Destra di Popolo.net

CI ASPETTA UNA SETTIMANA DOVE NON SI ANDRA’ OLTRE LE 200.000 DOSI AL GIORNO DI VACCINO

Marzo 21st, 2021 Riccardo Fucile

NEL REGNO UNITO META’ DELLA POPOLAZIONE ADULTA HA RICEVUTO UNA DOSE

Nella prossima settimana il numero di somministrazione quotidiane di vaccino continuerà  a rimanere leggermente sopra alle 200mila. La verifica è stata fatta direttamente dallo stesso Commissario per l’emergenza Coronavirus, Francesco Figliuolo, in base alle dosi disponibili. Tuttavia, già  in alcune strutture del Paese la capacità  di inoculazione è doppia rispetta a quella del resto del territorio.
Sabato nel Regno Unito metà  della popolazione adulta ha ricevuto una dose di vaccino per il Coronavirus. L’obiettivo del governo è quello di arrivare a vaccinare tutti i maggiori di 18 anni entro la fine di luglio. Secondo i dati pubblicati dal Servizio Sanitario Nazionale oltre 26,9 milioni avrebbero ricevuto almeno un’iniezione di vaccino, esattamente il 51% della poolazione adulta. Solo venerdì in 24 ore sono state distributie 589.689 dosi di vaccino, il numero più alto dall’inzio della campagna vaccinale.
Secondo il portale Our World in Data, il numero di dosi di vaccino distribuite nel Regno Unito è di 44 ogni 100 persone. Negli Stati Uniti al momento è di 35 ogni 100 persone mentre la media dell’Europa è 12 ogni 100 persone.

(da agenzie)

