Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
IL CONSIGLIERE REGIONALE POGGIO DOPO AVER RISCHIATO LA VITA ORA HA CAMBIATO IDEA
“Mettete sempre la mascherina e rispettate il distanziamento”: arriva dai social l’appello di Daniele Poggio, consigliere leghista della Regione Piemonte, che ha raccontato la sua personale esperienza con il Covid, invitando tutti a non sottovalutare il virus.
Un invito rivolto anche al leader della Lega, Matteo Salvini, che spesso in passato non ha indossato il dispositivo di protezione: “Se incontrassi Salvini gli direi ciò che da medico dico a tutti. Che il Coronavirus è una brutta bestia. Bisogna indossare sempre la mascherina, lavare spesso le mani, mantenere le distanze e avere un saturimetro per capire quando la situazione si aggrava ed è il caso di preoccuparsi”.
Poggio assolve anche il governo e le istituzioni locali da eventuali errori sulla gestione della pandemia: “Io sono della Lega, ma non me la sento di gettare la croce nè addosso al governo, nè alla Regione o ad altre istituzioni. Si poteva far meglio? Probabilmente sì. Sono stati fatti errori? Anche. Ma bisogna essere coinvolti in questa situazione per capire”.
Il leghista, inoltre, si dice d’accordo con l’istituzione delle zone rosse, anche se arrivata tardivamente: “Credo che la chiusura totale per almeno un mese sia l’unica strada per uscire dall’emergenza e cercare di ridare respiro agli ospedali. Personalmente, avrei istituito le zone rosse molto prima. Certo, chiudere comporta danni economici, che lo Stato deve necessariamente coprire con interventi a favore di attività e piccoli commercianti, ma se vogliamo bloccare il diffondersi dell’infezione non esiste altra via se non quella di restare a casa il più possibile e ridurre al minimo i contatti”.
Le dichiarazioni del consigliere leghista arrivano dopo il racconto della sua personale esperienza con il Covid, contatto a marzo. “Sono risultato positivo al virus — scrive Poggio sui social — quando ancora si sapeva poco o nulla a riguardo. Leggera febbriciattola e senso di spossatezza mi hanno portato ad effettuare una prima visita di controllo all’ospedale di Novi Ligure. Qualche giorno dopo, a casa, utilizzando un saturimetro, strumento che misura la quantità di ossigeno nel sangue, mi sono accorto che la situazione stava peggiorando e nel giro di pochissimo tempo mi sono ritrovato in coma nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Alessandria. Dei 45 giorni trascorsi lì non ricordo ovviamente nulla. I successivi 15 giorni li ho passati nel reparto di pneumologia, continuando le terapie e assumendo l’eparina contro i coaguli che non permettevano il passaggio dell’ossigeno dai polmoni al sangue”.
“Una volta migliorata la mia capacità di respirare, sono stato dimesso e ho iniziato pian piano a tornare alla normalità . Di certo, è stato un percorso lungo, difficile e doloroso, non solo per me, ma anche per la mia famiglia. Questa malattia, oltre ai danni fisici, causa anche depressione e stati d’ansia, dai quali sono lentamente uscito anche e soprattutto grazie alla forza che sono riuscite a trasmettermi le persone a me vicine, che non finirò mai di ringraziare. Come non ringrazierò mai abbastanza il primario, i medici e il personale ospedaliero dei reparti di rianimazione e di pneumologia dell’Ospedale Civile di Alessandria. Il nostro ospedale è una struttura efficiente ed il reparto di rianimazione è veramente un’eccellenza sanitaria da ogni punto di vista e tutti noi ci dobbiamo rendere conto della fortuna che abbiamo a poter contare su di loro”.
“Io ho perso in tutto 25 chili e l’ultima Tac, 10 giorni fa, ha evidenziato cicatrici sui polmoni, ma posso dire di esserne uscito. Quello che mi sento in dovere di suggerire a tutti è di non sottovalutare questa malattia. Purtroppo, c’è ancora tanta, troppa gente che agisce con leggerezza, senza pensare alle conseguenze a cui potrebbe andare in contro. Il mio appello è di osservare tutte le disposizioni, stare molto attenti in qualunque situazione, indossare sempre la mascherina e rispettare le distanze di sicurezza”.
