Gennaio 19th, 2019 Riccardo Fucile
“NON PARLAVA, SI VEDEVA CHE AVEVA PAURA”… UN INTERVENTO INIZIATO ALLE 18.30 E DURATO A LUNGO… LA BANCONOTA DA 20 EURO CONTESTATA ERA SOLO UNA, RISPETTO ALLA CIFRA CHE VOLEVA INVIARE AI FAMILIARI … “LO HANNO PORTATO IN BAGNO E SONO RIMASTI CHIUSI CON LUI UN’ORA”
Il giorno dopo la morte di Arafet Arfaoui, il 32enne tunisino colto da un malore e deceduto dopo essere stato ammanettato in seguito a un controllo della polizia, le saracinesche del Taj Mahal, il locale nel centro di Empoli dove si sono svolti i fatti, rimangono abbassate.
Nessuno dei gestori di questo piccolo alimentari indiano vuole parlare: hanno già scritto tutto sui giornali, fanno sapere a Ilfattoquotidiano.it, non c’è niente da aggiungere.
Intorno, all’incrocio tra via Del Papa e piazza XXIV luglio, a poche decine di metri dal liceo Virgilio, la vita ha ripreso la sua normale quotidianità . Forse perchè tutti i giornali nazionali stanno parlando dell’accaduto ma qui quasi nessuno, ieri, si è accorto di niente. Una morte, dicono, arrivata nel silenzio.
“Quando ho visto arrivare l’auto della polizia — racconta il signor Zaffar che gestisce un piccolo emporio proprio di fronte al Taj Mahal, in questo quartiere caratterizzato da una forte presenza di extracomunitari — sono andato all’entrata del mio negozio (dal quale si può vedere l’interno dell’alimentari indiano, ndr). Pensavo che, visto che offriamo anche servizio di money transfer, fossero venuti a fare dei regolari controlli, come a volte succede. Volevo sbrigare la pratica velocemente perchè dovevo uscire per delle commissioni, ma loro erano già dentro il negozio del mio collega. Così sono rimasto lì ad aspettarli. Sono passati 30 o 40 minuti senza che accadesse niente, così me ne sono andato e quando sono tornato loro erano ancora lì”.
Altri gestori di esercizi commerciali nell’arco di una trentina di metri dal Taj Mahal hanno fornito una versione simile: “Non abbiamo sentito niente, non ci siamo accorti di cosa stesse succedendo”.
Lo hanno detto i dipendenti dello studio di commercialisti in fondo alla strada e il responsabile del ferramenta poco distante, così come la proprietaria di un negozio di parrucchieri dirimpettaio dell’alimentari indiano.
Secondo i racconti dei pochi testimoni, l’intervento delle forze dell’ordine, iniziato intorno alle 18.30 di giovedì, è durato a lungo, ma ciò che esce è una versione diversa da quella circolata nelle scorse ore: “Il ragazzo non ha dato in escandescenza, non ha urlato o usato violenza contro gli agenti o il negoziante”.
A raccontarlo è Mustapha, un uomo di origini nordafricane che ha assistito alla scena fuori dal negozio: “Ero qui davanti. Quando sono arrivato la polizia era appena entrata dentro al Taj Mahal — dice —. All’inizio non si capiva perchè, sembrava un semplice controllo. Mi hanno detto che un ragazzo aveva provato a pagare con una banconota falsa, ma che tutto era tranquillo. Poi, dopo circa 40 minuti di controlli, il giovane è uscito correndo dal negozio. Era spaesato, si vedeva che aveva paura, che era sotto shock”.
A quel punto, secondo il racconto del signor Mustapha, il 32enne è entrato correndo nella macelleria islamica a una decina di metri dal negozio indiano. “Era così agitato — racconta il gestore — che ha tirato fuori una bibita in lattina e, nell’aprirla, si è schizzato tutta la faccia. Non parlava, era così impaurito”.
Poi i poliziotti sono usciti nel tentativo di fermarlo e lui ha ripreso a correre: “Si è svolto tutto qui davanti, nell’arco di poche decine di metri — continua il signor Mustapha —. Se avesse voluto fuggire lo avrebbe fatto, non sarebbe rimasto fermo all’entrata della macelleria con un succo di frutta in mano. Quando sono usciti i poliziotti, lui ha ripreso a correre in tondo. Un uomo delle forze dell’ordine è pure caduto nel tentativo di fermarlo. Poi, però, il giovane è rientrato a corsa all’interno del Taj Mahal, non è certo il comportamento di chi vuol fuggire”.
