Novembre 3rd, 2020 Riccardo Fucile
ITALIA DIVISA PER ZONE: ROSSA, ARANCIONE E VERDE… MA IN PRATICA SI CHIUDE POCO E NULLA, TEMPO PERSO
Oggi è il giorno del nuovo Dpcm. In serata arriverà la firma del premier Giuseppe Conte sul nuovo decreto che contiene misure anti-Covid ancora più stringenti per cercare di contenere la seconda ondata di contagi da coronavirus in Italia.
Ma soprattutto, ed è questa la novità , il documento prevede regole diverse per aree. Questa volta, infatti, il governo ha deciso poche misure uguali in tutta Italia ma restrizioni differenziate per zone. La giornata però sarà lunga, dettata da appuntamenti e vertici.
La mattinata, verso le 9.30, è iniziata con la riunione tra il premier, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, il ministro Francesco Boccia ed i capi delegazione della maggioranza. L’obiettivo: fare un punto sulla situazione e definire insieme le nuove norme che saranno contenute nel Dpcm. È previsto poi un nuovo incontro in videocollegamento con le Regioni alle 15.30 e a seguire dovrebbe tenersi un nuovo confronto con il Cts. Di sicuro, Conte prima di firmare il decreto che resterà in vigore fino al prossimo 4 dicembre, dovrà avere l’ok dai governatori.
Il testo del nuovo provvedimento ancora non esiste. Ma si conoscono già i principali dettagli a livello nazionale: didattica a distanza al 100 per cento alle scuole superiori, limiti alla mobilità fra Regioni a rischio, centri commerciali chiusi nel weekend e nei giorni festivi.
E ancora: non apriranno i musei, le sale bingo e quelle scommesse, i mezzi pubblici potranno essere pieni al 50 per cento e ci saranno limiti alla circolazione delle persone di sera con un coprifuoco che scatterà , molto probabilmente, alle 21.
La novità principale è che l’Italia sarà divisa per zone: rossa, arancione e verde. L’immagine che bisogna avere in mente è quella di un semaforo: il rosso segna lo stop, l’arancione il rischio e il verde “il via libera”sempre nel rispetto delle regole nazionali. Non è escluso però che una zona verde possa diventare arancione e una arancione rossa.
L’inserimento di una Regione in una delle tre fasce di criticità , infatti, “avverrà con un’ordinanza del ministro della Salute”. In pratica il provvedimento avoca al ministro Speranza la responsabilità di intervenire d’imperio, scavalcando i governatori.
Nella zona rossa, in cui sono state inserite Lombardia, Piemonte e Calabria (e potrebbero rientrarci anche Alto Adige e Valle d’Aosta) verrà applicato un lockdown cosiddetto “soft”: resteranno aperte solamente le industrie e le scuole fino alla prima media. Il resto seguirà le lezioni da casa. Chiusi tutti gli esercizi commerciali, compresi parrucchieri ed estetisti. Nessuna serrata per i servizi essenziali, ovviamente farmacie e supermercati saranno aperti al pubblico come a marzo scorso.
“Sarà un lockdown light sul modello tedesco per non bloccare il Paese”, ha spiegato anche la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa.
La seconda area è quella arancione di cui fanno parte Puglia, Liguria e Campania e forse anche il Veneto: i ristoranti restano chiusi, le loro serrande rimangono abbassate tutto il giorno e non più solo dopo le 18. Sono salvi però parrucchieri e centri estetici. Oltre quindi alla serrata dei locali, restano in vigore le regole generali.
E infine, l’ultima zona è quella verde, con regole meno rigide ma comunque più restrittive rispetto al decreto dello scorso 24 ottobre. Qui rientra il resto di Italia.
Si farà meno shopping perchè i centri commerciali saranno chiusi nel weekend, il trasporto pubblico è dimezzato. Dopo la chiusura di cinema e teatri un altro colpo alla cultura: anche i musei restano chiusi. Alle 21, poi, finisce la giornata: tutti dentro casa quando scatterà il coprifuoco nazionale, salvo ovviamente motivi di salute o lavoro.
