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L’IMPRENDITORIA CHE ONORA L’ITALIA: L’AZIENDA CHIUDE IN ATTIVO E MANDA IN CROCIERA I 28 DIPENDENTI

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

L’AMMINISTRATORE: “LAVORO OGNI GIORNO ACCANTO A LORO E VEDO SACRIFICI E IMPEGNO, SONO LORO CHE HANNO CREATO IL PROFITTO”

L’azienda ha raggiunto prima del previsto i risultati prefissati in termine di fatturato e i dipendenti sono stati premiati con una crociera.
Accade a Fasano, all’azienda Technoacque. Vito Casarano, amministratore unico dell’industria che produce formulati chimici e costruisce impianti di trattamento delle acque, ha voluto premiare i 28 dipendenti per il lavoro svolto con una crociera di una settimana nelle isole greche.
E’ lo stesso imprenditore, sulle pagine del Nuovo Quotidiano di Puglia, a raccontare l’esperienza a cui lui stesso ha voluto partecipare. “Tutto – dice – è nato da una scommessa, anzi direi più da una sfida. Se si fosse raggiunto un risultato li avrei portati tutti in crociera”. E così è stato.
Per festeggiare il momento di condivisione, i dipendenti (c’è chi ha portato con sè i propri figli) hanno realizzato anche magliette ricordo.
“E’ stato un bellissimo momento per loro e soprattutto per me e la mia famiglia. Io – spiega l’amministratore unico dell’azienda – lavoro tutti i giorni accanto a loro, vedo con i miei occhi i sacrifici e l’impegno e di come siano legati all’azienda. Sono loro che hanno creato il profitto”.
La Techoacque è stata fondata nel 1983 e ha sede in un insiediamento industriale di 8.000 metri quadri alla zona industriale di Fasano.
“Nel discorso di fine anno – racconta ancora Casarano – quando ho illustrato i risultati ottenuti ho già  detto ai miei dipendenti di prepararsi per il 2020 perchè potrebbe esserci un altro viaggio premio”.

(da agenzie)

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CARDIOLOGO ARRESTATO PER ABUSI SESSUALI SU RAGAZZINE: TELECAMERA SPIA DOPO LA DENUNCIA DELLA MADRE DI UNA MINORENNE MOLESTATA

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

STRANO CHE NESSUN SOVRANISTA ABBIA FATTO UN POST DI INDIGNAZIONE… AH GIA’, “PRIMA GLI ITALIANI”

Un cardiologo ultrasessantenne è stato arrestato dai carabinieri di Urbino per aver abusato di alcune pazienti durante le visite.
In nove lo accusano tra cui una 12enne che il medico aveva visitato in ambulatorio, nella zona di Urbino, per rilasciare il certificato di idoneità  sportiva.
L’uomo, accusato di violenza sessuale, hanno riferito gli investigatori durante una conferenza stampa, è stato posto agli arresti domiciliari su ordine del gip di Urbino.
Tra le denunce che hanno fatto scattare l’inchiesta condotta dal pm Irene Lilliu, c’è quella della madre di una 16enne che aveva assistito alla visita della figlia: si era accorta che il cardiologo aveva molestato la ragazza con la scusa di controllare l’arteria femorale.
La donna riferì i propri sospetti ai carabinieri che installarono poi microtelecamere nei due ambulatori utilizzati dal medico per ricevere i pazienti.
Dalle immagini registrate, gli investigatori si sono accorti che l’uomo non solo ‘controllava’ sempre l’arteria femorale ma era solito prendere la pressione sanguigna al braccio avvicinandosi troppo alla paziente.
Dopo gli accertamenti il pm ha chiesto e ottenuto la misura cautelare a carico del medico arrestato nella clinica dove stava lavorando. Le indagini, ha riferito il comandante della Compagnia di Urbino, cap. Renato Puglisi, sono state eseguite dai militari della stazione di Sant’Angelo in Vado e Piandimeleto insieme alla Compagnia di Urbino.