(da agenzie)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
L’INFETTIVOLOGO VELLA: “NON USI LA MIA MAIL COME PROVA A DISCARICO, ERA SOLO IL TENTATIVO DI RIDURRE IL DANNO DI FRONTE A UNA DECISIONE POLITICA CHE SOLINAS AVEVA GIA’ PRESO
Nel tentativo di allontanare da sè la responsabilità politica di un atto che porta la sua firma –
l’ordinanza numero 38 che ha permesso alle discoteche della Sardegna di rimanere aperte fino a diventare focolai di contagio – il governatore Christian Solinas e i suoi sostenitori si aggrappano a una mail, spacciata come “parere del Comitato tecnico scientifico sardo”, per costruire una narrazione che, vedremo, non regge un giorno alla prova dei fatti.
La mail del professor Vella
La mail, fatta circolare ieri sera con tanto di timbro dell’Ufficio di Gabinetto della presidenza regionale, casualmente proprio alla vigilia della conferenza stampa di Solinas fissata per stamani, è quella inviata dall’infettivologo Stefano Vella, uno dei quattro componenti del Cts sardo, al direttore generale della Sanità regionale Marcello Tidore alle 20.28 dell’11 agosto.
Ovvero, un’ora prima che Solinas firmasse l’ordinanza 38, finita al centro di un’indagine per epidemia colposa aperta dalla procura di Cagliari.
Sono quattro righe di testo. Queste: “Caro Marcello, ho sentito per il momento solo Giovanni Sotgiu (professore dell’Università di Sassari e componente del Cts, ndr), ma lui e me va bene. Perchè son solo all’aperto, ed è inevitabile e necessario che riaprano. Oltre ai controlli delle forze dell’ordine, che andranno rinforzati. Un caro saluto”.
Vella aveva ricevuto intorno alle 19 la bozza dell’ordinanza, un’ora e mezzo prima di scrivere la mail. Repubblica lo ha appena raggiunto al telefono per chiedergli spiegazioni.
“Non era il parere del Cts, era riduzione del danno”
“Guardi, non posso parlare molto perchè c’è un’indagine in corso”, esordisce il famoso infettivologo romano (è stato anche presidente dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco). “Però una cosa la voglio dire: quella mail non è, nè può essere considerata, un parere del Cts. Nè tantomeno un parere positivo all’idea di tenere aperte le discoteche in estate, verso cui, come Comitato, ci siamo sempre ufficialmente opposti, ritenendola pericolosa e sbagliata, visto il grande afflusso di turisti sull’isola. Io parlavo solo a titolo personale”.
E però nella mail c’è una sorta di approvazione, seppur a titolo personale.
“Ho dato l’ok solo al testo dell’ordinanza che mi è stata mandata in extremis, senza che fosse stato mai convocato il Cts. In Regione avevano una gran fretta di farla uscire. L’ho fatto perchè, fermo restando la nostra opposizione alla riapertura, la bozza recepiva delle nostre indicazioni, come il divieto di ballo nei locali al chiuso. Ho provato a ridurre il danno di una scelta politica che era già stata presa”.
C’è però quel passaggio controverso, che recita: “è inevitabile e necessario che riaprano”.
Ribatte Vella: “Intendevo dire che per loro, come mi avevano fatto capire esplicitamente, era inevitabile e necessario riaprirle. Per loro, non certo per noi”.
Le 10 mail con i pareri negativi
L’infettivologo, prima di chiudere la conversazione, aggiunge un altro particolare. “Nella mail scrivo che avevo parlato col professor Sotgiu, ma in realtà lui non era riuscito neanche a leggere la bozza dell’ordinanza. Però alcune delle indicazioni inserite per ridurre il danno erano tratte da sue precedenti osservazioni”.
Già così, la narrazione di un Solinas pienamente rispettoso dei pareri del Cts sardo e mero esecutore della volontà unanime del Consiglio Regionale (nell’intervista al nostro giornale di due giorni fa dichiara di essere stato convinto a tenere accesa la movida della Costa Smeralda da un accalorato discorso di Massimo Zedda del partito di opposizione dei Progressisti) si sgretola.
A maggior ragione a fronte di una decina di mail del Cts sardo, acquisite dalla Squadra Mobile di Cagliari, nelle quali l’orientamento negativo dei quattro professori verso la riapertura delle discoteche è chiaro ed inequivocabile.