A quel punto, secondo i racconti dei testimoni, i poliziotti sono di nuovo entrati nel negozio e, come emerso dalle prime ricostruzioni, lo avrebbero ammanettato, messo a terra e gli avrebbero immobilizzato le gambe con un cordino per evitare che scalciasse. Poco dopo il ragazzo ha accusato un malore e, nonostante l’intervento di un medico del 118, è morto.
Un altro uomo, che ha preferito parlare in forma anonima, dice di aver assistito alla scena dentro al negozio: “Io ero dentro quando il ragazzo si è avvicinato alla cassa — dice —. Voleva inviare dei soldi in Tunisia e tra questi c’era una banconota, una sola banconota da 20 euro, che secondo il negoziante era falsa. Io dico: se avesse voluto far circolare banconote fasulle, perchè inserirne una sola in un mazzo con molte altre autentiche? E poi, perchè non è andato a pagarci della merce al mercato o in un negozio qua intorno? Perchè è entrato proprio in un money transfer, dove ti vengono richiesti dei documenti e ci sono le apparecchiature per il riconoscimento delle banconote false?”.
L’uomo sostiene di aver assistito a tutta la scena e che il ragazzo ha collaborato durante i controlli: “Il giovane non è stato minaccioso nei suoi confronti, ma il negoziante ha voluto chiamare la polizia — continua — . Non poteva semplicemente ritirare la banconota e tagliarla? Gli agenti hanno raccolto le generalità , che tra l’altro vengono richieste anche al momento dell’invio del denaro, e il ragazzo è rimasto tranquillo. Solo dopo quasi un’ora di controlli e di pressioni il giovane ha iniziato a impaurirsi, ad agitarsi, e allora è fuggito fuori dal locale”.
Un altro testimone presente nel locale ha raccontato ieri alla radio: «lo hanno portato al bagno e lo hanno perquisito nudo, sono stati per più di un’ora con lui all’interno”.
A chiarire quale delle diverse versioni dei fatti emerse nelle ultime ore sia vera ci penseranno le indagini avviate dalla Procura di Firenze e le numerose telecamere che sorvegliano quell’angolo di strada. In passato, spiegano alcuni residenti e lavoratori della zona, nel quartiere si erano verificati episodi di spaccio e si era assistito a qualche rissa in strada.
Problematiche che, però, non si ripresentavano ormai da anni, da quando appunto era stato installato un sistema di videosorveglianza. Saranno le riprese a chiarire cosa è accaduto fuori dal Taj Mahal: “La polizia aveva il nome del ragazzo, poteva accedere alle immagini delle telecamere. Se il giovane fosse voluto fuggire lo avrebbero rintracciato in pochissimo tempo — conclude il signor Mustapha —. Era proprio necessario usare la forza?”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 19th, 2019 Riccardo Fucile
I TRE SOPRAVVISSUTI: “MEGLIO MORIRE CHE TORNARE IN LIBIA”
“Continua un genocidio e direi al ministro Salvini: si farà un secondo processo di
Norimberga e lui non potrà dire che non lo sapeva”.
L’ha detto il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, a margine della cerimonia in ricordo del magistrato Paolo Borsellino, in via D’Amelio, in cui è intervenuta anche la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, commentando l’ultimo naufragio e le morti di migranti al largo delle coste di Tripoli.
“Meglio morire che tornare in Libia”
Cinque parole, sufficienti a racchiudere il dramma dei tre sopravvissuti al naufragio al largo di Tripoli, costato la vita, secondo quanto riferito proprio da loro stessi, ad altre 117 persone.
Sotto shock, in ipotermia e traumatizzati, i superstiti sono stati accolti a Lampedusa. Hanno raccontato delle “violenze e gli abusi” cui sono stati sottoposti nei lager libici. “Siamo rimasti tre ore in mare, sperando che qualcuno si accorgesse di noi”, hanno detto ai soccorritori.