(da agenzie)

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RIGOPIANO DIVENTA UN PALCO ELETTORALE

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

BECERA PROPAGANDA: DI MAIO SFILA CON LA CANDIDATA MARCOZZI, SALVINI PROMETTE 10 MILIONI DI UN DECRETO NON ANCORA APPROVATO… L’ARCIVESCOVO SE NE STA ALLA LARGA A CAUSA “DELLA MESSA INIZIATA IL RITARDO”

Uno schiera la candidata. L’altro mette sul piatto i dieci milioni per le famiglie delle vittime. Luigi Di Maio e Matteo Salvini, in passerella a Rigopiano a due anni dalla tragedia in cui persero la vita 29 persone, si mescolano ai familiari.
Così, in un evento fatto di lacrime e di dolore, i due leader, quello di M5s e quello della Lega, inseriscono – con una tecnica muscolare incongrua per questa occasione – l’ingrediente propagandistico. Mentre l’arcivescovo di Pescara se ne sta alla larga da tutto questo.
Il 10 febbraio qui in Abruzzo si vota per le elezioni regionali e guarda caso al fianco di Di Maio per tutto il tempo della fiaccolata, dall’hotel alla chiesa, cammina l’aspirante presidente grillina, Sara Marcozzi. Unica candidata presente.
L’entourage del centrodestra ha optato per l’assenza dell’altro concorrente, Marco Marsilio, anche se a monopolizzare la scena ci pensa il vicepremier leghista.
Mentre Giovanni Legnini, candidato del centrosinistra, ha preferito non esserci, ha scelto di non partecipare a questa gara politica sul palcoscenico della solidarietà , prendendo l’impegno di recarsi a Rigopiano solo dopo il voto.
In modo da non prestarsi a passerelle e a letture strumentali. Quindi ha chiesto a tutti i suoi candidati delle liste di rispettare una specie di silenzio elettorale in questa giornata di ricordo.
Flash e telecamere invece immortalano Di Maio e Marcozzi in mezzo alle 29 fiaccole. Al tandem si aggiungono i parlamentari grillini Gianluca Vacca e Primo Di Nicola. I 5Stelle si sono schierati a testuggine, per usare un’espressione cara a Di Maio. In alcuni momenti il secondo anniversario del dramma si trasforma in un evento politico perchè sono i politici presenti a cavalcarlo anche con l’ormai noto “gioco” delle divise.
Matteo Salvini prima indossa la giacca della Polizia, poi quella che gli viene donata dalla protezione Civile di Farindola.
La scena è questa. Scorre la musica suonata da un ragazzo che ha lavorato nell’hotel di Rigopiano fino a tre giorni prima del dramma. In questo contesto il vicepremier leghista accerchiato dai familiari delle vittime mette in bella mostra i dieci milioni che ieri sono stati scritti in un emendamento al decreto Semplificazioni e ne rivendica la paternità .
“Sono nella disponibilità  del mio ministero, non servono coperture, neanche quelle del Mef. Ho preparato l’emendamento, è un mio fondo che ho a disposizione. Ci ho messo cinque giorni. Sono venuto qui lunedì, vi ho detto che l’avrei fatto, e venerdì è arrivata la conferma”.
Poco importa se il decreto, che contiene questa misura, non è ancora stato approvato, una signora risponde: “È incredibile, grazie”. E il ministro dell’Interno incassa.
Come Di Maio incassa le strette di mano e i complimenti.
Qui è tutto un “ci fidiamo di voi, per fortuna ci siete voi. I responsabili non ci hanno messo la faccia, il vecchio governo non si è occupato di noi. Bastava che lo Stato funzionasse”.
Ai tempi l’esecutivo era a guida Pd e anche la regione con D’Alfonso era di centrosinistra. Il vicepremier grillino replica: “Ora lo Stato è qui”. Peccato però che non ci sia il presidente del Consiglio, forse perchè non ha un partito a cui portare i voti e per non togliere la scena ai due leader che invece sono a caccia di consensi. Uno insegue l’altro e viceversa.
Durante la commemorazione di fronte all’hotel, Salvini e Di Maio sembrano marcarsi a vicenda, nessuno dei due lascia la scena all’altro.
La occupano entrambi insieme, controllandosi nella paura che l’altro scavalchi l’alleato di governo nella rincorsa elettorale abruzzese. Poi si separano.
Salvini rivendica il fondo per le vittime e ripete: “Ci siamo, ci siamo”. Il vicepremier leghista ha in programma altre quattro tappe in Abruzzo prima del voto.
Mentre Di Maio ha proprio iniziato da qui il week end di campagna elettorale e quando arriva la candidata Sara Marcozzi si allontana dall’alleato del Carroccio e raduna i parlamentari pentastellati presenti.
È tutta strategia, una tattica comunicativa tipica da campagna elettorale.
E a questi riflettori si sottrae l’arcivescovo di Pescara Tommaso Valentinetti che, viene detto ai microfoni, per problemi dovuti al ritardo di inizio della Messa non ha potuto celebrare.
Naturalmente è nota antipatia della chiesa per Salvini e per un contesto di dolore che diventa palcoscenico politico.