Di quel carteggio, come dimostra il parere del 6 agosto svelato da Repubblica, erano stati messi a conoscenza i vertici della Sanità regionale. Tutti ne erano consapevoli. Tranne, evidentemente, il governatore Christian Solinas. Che, nell’intervista di due giorni fa, spiega di averne appreso il contenuto dal sito di Repubblica.
(da agenzie)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
UN FUORI ONDA DURANTE UNA TRASMISSIONE DI TELETICINO INGUAIA IL POLITICO RAZZISTA
“Chiedilo agli italiani che c… mi frega a me”. È scivolata la frizione, domenica scorsa, al politico leghista ticinese Norman Gobbi durante una trasmissione della tv locale Teleticino.
La frase infelice, in realtà un fuori-onda non sfuggito ai presenti, era la risposta di Gobbi alla domanda di un cronista che gli chiedeva se intendesse fare qualcosa per consentire agli italiani residenti in territorio ticinese di incontrare i propri cari, abitanti in Lombardia e Piemonte, oggi regioni inaccessibili dalla Svizzera a causa della pandemia.
La gaffe, che presto ha fatto il giro del web, è imperdonabile in quanto oggi il 43enne Gobbi è presidente del governo del Canton Ticino e titolare del dicastero delle Istituzioni, quindi ministro dell’Interno cantonale.
Subito, contro di lui, sono piovute le richieste di scuse
Non è la prima volta che Norman Gobbi si lascia andare a espressioni infelici.
Anni fa, quando era ancora un giovane leghista di belle speranze, venne immortalato durante una partita di hockey mentre faceva il verso della scimmia a un giocatore di colore.
D’altronde il suo mentore, Giuliano Bignasca, fondatore della Lega dei Ticinesi, scomparso qualche anno fa, fece lui pure rumore scagliandosi contro la presenza di troppi giocatori di colore nella nazionale svizzera di calcio. Erano i tempi in cui il suo sodale Umberto Bossi si inventò lo slogan “niente casa ai Bingo Bongo”.
Altro cavallo di battaglia dei leghisti ticinesi è l’insofferenza verso gli italiani, come peraltro confermato da Gobbi, soprattutto verso i 70 mila frontalieri che, quotidianamente, attraversano il confine per lavorare in Canton Ticino: 4.500 di loro, tra l’altro, sono indispensabili per il funzionamento della sanità locale.
(da agenzie)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
INCHIESTA LOMBARDIA FILM COMMISSION: ALTRE PERQUISIZIONI IN CORSO
L’imprenditore Francesco Barachetti è stato arrestato e messo ai domiciliari questa mattina,
13 novembre, dal nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta sul caso Lombardia Film Commission e fondi Lega. L’imprenditore è un ex consigliere del Comune di Casnigo, in provincia di Bergamo ed è notoriamente vicino alla Lega.
L’accusa per lui è di concorso in peculato ed emissione di false fatture nella vicenda della vendita del capannone di Cormano a prezzo gonfiato.
Non solo: la Guardia di Finanza sta perquisendo altri due indagati. Si tratta di Pierino Maffeis, amministratore della Eco srl, società che trasferì il denaro incassato da Andromeda srl per la vendita gonfiata del capannone di Cormano a Barachetti service, «simulando il pagamento di fatture per operazioni inesistenti».
E poi di Elio Foiadelli, amministratore della Sdc, «che dietro emissione e annotazione di fatture per operazioni inesistenti riceveva il denaro da Immobiliare Andromeda e lo trasferiva a Di Rubba e Manzoni», ovvero i due contabili del Carroccio.
Le accuse del gip
L’imprenditore Francesco Barachetti «è in grado di rapportarsi alla pari», scrive il gip di Milano Giulio Fanalese nell’ordinanza d’arresto, con «esponenti del mondo delle professioni che vantano entrature politiche di prim’ordine, tanto da avanzare nei loro confronti, mediante minaccia, pretese sempre crescenti in merito alla spartizione del profitto illecito».
«Non può non sottolinearsi — scrive ancora il gip — l’acclarata disponibilità , in capo al Barachetti, di un sicuro canale internazionale, utile a convogliare, in tutto o in parte, verso un paese extra Unione Europea, la Russia, le somme di derivazione pubblicistica oggetto d’impossessamento».
