INNO DI MAMELI, MANCA IL DECRETO ATTUATIVO PER ESSERE INNO NAZIONALE: SALVINI E’ TROPPO PRESO A CAMBIARE GIACCHE PER FIRMARLO?
STORIA SENZA FINE, SPETTA AL MINISTRO DEGLI INTERNI PORTARLO IN CONSIGLIO DEI MINISTRI…COME MAI LA MELONI NON SI INDIGNA CON SALVINI DEL VERGOGNOSO RITARDO?
La storia dell’inno nazionale italiano è senza fine.
Nonostante il 4 dicembre 2017 il Parlamento abbia approvato una legge che ha reso finalmente definitivo e non più provvisorio il Canto degli Italiani di Mameli, musicato da Michele Novaro, c’è ancora bisogno di un decreto che stabilisca le modalità di esecuzione per renderlo definitivamente inno nazionale.
La decisione spetta al governo Conte, ma la competenza di portare in consiglio del ministri il decreto è del titolare del Viminale Matteo Salvini.
Ieri al Senato c’è stata la presentazione del libro ‘L’inno di Mameli, una storia lunga 170 anni per diventare ufficiale’ (Neos Edizioni).
L’autore, l’ex deputato dem Umberto D’Ottavio, è stato nella XVII legislatura il promotore del riconoscimento del Canto degli Italiani come inno ufficiale della Repubblica Italiana.
Da 71 anni, incredibilmente, ‘Fratelli d’Italia’ è stato provvisorio: da quando, il 12 ottobre ’46, il Consiglio dei ministri – allora guidato da Alcide De Gasperi – “su proposta del ministro della Guerra”, stabilì che fosse adottato come inno nazionale per la cerimonia del giuramento delle Forze Armate del 4 novembre successivo: ma, appunto, “provvisoriamente”.
Ben tre legislature in questi 71 anni (la 14esima, la 15esima e la 16esima) hanno provato a dare all’inno dignità di legge, ma tutti i progetti presentati hanno iniziato l’esame parlamentare, senza tuttavia essere mai approvati.
La precedente legislatura è riuscita, alla fine, nell’intento.
Un appello a Salvini affinchè concluda il lungo iter burocratico-normativo arriva dalla vice presidente del Senato, la senatrice pd Anna Rossomando. “Il Consiglio dei ministri – dichiara Rossomando – deve ancora approvare il decreto che stabilisce le modalità di esecuzione dell’Inno di Mameli.
Si tratta di un semplice passaggio formale, ma che consentirebbe finalmente dopo la firma del presidente della Repubblica di riconoscere ufficialmente il Canto degli Italiani come Inno della nostra Nazione a tutti gli effetti”.
“Il nostro Inno – aggiunge – simbolo della lotta per l’Unità d’Italia, per il riscatto nazionale, è nel cuore di tutti gli italiani, per decenni lo è stato solo di fatto; dopo l’approvazione della legge presentata dal deputato D’Ottavio lo è diventato anche formalmente”. “Il Governo – è l’appello – ora non perda altro tempo per completare questo iter”.
Difficile capire il perchè l’inno che è nel cuore di tutti gli italiani sia stato lasciato in stato di ‘provvisorietà ‘ dalla politica italiana per tutto questo tempo. Forse non piaceva nell’immediato Dopoguerra al Pci per la simpatia dimostrata nei suoi confronti dal fascismo (Rivolto alla “gioventù italiana”, Mussolini ebbe a dire “I tuoi santi sono Balilla e Mameli…”).
Durante la Prima Repubblica forse non era gradito al Vaticano, e per estensione al mondo cattolico rappresentato dalla Dc, per quella sua infervorata partecipazione alla Presa di Roma che gli costò la vita.
Durante la seconda Repubblica la Lega di Bossi, allora secessionista, gli preferiva il coro del Nabucco di Verdi, in quanto lo vedeva come simbolo dell’unità d’Italia, ed equivocava la strofa “Chè schiava di Roma” (riferito alla Vittoria) intendendola come “schiavi di Roma”. Bossi più volte aveva alzato il dito medio mentre si levavano le note del Canto degli Italiani, mentre Berlusconi derise l’inno, facendo con la mano il gesto così così al passaggio del “Siam pronti alla morte”. Forza Italia per un certo periodo aveva proposto che venisse fatto un bando per scegliere l’inno nazionale.
Quell’essere stato “dilettissimo al Garibaldi, e nello stesso tempo fiduciario di Mazzini” (era iscritto alla “Giovine Italia”, ma non alla massoneria), non era sfuggito all’ex presidente Carlo Azeglio Ciampi, non a caso anch’egli azionista e mazziniano, che “fu il primo a denunciare pubblicamente – ricorda il vicepresidente della Camera, il dem Ettore Rosato – quella strana anomalia tutta italiana di un inno da sempre provvisorio”.
L’inno con il quale Carlo Alberto aprì la prima guerra d’Indipendenza, e che voleva simboleggiare la rinata fraternità nazionale italiana, fu scritto dal giovanissimo poeta soldato Mameli il 10 settembre del 1847, e musicato il 10 novembre, a Torino, dal maestro genovese Michele Novaro nella casa torinese di Lorenzo Valerio, uno dei capi più autorevoli del partito liberale piemontese.
Al momento del voto alla Camera, nella scorsa legislatura, da Matteo Salvini era arrivata la linea ai deputati leghisti di mantenere sul tema un profilo basso. E così era stato. “È una questione che non ci interessa”, aveva precisato l’allora capogruppo della Lega, Cristian Invernizzi.
Qual è la posizione di Salvini ora che spetta a lui come ministro dell’Interno di decidere di mettere la parola fine a questa annosa vicenda?
(da “La Repubblica”)
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