Solo le Regioni ‘rosse’ entreranno, quindi, in una sorta di lockdown che per molti aspetti ricorda quello della primavera scorsa. E su questi territori si discute sull’utilizzo dell’autocertificazione, in versione modificata, fortemente voluta dal ministro Speranza. Di certo, andrà compilata ed esibita quando si dovrà uscire dopo le 21 o le 22, ossia quando scatterà il coprifuoco nazionale.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2020 Riccardo Fucile
“UN DISASTRO ANNUNCIATO, LA STRUTTURA ERA FATISCENTE”: BENVENUTI NELLA SANITA’ LEGHISTA LIGURE
«La prima cosa che ci siamo chieste è stata: come abbiamo fatto in soli 10 giorni a ridurci in
questo stato? La risposta, però, la conoscevamo già ». La vicenda dell’Rsa Mazzini di La Spezia ha dell’assurdo.
Nel pieno della prima ondata di Coronavirus, quando le Rsa della Lombardia, del Lazio e di altre zone d’Italia venivano prese d’assalto dal Sars-Cov-2, la storica struttura ligure ne era uscita indenne. Con l’arrivo dell’autunno, però, la situazione si è ribaltata. Tutti i residenti si sono ammalati di Covid-19 — 53 anziani su 53. Hanno contratto il virus in un pomeriggio di metà ottobre. Si è intrufolato «in un lampo» nella struttura, senza poter fare nulla. Come se fosse stato un giorno qualunque di marzo, come se 8 mesi di pandemia non fossero mai esistiti.
La percentuale delle morti nelle Rsa causate dal Coronavirus nei primi 4 mesi di emergenza è stata del 40%. Da una parte un virus imprevedibile che si è diffuso nelle residenze, portandosi dietro la conseguente carenza di dispositivi di protezione adeguati. Dall’altra la cattiva gestione regionale dei pazienti, la scarsità (storica) dei posti letto e del personale adeguato. Una pagina buia dalla quale, con l’arrivo dell’estate, sembravamo essere usciti.
Eppure rieccoci. Nella Residenza Mazzini (che non è certo l’unica in Italia ad aver registrato un cluster in questa nuova ondata) la situazione continua ad aggravarsi ora dopo ora. Nella struttura sono rimasti solo 4 pazienti (positivi), mentre tutti gli altri sono stati trasferiti in ospedale per complicazioni derivanti dalla malattia.
Tutti tranne uno, che non ce l’ha fatta. Ieri, 2 novembre, dieci pazienti sono stati trasferiti nei reparti d’urgenza per essere ossigenati. E a pagare il prezzo della cattiva gestione non sono stati solo gli anziani: 7 infermieri su 11 hanno contratto la Covid-19, lavorando ogni giorno in condizioni, dicono, assolutamente inadeguate.
Stanze senza finestre e dpi inadeguati: il caso limite che parla a tutta Italia
«Non è certo per caso che siamo arrivati a questo punto», dice Assunta Chiocca di NurSind, il sindacato di categoria che sta seguendo gli infermieri della struttura. «Il virus viene da dentro perchè i parenti non entrano da settimane. E la responsabilità è di chi ha ignorato i problemi strutturali che esistono da anni, e lo ha fatto coscientemente anche dopo la tragedia della prima ondata».
Da struttura storica — un’«eccellenza europea» — ha iniziato il suo declino tempo fa, consolidatosi dopo la vicenda confusa dell’assegnazione degli appalti.
«Nei vari passaggi delle ultime settimane sono sorti diversi problemi nella gestione e la Asl se ne è lavata le mani», dice Chiocca. L’edificio della Rsa, secondo le Oss che ci lavorano, è in condizioni «fatiscenti»: ci sono finestre bloccate che rendono impossibile l’areazione e ambienti inadeguati alla divisione degli spazi.
Oltretutto, i dispositivi di protezione erano non idonei («le infermiere dovevano tenere, disinfettandole di tanto in tanto, le mascherine per più giorni») e gestire anziani — spesso con patologie invalidanti — che faticano a tenere su le mascherine e a igienizzarsi correttamente è un’impresa non da poco. «Io considero quello di La Spezia un caso limite perchè non si può a oggi, dopo tutto quello che è successo, ritrovarsi in questa situazione», dice Chiocca. «Ma fondamentalmente i problemi sono gli stessi anche da altre parti. E le responsabilità è in primis dei territori».