(da agenzie)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
IMPEGNATA DA SEMPRE NELLE BATTAGLIE AMBIENTALISTE, SI OPPONEVA AL TAGLIO DI QUERCE SECOLARI PER FAR SPAZIO ALL’AMPLIAMENTO DI UNA AUTOSTRADA, UNA PERSONA COERENTE, NON E’ STATA ARRESTATA PER CORRUZIONE O RAPPORTI CON LA MAFIA COME CERTI SOVRANISTI
Gli attivisti hanno fatto da barriera umana contro le autorità arrivate per abbattere alcuni alberi. Si sono organizzati a distanza, con un tam tam partito da Twitter che sembra sia stato capitanato proprio da Racket
Mentre impazzava una protesta contro il taglio degli alberi nella foresta di Dannenroeder, nello Stato dell’Assia, in Germania, l’ex capitana della Sea Watch 3 Carola Rackete è stata fermata dalla polizia tedesca.
Secondo le autorità , la giovane donna e i gruppi di ambientalisti presenti sarebbero colpevoli di aver occupato una piattaforma per l’ampliamento dell’autostrada 49 nella Germania centrale, operazione che i manifestanti vorrebbero bloccare visto che per la realizzazione occorrerebbe abbattere diverse querce secolari.
I manifestanti, accampati in tende, hanno fatto da barriera umana contro le autorità arrivate per abbattere alcuni alberi. «Abbiamo bisogno di una moratoria su tutti i progetti infrastrutturali se vogliamo avere qualche speranza di raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima e affrontare la drammatica crisi climatica», ha detto Rackete che è stata scortata via dalla polizia al termine della protesta.
La protesta ha cominciato a levarsi a fine settembre, quando l’ex capitana della Sea Watch 3 denunciava lo stato di salute della foreste in giro per il mondo: «Qui la società civile ora dice basta! — aveva scritto Rackete -. In Germania ci sono centinaia di progetti di costruzione di strade. È insensato nel contesto di crisi climatica».
(da agenzie)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
IL BIMBO FORSE POTEVA ESSERE SALVATO, 4 ORE SENZA RISPOSTE, L’ELICOTTERO INVIATO SOLO DOPO LA NOTIZIA DELLA SUA MORTE
Il primo atto all’interno del fascicolo è il verbale con il drammatico racconto di Joanna,
raccolto ieri pomeriggio dagli ufficiali della capitaneria di porto di Lampedusa.
Adesso c’è un’inchiesta della Procura di Agrigento sul naufragio che mercoledi ha portato alla morte del piccolo Joseph, 6 mesi, e di altre cinque persone, due donne e tre uomini, vittime dell’affondamento di un gommone spezzatosi a 31 miglia dalla costa libica di Sabratha sotto gli occhi dei soccorritori della Ong spagnola Open Arms che è riuscita a trarre in salvo 110 persone.
L’inchiesta è affidata al procuratore aggiunto Salvatore Vella e alla sostituta Sara Varazi che hanno aperto un fascicolo: l’inchiesta tende soprattutto ad accertare se, dalla segnalazione del gommone in difficoltà ai soccorsi, ci sono stati eventuali ritardi e – in caso positivo- di chi per valutare se possono esserci dei responsabili nella tragica morte del piccolo Joseph o meno.
Ieri, alla capitaneria di porto di Lampedusa, insieme a Joanna, è stata ascoltata anche un’altra giovane donna che era stata evacuata nella notte insieme a lei dalla Open Arms perchè in stato di gravidanza avanzata.
Dai registri di bordo della nave e dalle comunicazioni i pm trarranno la ricostruzione dei fatti
Eccola: alle 7.58 di mercoledi 11 novembre la Open Arms riceve un messaggio radio da un aereo di Frontex con le coordinate di un gommone in difficoltà e risponde di essere in grado di intervenire.
Alle 9.14 Open Arms trova il gommone
Alle 9.18 da bordo parte la segnalazione alle autorità libiche, italiane, maltesi e spagnole dell’evento Sa
Alle 11 nuova segnalazione alle autorità marittime. Open Arms comunica che “si tratta di un gommone nero sgonfio con un centinaio di persone tra cui 7 donne, 3 bambini e un neonato. Il gommone è parzialmente affondato e sta entrando acqua. Le persone sono molto stanche, disidratate e con un principio di assideramento. Stiamo distribuendo giubbotti di salvataggio per l’evacuazione”.
Subito dopo il fondo dell’imbarcazione cede e i migranti finiscono in acqua. Iniziano le concitate operazioni di recupero con le due lance di Open Arms in mare e sei soccorritori che forsennatamente tirano su le persone.
