Ottobre 23rd, 2019 Riccardo Fucile
LA SOSTITUZIONE ETNICA NEI TERRITORI CURDI
Tradimenti e deportazione. L’Onu ridotto a spettatore inerme. La Nato che non muove foglia per
non irritare Ankara. Trump che annuncia di aver deciso di togliere le sanzioni imposte alla Turchia il giorno dell’inizio dell’invasione in Siria. L’Unione Europea latitante.
Uno Stato membro delle Nazioni Unite che si vede di fatto amputata una parte di territorio che resterà nelle mani turche con la Russia come garante.
Le cifre in ballo dicono molto sulle intenzioni del progetto: stanziare 3,5 milioni di persone in un’area di 32 km per 450 significa modificare completamente la demografia, la società , la cultura di quei luoghi.
Sintesi della capitolazione della comunità internazionale e delle sue istanze rappresentative sul fronte siriano. Dove a dettar legge sono i contraenti del “patto di Sochi”: il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, e il suo omologo turco Recep Tayyp Erdogan.
Il primo che sarà garante della spartizione dei pozzi petroliferi del Roiava con Bashar al-Assad e l’alleato iraniano. La morsa si è chiusa attorno ai curdi siriani.
Il presidente siriano “sostiene pienamente” i risultati dell’incontro tra Putin ed Erdogan a Sochi. Lo afferma il portavoce del presidente russo, Dmitry Peskov, parlando con i giornalisti.
A detta di Peskov, Assad ha anche assicurato la disponibilità “delle guardie di frontiera siriane di pattugliare insieme alla polizia militare russa il confine” tra Siria e Turchia. Tali affermazioni, dice il portavoce del Cremlino, sono state fatte nel corso di una telefonata che Putin ha avuto con Assad per informarlo dei contenuti del Memorandum sottoscritto al vertice di Sochi.
Durante il colloquio, avvenuto su iniziativa russa, il capo del Cremlino ha anche informato Assad che la “principale priorità consiste nel restaurare l’integrità territoriale della Siria e di rafforzare gli sforzi di natura politica”.
Il regime di Damasco, prenderà il controllo del nord del Paese con la benedizione di Mosca, che funge da garante per Ankara rispetto alle mosse del presidente Bashar al -Assad. Un ruolo di garante che si manifesterà nel rinnovato impegno della Russia a garantire la prosecuzione dell’accordo di Adana, con cui il padre di Bashar, Hafez, nel 1998 si impegnò a impedire attacchi dei curdi del Pkk alla Turchia dal proprio territorio (Ypg è considerata l’ala siriana del Pkk e la contiguità tra le due organizzazioni è per Ankara un dato di fatto)
Un’intesa, quella tra Russia, governo siriano e turco, che esclude come già annunciato il quarto soggetto in campo, le milizie e la popolazione curda, e rappresenta la diretta conseguenza della stretta di mano in dieci punti raggiunta ieri a Sochi tra Erdogan e Putin.
La Turchia continuerà a mantenere il controllo di un territorio di 120 km di estensione e 30 di profondità , compreso tra le città di Tel Abyad (ovest) e Ras Al Ayn (est) sottratto a Ypg con l’offensiva “Fonte di pace” delle scorse settimane.
A partire dalle 12 di oggi militari russi e siriani controlleranno l’effettivo abbandono della safe zone da parte dei miliziani Ypg, entro 150 ore al di fuori dalla suddetta area, destinata a rimanere sotto il controllo di Ankara. Mosca si è impegnata a garantire l’abbandono totale dei miliziani Ypg della città di Tal Rifat, ma soprattutto di Manbij. Quest’ultima si trova fuori dalla “safe zone”, a oves dell’Eufrate
ed è da sempre un centro che la Turchia ha insistito con gli Usa negli ultimi anni perchè fosse abbandonato da Ypg.
Pattugliamenti congiunti Russia-Turchia sono invece previsti per una profondità di 10 km, a est e ovest del territorio tra Tel Abyad e Ras Al Ayn sotto il controllo dell’esercito di Ankara, lungo tutto il confine turco, con esclusione della città di Qamishli. Un’azione congiunta per la quale sarà costituito un meccanismo di coordinamento permanente.
