il capo della polizia kenyota Joseph Boinnet ha spiegato che il rapimento sarebbe avvenuto ieri sera intorno alle 20 ora locale.
La Farnesina ha confermato il rapimento spiegando che l’unità di crisi si è immediatamente attivata e lavora in stretto contatto con l’ambasciata d’Italia a Nairobi e con la famiglia della cooperante.
Silvia Romano lavora come volontaria per l’organizzazione Africa Milele Onlus, con sede a Fano, nelle Marche, che si occupa di progetti di sostegno all’infanzia.
Era partita da Milano dopo la laurea per partecipare a un progetto di cooperazione internazionale.
La volontaria italiana è stata rapita durante un attacco a Chakama, a circa 70 chilometri a ovest di Malindi. Non è ancora chiara tuttavia la dinamica dell’assalto.
Le fonti locali stanno riportando diverse ricostruzioni dell’attacco: alcune parlano di un assalto nella zona del mercato del villaggio di Chakama, altre, come The Standard, di un attacco diretto alla casa per bambini gestita dalla Ong italiana.
Il quotidiano locale The Nation parla di 80 “uomini armati in modo pesante” che hanno attaccato il villaggio sparando in aria e sottolinea che si ritiene che il commando appartenga alle milizie di Al-Shabaab.
Chad Joshua Kazungu, un testimone del rapimento, ha raccontato a Reuters che gli uomini erano armati di fucili AK-47, che hanno attaccato la città di Chakama, parlavano in somalo e hanno aperto il fuoco sulle persone che fuggivano dalla scena. “C’erano tre aggressori e hanno preso di mira la signora italiana”, ha detto Kazungu.
“In quella zona del Kenya non ci sono centri commerciali, al massimo un negozietto dove si vendono fagioli e dove soprattutto non succede mai niente del genere”, ha spiegato la presidente della onlus per cui lavorava Silvia.
“A quanto ci hanno raccontato le persone che abitano nel villaggio sono arrivati quattro-cinque individui armati che hanno lanciato un petardo, facendo sollevare la sabbia e hanno sparato più volte. Poi sono andati, a colpo sicuro, nella casa dove era la nostra volontaria, probabilmente perchè lì sapevano che c’era una italiana, anche se non so spiegarmi il motivo di quello che è successo. In quel momento era da sola, perchè altri erano partiti e altri ancora arriveranno nei prossimi giorni”.
La polizia della contea di Kilifi ha “chiesto ai residenti dell’area di mettersi in contatto immediatamente con la polizia nel caso di informazioni o avvistamenti dei criminali con la signora rapita”.
Il motivo dell’attacco non è ancora chiaro. Nella zona ci sono stati rapimenti di altri stranieri da parte dei fondamentalisti islamici. Nessuna informazione, per ora, neanche sull’identità degli aggressori.
Quando è arrivata la polizia sul luogo gli armati avevano già attraversato il fiume Galana, racconta ancora il testimone dell’attacco in cui sono rimaste ferite cinque persone.
(da agenzie)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
IL VENTENNE AGGREDITO PERCHE’ “SCAMBIATO PER MUSULMANO”
Un giovane barista italiano è stato picchiato a Londra da razzisti ubriachi perchè scambiato
per “musulmano”.
§Lo rivela il quotidiano della capitale “Evening Standard”, che racconta la brutta storia di Dario Antonioni, un ragazzo di vent’anni, aggredito nei Surrey Quays, nella zona orientale della città , il 10 giugno dello scorso anno. Il processo, però, si è svolto solo in questi giorni.
Il tribunale di Londra ha condannato per questo caso due giovanissimi inglesi: il macellaio Joshua O’Leary, 23 anni, e un magazziniere, Alfred Young, 19 anni, che però, essendo incensurati, riusciranno a scampare il carcere.
In cambio dovranno passare un anno in una comunità di recupero e svolgere servizio civile.
I due, secondo il giudizio della corte, hanno attaccato Antonioni “per i suoi capelli e la barba scuri”, per cui è stato considerato dagli aggressori un uomo di religione musulmana.
Secondo il racconto dell’italiano, quest’ultimo era appena uscito dalla stazione della metropolitana di Canada Water quando tre uomini ubriachi si sono avvicinati a lui e gli hanno gridato “Fucking muslim, go home”, cioè “musulmano di merda, tornatene a casa tua”.
Gli hanno tirato una bottiglia e hanno iniziato a picchiarlo, poi a inseguirlo, fino a quando Dario non ha trovato rifugio in un negozio di kebab. Il terzo aggressore, considerato il leader del gruppo, non è stato mai rintracciato.
(da agenzie)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
AVEVA 25 ANNI ED ERA PARTITO DAL GUATEMALA: NON HA RETTO AGLI STENTI E ALLA FATICA
Era partito inseguendo il sogno americano ed è tornato indietro in una bara.
Si chiamava Misael Paiz, aveva 25 anni ed insieme allo zio e ad altri migranti del centro-america era risalito a nord lungo il Messico, in un lunghissimo viaggio di oltre 3.200 chilometri.
Poi aveva attraversato illegalmente il confine in Arizona, ma si era perso nel deserto della Sonora
Lo zio aveva chiesto aiuto chiamando il numero di emergenza 911, ma nel frattempo Misael era morto, stremato da fatica e stenti.
I soccorritori hanno dovuto cercare a lungo prima di trovare il punto esatto dal quale era partita la disperata richiesta di aiuto
Quella è una zona molto pericolosa e nel solo 2017 i morti sono stati 294. I dati del 2018 non sono ancora disponibili, ma le stime ufficiose parlano di un aumento del numero di morti
Ovviamente senza considerare tutti coloro che muoiono in quelle aree desertiche e isolate senza che nessuno mai lo possa sapere
Non raramente nel deserto della Sonora si trova qualche scheletro, o brandelli di vestiti o altro che dimostrano il passaggio di persone.
Misael Paiz era partito da Aguacate, un villaggio di 1500 abitanti in Guatemala. Una nazione dalla quale nel 2018 si calcola siano partite 157 mila persone con l’obiettivo di raggiungere gli Stati Uniti
Misael non era nè un criminale nè un terrorista. Era solo un disperato in cerca di futuro. E’ tornato in una bara. Tutto il paese lo ha pianto. Ma la sua morte non ha cambiato nulla
Chi può tenta miglior vita negli Stati Uniti. Anche se la strada verso la ‘migliore vita’ è segnata dalla ‘migliore vita’ cristiana che è la morte.
(da Globalist)
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