Alle 15.26 Open Arms comunica alle autorità italiane di avere tratto in salvo dalle 100 alle 150 persone tra cui 7 donne, 4 bambini due dei quali neonati, 1 donna incinta di sette mesi e 2 persone in condizioni molto critiche, una di queste è un bambino ( è Joseph).
Alle 16.02 Open Arms chiede l’evacuazione per motivi sanitari di due bambini con la madre e di una donna incinta di 7 mesi. E chiede anche l’assegnazione di un porto di sbarco.
Alle 19.43 Open Arms effettua una terza operazione di salvataggio, dopo la prima di martedi, e salva altre 64 persone.
I soccorsi per l’evacuazione medica chiesti alle 16 non arrivano e alle 20.15 dalla nave parte una mail che comunica alla Guardia costiera di Roma che il bambino, “nonostante le necessarie manovre respiratorie e di supporto” è andato in arresto respiratorio ed è morto.
Alle 21.50, dunque quasi sei ore dopo la richiesta, arrivano i soccorsi. In aereo vengono portati d’urgenza a Malta una neonata di tre mesi, la madre e un ragazzo.
Alle 1.50 con una motovedetta arrivata da Lampedusa vengono portati sull’isola il corpicino del piccolo Joseph, la mamma e un’altra ragazza di 18 anni incinta.
La Open Arms con quasi 250 persone a bordo e con i cinque corpi dei migranti morti nel naufragio è ancora in mare in attesa dell’assegnazione di un porto sicuro.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
BENE, ORA METTETE I SIGILLI ALLA REDAZIONE E ANDATE A ZAPPARE LA TERRA… SI PROCEDA A UNA SANIFICAZIONE DEI LOCALI PRIMA DI AFFITTARLI AD ALTRI
Le elezioni americane hanno lasciato un grande strascico sul modo di informare del quotidiano diretto da Pietro Senaldi.
Dopo esser ‘scivolata’ su quell’assurdo e irrispettoso titolo nei confronti della futura vice-Presidente Kamala Harris, dopo aver citato a sproposito la Cnn sull’attribuzione dell’Arizona al candidato democratico (ufficialità data dal quotidiano USA solo nella notte di oggi) e dopo aver cancellato quell’articolo dopo la protesta ufficiale dei ‘colleghi americani’, ecco arrivare un’altra buccia di banana su cui è inciampata la versione online della testata diretta da Senaldi: Libero pubblica bufala Biden, ma poi chiede scusa ai lettori.
Il tutto è partito da un video trovato in rete. Un filmato artefatto dai sostenitori di Trump e che faceva riferimento a una vecchia ospitata televisiva del prossimo numero uno della Casa Bianca.
Il tema era scottante, perchè si parlava di molestie (non sessuali). Ma quello condiviso dalla testata di Senaldi era un filmato artefatto, tagliato ad arte per far apparire Joe Biden in difficoltà .
Lo spiega bene David Puente su Open, che sottolinea come quel video sia stato manipolato tagliando e cucendo momenti diversi (e puntata diverse) di una nota trasmissione americana da una pagina social satirica. Ma la fonte reale del filmato condiviso (quello preso per buono dal quotidiano di Senaldi) qual è? Un noto utente Youtube che fa parte della fronda di QAnon. Prendendola per buona, quindi senza verificare, Libero pubblica bufala Biden con questo titolo.
Peccato che la notizia si sia fondata su un video falso. Stavolta, però, c’è stato il passo indietro dopo le centinaia di segnalazioni da parte degli utenti e dei lettori del quotidiano. Ora, infatti, sulla versione online di Libero compare questa rettifica.
«Lo riconosciamo: ci siamo cascati. Avevamo dato per vero un video di Joe Biden che, ospite alla trasmissione The View sul canale ABC nell’aprile 2019, rispondeva alle domande di alcune giornaliste sulle accuse per molestie a sette donne».
Ma la chiusa dell’articolo non demorde, forse perchè le figuracce delle scorse settimane (per restringere il lasso temporale a momenti più prossimi) non sono bastate: «Ne chiedo scusa ai lettori, compiaciuto del fatto che Biden, tra i suoi demeriti, almeno non abbia quello di pronunciare frasi balbettanti e incomprensibili».
E speriamo che tra i prossimi demeriti di Libero, non ci siano altre fake news. Anche perchè ci sono leggi deontologiche alle quali rispondere.