Il fine condiviso da Erdogan e Assad è lo sradicamento dei curdi e la loro sostituzione forzata coi profughi siriani, che curdi non sono, ma che verrebbero stabilizzati in quella striscia di territorio denominato “zona di sicurezza”, adiacente al confine tra Turchia e Siria. Il che, tradotto in denaro, significa 27 miliardi di dollari per costruire villaggi, moschee, ospedali e scuole, ovvero un tentativo di ripresa economica per un Paese in gravissima crisi.
Tutto questo operando una mastodontica sostituzione demografica, che porterebbe due milioni di profughi siriani in una striscia di terra al confine con la Turchia, fino ad allora abitata storicamente dai Curdi. Due milioni di profughi costretti a tornare nella terra da cui sono fuggiti perchè perseguitati dal feroce regime di Assad, e centinaia di migliaia di curdi sparsi non si sa dove e perseguitati ancora una volta per la propria ambizione alla libertà , all’essere un popolo.
Quella che si sta per avviare è una enorme operazione forzata di “sostituzione etnica”.
E’ l’arabizzazione del Rojava. E’ la disintegrazione di un modello, oltre che di un territorio, Le conseguenze dell’accordo si sono già viste a Ginevra: un uomo di etnia curda si è dato fuoco di fronte alla sede dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati(Unhcr).
Il manifestante, un 30enne che vive in Germania, si è cosparso di benzina nel cortile dell’Unhcr, tra Rue de Montbrillant e Avenue de France. I soccorsi lo hanno trasferito in elicottero al Chuv di Losanna, un ospedale specializzato nel trattamento dei grandi ustionati.
Nel frattempo, sempre l’infaticabile portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato che gli Stati Uniti hanno “abbandonato” i loro alleati curdi in Siria lasciandoli affrontare da soli l’offensiva turca. “Gli Stati Uniti sono stati gli alleati più stretti dei curdi. Eppure li hanno abbandonati, essenzialmente li hanno traditi e ora preferiscono mantenere i curdi al confine. In pratica, li costringono a combattere i turchi”, sentenzia il portavoce, citato dall’agenzia di stampa Sputnik.
Secondo Peskov, è “ovvio” che, se i curdi non si ritireranno dalla cosiddetta zona sicura al confine, le guardie di frontiera siriane e la polizia militare russa dovrebbero lasciare l’area.
In questo caso, i restanti gruppi curdi, ha affermato, verrebbero “annientati” dall’esercito turco. “I due più grandi Paesi al mondo”, Usa e Russia, hanno riconosciuto la “legittimità ” dell’operazione Fonte di Pace lanciata dalla Turchia nel nord-est della Siria e gli accordi raggiunti da Ankara con le due potenze sono “successi politici”.
A rivendicarli è il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa Anadolu. In merito all’accordo raggiunto ieri a Sochi, il capo della diplomazia di Ankara ha sottolineato che se le forze turche individueranno “elementi terroristici nell’area dell’operazione Fonte di Pace, li neutralizzeranno”. Secondo Cavusoglu, l’azione della Turchia ha impedito la nascita di uno “Stato terrorista” nel nord della Siria. Il ministro ha quindi definito l’operazione una “svolta” per il futuro del Paese arabo.
Una forzatura trionfalistica? Niente affatto. Perchè ad esultare per la realizzazione della “safe zone” è lo stesso inquilino della Casa Bianca. Trump ha definito un “grande successo” la creazione di una zona di sicurezza in Siria”. “Grande successo al confine tra Turchia e Siria, creato zona di sicurezza!”, ha twittato il presidente Usa, secondo cui” Il cessate il fuoco ha retto e le missioni di combattimento sono finite”, ha scritto su Twitter il presidente degli Stati Uniti. Inoltre, “i curdi sono al sicuro e hanno lavorato molto bene con noi”. E “al sicuro” sono stati definiti anche i prigionieri dell’Isis catturati. Ed è solo l’antipasto.