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SULLE DONNE AL COMANDO SI SBRICIOLA L’UNANIMITA’ PD

Marzo 21st, 2021 Riccardo Fucile

L’IDEA DI LETTA: DUE DONNE CAPIGRUPPO… LE CORRENTI SBRAITANO, MARCUCCI E DELRIO NON MOLLANO LA POLTRONA

Si sbriciola l’unanimità  con la quale l’Assemblea nazionale del Partito democratico ha issato Enrico Letta alla segreteria del Nazareno appena un mese fa.
Sui capigruppo il braccio di ferro al Senato sta scuotendo il partito, nella neonata segreteria fresca di nomina è già  dura polemica.
“La guida del Pd è tutta al maschile. Ho detto domenica che non va, lo ripeto oggi. Ai gruppi Camera e Senato suggerisco che dopo tre anni di guida maschile, gli ultimi due siano a guida femminile. I gruppi sono autonomi, a loro di scegliere con chi”, ha detto oggi il segretario in un’intervista al Tirreno.
Un uomo vicino al segretario spiega che “sarebbe un gesto di buona consuetudine che i capigruppo mettessero a disposizione il proprio ruolo quando cambia la guida del partito”. Così è stato fatto per esempio a Bruxelles, dove il capogruppo uscente Brando Benifei si è dimesso per poi essere rieletto dai suoi colleghi.
Il sospetto è che quello di Letta sia un preteso per liberarsi dei una figura, quella di Andrea Marcucci, considerata troppo ingombrante e divisiva dal nuovo corso di Letta. “Mi sfugge il nome della donna Pd eletta capogruppo al Parlamento europeo al posto di Benifei”, il tweet al vetriolo di Salvatore Margiotta, collega di Marcucci a Palazzo Madama.
Sono le correnti che fanno sentire tutta la propria inerzia e tutto il proprio peso. Perchè il Senato è una roccaforte di Base Riformista, l’area che fa capo a Lorenzo Guerini e Luca Lotti, che conta 22 senatori su 35 e di cui Marcucci è uno dei leader.
“Qui bisogna fare politica, che motivazione è quella di fare una foto?”, chiede polemico uno degli uomini più vicini al capogruppo. Il riferimento è al passaggio dell’intervista nella quale Letta spiega che “non possiamo fare una foto di gruppo del vertice del partito e presentare volti di soli maschi. In Europa sono cose che può fare Viktor Orbà¡n in Ungheria o Mateusz Morawiecki in Polonia”.
Non c’è dubbio che l’entrata sia stata a gamba tesa, fonti dem parlano di “sconcerto e malumore”. I più maliziosi fanno notare che sia stata rilasciata al Tirreno e pubblicata anche sulla Gazzetta di Reggio Emilia, due quotidiani locali molto letti proprio nelle regioni del toscano Marcucci e dell’emiliano Graziano Delrio, capo dei deputati.
Un intervento “sgraziato”, lo definisce un parlamentare, anche perchè Letta “con un eccesso di paternalismo” spiega di avere le idee chiare su cosa i senatori debbano fare e su come vada affrontata quella che è a tutti gli effetti una decisione del suo nuovo leader: “Suggerisco che votino e scelgano senza drammi. Non le indico io le capogruppo, le scelgano”.
Poi sottolinea il mandato larghissimo ottenuto all’ultima assemblea: “Tutti mi hanno votato, quindi non c’è maggioranza e minoranza”. Un modo per sgombrare il campo dagli equilibri correntizi con i quali dovrebbe essere gestita la transizione, o piuttosto la permanenza degli attuali capigruppo.
A microfoni accesi prevale la prudenza nel cercare di evitare uno scontro palese. Perchè martedì e mercoledì si riuniranno i gruppo proprio per discutere sul punto, e Base Riformista al momento si compatta intorno a Marcucci.
Il capogruppo, un saldo e storico rapporto di amicizia con Matteo Renzi, continua a esercitare la sua influenza di pontiere con Italia viva. A lui viene attribuita la paziente tela che oggi ha portato al ritorno di Eugenio Comincini nel gruppo del Pd, a lui si attribuiscono contatti avviati con altri due renziani in bilico. Una prova di forza per blindarsi politicamente.
Ma Letta sembra tirare dritto per la sua strada, e il rischio di uno scontro è tutt’altro che improbabile. E c’è già  chi avverte: “Il segretario sa che la nostra autonomia è garantita e le elezioni dei due nuovi presidenti avverranno a scrutinio segreto”.
Lo dice anche Graziano Delrio, con il solito garbo cui ha abituato: “Condivido che dobbiamo essere all’avanguardia sulla parità  di genere, e che questa sfida sia tanto più importante oggi, alla luce di decisioni prese anche in questi giorni che confermano nella politica una preponderanza di ruoli maschili”. Per poi aggiungere: “Condivido anche che, in ogni caso, l’autonomia dei gruppi parlamentari vada rispettata”. La partita, anche a Montecitorio, è tutta da giocare.
A rasserenare gli animi non contribuisce lo scontro a distanza tra due dei membri della nuova segreteria. A In mezz’ora in più esordiscono i due vicesegretari. Giuseppe Provenzano e Irene Tinagli si dicono entrambi favorevoli alla proposta di Letta sui gruppi.
Quest’ultima nella prima intervista a un quotidiano concessa a La Stampa aggiunge alcune osservazioni sullo stato del partito negli ultimi anni. Stefano Vaccari, confermato quale responsabile dell’organizzazione dopo gli anni trascorsi nello stesso ruolo con Nicola Zingaretti, non la prende bene: “Cara Tinagli – twitta durissimo – forse è il caso che prima di parlare sullo stato del partito alzi il telefono e ti informi su ciò che è stato fatto in questi 2 anni anche per rispetto dei nostri dirigenti e militanti che sul territorio lo hanno rimesso in piedi. Non partiamo da zero oggi”. Si levano voci in difesa di Tinagli, si apre un’altra crepa nell’unità  sbandierata appena una settimana fa.
Impazza intanto il totonomi nel caso il blitz del segretario abbia successo. Al Senato il nome più quotato è quello della già  ministra Valeria Fedeli, ma qualche chances la hanno anche Roberta Pinotti, volto autorevole della franceschiniana AreaDem e Anna Rossomando, fresca di nomina in segreteria, che secondo i bene informati sarebbe la scelta di Letta.
A Montecitorio la situazione è estremamente liquida, ma i nomi più papabili sono quelli di Debora Serracchiani e Paola De Micheli.
A sera un parlamentare di certo non ostile alla nuova segreteria commenta: “Comunque vada, Enrico così ha diviso il partito, in un momento in cui restare uniti è fondamentale, l’obiettivo forse poteva essere raggiunto con una gestione diversa. E questo è un dato di fatto”.
Più che il tanto amato cacciavite, per questo ritorno alla politica italiana Letta sembra aver preferito la sciabola.