(da “Huffingtonpost”)

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INNO DI MAMELI, MANCA IL DECRETO ATTUATIVO PER ESSERE INNO NAZIONALE: SALVINI E’ TROPPO PRESO A CAMBIARE GIACCHE PER FIRMARLO?

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

STORIA SENZA FINE, SPETTA AL MINISTRO DEGLI INTERNI PORTARLO IN CONSIGLIO DEI MINISTRI…COME MAI LA MELONI NON SI INDIGNA CON SALVINI DEL VERGOGNOSO RITARDO?

La storia dell’inno nazionale italiano è senza fine.
Nonostante il 4 dicembre 2017 il Parlamento abbia approvato una legge che ha reso finalmente definitivo e non più provvisorio il Canto degli Italiani di Mameli, musicato da Michele Novaro, c’è ancora bisogno di un decreto che stabilisca le modalità  di esecuzione per renderlo definitivamente inno nazionale.
La decisione spetta al governo Conte, ma la competenza di portare in consiglio del ministri il decreto è del titolare del Viminale Matteo Salvini.
Ieri al Senato c’è stata la presentazione del libro ‘L’inno di Mameli, una storia lunga 170 anni per diventare ufficiale’ (Neos Edizioni).
L’autore, l’ex deputato dem Umberto D’Ottavio, è stato nella XVII legislatura il promotore del riconoscimento del Canto degli Italiani come inno ufficiale della Repubblica Italiana.
Da 71 anni, incredibilmente, ‘Fratelli d’Italia’ è stato provvisorio: da quando, il 12 ottobre ’46, il Consiglio dei ministri – allora guidato da Alcide De Gasperi – “su proposta del ministro della Guerra”, stabilì che fosse adottato come inno nazionale per la cerimonia del giuramento delle Forze Armate del 4 novembre successivo: ma, appunto, “provvisoriamente”.
Ben tre legislature in questi 71 anni (la 14esima, la 15esima e la 16esima) hanno provato a dare all’inno dignità  di legge, ma tutti i progetti presentati hanno iniziato l’esame parlamentare, senza tuttavia essere mai approvati.
La precedente legislatura è riuscita, alla fine, nell’intento.
Un appello a Salvini affinchè concluda il lungo iter burocratico-normativo arriva dalla vice presidente del Senato, la senatrice pd Anna Rossomando. “Il Consiglio dei ministri – dichiara Rossomando – deve ancora approvare il decreto che stabilisce le modalità  di esecuzione dell’Inno di Mameli.
Si tratta di un semplice passaggio formale, ma che consentirebbe finalmente dopo la firma del presidente della Repubblica di riconoscere ufficialmente il Canto degli Italiani come Inno della nostra Nazione a tutti gli effetti”.
“Il nostro Inno – aggiunge – simbolo della lotta per l’Unità  d’Italia, per il riscatto nazionale, è nel cuore di tutti gli italiani, per decenni lo è stato solo di fatto; dopo l’approvazione della legge presentata dal deputato D’Ottavio lo è diventato anche formalmente”. “Il Governo – è l’appello – ora non perda altro tempo per completare questo iter”.