I superstiti hanno riferito di essere partiti giovedì in 120 su un gommone che si è sgonfiato dopo circa undici ore di navigazione, e le persone via via sono cadute e la maggior parte annegate. Tra loro dieci donne, una delle quali incinta, e due bimbi, uno di appena due mesi. Provenivano soprattutto da Nigeria, Camerun, Gambia, Costa d’Avorio e Sudan.
(da agenzie)
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Gennaio 19th, 2019 Riccardo Fucile
117 AFFOGATI AL LARGO DI TRIPOLI, ALTRI 53 ANNEGATI IERI…. LE MENZOGNE DI SALVINI: LA GENTE MUORE PERCHE’ QUALCHE CRIMINALE HA IMPEDITO ALLE ONG DI FARE QUELLO CHE DOVREBBERO FARE I GOVERNI CIVILI, SALVARE VITE UMANE… NON CI SONO SOLO VIGLIACCHI AL MONDO: ONORE ALLA NOSTRA MARINA CHE E’ INTERVENUTA LO STESSO
Altre due tragedie immani nel mediterraneo. Una il 18 gennaio, a largo di Tripoli. L’altra nel mare Alboà n, qualche giorno più indietro, nel Mediterraneo occidentale. Il bilancio complessivo assomiglia a un bollettino di guerra, 170 migranti morti, tra i quali anche diverse donne e bambini.
Nel primo caso, le vittime sono 117, almeno stando a quanto raccontato dagli unici 3 superstiti, due sudanesi e un gambiano recuperati in stato di choc e a rischio ipotermia, poi trasferiti e curati a Lampedusa.
I tre naufraghi hanno riferito di essere partiti giovedì in 120 su un gommone, che si è sgonfiato ed è quindi affondato dopo circa undici ore di navigazione, facendo annegare la maggior parte dei migranti a bordo. Tra loro dieci donne, una delle quali incinta, e due bimbi, uno di appena due mesi. Provenivano soprattutto da Nigeria, Camerun, Gambia, Costa d’Avorio e Sudan.
Nel secondo caso invece, denunciato dall’Unhcr, si parla di una tragedia consumatasi nei giorni scorsi, nella quale hanno perso la vita altri 53 migranti.
Una doppia tragedia che ha colpito anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che in un comunicato stampa diffuso dal Quirinale ha espresso “profondo dolore per la morte di oltre cento persone, tra donne, uomini, bambini”.
L’Unhcr ha espresso “profondo dolore per le notizie relative a circa 170 persone che sarebbero morte o disperse nel Mediterraneo a seguito di due differenti naufragi”. “Non si può permettere che la tragedia in corso nel Mediterraneo continui – ha dichiarato l’Alto commissario Filippo Grandi – non possiamo chiudere gli occhi di fronte all’elevato numero di persone che stanno perdendo la vita alle porte dell’Europa. Nessuno sforzo deve essere risparmiato, o precluso, per salvare le vite di quanti sono in pericolo in mare”
“Abbiamo contattato Libia, Italia, Malta, Olanda (Stato di bandiera della Sea-Watch3). Per ora la sola risposta arriva da Roma, con riferimento a una competenza delle autorità libiche, con le quali, nonostante i tentativi anche telefonici, non e’ stato possibile coordinarsi”. Lo scrive in una nota la ong Sea Watch che questa mattina ha soccorso 47 migranti, tra cui 8 minori non accompagnati, su un gommone in difficolta’, nelle acque internazionali a nord di Zuwarah, in Libia.
“Ora sono al sicuro a bordo della Sea-Watch 3 – è detto ancora – dove stanno ricevendo assistenza e cure”.
Queste persone “avrebbero potuto essere vittime di un naufragio se non fossimo intervenuti in tempo – sottolinea la ong – e nonostante Sea-Watch sia in contatto con le autorità , non abbiamo ancora ricevuto istruzioni di alcun tipo, ne’ vi e’ stata l’assunzione di responsabilita’ sul caso da parte di alcun centro di coordinamento”.
Viene inoltre ricordato che il portavoce della Marina e Guardia costiera libica, Ayoub Qasim, ha recentemente dichiarato che la Libia non e’ pronta a ricevere i migranti non salvati dai suoi assetti. La ong fornisce quindi una ricostruzione di come sono andati i fatti relativi a questo soccorso e alla tragedia del barcone con 120 naufraghi, di cui solo 3 sono sopravvissuti.