(da Open)
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Novembre 3rd, 2020 Riccardo Fucile
E ALLORA CREPATE SENZA ROMPERE I COGLIONI, INTASARE OSPEDALI E SUCCHIARE SOLDI ALLO STATO
L’epidemia da Covid-19 corre in Europa e nel mondo. I Paesi attendono ansiosi il vaccino, che appare sempre più l’unica via di salvezza. L’Ema ha rotto gli indugi e ha annunciato sul suo sito di aver avviato la rolling review, la procedura accelerata, per l’approvazione del vaccino anti Covid 19, quello di Oxford a cui si lavora anche in Italia.
Ma nella forsennata corsa al vaccino che vede centinaia di candidati in tutto il mondo, notizie, annunci e indiscrezioni si susseguono frenetici. Più o meno attendibili più o meno rassicuranti, o addirittura inquietanti. Come quella riportata dal New York Times, secondo cui il governo cinese starebbe procedendo alla somministrazione su larga scala di tre vaccini senza attendere la conclusione dei trial clinici.
Primi a essere inoculati i dipendenti pubblici e il personale delle farmaceutiche produttrici dei vaccini, a seguire gli insegnanti, i lavoratori dei supermercati e chi viaggia in aree a rischio.
Mentre un vero vaccino contro il Covid non è ancora stato creato e messo in commercio, si registra che, al di là della percezione, gli italiani interessati a una vaccinazione non siano poi tantissimi.
Stando al sondaggio dell’Atlante politico riportato su Repubblica, alla domanda “sei disponibile a sottoporti al trattamento anti-Covid?”, il 37% degli intervistati risponderebbe di no.
I risultati del sondaggio rilevano che la maggioranza, oggi, si metterebbe in lista, ma registrano anche una crescente diffidenza. Quasi sei italiani su dieci si dicono pronti a vaccinarsi il prima possibile (59%): non appena saranno terminate le sperimentazioni e completato l’iter di autorizzazione.
Ma, come detto, il 37% degli intervistati non è intenzionato a vaccinarsi, e tale quota è lievitata di oltre dieci punti rispetto alla scorsa primavera (26%).
Sotto il profilo socio-demografico, la disponibilità risulta molto più ampia tra gli uomini (70%) rispetto alle donne (50%); tra gli under 30 (68%) e gli over-65 (67%), mentre si contrae leggermente nelle fasce centrali d’età . Si tratta di coordinate sociali che riproducono, in parte, il diverso impatto del virus. Ma anche il desiderio, da parte dei settori più giovani, di tornare a una condizione di normalità .
(da TPI)
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Novembre 3rd, 2020 Riccardo Fucile
SI SONO NASCOSTI NEGLI ARMADI ALL’ARRIVO DELLA POLIZIA… SONO IMBECILLI TRA I 14 E I 21 ANNI
Hanno affittato un appartamento per organizzare una festa privata, senza indossare la mascherina
e violando le regole sul distanziamento sociale.
La polizia di Torino ha sanzionato 27 ragazzi, tra i 14 e i 21 anni per il mancato rispetto delle norme anti-Covid.
Uno di loro, in particolare, ha affittato giorni prima l’appartamento, tramite una piattaforma online, per ospitare alcuni amici provenienti dall’estero. In seguito, il giovane e i suoi ospiti, attraverso una catena di messaggi, avevano organizzato il party. Quando gli agenti hanno raggiunto l’appartamento, alcuni dei presenti hanno tentato di nascondersi all’interno degli armadi, sul balcone, nel bagno, sotto i letti e alcuni persino nello sgabuzzino.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2020 Riccardo Fucile
ERA GIA’ NOTO AI SERVIZI SEGRETI
Era un ventenne nato a Vienna, l’autore dell’attacco terrorista di ieri in Austria. Lo scrive il giornale “Der Falter”, aggiungendo che l’uomo, di origini albanesi, era conosciuto ai servizi segreti austriaci. Inoltre, a detta degli 007 di Vienna, l’uomo faceva parte di un gruppo di circa 90 islamisti austriaci che aveva manifestato l’intenzione di recarsi in Siria.