The Donald dà appuntamento ai giornalista sul prato della Casa Bianca per provare a trasformare un tradimento in una vittoria: “Il cessate il fuoco tiene, credo che la tregua sarà permanente”, per questo le sanzioni alla Turchia “saranno revocate, annuncia Trump, rivendicando come ”questo risultato sia stato creato da noi, non da altre nazioni″. “Ho chiesto al segretario del Tesoro — dichiara il tycoon – di revocare tutte le sanzioni imposte il 14 ottobre in risposta all’offensiva della Turchia”. “Questa mattina – ha reso noto il presidente – il governo turco ha informato la mia amministrazione che fermerà i combattimenti e l’offensiva in Siria e renderà il cessate il fuoco permanente. E credo lo sarà ”.
Così, ha continuato nella sua dichiarazione dalla Diplomatic Reception Room, “le sanzioni saranno revocate a meno che non succeda qualcosa della quale non siamo felici”. “Ci aspettiamo che la Turchia rispetti i suoi impegni riguardo all’Isis”, aggiunge, rivendicando “il grande lavoro fatto, abbiamo risparmiato migliaia di vite”.
Un piccolo numero di soldati Usa resterà in Siria nell’area dove c’è il petrolio e si deciderà in futuro cosa fare col petrolio, ha poi aggiunto. Ma quel “qualcosa” del quale “non essere felici” è già avvenuto. Quanto alle coraggiose combattenti curde che tanto avevano emozionato l’Occidente, come marchio d’infamia per una Europa incapace di andare oltre parole di condanna e uno stop tardivo e parziale alla vendita di armi alla Turchia, valga un video agghiacciante, che circola in rete.
“Questa è una delle vostre puttane. Ora è sotto i nostri piedi”. Il video dell’infamia, rilanciato da analisti internazionali come Mutlu Civirolu, mostra un gruppo di uomini appartenente alle fazioni supportate dalla Turchia, esultare per l’uccisione di una combattente curda tra Kobane e Tal Abyad.
Il gruppo, in particolare, è quello di Faylaq Majid, coinvolto nella battaglia nella regione di Idlib contro il regime di Bashar al-Assad e alleato di milizie jihadiste come quella di Tahrir al-Sham e Ahrar al-Sham
L’identità della milizia è rivelata, nel filmato dagli stessi aguzzini, e confermata dai ricercatori del Rojava Information Center. Milizie assoldate da Erdogan, con il sostegno di Putin e l’avallo di Trump. La vergogna si è consumata. Il cerchio si è chiuso. La “grande spartizione” può iniziare.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 23rd, 2019 Riccardo Fucile
CADE IL DIVIETO DI ACCEDERE AI PERMESSI PREMIO… E’ GIUSTO CHE SI VALUTI CASO PER CASO
Cade il divieto assoluto per gli “ergastolani ostativi” di accedere a permessi premio durante la detenzione.
La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 bis, comma 1, dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata.
Sempre che, ovviamente, spiega Palazzo della Consulta, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo.
Il comunicato dell’Ufficio Stampa della Corte costituzionale spiega infatti: “La Corte costituzionale si è riunita oggi in camera di consiglio per esaminare le questioni sollevate dalla Corte di cassazione e dal Tribunale di sorveglianza di Perugia sulla legittimità dell’articolo 4 bis, comma 1, dell’Ordinamento penitenziario là dove impedisce che per i reati in esso indicati siano concessi permessi premio ai condannati che non collaborano con la giustizia. In entrambi i casi, si trattava di due persone condannate all’ergastolo per delitti di mafia”.
“In attesa del deposito della sentenza – fa sapere l’Ufficio stampa della Corte – a conclusione della discussione le questioni sono state accolte nei seguenti termini. La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 bis, comma 1, dell’Ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che, ovviamente, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo”.
“In questo caso, la Corte – pronunciandosi nei limiti della richiesta dei giudici rimettenti – ha quindi sottratto la concessione del solo permesso premio alla generale applicazione del meccanismo “ostativo” (secondo cui i condannati per i reati previsti dall’articolo 4 bis che dopo la condanna non collaborano con la giustizia non possono accedere ai benefici previsti dall’Ordinamento penitenziario per la generalità dei detenuti).