Nel 2018, ricorda l’agenzia Onu, 2.262 persone hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa lungo le rotte del Mediterraneo. L’Unhcr è preoccupata che le azioni degli Stati dissuadano sempre più le Ong dall’effettuare operazioni di ricerca e soccorso, e lancia un appello affinchè siano revocate immediatamente. Allo stesso tempo, sono necessari sforzi ancora maggiori per impedire che rifugiati e migranti intraprendano viaggi disperati in primo luogo. Sono necessarie più vie sicure e legali di accesso alle procedure d’asilo in Europa per quanti fuggono da guerre e persecuzioni
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 19th, 2019 Riccardo Fucile
L’ARRABBIATURA DI UN LEADER DIMEZZATO, CON SONDAGGI IN CADUTA LIBERA
Al tormentone di Laura Castelli s’è aggiunto quello di Luigi Di Maio che dice «avete
sbagliato i conti». Praticamente totale la sintonia, anche per via delle cariche istituzionali.
Lui è un ex bibitaro al San Paolo di Napoli ed anche vicepresidente del Consiglio, mentre lei, ex addetta alla sicurezza allo stadio di Torino, si dedica a un ministro, un poveraccio laureato in economia, che dopo le schermaglie iniziali, ormai non apre più bocca (e non appare più neanche in video) per non sentirsi replicare il biasimevole «questo lo dice lei»
Non solo a causa del successo della Castelli che Di Maio ha pronunciato quell’«avete sempre sbagliato i conti», l’anatema contro la Banca d’Italia (nel silenzio, appunto, del gialloverde Giovanni Tria, rosso di vergogna).
L’Alakazam (soccorrono i Pokemon…) dell’invidioso pentastellato rispondeva a un intimo interrogativo: se l’istituto dopo aver modificato l’emissione, a posto della carta moneta emette sentenze, quanti like raccoglierò dal facebook-people sul reddito di cittadinanza?
Come dire che l’interesse verteva sull’unico, riconosciuto sondaggio che conta per la generazione playstation. Non è che vuoi scommettere su chi perde tra moment-by-moment e Nando Pagnoncelli?
Perchè, alla fine, il leader, sentendosi dimezzato, ha scoperto che il malumore dipendeva dalle antenne, messe in funzione su «modalità bo’», dopo aver annotato che il suo profilo facebook, alle 13 di oggi, sotto «reddito di cittadinanza», segnava soltanto 2840 like. Una catastrofe.
Nemmeno la sovrastante foto con Grillo sollevava il trend (nè sgomberava il campo dal cattivo pensiero che faceva capolino: e se fosse il garante a portare jella?).
Tutto ciò in semicontemporanea con la Banca d’Italia che suscitava l’impressione di voler sostenere il cattivo andamento del consenso su Fb, quell’allarme «siamo in recessione» che assomigliava in tutto e per tutto a «sei in recessione», come fosse diretto a lui
E che cavolo! E i like, e via Nazionale, e i sondaggisti, e le immagini del baciamano a Matteo Salvini in Afragola… (che ingrati da quelle parti… Manco fosse San Gennaro).
Urgente una replica, un contrattacco, un grido di riscossa: di qui l’«imparate a fare i conti».
Nessuna reazione da parte di Ignazio Visco. Per Luigi «colpito & affogato».
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 19th, 2019 Riccardo Fucile
CON TUTTI GLI IMMOBILI DI PROPRIETA’ DEL COMUNE DI ROMA, CI VUOLE TANTO A TROVARE UN LOCALE CON REGOLARE AFFITTO PER PERMETTERE AI RAGAZZI DI CONTINUARE L’ATTIVITA’ DI RISTORAZIONE?
La Locanda dei Girasoli a Roma è una di quelle realtà (e ce ne dovrebbero essere di più) che fanno davvero inclusione sociale.
Non è una semplice pizzeria dove lavorano persone Down e disabili, è un luogo che negli anni è diventato un vero e proprio centro dove istituti scolastici portano gli alunni per open day e lezioni sul bullismo e sulla scuola inclusiva per insegnare che i disabili sono persone in grado di fare le stesse cose dei “normali”, solo in maniera diversa.