Difficile capire il perchè l’inno che è nel cuore di tutti gli italiani sia stato lasciato in stato di ‘provvisorietà ‘ dalla politica italiana per tutto questo tempo. Forse non piaceva nell’immediato Dopoguerra al Pci per la simpatia dimostrata nei suoi confronti dal fascismo (Rivolto alla “gioventù italiana”, Mussolini ebbe a dire “I tuoi santi sono Balilla e Mameli…”).
Durante la Prima Repubblica forse non era gradito al Vaticano, e per estensione al mondo cattolico rappresentato dalla Dc, per quella sua infervorata partecipazione alla Presa di Roma che gli costò la vita.
Durante la seconda Repubblica la Lega di Bossi, allora secessionista, gli preferiva il coro del Nabucco di Verdi, in quanto lo vedeva come simbolo dell’unità  d’Italia, ed equivocava la strofa “Chè schiava di Roma” (riferito alla Vittoria) intendendola come “schiavi di Roma”. Bossi più volte aveva alzato il dito medio mentre si levavano le note del Canto degli Italiani, mentre Berlusconi derise l’inno, facendo con la mano il gesto così così al passaggio del “Siam pronti alla morte”. Forza Italia per un certo periodo aveva proposto che venisse fatto un bando per scegliere l’inno nazionale.
Quell’essere stato “dilettissimo al Garibaldi, e nello stesso tempo fiduciario di Mazzini” (era iscritto alla “Giovine Italia”, ma non alla massoneria), non era sfuggito all’ex presidente Carlo Azeglio Ciampi, non a caso anch’egli azionista e mazziniano, che “fu il primo a denunciare pubblicamente – ricorda il vicepresidente della Camera, il dem Ettore Rosato – quella strana anomalia tutta italiana di un inno da sempre provvisorio”.
L’inno con il quale Carlo Alberto aprì la prima guerra d’Indipendenza, e che voleva simboleggiare la rinata fraternità  nazionale italiana, fu scritto dal giovanissimo poeta soldato Mameli il 10 settembre del 1847, e musicato il 10 novembre, a Torino, dal maestro genovese Michele Novaro nella casa torinese di Lorenzo Valerio, uno dei capi più autorevoli del partito liberale piemontese.
Al momento del voto alla Camera, nella scorsa legislatura, da Matteo Salvini era arrivata la linea ai deputati leghisti di mantenere sul tema un profilo basso. E così era stato. “È una questione che non ci interessa”, aveva precisato l’allora capogruppo della Lega, Cristian Invernizzi.
Qual è la posizione di Salvini ora che spetta a lui come ministro dell’Interno di decidere di mettere la parola fine a questa annosa vicenda?

(da “La Repubblica”)

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IL CAPOGRUPPO DELLA LEGA AL SENATO CONDANNATO A 20 MESI DI CARCERE PER PECULATO

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

MASSIMILIANO ROMEO ERA SOTTO PROCESSO PER LE SPESE PAZZE DEI GRUPPI CONSILIARI IN REGIONE LOMBARDIA… GIUSTO CHE RESTI AL SUO POSTO IN UN PARTITO CHE SI E’ FOTTUTO 49 MILIONI, E’ IL SIMBOLO ADATTO…CONDANNATO ANCHE L’EUROPARLAMENTARE DELLA LEGA CIOCCA E L’EX CAPOGRUPPO PADANO GALLI