In virtù della pronuncia della Corte, la presunzione di “pericolosità sociale” del detenuto non collaborante non è più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi sulle relazioni del Carcere nonchè sulle informazioni e i pareri di varie autorità , dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica”.
(da agenzie)
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Ottobre 23rd, 2019 Riccardo Fucile
“NON C’ERA PAR CONDICIO”… MA RANUCCI LI GELA: “CONTATTATO TRE VOLTE SALVINI PER UNA REPLICA, HA RIFIUTATO”… CAPITAN CONIGLIO SGUINZAGLIA I SERVI SCIOCCHI, MA LUI SCAPPA COME SEMPRE
Diventa un caso politico la puntata di lunedì scorso di Report, su Raitre, sui rapporti fra Lega e
Russia. Nel Cda Rai i consiglieri di Lega e Fdi accusano la trasmissione di aver violato la par condicio in vigore a pochi giorni dalle elezioni regionali in Umbria.
Accuse a cui Sigfrido Ranucci replica dicendo che “per ben tre volte abbiamo contattato invano Salvini, invitandolo a dire la sua sul materiale che avevamo raccolto”.
“In Rai sono stato sempre libero e mi sento libero – prosegue Ranucci, parlando con Huffpost – Questa è una cosa essenziale per chi fa giornalismo d’inchiesta. Le inchieste vanno valutate per la loro attendibilità , non con la lente della politica. Su questo mi aspetto un giudizio. La puntata andrà in replica come sempre anche sabato (giorno prima del voto in Umbria, ndr), e lunedì torneremo su questo argomento” assicura.
Nel cda Rai, secondo quanto si apprende, a muovere le accuse sono stati i consiglieri Igor De Biasio (indicato dalla Lega) e Giampaolo Rossi (indicato da Fratelli di Italia).
Una tesi respinta da Rita Borioni (Pd) e Riccardo Laganà (dipendenti) che hanno difeso la trasmissione, che avrebbe solo esercitato il diritto di cronaca. L’amministratore delegato Fabrizio Salini, a quanto si apprende, ha detto che verificherà il tutto.
“Salvini la smetta di scappare, giù le mani da Report” commenta Emanuele Fiano, deputato del Pd, ricordando che è stata depositata in Parlamento un’interrogazione urgente al Governo affinchè faccia presto chiarezza sui rapporti fra Lega e Russia.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 23rd, 2019 Riccardo Fucile
NELL’IMPIANTO AMA C’ERANO LAVORI DI MANUTENZIONE E NESSUNO POTEVA ENTRARE PER RAGIONI DI SICUREZZA DEGLI OSPITI… INVECE CHE PROTESTARE CON IL PREFETTO FACEVA PRIMA A PRENDERE UN APPUNTAMENTO
È sorto un vero e proprio caso politico dopo il respingimento di Matteo Salvini ai cancelli del Tmb Rocca Cencia di Roma.
Il senatore della Lega, accompagnato dal consigliere comunale Maurizio Politi, è stato fermato in prossimità dei cancelli della struttura di proprietà dell’Ama.
Erano lì per fare un’ispezione, ma gli addetti dell’azienda municipalizzata capitolina dei rifiuti hanno avuto l’ordine di non far accedere nessuno all’interno dell’impianto perchè erano in corso lavori di manutenzione che non avrebbero garantito la sicurezza degli ‘ospiti’.
Il tutto è andato in scena, in diretta, anche sul profilo Facebook di Matteo Salvini che voleva condividere con i suoi fan il suo ingresso all’interno del Tmb Rocca Cencia.
Poi, però, l’intervento degli addetti Ama ha fatto cambiare i piani del senatore e leader della Lega, costretto — dopo una protesta plateale e qualche parola scambiata con operatori che lavorano in quell’impianto — ad abbandonare la zona.
Non senza strascichi, con tanto di protesta ufficiale invitata alla prefettura capitolina.