Il locale, che su TripAdvisor e TheFork ha ottenuto nel corso degli anni centinaia di recensioni positive ed entusiastiche, ha un problema.
La sua ubicazione, nel quartiere del Quadraro, rende difficile la sostenibilità economica dell’impresa portata avanti da Consorzio Sintesi e dalla Cooperativa Sociale I Girasoli. Durante il fine settimana il ristorante lavora bene, ma essendo difficile da raggiungere (anche con la Metro, che la sera chiude presto) è difficile mandare avanti l’attività dal momento che dal lunedì al giovedì non ci sono abbastanza clienti.
Tutto questo si traduce in un solo possibile epilogo: la chiusura. La speranza però è quella di trovare un altro locale, in una zona più di passaggio, dove poter continuare a lavorare. In ballo non ci sono solo una ventina di posti di lavoro ma la possibilità per i dipendenti della locanda di conquistare il premio più difficile: la propria autonomia.
Da tempo i gestori della Locanda hanno lanciato appelli per scongiurare la chiusura del ristorante. Appelli a cui hanno risposto in molti.
Ad esempio Regione Lazio che si è detta disponibile ad aiutare a trovare una sistemazione alternativa e che già ha accompagnato i soci a visionare alcuni immobili. Anche la sindaca di Roma, dopo un lungo periodo di silenzio, si era detta disponibile ad aiutare la Locanda dei Girasoli. Virginia Raggi era intervenuta in diretta durante la puntata di Portobello dell’8 dicembre 2018 per promettere di impegnarsi a trovare una soluzione per quanto possibile.
Ad un mese di distanza però — fa sapere Enzo Rimicci, presidente del Consorzio Sintesi — dal Comune non si è fatto vivo nessuno. Si sono invece fatte sentire le quasi sessantamila persone che hanno firmato l’appello lanciato da Carlo Tagliabue padre di Anna Tagliabue, una delle dipendenti della Locanda su Change.org. Assieme a loro alla Locanda è arrivata la solidarietà dell’attore Paolo Ruffini, che è a Roma con il suo spettacolo Up and Down che vede in scena proprio attori con la sindrome di Down.
Anche la deputata Mara Carfagna ha annunciato che devolverà la sua indennità di funzione del mese di maggio a sostegno della ONLUS.
Ma cosa chiedono i ragazzi della Locanda dei Girasoli a Virginia Raggi? Un aiuto a trovare un nuovo spazio dove trasferire la pizzeria. «Non è una richiesta di denaro precisa» Rimicci «ma speravamo che dopo lo scandalo Affittopoli il Comune ci potesse aiutare a trovare un locale da 250/300 metri quadri in una posizione più facilmente raggiungibile in modo da garantire il fatturato e la sopravvivenza della Locanda».
Oppure si potrebbero mettere in affitto i locali sequestrati alle mafie.
Per fare questo il Comune dovrebbe prima individuare uno stabile adatto, poi eventualmente aprire un bando per l’assegnazione nel quale vengono definiti il canone e i termini del contratto. Una cosa fatta secondo la legge, senza nessun favoritismo.
Fino ad ora però dal Campidoglio — nonostante gli appelli dei partiti di opposizione — tutto tace. Fatto salvo un incontro con alcuni funzionari dell’allora assessore al Patrimonio Mazzillo nel 2017 la giunta pentastellata non sembra essersi molto interessata al caso.
La speranza è che grazie agli appelli e alle petizioni online la sindaca si ricordi della Locanda dei Girasoli, in fondo ci è stata a cena qualche mese fa.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 19th, 2019 Riccardo Fucile
INCREDIBILE GIOCO DI ILLUSIONISMO: LE FAMIGLIE CERTIFICATE POVERE SONO 1, 8 MILIONI MA ALLORA L’AIUTO SAREBBE STATO SOLO DI 390 EURO… FACENDONE SPARIRE 500.000 SI PUO’ RISALIRE A UNA MEDIA DI 500 EURO
L’assegno medio del reddito di cittadinanza da 390 euro ritorna a 500 euro mensili. Con un
gioco da illusionismo che è certificsto nel decreto: dal computo sono sparite mezzo milione di famiglie povere. E senza un perchè.