Secondo quanto scrive su Twitter Florian Klenk, giornalista di Falter, l’attentatore si chiamava Kurtin S., i suoi genitori provengono dalla Macedonia del Nord e non si sarebbero mai fatti notare dal punto di vista di eventuali tendenze islamiste.
“L’odio non può essere la risposta. L’odio porta altro odio”. Lo ha detto l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schoenborn, all’emittente televisiva Orf usando le parole di una dei sopravvissuti al Bataclan per condannare gli attentati di ieri sera a Vienna. “Non avrete mai indietro il nostro odio, non risponderemo con l’odio”, aveva detto la sopravvissuta.
L’arcivescovo ha poi annunciato per oggi una messa nella cattedrale di Santo Stefano in ricordo delle vittime, sottolineando che verranno rispettate le misure anti Covid entrate in vigore ieri sera in Austria. La funzione verrà trasmessa via streaming.
“E’ necessario trovare una pace interiore per comunicare con i fedeli senza andare nel panico”, ha proseguito il religioso, dicendo che “questa notte ho ricevuto molti messaggi, sms, fedeli che mi dicevano di pregare per Vienna e per l’Austria. Queste sono le forme di solidarietà positive di cui abbiamo bisogno”.
“Noi da tempo dobbiamo rispettare delle distanze, ma questo non vale per i nostri cuori”, ha concluso invitando alla solidarietà nel mezzo della pandemia causata dal coronavirus.
(da “Huffingtonpost)
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Novembre 3rd, 2020 Riccardo Fucile
FLORIDA, NORTH CAROLINA, PENNSYLVANIA, TEXAS: GUIDA AL REBUS DELLA SFIDA TRA TRUMP E BIDEN
Mettiamoci l’animo in pace. I risultati in alcuni Stati chiave – tra cui Pennsylvania, Michigan,
Wisconsin – non saranno e non potranno essere previsti entro la fine dell’Election Day. Questo perchè tali Stati non potranno contare — o addirittura aprire — le schede del voto anticipato fino all’alba di martedì, o anche dopo la chiusura delle urne. E come tutti sanno quest’anno, a causa della pandemia, il voto anticipato ha raggiunto volumi da record: quasi 100 milioni di voti.
Ci sono però una manciata di Stati in bilico che consentono ai funzionari elettorali di elaborare e contare i voti per posta prima del 3 novembre: queste schede verranno comunicate alla chiusura delle urne. Ciò significa che in questi Stati i funzionari dovranno contare solo i voti in presenza e le schede elettorali consegnate martedì. Se in questi campi di battaglia i due contendenti non sono troppo vicini, il vincitore potrebbe essere annunciato in anticipo.
Non tutto dunque è perduto: se i giusti Swing States vengono chiamati in anticipo, alla fine della nottata potremmo essere in grado di dire chi tra Biden e Trump avrà vinto la presidenza. Eccoli, dunque, gli Stati chiave da seguire secondo la guida di HuffPost USA per capire se l’alba di mercoledì ci regalerà un vincitore, o se dovremo rimanere in bilico per giorni o settimane (sigh).
Florida e Georgia – 1 di notte
Le prime chiusure di seggi che contano davvero sono in Florida e in Georgia alle 19 di Washington (l’1 di notte in Italia). La Florida, in particolare, è tra gli Stati in bilico il più pesante in termini di grandi elettori e il più promettente dal punto di vista della tempistica. La legge statale consente ai funzionari elettorali di elaborare e contare i voti anticipati prima del giorno delle elezioni. Se la Florida dovesse consegnare la vittoria a Biden già in nottata, il titolo di Mr President sarà quasi sicuramente suo; se la consegnasse a Trump, o se fosse “too close to call”, il dramma elettorale si trascinerebbe in altri Stati con meno probabilità di completare i loro conteggi nella notte elettorale. Gli ultimi sondaggi danno un testa a testa serratissimo, con il democratico in vantaggio di un punto percentuale.