Il tribunale di Milano ha condannato a un anno 8 mesi di carcere il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, accusato di peculato nel processo sulle presunte ‘spese pazze’ coi fondi pubblici dei rimborsi assegnati ai gruppi consiliari della Regione Lombardia. Quasi tutti gli imputati sono stati condannati.
I giudici hanno anche condannato a un anno e 6 mesi Angelo Ciocca, attualmente eurodeputato del Carroccio. Per entrambi la pena è sospesa ed è stata decisa la non menzione.
Il presidente del collegio, Gaetano la Rocca, prima di entrare in camera di consiglio ha spiegato che non verrà  valutata l’istanza di rinvio avanzata da uno dei difensori in vista delle nuova norma introdotta dal Governo giallo-verde e in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, che consentirebbe di derubricare il reato di peculato in quello meno grave di indebita percezione di erogazioni o fondi pubblici. Il giudice La Rocca ha sottolineato che al momento la nuova non è ancora in vigore.
Il figlio di Umberto Bossi, Renzo, è stato condannato a 2 anni e 6 mesi e l’ex consigliera di Forza Italia Nicole Minetti ha preso 1 anno e 8 mesi.
Stefano Maullu, attualmente europarlamentare di Forza Italia, è stato invece condannato a una pena di 2 anni e 6 mesi, e Alessandro Colucci, deputato del gruppo misto, condannato a 2 anni e 2 mesi. La pena più alta di 4 anni e 8 mesi per Stefano Galli, ex capogruppo della Lega in Regione . Assolti o prescritti invece 5 ex consiglieri.
Al capogruppo della Lega Massimiliano Romeo, a cui sono state riconosciute le attenuanti generiche, vengono contestate spese pazze per 21.917 euro per ristoranti, pizzerie e altre “spese estranee all’esercizio delle funzioni istituzionali” e “non funzionali all’espletamento del mandato”.
L’ex consigliera regionale Nicole Minetti, eletta nel ‘listino’ di Roberto Formigoni, è accusata di peculato per avere speso, in danno delle casse pubbliche, quasi 20 mila euro, anche per pasti in ristoranti di cucina giapponese e per l’acquisto del libro ‘Mignottocrazia’.
Al ‘Trota’ Renzo Bossi sono contestate spese per quasi 16 mila euro anche in biscotti, caffè, red bull e altre bevande, brioche farcite, spremute e due spazzolini. All’europarlamentare Angelo Ciocca, noto anche per avere calpestato con la sua scarpa la lettera inviata dalla Ue sull’Italia per la manovra economica, vengono contestati poco più di 5 mila euro, per lo più in coperti tra il 2010 e il 2012.

(da “NextQuotidiano”)

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QUOTA 100: LA PENSIONE SI RIDUCE DEL 25%, LO STUDIO DEL SOLE 24 ORE CONFERMA IL “PACCO” DI SALVINI