(da “Huffingtonpost”)

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PARENTOPOLI: DA LIBRAIA A COLLABORATRICE REMUNERATA CON 23.000 EURO PER 4 MESI

Marzo 21st, 2021 Riccardo Fucile

LA COMPAGNA DI LEMMETTI ASSUNTA DAL COLLEGA ASSESSORE… L’IRA DELLA RAGGI: “FACCIA UN PASSO INDIETRO”

Dalla Toscana alla capitale, da Pietrasanta a Roma, sulle orme del compagno Gianni Lemmetti. L’ultima infornata di nomine varata mercoledì sera dalla giunta pentastellata vale un posto in Campidoglio anche alla fidanzata dell’assessore al Bilancio.
Con un’accortezza: Silvia Di Manno, libraia nello storico bookshop Le Vele di Viareggio, non si accomoderà  accanto al titolare dei conti, ma entrerà  nello staff di Luca Montuori. Per 23 mila euro, da qui a fine consiliatura, diventerà  la segretaria politica dell’assessore all’Urbanistica.
Un ingaggio da fine mandato che ricorda da vicino quello negato all’ultimo secondo a Massimilano Capo. Dj e fotografo viterbese, oltre che organizzatore del festival Medioera, è strettissimo amico di Lorenza Fruci, al punto da aver inscenato con lei un book fotografico da matrimonio a favor di social.
L’assessora alla Cultura, compagna di classe della sindaca Virginia Raggi ai tempi del liceo, avrebbe voluto portarlo con se come capostaff per 90 mila euro all’anno. Ma la nomina, come raccontato da Repubblica, è stata “congelata” in extremis dalla stessa Fruci. Che ribadisce di non essere sposata con Capo, ma ha comunque deciso di bloccare l’operazione. Forse per questioni di opportunità .
La trattativa, nonostante l’atto di nomina fosse già  stato messo nero su bianco, adesso è definitivamente saltata. Così assicurano dal Comune, dove definiscono la liaison tra Fruci e Capo una “fiction” a fronte di foto e colloqui video in cui due insistono sul ruolo di marito e moglie.
Paradosso o meno, resta il fatto che ieri mattina Capo ha improvvisamente abbandonato il gruppo WhatsApp frequentato dai suoi omologhi, inclusi Max Bugani e Salvatore Romeo, capistaff della prima cittadina e del suo vice Pietro Calabrese.
Ma torniamo all’ultimo colpo di mercato: Silvia Di Manno, 46 anni, si è già  presentata all’assessorato all’Urbanistica per salutare Montuori e il resto del suo staff un paio di giorni fa.
Letto e riletto il curriculum, nessuno ha avuto da ridire. Nemmeno sul video in cui la neosegretaria presenta un libro con Gianni Lemmetti, introducendo al pubblico l’assessore come il suo compagno tra coccole e baci: “Siamo con un lettore d’eccezione. È Gianni, è il mio compagno – è l’esordio della compagna nel filmato registrato in libreria e pubblicato su Facebook il 23 aprile 2019 – e sono anche un po’ emozionata”.
Secco, invece, Luca Montuori, assessore a cui è toccata in sorte la nomina della fidanzata del collega, e per il quale è tutto in ordine: “Avevo degli spazi utili per ampliare lo staff. Ho ricevuto dei curriculum, tra cui quello selezionato, in cui emerge un’esperienza di gestione di segreteria politica e ottime referenze tutte documentate e allegate alla mia richiesta. Non c’è molto altro da dire, penso che svolgerà  un ottimo lavoro in quest’ultima fase della consiliatura”.
Di sicuro eviterà  a Lemmetti di fare su e giù dalla Toscana e incappare in una seconda inchiesta della Corte dei Conti, che già  indaga sui rimborsi ottenuti fin qui dall’assessore per l’andirivieni tra Roma e Viareggio.
Una soluzione che però non sarebbe piaciuta alla sindaca che si sarebbe infuriata venuta a conoscenza dellal cosa. Raggi infatti   non aveva partecipato alla votazione con cui la giunta ha deliberato l’assunzione di Di Manno, avrebbe gia’ chiesto di intervenire con la revoca della delibera di assunzione o attraverso un passo indietro della diretta interessata.

(da agenzie)

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FLOP, GAFFE E RINVII: I PEGGIORI DEL GOVERNO

Marzo 21st, 2021 Riccardo Fucile

CHE STANNO FACENDO ALCUNI DEI “MIGLIORI”?