Come la Florida, la Georgia è uno Stato con un grande numero di voti elettorali (16); se fosse ‘chiamata’ per Biden segnalerebbe una sua imminente vittoria.
North Carolina, Ohio — 1:30
La Carolina del Nord, come la Florida, consente ai funzionari elettorali di elaborare e contare in anticipo le schede elettorali inviate per posta. Ciò significa che un vincitore potrebbe essere proiettato nella notte delle elezioni. Con 15 voti elettorali, è un grande premio del Collegio Elettorale che, se vinto da Biden, annuncerà la sua vittoria.
L’Ohio (18 voti elettorali) è stato generoso con Trump nel 2016, ma quest’anno potrebbe voltargli le spalle: i sondaggi danno i due sfidanti sul filo del rasoio e alcune previsioni indicano lo Stato come possibile ‘ribaltone’. Una vittoria di Trump in Ohio è decisiva, mentre un successo di Biden segnalerebbe con forza che sarà il prossimo presidente. Le schede per posta verranno conteggiate durante l’Election day, ma la prima fase, quella dell’elaborazione, è già stata compiuta: al netto di qualche ritardo dovuto al volume record del voto anticipato, l’attesa non dovrebbe essere troppo lunga.
Pennsylvania — ore 2
La Pennsylvania ha votato per Trump nel 2016 con un sottile margine di 43.000 voti. Biden ha solo bisogno di riconquistare i tre stati “muro blu” di Pennsylvania, Michigan e Wisconsin che erano stati democratici tra il 1992 e il 2012 per rivendicare la vittoria. Ma ci sono poche possibilità che la Pennsylvania riporti qualcosa di vicino ai risultati finali la notte delle elezioni.
La Pennsylvania, che vanta 20 voti elettorali, non consente ai funzionari elettorali di elaborare o contare i voti per posta prima del giorno delle elezioni. La legislatura statale a guida repubblicana ha rifiutato di modificare le regole per la pandemia. La maggior parte dei funzionari elettorali di contea inizierà l’elaborazione e il conteggio delle schede elettorali all’inizio dell’Election Day, ma alcuni non hanno intenzione di farlo fino alla chiusura delle urne.
Data la maggiore propensione dei repubblicani al voto in presenza, è quasi certo che nella notte Trump risulterà in vantaggio anche di parecchio. Ma attenzione perchè potrebbe trattarsi solo di un “miraggio rosso” da ricalibrare dopo il conteggio dei voti per posta. Questi ultimi potrebbero creare un “passaggio blu” via via che le schede vengono scrutinate
Lo scenario da incubo è quello in cui i 20 grandi elettori della Pennsylvania sono decisivi per stabilire il vincitore. Il risultato ufficiale, infatti, potrà essere chiamato solo dopo alcuni giorni e la campagna di Trump ha già promesso battaglia sulle schede che arrivano in ritardo. Attualmente la legge prevede che siano considerate valide le schede che arrivano entro tre giorni dall’Election Day, purchè timbrate non oltre il 3 novembre; almeno tre giudici conservatori della Corte Suprema sembrano essere aperti all’idea di invalidarle. Il timore dei democratici è che la campagna di Trump cerchi di sospendere il conteggio di tutti i voti per corrispondenza mentre il tribunale esamina il caso di queste schede in ritardo. Se tocca alla Pennsylvania decidere le elezioni, preparati per un lungo inverno
La campagna di Trump, tuttavia, ha indicato che cercherà di impedire alla Pennsylvania di contare le schede elettorali dopo il giorno delle elezioni. Almeno tre giudici conservatori della Corte Suprema degli Stati Uniti sembrano essere aperti a lanciare schede elettorali in Pennsylvania che vengono timbrate entro il giorno delle elezioni ma arrivano fino a tre giorni dopo. Il procuratore generale della Pennsylvania Josh Shapiro (D) afferma di essere preoccupato che la campagna di Trump cerchi di sospendere il conteggio di tutte le schede assenti mentre il tribunale ascolta una sfida a queste schede in ritardo. Se tocca alla Pennsylvania decidere le elezioni, è meglio prepararsi per un lungo inverno.