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

62 + 38 MENO 25%, 64 + 36 MENO 16%… GLI ESEMPI ELABORATI PER IL GIORNALE ECONOMICO

Utilizzare quota 100 – almeno 62 anni di età  e 38 di contributi – per andare in pensione cinque anni prima rispetto al trattamento di vecchiaia comporta un taglio di circa un quarto dell’assegno previdenziale lordo.
Se si sceglie una delle possibili soluzioni intermedie – per esempio, se si va in pensione sfruttando sempre quota 100, ma a 64 anni di età  – il taglio è inferiore e oscilla tra il 12 e il 16% negli esempi che Aon ha elaborato per Il Sole 24 Ore.
Sono stati considerati sei lavoratori, tutti con prima iscrizione all’Inps all’età  di 24 anni e differenti carriere che determinano retribuzioni annue lorde all’età  di 62 anni comprese tra 30mila e 150mila euro, rappresentativa di diverse categorie contrattuali (impiegato, funzionario, manager).
Decidere di smettere di lavorare a 62 anni, quindi con i due requisiti minimi di quota 100 (62 anni di età  e 38 di contributi), comporta la rinuncia al 22% della pensione, a fronte di un’ultima retribuzione annuale di 30mila euro rispetto a quanto si incasserebbe accedendo al pensionamento di vecchiaia a 67 anni di età ; si sale al 28% se la retribuzione è di 150mila euro.
COME CAMBIA L’IMPORTO
Ciò è dovuto al fatto che da 62 a 67 anni, continuando a lavorare, si aumenta il montante contributivo e inoltre, al momento del pensionamento, si beneficia di un coefficiente di trasformazione più vantaggioso.
Per effetto della riforma previdenziale del 2011, a prescindere dal sistema di calcolo a cui si è soggetti (ex retributivo, misto, contributivo), i contributi versati dal 2012 sono convertiti in pensione in base al sistema contributivo, che premia la maggiore età  e l’ammontare del montante accumulato.
Oltre a ciò, un certo impatto è prodotto anche dall’eventuale incremento delle retribuzioni percepite dopo i 62 anni.
Soprattutto chi ha redditi bassi, dunque, deve soppesare adeguatamente se sfruttare quota 100: potrebbe rischiare di avere un assegno previdenziale insufficiente o comunque non adeguato al tenore di vita mantenuto durante gli anni di lavoro.
Questo “rischio” viene evidenziato dai tassi di sostituzione (cioè il rapporto tra la prima rata di pensione annua lorda maturata e l’ultima retribuzione annua lorda percepita) pubblicati.
Variano da circa il 60% per i profili di carriera meno dinamici, a circa il 40% per quelli più brillanti.
Proseguendo l’attività  fino a 67 anni, invece, la pensione lorda sarà  pari al 50-70% dell’ultima retribuzione.

(da “il Sole 24 Ore“)

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LA PRESA PER I FONDELLI DELLA PENSIONE DI CITTADINANZA A 67 ANNI: RIGUARDERA’ SOLO 500.000 PENSIONATI RISPETTO AI 3,2 MILIONI CHE VIVONO CON IL MINIMO PENSIONISTICO, OVVERO IL 15%

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

E L’AUMENTO SARA’ SOLO DI 138 EURO AL MESE, PASSANDO DA 507,42 A   645,52 EURO

Il reddito di cittadinanza diventa pensione di cittadinanza per i nuclei familiari composti esclusivamente da uno o due componenti con età  pari o superiore a 67 anni (requisito adeguato negli anni a venire alla speranza di vita).
In questo caso il beneficio economico è riconosciuto ai nuclei con Isee non inferiore a 7.560 euro (in caso di beneficiario unico) e non potrà  essere superiore ai 9.360 euro nel caso i beneficiari vivano in casa di proprietà .
La quota di pensione di cittadinanza destinata al sostegno all’affitto è prevista in un massimo di 1.800 euro.
Come nel caso del Reddito di cittadinanza la somma della quota affitto e della quota integrazione non supera i 780 euro.
La novità  è che il limite di età , rispetto alle previsioni e alle anticipazioni, è stato aumentato di due anni da 65 a 67 anni:   rispetto alla bozza originaria, nel testo del Dl il requisito si alza dai precedenti 65 a 67 anni: sarà  un’integrazione al reddito di 630 euro (882 euro per due componenti), con ulteriori 150 euro di contributo all’affitto (per due componenti, dunque, in totale si arriva a 1.032 euro).
La pensione di cittadinanza a 780 euro, «un segno di civiltà » come diceva Luigi Di Maio, finirà  quindi nelle tasche di soli 500 mila pensionati, un 15% appena dei 3 milioni e 200 mila che vivono grazie all’integrazione al minimo e che oggi ricevono 507 euro e 42 centesimi al mese.
Lo stanziamento sarà  di 900 milioni sui nove miliardi a disposizione, ovvero il 10%. Il resto verrà  così suddiviso: 7,1 miliardi al reddito di cittadinanza (di cui 2,2 miliardi già  messi dal governo Gentiloni per il Rei) e 1 miliardo ai centri per l’impiego.
A conti fatti dunque, i più fortunati tra i pensionati poveri riceveranno 138 euro al mese. Passando così a 645 euro e 42 centesimi.
Non proprio la soglia “di cittadinanza”.
Le risorse a disposizione, come già  sembrava chiaro a molti osservatori, sono insufficienti per arrivare a tutti. E la riuscita del reddito di cittadinanza viene considerata prioritaria, sebbene ci siano «difficoltà  potenziali» nella sua attuazione, ammette ora Stefano Buffagni, sottosegretario a Palazzo Chigi.