Lo spiega oggi Repubblica:
Dovevano essere 1,8 milioni quelle assistite dal sussidio, tante quante ne individua Istat in povertà assoluta. Sono scese a 1,3 milioni.
Lo dice la relazione al decreto legge, inviata dal ministero del Lavoro alla Ragioneria. Una correzione in corsa, rispetto alle versioni precedenti e alle dichiarazioni del ministro Di Maio, di cui non si conosce il motivo tecnico. Ma che fa tornare i conti.
Sarà mercoledì 6 marzo il primo giorno utile per entrare in uno dei 12.824 uffici delle Poste e chiedere il Reddito di Cittadinanza. I tempi sono calcolati per fare in modo che per le elezioni europee di maggio ci saranno in circolazione con tanto di ricarica già spendibile, buona parte delle potenziali 1,7 milioni di carte prepagate di Poste destinate ai titolari del Reddito di Cittadinanza.
Ma il percorso, spiega oggi il Corriere della Sera, sarà a ostacoli.
Si parte il 6 per evitare l’incrociarsi della fila delle pensioni, visto che tutti all’ufficio postale troveranno il modulo da compilare con i dati anagrafici, la situazione ISEE aggiornata e una serie di informazioni sullo stato patrimoniale immobiliare e mobiliare, che si fanno con un’autocertificazione: vale per la proprietà della casa, del conto corrente, del contratto di locazione o dell’auto.
I dati vanno consegnati allo sportello che li manderà all’INPS: in cinque giorni si dovrà esaminare ogni pratica e verificare se le condizioni di accesso al reddito di cittadinanza sono soddisfatte.
Qui si rischia chiaramente l’ingolfamento, visto che il check dell’INPS è decisivo: il possesso di una moto di cilindrata superiore ai 250 cc con meno di due anni di vita, ad esempio, è un motivo di esclusione così come il possesso di una seconda casa che valga più di 30mila euro.
A complicare ancora il percorso c’è che il decreto prevede che siano i comuni a informare l’Inps nei tempi stabiliti della sussistenza dei requisiti di cittadinanza, residenza da almeno 10 anni in Italia ed eventuale possesso del permesso di soggiorno.
Resta da chiarire quanti giorni si riserva l’Istituto per comunicare al richiedente che la domanda è stata accolta e calcolare l’importo spettante. La comunicazione avverrà via sms, per email o per posta
Se la domanda è accolta l’Inps trasmette anche a Poste sia il totale dell’importo del Rdc sia l’entità della parte che sarà possibile prelevare in contanti.
Poi avvertirà entro una settimana il titolare che è possibile ritirare la prepagata(anche qui, solo dopo il 6). La carta riporterà un numero seriale e l’intero importo andrà speso nell’arco del mese. L’operazione costerà 6 miliardi nel 2019 .Nel decreto è stata aggiunta una copertura di 400 milioni con un nuovo prelievo sui giochi.
(da agenzie)
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Gennaio 19th, 2019 Riccardo Fucile
EMERGONO PARADOSSI: NON HA DIRITTO AL REDDITO CHI HA UN’AUTO CHE COSTA 29.500 EURO, NE PUO’ GODERE CHI HA UN AUTO DA 37.100 EURO
Quali sono le automobili “buone” per il reddito di cittadinanza?
Come si sa, tra i paletti che escludono dalla misura c’è lo stop alle auto nuove. Nessun componente della famiglia deve essere intestatario o avere piena disponibilità di auto immatricolate per la prima volta nei sei mesi precedenti la richiesta del reddito di cittadinanza.
Stop anche ad auto di cilindrata superiore a 1.600 cc, o di moto di cilindrata superiore a 250 cc, immatricolate per la prima volta nei due anni precedenti.
Sono escluse dal “divieto” auto e moto per persone disabili.
Il Giornale però spiega oggi che il sussidio dipende anche dal tipo di macchina:
A pagina 3 del documento c’è scritto che per poter accedere al Rdc «nessun componente il nucleo familiare deve essere intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di autoveicoli immatricolati la prima volta nei sei mesi antecedenti la richiesta, ovvero di autoveicoli di cilindrata superiore a 1600cc, nonchè motoveicoli di cilindrata superiore a 250cc, immatricolati la prima volta nei due anni antecedenti».