Pochi minuti dopo il rifiuto, motivato dall’Ama parlando di direttive di sicurezza durante i lavori di manutenzione, Matteo Salvini ha pubblicato sui suoi canali social la lettera di protesta — e richiesta di spiegazioni — inviata al prefetto di Roma Gerarda Pantalone, attaccando anche Virginia Raggi che — secondo lui — sarebbe artefice di questo blocco nei suoi confronti.
«Mi auguro che tu possa verificare la regolarità di questo assurdo divieto che mi è stato imposto contando quanto prima di poter visitare l’impianto», ha scritto Matteo Salvini al prefetto di Roma. il suo pensiero si chiude, ovviamente con un riferimento a Virginia Raggi: «Cosa avrà da nascondere?”.
(da “Giornalettismo”)
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Ottobre 23rd, 2019 Riccardo Fucile
SE NON COMMENTAVA LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE ERA MEGLIO: CENTINAIA DI PERSONE ASSASSINATE DAI MAFIOSI NON SONO MORTE “PER UN ATTEGGIAMENTO”. LA MAFIA E’ UN CRIMINE
Scambiare le conseguenze per le cause. È molto curioso il parere che Luigi Di Maio ha consegnato ai
social dopo la sentenza della Corte di Cassazione su quella Mafia Capitale che, secondo i giudici, era un’associazione a delinquere, ma senza il famoso stampo mafioso.
Secondo il leader del Movimento 5 Stelle, che prima dice di rispettare la sentenza e subito dopo solleva dubbi, la mafia è un atteggiamento che deve venire ancora prima dei profili giudiziari.
Gli effetti, dunque. Il discorso fatto dal ministro degli Esteri, nella ristrettezza dei caratteri concessi da Twitter, non è del tutto sbagliato. Ma la consecutio è completamente invertita rispetto allo scorrere del tempo e degli episodi.
A Roma, secondo i giudici della Cassazione, non c’era nessuna Mafia Capitale, ma un sistema di criminalità organizzata che ha tenuto le redini della Città Eterna attraverso bandi pilotati e fondi sottratti alla normale gestione amministrativa, a scopo di interessi personali.
«Le sentenze si rispettano, ma restano i dubbi, le perplessità . E non solo: resta una ferita profonda per Roma e per i romani. Per me la mafia, prima ancora dei profili giudiziari, è un atteggiamento».
Una semplificazione troppo facile per un ministro.
Le centinaia di persone morte per mano della Mafia, non hanno perso la vita per colpa di un atteggiamento. La mafia è crimine allo stato puro, violenza inaudita e senso di onnipotenza sopra ogni legge.
Cause ed effetti
L’atteggiamento mafioso — come quello contestato dalla Procura nel processo di Mafia Capitale, ma respinto dalla Cassazione — è solamente una conseguenza di un sistema marcio che si inserisce nel mezzo (non a caso si parla di Mondo di Mezzo a Roma) delle lacune politico-amministrative e legislative. Non può essere considerato un atteggiamento e basta, senza parlare di profili giudiziari. Anche se a dirlo è un ministro della Repubblica italiana.
(da agenzie)
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Ottobre 23rd, 2019 Riccardo Fucile
ZINGARETTI FA TOCCATE E FUGHE, RENZI LATITANTE, DI MAIO APPARE E SCOMPARE… E I FRANCESCANI PREGANO PERCHE’ SALVINI PERDA… BIANCONI HA DIMEZZATO LO SVANTAGGIO MA NON BASTA
Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera parla delle elezioni in Umbria e dei sondaggi che danno oggi in vantaggio il centrodestra mentre i leader del centrosinistra e del MoVimento 5 Stelle procedono in ordine sparso quando non sono in fuga (dal risultato):
I sondaggi restano quelli degli ultimi giorni, con una forbice di 4/6 punti a favore del centrodestra che marcia, almeno formalmente, compatto e deciso: il Capitano, il Cavaliere e Giorgia Meloni, tutti sorrisi e promesse, giovedì sono andati a Perugia e sabato erano poi a Roma, davanti alla folla di piazza San Giovanni, ad annunciare l’imminente conquista di Palazzo Cesaroni con la candidata Donatella Tesei, senatrice leghista ed ex sindaco di Montefalco, dove ha lasciato un buco nei bilanci da fare spavento.