(da “NextQuotidiano”)

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EUROPARLAMENTO, VIA LIBERA ALLE NORME ANTI-CORRUZIONE: “STOP FONDI UE A CHI VIOLA LO STATO DI DIRITTO”

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

INDOVINATE CHI HA VOTATO CONTRO? LA LEGA…   E CHI SI E’ ASTENUTO? IL M5S….   QUELLI CHE IN ITALIA PARLANO DI HONESTA’ E LEGALITA’

Nel giorno in cui il Movimento Cinque Stelle lancia l’offensiva contro lo spreco di denaro Ue, puntando il dito verso gli stipendi dei commissari, c’è stato un voto molto significativo al Parlamento europeo.
L’aula di Strasburgo ha infatti approvato un progetto di legge che prevede la sospensione o addirittura il taglio dei fondi europei per quei governi che non rispettano lo Stato di diritto e non combattono frode e corruzione.
Una misura che ha un duplice obiettivo: rimettere in cima alla lista i valori Ue e al tempo stesso assicurare una corretta gestione dei fondi europei.
I due partiti italiani di maggioranza, Lega e Cinque Stelle, non hanno votato a favore.
II Movimento ha deciso di astenersi, mentre gli eurodeputati leghisti hanno votato contro.
Si sono opposti anche gli esponenti dei partiti che sono al governo in Ungheria, Polonia e Romania, che temono di essere il bersaglio di questa normativa.
Contro la Polonia è stata infatti attivata la procedura prevista dall’articolo 7 per le violazioni dello Stato di diritto e proprio l’Europarlamento ha chiesto di fare lo stesso con l’Ungheria (ma i governi non si sono ancora espressi).
La prossima della lista potrebbe essere la Romania, guidata da un governo che è finito sotto la lente di Bruxelles proprio per le recenti riforme della Giustizia che mettono a rischio lo Stato di diritto.
I tre Paesi sono anche tra i maggiori beneficiari dei fondi europei, dunque una condizionalità  legata allo Stato di diritto rischia di lasciarli a bocca asciutta.
Secondo il testo approvato oggi dall’Eurocamera, la Commissione avrà  il compito di accertare alcuni elementi, tra cui l’indipendenza degli organi giurisdizionali, la prevenzione e la repressione dell’evasione fiscale, un’adeguata attività  di indagine nella repressione delle frodi e della corruzione, il recupero di fondi indebitamente versati o la collaborazione con l’Ufficio europeo antifrode.
Nel caso in cui rilevasse delle anomalie, l’esecutivo Ue (che sarà  affiancato da un gruppo di esperti nominati dai parlamenti nazionali) dovrà  segnalare la situazione ed eventualmente decidere di sospendere o ridurre l’erogazione dei fondi europei, che andrebbero a finire nella riserva del bilancio Ue.
Per diventare legge, il provvedimento approvato ieri (397 voti a favore, 158 contrari e 69 astensioni) deve ancora percorrere diverse tappe.
Innanzitutto deve esprimersi il Consiglio, cioè i governi. E sembra essere proprio qui l’ostacolo maggiore perchè certamente non mancheranno le resistenze.
I Paesi dell’Est che oggi si sentono maggiormente nel mirino potrebbero infatti trovare nel governo italiano un alleato di peso per bloccare la norma.

(da “La Stampa”)

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PAPA’ FENIELLO E I CATTIVI CONSIGLI DI SALVINI: PERCHE’ LA MULTA NON L’HA PAGATA DI TASCA SUA?