Quindi non beccherà il sussidio di Di Maio chi è proprietario di un’auto nuova acquistata nei sei mesi prima della compilazione della domanda e chi possiede una macchina superiore a 1600 di cilindrata o una moto superiore ai 250 cc comprata due anni prima.
Con tutti gli inevitabili paradossi del caso, relativi al metodo di scrematura basato sulla cilindrata che è ormai obsoleto.
Per fare qualche esempio: è considerato troppo ricco chi ha nel suo garage una Toyota Prius 1.8, auto ibrida, che costa 29.500 euro. Oppure chi guida una Fiat 500X 2.0 Multijet, al prezzo di 26.500 euro, il top di gamma della storica utilitaria, ma comunque non un mezzo da ricconi.
Mentre può fare domanda per il reddito di cittadinanza il proprietario di una Bmw Serie 2 Cabrio, per cui bisogna sborsare almeno 37.100 euro, ma può avere anche una cilindrata di 1500 cc.
Andare in giro sulla cabriolet tedesca e percepire il reddito di cittadinanza non è considerata una contraddizione.
Il comma successivo sbarra la strada ai possessori di qualunque tipo di «navi e imbarcazioni da diporto», anche le più piccole, senza distinzioni tra uno yacht e una vecchia barca da pesca, purchè sia a motore.
(da agenzie)
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Gennaio 19th, 2019 Riccardo Fucile
LA RICERCA DELL’UNIVERSITA’ DI TOR VERGATA: “LE FAMIGLIE HANNO PROBLEMI ECONOMICI”
Il ticket sanitario non funziona e per certe famiglie è causa di impoverimento. 
“Le compartecipazioni sono ingegnerizzate molto male: quelle fisse sulle ricette, per di più non esenti, sono la causa primaria di impoverimento. I ticket sulle prestazioni specialistiche hanno messo, in più di qualche caso, fuori mercato il Ssn”.
A dirlo è il Rapporto Sanità del Crea-Università Tor Vergata di Roma, che mette insieme una serie di studi e ricerche nazionali e internazionali insieme a suoi approfondimenti e commenti.
“Il problema delle liste di attesa – sottolineano gli esperti – risiede nel fatto che esse vengono percepite dai cittadini come inefficienze del sistema, mentre sono, in buona misura, una difesa messa in atto dal sistema per evitare la proliferazione di prestazioni che, in quanto non urgenti, sono anche a maggior rischio di inappropriatezza. Se si volessero uguagliare le condizioni di accesso, basterebbe sancire che dopo un certo numero di giorni di attesa i cittadini hanno diritto di effettuare la prestazione in regime di indiretta, ricevendo poi il rimborso della prestazione”.
Anche la ricerca del Crea, diretto dal professor Federico Spandonaro, conferma che l’Italia ha i migliori risultati sanitari e tiene sotto controllo i costi.
Le famiglie però iniziano a soffrire.
La ricerca sottolinea Il 17,6% di quelle residenti (4,5 milioni) ha dichiarato di aver cercato di limitare le spese sanitarie per motivi economici (100.000 in più rispetto al 2015), e di queste 1,1 milioni le hanno annullate del tutto.
Il Mezzogiorno è l’area più colpita (5,6% delle famiglie), seguita dal Centro (5,1%), dal Nord-Ovest (3,0%) e dal Nord-Est (2,8%).
Il disagio economico per le spese sanitarie (una combinazione di impoverimento per consumi sanitari e “nuove” rinunce per motivi economici), è sofferto dal 5,5% delle famiglie, ed è significativamente superiore nel Sud del Paese (7,9% delle famiglie). L’incidenza del fenomeno dell’impoverimento aumenta, registrando 416.694 famiglie che hanno peggiorato la propria condizione economica (l’1,6% del totale).
Aumenta l’incidenza nelle realtà del Nord e si riduce in quelle del Sud. Il valore massimo si raggiunge nel Lazio, dove il 2,7% delle famiglie risultano impoverite; il valore minimo nelle Marche, dove solo lo 0,8% versano in tale condizione.