(da Giornalettismo)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
PER GLI ESPERTI SAREBBE UN VERO E PROPRIO COLPO DI STATO DALLE CONSEGUENZE INIMMAGINABILI, COMPRESA UNA RIVOLTA DI MASSA CON SCONTRI IN TUTTA AMERICA
Nei giorni sempre più tesi e incerti di questo post elezioni Usa, spunta un nuovo piano
segreto di Trump per restare alla Casa Bianca. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal infatti il presidente starebbe pensando di imporre a Pennsylvania, Arizona e Georgia di nominare delegati che votino per lui invece che Joe Biden, ribaltando il risultato delle elezioni e trovando così i voti per restare presidente.
Una “mossa della disperazione” che porterebbe a una crisi istituzionale mai vista prima ma che pur non caldeggiandola i vertici del partito repubblicano non hanno bocciato apertamente.
Come funzionerebbe il piano segreto di Trump
Il piano segreto di Trump punterebbe sulla capacità del presidente di convincere le assemblee legislative di Pennsylvania, Arizona e Georgia, tutte a guida repubblicana, a ribaltare i risultati del voto e a nominare lealisti di Trump, permettendo così al presidente di ribaltare la sconfitta e ottenere 279 grandi elettori, restando alla Casa Bianca.
Una cosa mai successa e che scatenerebbe probabilmente una forte reazione popolare, oltre a una serie infinita di cause legali che finirebbero alla Casa Bianca dove però Trump si sente protetto, vista la supermaggioranza conservatrice di 6-3 della Corte, con un terzo dei giudici nominati proprio da lui. Solo ipotesi al momento, ma che dimostrano come l’inquilino della Casa Bianca sia pronto a tutto pur di non rispettare il risultato elettorale,
Il piano segreto di Trump riportato dal Wall Street Journal, e già ipotizzato mesi fa dalla rivista The Atlantic, sarebbe il colpo finale di un lento ma costante tentativo del presidente di sovvertire il risultato delle elezioni che hanno visto in Joe Biden un chiaro vincitore. L’ex vicepresidente infatti, oltre ad aver raccolto quasi 5 milioni e mezzo di voti in più di Trump ha anche ottenuto 279 delegati, che diventeranno molto probabilmente 306 con Arizona e Georgia, ormai quasi certamente in mano al candidato democratico, superando nettamente quella quota 270 necessaria per conquistare la Casa Bianca.
Da giorni però Trump si rifiuta di accettare la sconfitta denunciando brogli di massa che ancora non è riuscito a provare, perdendo tutte e 12 le cause fatte finora in tribunale, e impedendo l’inizio del processo di passaggio dei poteri alla nuova amministrazione.
Il piano segreto di Trump sarebbe però un ulteriore passo verso un vero e proprio sovvertimento del risultato delle elezioni, per molti osservatori un vero e proprio colpo di Stato, che però potrebbe essere favorito dall’assenza di chiare indicazioni a riguardo.
Se infatti è vero che gli esperti di entrambi i partiti hanno bocciato la fattibilità del piano e solo alcuni dei fedelissimi del presidente, come il figlio Don Jr., il governatore della Florida, Ron DeSantis e il conduttore radiofonico ultraconservatore Mike Levin, spingono per questa “opzione atomica”, il partito repubblicano non ha preso ufficialmente posizione contro l’eventuale “colpo gobbo” di Trump, lasciandosi lo spazio per eventualmente dissociarsi ma senza inimicarsi prima quello che, comunque vada, sarà l’uomo forte del GOP per gli anni a venire.
(da agenzie)
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Novembre 13th, 2020 Riccardo Fucile
IL REPUBBLICANO ROVE: “IL VOTO NON SARA’ RIBALTATO, TRUMP SAPPIA USCIRE CON DIGNITA’, BASTA LAMENTELE”
Anche la Cnn ha decretato la vittoria di Joe Biden in Arizona, dove dal 1948 a oggi l’unico candidato presidenziale democratico a trionfare era stato Bill Clinton nel 1996. Nella notte delle elezioni Ap e Fox avevano già proiettato il successo di Biden nella roccaforte repubblicana, ma la sua assegnazione era rimasta controversa.
Biden ha vinto lo Stato per circa 11mila voti, ossia con un vantaggio dello 0,3 per cento su Donald Trump. L’Arizona non prevede la possibilità di chiedere riconteggi se il divario è superiore a 0,1 punti percentuali.