Il centrosinistra si presenta, invece, in ordine sparso. O proprio non si presenta. Matteo Renzi, per dire, non s’è mai fatto vedere e vive questa tornata elettorale, alla guida del suo piccolo nuovo partito, come se si votasse in una regione dell’Azerbaigian.
Nicola Zingaretti sale e scende dai palchi – Salvini proprio pianerottolo per pianerottolo – , entra nei bar, dice che per il Pd lo scandalo «Sanitopoli» è una ferita aperta ma ben disinfettata, assicura che la rimonta è ancora possibile, però poi risale in macchina e gli viene la faccia imbronciata di quello che pensa: io non lo volevo fare questo governo con i grillini, ero contrario e avevo ragione, ad esserlo.
In compenso Roncone ci fa sapere che i francescani stanno con Bianconi: «Potrei dirle una bugia, e sarebbe comunque un peccato veniale. Invece voglio dirle la verità : noi preghiamo affinchè Salvini perda queste elezioni regionali».
Il risultato delle elezioni fornirà un’ulteriore prova sull’esistenza di Dio.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 23rd, 2019 Riccardo Fucile
CONCESSIONE EDILIZIA SCADUTA, TERRENO VINCOLATO A RISCHIO IDROGEOLOGICO E CAMBI DI DESTINAZIONE D’USO DEL SEMINTERRATO
Gli uomini del Corpo forestale hanno messo sotto sequestro la villa del sindaco di Olbia, Settimo
Nizzi, indagato per abusi edilizi e falso.
Come riportano i quotidiani La Nuova Sardegna e L’Unione Sarda, i sigilli apposti alla costruzione, in località Terrata, nel Comune di Golfo Aranci, su disposizione del Gip del Tribunale di Tempio Pausania, sono la conseguenza delle indagini condotte sulla base di una denuncia per presunti abusi edilizi.
Secondo gli inquirenti la costruzione sarebbe stata realizzata a concessione edilizia scaduta, ma per la Procura il sindaco del capoluogo gallurese — ed ex parlamentare di Forza Italia — avrebbe cambiato destinazione d’uso del seminterrato, trasformandolo da cantina a cucina, e avrebbe costruito la villa in un terreno vincolato dal rischio idrogeologico.
Nizzi, difeso dagli avvocati Sergio Deiana e Leonardo Salvemini, ha sinora respinto le accuse e ha presentato ricorso al tribunale del Riesame per il dissequestro della villa
“Mi sono sempre mosso nel pieno rispetto della legalità e anche in questo caso non ho commesso nessun abuso”, ha detto Nizzi
(da agenzie)
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Ottobre 23rd, 2019 Riccardo Fucile
LA PRODUZIONE MONDIALE VEDE UN ECCESSO DI OFFERTA E LE AZIENDE DEVONO NECESSARIAMENTE RIDURLA… ILVA TARANTO: DA 8 A 4 MILIONI DI TONNELLATE
Nei giorni scorsi l’ILVA era stata al centro di un piccolo caso tra il governo M5S-PD e la maggioranza che lo sostiene in Parlamento con l’abolizione dello scudo penale che era legato all’esecuzione del Piano ambientale fino all’agosto 2023, che erano state concesse lo scorso agosto ad ArcelorMittal con il decreto “salva imprese”.
Nell’occasione stupiva il silenzio di ArcelorMittal che aveva sostenuto di essere intenzionata a chiudere lo stabilimento di Taranto a giugno senza scudo ma adesso, anche dopo il cambio al timone della struttura italiana, si era chiusa in uno strano silenzio.
Spiega oggi infatti Repubblica che il colosso franco-indiano che a settembre dello scorso anno, al termine di una lunghissima trattativa, aveva acquistato l’azienda, sta per chiedere di rivedere il contratto.
E a testimoniare il nuovo corso c’è stato anche il cambio di management: la scorsa settimana è finito il tempo di Matthieu Jehl, che aveva pensato il piano di rilancio di Ilva. Ed è cominciato quello di Lucia Morselli, la lady di ferro che, per far capire a tutti quanto l’aria fosse cambiata, ha subito detto ai sindacati: «Va ridisegnata l’azienda. Qui bisogna cercare di guadagnare i soldi per gli stipendi».