Rispetto all’anno precedente si è registrata una riduzione del disagio nelle Regioni del Centro e del Nord ed un sensibile aumento in quelle del Sud (dall’8,3% all’8,4%), in particolare in Calabria, Sicilia e Umbria.
All’estremo opposto troviamo il Trentino Alto Adige, dove solo il 2,3% delle famiglie residenti è in condizioni di disagio economico dovuto ai consumi sanitari, e la Lombardia con il 3,1%.
La spesa sanitaria privata pro-capite italiana nel quinquennio 2012-2017 ha registrato un tasso di crescita medio annuo dell’Italia superiore a quello di EU-Ante 1995, raggiungendo 37,8 miliardi di euro (624 euro pro-capite, +4,4% rispetto al 2016).
A livello regionale, i valori massimi si rilevano in Valle d’Aosta e Lombardia (rispettivamente 1.202,8 euro e 927,8 euro), mentre all’estremo opposto si collocano Campania (300,5 euro) e Calabria (380,8 euro): le differenze di spesa nelle Regioni sono ormai al 90% attribuibile alla componente privata: la differenza di spesa privata tra la Regione con spesa massima e quella con spesa minima è pari a 902,2 euro.
Riguardo all’aspettativa di vita alla nascita. L’Italia arriva a 85,6 anni per le donne e 81 per gli uomini, risultando uno dei Paesi più longevi al mondo.
Anche la speranza di vita residua a 65 anni è, per entrambi i generi, più elevata di un anno rispetto alla media europea.
“Rimane il divario tra Nord e Sud, con oltre un anno di svantaggio in termini di aspettativa di vita nelle Regioni del Mezzogiorno, che diventano 3 per quella a 65 anni”, è scritto nel rapporto. Tuttavia le aspettative di vita nelle Regioni Meridionali – evidenzia il report – sono incomparabilmente migliori di quanto ci si potrebbe aspettare sulla base del loro livello di sviluppo economico: Grecia e Portogallo, ad esempio, pur con un Pil pro-capite paragonabile a quello del nostro meridione, “performano” peggio di tutte le Regioni italiane, Campania esclusa; e quest’ultima, comunque, performa molto meglio di tutti i Paesi dell’Ue orientale.
Il report puntualizza che si “deve confermare che in Italia il primo, e purtroppo persistente e inossidabile, motivo di iniquità – evidenzia il documento – rimane il divario tra Nord e Sud. Divario che arriva a coinvolgere l’aspettativa di vita, appunto,prosegue per la cronicità e la disabilità , malgrado quelle del Sud siano Regioni con una popolazione mediamente più giovane, per le quali (in fase di finanziamento) si presuppone un minor assorbimento di risorse”.
(da agenzie)
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Gennaio 19th, 2019 Riccardo Fucile
PER CONTO DEI PENTACOSTALI E’ IMPEGNATO NEGLI AIUTI SANITARI NEL PAESE AFRICANO
Chi può dimenticarsi di Domenico Scilipoti, politico caratterista della seconda repubblica.
Il seggio non c’è più e lui, con coraggio, ha cambiato vita.
Come riporta in una intervista il Messaggero, l’ex devoto di Berlusconi è andato in Africa, lui sì, davvero. Ha ricevuto un incarico dalle Assemblee di Dio, costola del grande movimento dei pentecostali. E fa il missionario, in Burkina Faso. Scilipoti era partito con Di Pietro e arrivò forzista. Ora la laurea in Medicina potrà avere un riscontro concreto.
“Sono appena tornato da Ouagadougou dove ho visitato le nostre missioni – racconta al Messaggero Scilipoti -. Ho dato consulenze anche in campo sanitario. Ho pure aperto un dialogo con il governo locale, illustrando come possiamo essere utili nel settore legislativo”.
Aiutarli a casa loro, quindi, ma di più per Scilipoti: “Per noi cristiani gli insegnamenti del Vangelo si devono trasferire nella realtà “. Meglio tardi che mai.
E poi spiega la vocazione:
“Fare il missionario è una cosa seria. Noi medici siamo già dei missionari, e lo sono di fatto anche i politici visto che lavorano nell’interesse della collettività . Bisogna saper esercitare nel miglior modo senza avere preclusioni nel proprio cuore”.
(da agenzie)
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