Il riconteggio dei voti
Ad oggi l’unico Stato che ha già approvato il riconteggio dei voti è la Georgia. Qui la legge statale prevede la possibilità di richiederlo quando il margine di vittoria sia inferiore allo 0,5 per cento. Il vantaggio di Biden è di 0,25 punti percentuali, secondo i dati aggiornati a martedì 10 novembre. Il vincitore sarà annunciato entro il 20 novembre.
Per quanto riguarda gli altri Stati, il secondo in cui è più probabile un riconteggio è il Wisconsin, le cui leggi lo ammettono nel caso in cui il divario sia inferiore al punto percentuale e attualmente è di 0,82.
La Pennsylvania prevede un nuovo conteggio automatico in caso di margini inferiori a 0,5 punti e al momento Biden è a 0,7 punti.
In Michigan il riconteggio è ammesso con divario inferiore ai 2mila voti (attualmente arriva quasi a quota 150mila).
In Nevada i legali di Trump hanno già visto respinta la loro richiesta di ricontare i voti inviati per corrispondenza, in quanto la domanda sarebbe stata presentata “senza sufficienti dimostrazioni legali per rispettare i requisiti” necessari all’accoglimento della richiesta.
La Cina si congratula con Biden
Il portavoce del ministero degli Esteri Wan Wenbin in conferenza stampa ha detto: “La Cina rispetta la scelta del popolo americano. Esprimiamo le nostre congratulazioni a Biden e alla vice Kamala Harris”. Pechino era tra i pochi Paesi che non si erano ancora complimentati con il candidato democratico: il 9 novembre, lo stesso Wang, aveva detto che “abbiamo notato che Joe Biden ha dichiarato la sua vittoria elettorale. La nostra comprensione è che il risultato delle elezioni sarà determinato in conformità con le leggi e le procedure statunitensi”.
Le autorità elettorali: “Nessuna prova di brogli”
Diverse autorità elettorali americane statali e locali hanno affermato in un comunicato congiunto di non aver trovato, ad oltre una settimana dalle elezioni presidenziali, “alcuna prova” di schede perse o modificate o di sistemi di voto violati. “L’elezione del 3 novembre è stata la più sicura della storia degli Stati Uniti”, garantiscono, contraddicendo le accuse di elezioni fraudolente da parte di Donald Trump e del suo entourage.
“Benchè sapessimo che il nostro processo elettorale fosse oggetto di numerose affermazioni infondate e di campagne di disinformazione, possiamo assicurare che abbiamo una fiducia assoluta nella sicurezza e integrità delle nostre elezioni”, hanno garantito le autorità incaricate della sicurezza del voto, tra cui l’Agenzia della cybersicurezza e della sicurezza delle infrastrutture (Cisa), che dipende dal ministero della Homeland Security.
A dirigerla è Christopher Krebs, che secondo il Guardian avrebbe confidato ai suoi collaboratori di aspettarsi di essere licenziato dalla Casa Bianca.
Zuckerberg: “Ha vinto Biden”
Anche Mark Zuckerberg ha detto in un incontro con i dipendenti di Facebook che “l’esito delle elezioni è ora chiaro e che Biden sarà il nostro prossimo presidente”. “È importante che la gente abbia fiducia che le elezioni siano state fondamentalmente oneste e questo vale anche per le decine di milioni di persone che hanno votato per Trump”, ha osservato il ceo del social network, secondo quanto riportato da BuzzFeed News e confermato da un portavoce Fb.
Il consigliere di Trump: “Voto non sarà ribaltato”
Karl Rove, l’architetto della presidenza di George W. Bush e consigliere informale di Trump, ha scritto sul Wall Street Journal che i risultati di queste elezioni non saranno ribaltati e che i riconteggi occasionalmente cambiano i margini nell’ordine di centinaia di voti, ma non di decine di migliaia. “Chiudere queste elezioni sarà un passo duro ma necessario per ripristinare l’unità e l’equilibrio politico”, ha osservato dopo aver analizzato, dati alla mano, l’impossibilità di cambiare l’esito del voto. E dopo che saranno finiti i giorni di Trump nei tribunali, ha aggiunto, “il presidente dovrebbe fare la sua parte per unire il Paese guidando una transizione pacifica e lasciare andare le lamentele”.
(da agenzie)
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