Arizona, Michigan, Texas, Wisconsin — le 3 di notte
Arizona e Texas avranno probabilmente risultati quasi completi nella notte elettorale, poichè possono elaborare e contare le schede per posta prima del giorno delle elezioni. Le schede possono essere elaborate nel Michigan a partire dal giorno prima delle elezioni, il che potrebbe far slittare un po’ (ma non troppo) l’assegnazione dello Stato.
Se Biden vincesse il Texas e i suoi 38 voti elettorali, cosa che nessun democratico ha fatto dai tempi di Jimmy Carter nel 1976, avrebbe vinto le elezioni. Il Texas dovrebbe essere più veloce per consegnare il risultato, l’Arizona dovrebbe metterci di più.
Il Michigan (16 voti elettorali) e il Wisconsin (10) assomiglieranno molto alla Pennsylvania, con un grande exploit per Trump guidato dal voto in persona, destinato a ridimensionarsi con il conteggio dei voti per posta. In Wisconsin, i funzionari pianificano di contare le schede per tutta la notte e fino al giorno successivo. Come per la Pennsylvania, non aspettatevi che i risultati vengano proiettati nè nel Michigan nè nel Wisconsin la notte delle elezioni.
Iowa, Nevada — e sono le 4
Entrambi valgono 6 grandi elettori, ed entrambi potrebbero rappresentare la ciliegina sulla torta nel caso di una buona notte per Biden. Il Nevada ha scelto il voto per posta come prassi durante la pandemia, ma il risultato finale potrebbe comunque tardare in attesa delle schede in ritardo. L’Iowa consente ai funzionari di elaborare le schede in anticipo, ma non di contarle.
L’alba del giorno dopo
Se il nuovo giorno consegnerà un Biden come vincitore, sarà perchè uno Stato come la Florida viene assegnato prima di mezzanotte (le 6 di mattina in Italia) o nelle prime ore di mercoledì. Gli scenari, giudicati più improbabili, di una vittoria di Trump si basano sul presupposto che la notte lo veda vincitore negli Stati dell’Upper Midwest che non hanno ancora contato i voti per posta (Iowa, Michigan, Minnesota, North Dakota, South Dakota e Wisconsin). D’altronde, se la Sun Belt che lo ha votato nel 2016 (Arizona, Florida, Georgia e Carolina del Nord) gli resterà fedele, la partita potrebbe diventare lunghissima. Se Stati come Pennsylvania, Wisconsin e Michigan dovessero rivelarsi decisivi, assisteremmo a una riedizione della disputa Bush vs Gore del 2000, quando dopo più di un mese fu la Corte Suprema ad assegnare la vittoria al repubblicano per un pugno di voti. Questa però è un’altra storia. E il 2020, ce lo sta dimostrando in tutti i modi, non va a scuola da nessuno.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 3rd, 2020 Riccardo Fucile
“GLI INDICATORI SCELTI DAL GOVERNO PER DECIDERE I LOCKDOWN? FOTOGRAFANO SITUAZIONI GIA’ VECCHIE”… “MILANO ANDAVA CHIUSA 15 GIORNI FA”
“Se tenere aperta o chiudere una Regione diventa un fatto politico, se un presidente di Regione pensa che il successo politico si dimostra non chiudendo, è chiaro che ci sono mille modi per aggiustare i dati e stare sotto la soglia”.
Lo ha detto ad Agorà su Rai Tre Andrea Crisanti, ordinario di Microbiologia dell’Università di Padova, commentando il Dpcm che il governo si appresta a varare. “Non ci vuole molto a fare questi piccoli aggiustamenti – ha sottolineato Crisanti – ad esempio “basta non ricoverare o rimandare a casa persone che sono border line”.