Gennaio 18th, 2019 Riccardo Fucile

UN MINISTRO DEGLI INTERNI NON PUO’ CONSIGLIARE DI “NON PAGARE”, VISTO CHE ESISTE LA POSSIBILITA’ DI FARE RICORSO CONTRO UN ATTO CHE NON SI RITIENE GIUSTO… NON PAGANDO SI AUMENTA SOLO L’AMMENDA … FENIELLO: “NON VOGLIO CHE QUALCUNO SPECULI SU DI ME”

“Ho detto a papà  Feniello di non pagare un euro. Ci manca giusto di essere multati per andare a portare i fiori al figlio. Se c’è una legge sbagliata, cambieremo questa legge”: siccome tra poco ci sono le elezioni in Abruzzo, Matteo Salvini non trova di meglio che dare cattivi consigli ad Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle 29 vittime del disastro dell’Hotel Rigopiano di Farindola, condannato dal Gip del tribunale di Pescara a pagare una multa di 4.550 euro, per avere violato, il 21 maggio scorso, i sigilli giudiziari apposti per delimitare l’area nella quale si verificò la tragedia.
La sentenza di condanna emessa dal giudice Elio Bongrazio su richiesta del pm Salvatore Campochiaro trae origine dal fatto che Feniello si sarebbe introdotto “abusivamente”, nonostante “le ripetute diffide ed inviti ad uscirne rivoltigli dalle forze dell’ordine addette alla vigilanza del sito”.
L’uomo, in un post pubblicato su Facebook l’8 gennaio scorso contestò la decisione del tribunale pescarese, affermando di essersi “recato a Rigopiano per portare dei fiori dove hanno ucciso mio figlio”.
Proprio ieri Feniello su Facebook si era dissociato da una petizione per l’annullamento della sua multa: “Ad annullare la multa ci penserà  il mio avvocato dopo un regolare processo; ancora una volta ringrazio chi ha preso a cuore la mia vicenda ma il rischio di speculazioni e malintesi è troppo alto, quindi chiedo a chiunque venisse in mente di fare qualcosa per me ed in mio nome di comunicarmelo”. Chissà  se Salvini lo ha avvertito prima.
Lo stesso Feniello il giorno della sentenza aveva scritto di voler far arrivare il suo messaggio a Salvini per sapere cosa ne pensasse il ministro, ma successivamente aveva messo in guardia dalle speculazioni da campagna elettorale che potevano essere poste in atto:
Lo stesso Feniello su Facebook aveva postato le carte della condanna, dalle quali si evince che nel suo caso si tratta di un decreto penale di condanna.
Il decreto penale di condanna ha la particolarità  di essere esecutivo inaudita altera pars, su richiesta del PM, quando all’imputato deve essere applicata solo una pena pecuniaria.
L’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria possono presentare opposizione nel termine di 15 giorni dalla notifica del decreto stesso: a quel punto il decreto viene annullato e comincia il processo, nel quale anche la difesa dell’imputato potrà  far valere le sue ragioni.
È importante sottolineare che se manca l’opposizione o se questa viene dichiarata inammissibile, il decreto di penale di condanna diventa esecutivo, altrimenti il giudice lo revoca e procede nelle forme del rito richiesto.
Salvini, consigliando a Feniello di non pagare e basta, lo mette nelle condizioni di dover pagare successivamente una cifra molto più alta perchè l’atto diventa esecutivo: nessun cambio di legge lo salverebbe, se non uno ad personam.
Per evitare di pagare la multa bisogna fare opposizione, cosa che Feniello del resto sta già  facendo visto che ha nominato un avvocato.
Per fare un favore a Feniello, Salvini avrebbe dovuto pagare la multa e poi, eventualmente, cambiare le leggi. Certi ministri hanno la passione per i cattivi consigli, forse perchè gli manca quella per i buoni esempi.

(da “NextQuotidiano”)

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