Cosa sta succedendo?
Sta succedendo che l’eccesso di produzione di acciaio in Europa sta portando Arcelor Mittal a prevedere un dimezzamento degli obiettivi produttivi a Taranto: da 8 milioni a circa 4 milioni.
Ma in tutto il mondo c’è un eccesso di offerta: circa 550 milioni di tonnellate. Con una riduzione drastica dell’attività appare inevitabile un taglio anche della forza lavoro: sono previsti dai 4 mila ai 5 mila esuberi.
«Volete lo stop alla produzione a caldo? Significa mandare a casa cinquemila persone»
L’azienda ha in mano un accordo assai oneroso: sono previsti investimenti per 2,4 miliardi. Investimenti che dovevano essere garantiti da una produzione da 6 milioni di tonnellate annue, che dovevano arrivare fino a otto.
Oggi Ilva non riesce ad andare oltre le quattro, anche perchè due degli altoforni sono chiusi per i lavori di ambientalizzazione (e un terzo era stato fermato dalla Procura).
Così, hanno detto ieri i vertici di Arcelor al ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, non si può andare avanti. Il ministro aveva capito perfettamente quanto la questione fosse delicata.
Tanto che poche ore prima era andato in Aula al Senato a dire: «Bisogna tenere insieme la capacità produttiva, la capacità di dare risposte occupazionali e l’impossibilità di continuare in una strada che ha ammalato una popolazione. Sono elementi dovranno stare insieme in un ragionamento complessivo che dovremo fare e che faremo insieme all’azienda». Potrebbe non bastare.
Secondo il Messaggero per l’azienda resta necessario anche trovare un paracadute che metta al sicuro da incursioni giudiziarie e legali i manager che attuano il piano ambientale.
Al governo Arcelor Mittal ha dato anche un termine per trovare una soluzione definitiva: due settimane, massimo tre. Dopo di che la prospettiva del “fine avventura” (con tanto di strascichi legali per danni) potrebbe essere più vicina.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 23rd, 2019 Riccardo Fucile
IL REATO E’ SEMPRE PENALE, NON ESISTE IL REATO CIVILE, ESISTONO GLI ILLECITI AMMINISTRATIVI… E’QUESTO SOGGETTO AVREBBE FATTO GIURISPRUDENZA?
Ieri Luigi Di Maio ha fornito a DiMartedì l’ennesima dimostrazione della sua attenzione alla giurisprudenza e ai suoi studi passati spiegando, all’incirca al minuto 16 della sua intervista, che “c’è una norma anche sulla prescrizione che dice che anche se il reato penale si prescrive, io posso fare tutti gli accertamenti per la confisca”.
Un’espressione che dal punto di vista giuridico non potrebbe essere più errata, e che suscita ilarità negli avvocati o addetti ai lavori che la leggono o la sentono.
Il reato è sempre penale non esiste il reato civile o amministrativo.
L’errore è grammaticale, essendo il reato un illecito esclusivamente penale, non esistono reati civili o amministrativi, si tratta di una ripetizione inutile.
Quando un avvocato o un addetto ai lavori sente dire, in una discussione, l’espressione “reato penale” risulterà difficile che non gli compaia sul volto un’espressione contrariata
Coloro che scrivono o dicono “reato penale”, stanno ripetendo due volte lo stesso concetto.
Ad esempio, facendo un paragone con un campo della scienza, nell’ambito della zoologia, sarebbe come dire “cavallo equino” o, “asino equino”.
Scrivere o dire “reato penale” sarebbe uguale a ripetere due volte lo stesso concetto, attribuendo al concetto un aggettivo qualificativo che si trova nella sua definizione e della quale non ci sarebbe bisogno.
Il reato coinvolge esclusivamente il penale. Esistono gli illeciti amministrativi, che non implicano conseguenze sulla fedina penale, ma di natura economica, essendo puniti con sanzioni pecuniarie. Ne costituiscono un esempio le multe stradali.
(da “NextQuotidiano”)
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