Sul “caso Milano” Crisanti, che tra i primi ha lanciato l’allarme sulla reale attendibilità dei test rapidi adottati dal Veneto e da altre Regioni, si è detto d’accordo con l’ordine dei medici, che chiede un lockdown per la città , anzi pensa che la chiusura arrivi troppo tardi: “Quando ci sono 9mila casi al giorno il sistema sanitario non è più in grado di fronteggiare la situazione. Si doveva pensare di chiudere in maniera mirata determinate zone 15 giorni fa, e non saremmo a questo punto”.
Mentre per analoghe ragioni non è soddisfatto dagli indicatori presi in cosiderazione per il Dpcm in fase di definizione, come i posti occupati in terapia intensiva: “Sono indicatori tardivi. Si va in terapia intensiva 10-15 giorni dopo che ci si è infettati, quindi questi indicatori leggono una situazione di 15 giorni prima”.
“Per me va bene qualsiasi misura di restrizione, perchè prima o poi farà effetto” afferma. “Il problema è che non si può andare avanti con misure di restrizione per mesi e mesi. E nessun reset fa effetto se non abbiamo un piano per impedire che i casi risalgono e per consolidare i risultati di qualsiasi misura”.
Per il microbiologo, la vera sfida in questo momento è “evitare la terza ondata”. Perciò l’agenda politica “dovrebbe essere quella di preparare un piano nazionale per consolidare i risultati di queste nuove misure”.
Questo perchè, argomenta Crisanti, “se noi adesso adottiamo un lockdown estremamente rigido, in sei settimane, probabilmente a ridosso di Natale, i casi diminuiranno, ma poi ci saranno mille pressioni per rimuovere le misure. Tutti vorranno andare in vacanza, a cena fuori, a trovare amici e parenti, e a febbraio ci ritroveremo nella stessa situazione”.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2020 Riccardo Fucile
ALMENO 4 ATTENTATORI, UNO E’ STATO UCCISO: UN GIOVANE RADICALIZZATO
Cinque persone sono morte, 4 civili e uno degli aggressori. Almeno 17 le persone rimaste ferite
nell’attentato di ieri sera a Vienna, prima che iniziasse il lockdown per il coronavirus. Il ministro dell’Interno Karl Nehammer ha detto in tarda notte che due uomini e due donne sono morti per le ferite riportate. I cittadini sono stati esortati a rimanere a casa
I feriti, molti in pericolo di vita
Il direttore sanitario della capitale austriaca Michael Binder ha precisato che sette persone sono in pericolo di vita, una decina è sotto shock. Tutti i feriti sono stati colpiti da armi da fuoco. Rimangono stabili ma critiche le condizioni del poliziotto colpito che si trova in terapia intensiva. Anche le misure di sicurezza negli ospedali sono state intensificate, come ha affermato il direttore dell’ospedale: “Sono ben protetti”. Al momento non ci sono indicazioni di italiani coinvolti nell’attacco.
Cinque le vittime, compreso l’attentatore
Il ministro dell’Interno austriaco, Karl Nehammer, ha confermato a notte fonda che le vittime dell’attacco sono 5 incluso un attentatore. Due uomini e due donne sono morti per le ferite riportate. Una delle due donne di età compresa fra i 40 e i 50 anni è deceduta
Perquisizioni e arresti in corso, almeno 4 gli attentatori
La polizia austriaca sta effettuando “perquisizioni e arresti in questo momento”, ha dichiarato il sindaco di Vienna Michael Ludwig. Gli inquirenti austriaci ritengono che gli attentatori di Vienna potrebbero essere almeno quattro. Nehammer, ha riferito all’agenzia di stampa Apa che sono state effettuate 15 perquisizioni domiciliari e diverse persone sono state arrestate.
Attentatore ucciso: 20enne radicalizzato
Il ministro dell’Interno ha detto che il terrorista ucciso era un “simpatizzante dello Stato islamico radicalizzato” rifiutando però di approfondire, citando l’indagine in corso. L’appartamento in cui viveva è stato comunque perquisito dalle forze dell’ordine che hanno usato una carica esplosiva per accedervi.
I media tedeschi riportano diverse versioni. Si tratterebbe di un giovane di 20 o 30 anni forse di origini albanesi ma nato e cresciuto in Austria. Ha attaccato pesantemente armato ma la cintura esplosiva attorno al corpo si è rivelata finta. In passato aveva provato ad andare a combattere in Siria. Le informazioni non sono confermate dalle autorità .
Per il giornale Der Falter l’uomo era conosciuto ai servizi segreti austriaci. Inoltre, a detta degli 007 di Vienna, faceva parte di un gruppo di circa 90 islamisti austriaci che aveva manifestato l’intenzione di recarsi in Siria. Secondo quanto scrive su Twitter Florian Klenk, giornalista di Falter, si chiamava Kurtin S., i suoi genitori provengono dalla Macedonia del Nord e non si sarebbero mai fatti notare dal punto di vista di eventuali tendenze islamiste.
Il Kronen Zeitung entra più nel particolare e pubblica una foto pixellata tratta dal suo profilo Ig, si tratta, scrive, di un rifugiato che aveva prestato giuramento di fedeltà al nuovo leader dell’Isis Abu Ibrahim al-Hashimi al-Quraishi. Anche secondo quanto scrive la Bild l’attentatore avrebbe annunciato su Instagram il suo gesto, postando alcune foto lunedì.
L’attacco in sei diversi punti della città vecchia
La prima sparatoria, attorno alle 20, è avvenuta nella via in cui si trova la principale sinagoga della capitale, chiusa in quel momento e teatro nel 1981 di un attentato con due vittime, vicina a una zona di locali molto frequentata. Gli attentatori hanno sparato a chi sedeva nei “dehors” dei locali del centro della città ; alle 20,09 è stato ucciso dalla polizia uno degli aggressori. Gli attacchi sono avvenuti in sei diversi punti della città vecchia, tutti molto vicini, nel Primo distretto della capitale austriaca. Mentre l’attacco era ancora in corso, i testimoni hanno postato sui social circa 20 mila video; immediatamente è stato chiesto di non diffonderli e una squadra speciale di agenti li sta analizzando.
La caccia all’uomo
Un migliaio di uomini, fra poliziotti e militari, sta ancora partecipando alla caccia all’uomo, con elicotteri e posti di blocco intorno alla capitale, 75 soldati sono stati posti a guardia degli edifici “sensibili” mentre anche le vicine Germania e Ungheria hanno annunciato l’invio di forze speciali.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2020 Riccardo Fucile
LA POLIZIA HA UCCISO UN ATTENTATORE…”SPARAVANO A CASO NEI LOCALI”… KURZ NON ESCLUDE IL MOVENTE ANTISEMITA
L’Austria sotto attacco. Un commando terroristico in serata ha preso di mira passanti e avventori dei locali nel centro di Vienna, non lontano da una sinagoga.
Gli assalitori hanno sparato sulla folla con fucili. La polizia conferma un morto tra i passanti e diversi feriti gravi, tra cui un agente.
Un terrorista armato con un fucile d’assalto è stato ucciso dalle forze speciali. “Aveva una cintura esplosiva”, ha detto la tv austriaca Orf.
Il cancelliere Kurz lancia l’allarme: “Diversi attentatori ben armati sono ancora in fuga”. E non escluse il movente antisemita.
I primi spari sono stati esplosi verso le 20 nella Seitenstettengasse, nei pressi della principale sinagoga della città .
Poi il commando terrorista, composto da almeno quattro attentatori, avrebbe iniziato a fuggire sparando in sei punti diversi della città . La polizia di Vienna sul suo profilo Twitter scrive di “molti sospetti armati di fucile”. Alcuni media hanno parlato anche di una presa di ostaggi in un ristorante giapponese, ma questa notizia non è stata confermata.
Il ministro dell’Interno, Karl Nehammer, che ha parlato in diretta alla nazione, non ha voluto esprimersi sulla presunta presa d’ostaggi ancora in corso, chiedendo comprensione data la gravità della situazione. “Restate a casa”, è stato il suo appello alla popolazione. In azione ci sono le forze speciali Vega e Cobra ed è sceso in strada anche l’esercito. I soldati stanno presidiando i luoghi sensibili della città .
(da agenzie)
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