I cantori del governo Draghi hanno parlato di “Dream team”, di “All star”, delle “migliori risorse” messe a disposizione del Paese per uscire dal momento più difficile. Qualcuno però dev’essersi imbucato, non foss’altro per i curricula di certi ministri e sottosegretari o per le prime decisioni prese.
Il risultato, figlio anche delle necessità  di accontentare una maggioranza estesa quasi quanto l’intero Parlamento, è un esecutivo pieno di “peggiori”: dalla leghista Lucia Borgonzoni alla Cultura fino allo smarrito Patrizio Bianchi alla Scuola, subito alle prese con la chiusura di quasi tutti gli istituti.
Per non dire del ritorno della renziana Teresa Bellanova — quella che per amore della Patria aveva “rinunciato alle poltrone” — e della nomina di Francesco Paolo Sisto come sottosegretario alla Giustizia, lui che nei tribunali ci andava come avvocato di Silvio Berlusconi (la cui idea sulla giustizia italiana è nota).
Ma tant’è: questa è la squadra e ci dobbiamo accontentare. Anche solo per non rassegnarci alla narrazione del “governo dei migliori”, però, è utile un piccolo bignami sui primi passi nell’esecutivo di questi nostri illustri rappresentanti e sulle loro mirabili imprese. Tra gaffe e flop precoci, c’è già  materiale per un inglorioso resoconto da cui dovranno riscattarsi.
Il nuovo cts. Numeri sballati e addio all’Inail
Il nuovo Comitato tecnico scientifico dell’era Draghi parte tra polemiche e persino minacce di esposti in Procura. Per il sospetto che Palazzo Chigi sia stato sensibile alle pressioni della Lega, che da tempo reclamava la mordacchia per gli scienziati accusati di voler tenere “reclusi in casa gli italiani”. Nella nuova composizione è stato ridotto il peso specifico degli esperti sanitari e addirittura cancellata la presenza dell’Inail, che aveva svolto un ruolo fondamentale per l’elaborazione dei protocolli anti-Covid per i luoghi di lavoro. Mentre un posto nell’organismo era stato assicurato ad Alberto Gerli, esperto informatico col vizio di fare cilecca con previsioni tranquillizzanti sull’andamento della pandemia, poi costretto al passo indietro (“A fine febbraio il Veneto sarà  zona bianca” , assicurava a inizio anno).
Nel collegio c’è anche Donato Greco, epidemiologo convinto che l’emergenza sia cessata già  da tempo e che le restrizioni siano “frutto di una politica della paura”. In passato aveva negato ogni relazione tra tumori e discariche al tempo in cui era sub commissario per l’emergenza rifiuti in Campania.
Roberto Cingolani. Transizione tra le stelle
Il suo esordio davanti alle commissioni di Camera e Senato non ha impressionato in positivo, soprattutto gli ambientalisti. L’ex direttore dell’Iit di Genova oggi ministro per la Transizione ecologica ha messo sul tavolo una eterogeneità  di prospettive al confine tra l’incognita e il preoccupante: idrogeno verde, fusione nucleare, le “stelle come fonte di energia del futuro”. Ammesso che l’idrogeno sia la risposta in un futuro lontano (sulla fusione nucleare, per dire, c’è ancora molta strada da fare), non è ben chiara la transizione immediata e la sua progettualità  in seno al Pnrr.
Su trivelle, petrolio e gas ha preso tempo con una nuova scadenza per la realizzazione del piano delle aree, ma ha dato un rapido indirizzo su come snellire la “burocrazia” richiamando il “modello Genova”. Intanto, si è dimenticato di parlare delle rinnovabili “tradizionali”.
Carlo Cottarelli. Dopo tanta attesa, ecco la chiamata per la pa
Carlo Cottarelli è l’uomo dei mille incarichi promessi, colui che teneva il telefono “sempre acceso”, hai visto mai arrivasse una chiamata dal Colle più alto. La chiamata è arrivata, ma non dal Quirinale, semplicemente dal ministero della Pubblica amministrazione di Renato Brunetta che lo ha voluto nel gruppo di lavoro sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, insieme a un po’ di noti burocrati e professori di economia, rigidamente bocconiani.
Lui, ospite fisso di Fabio Fazio, si mostra sempre cuor contento: presenzia, consiglia, si agita, guarda il telefono e poi, come un Renato Altissimo qualunque, si ritrova nel centro liberaldemocratico costituito da Azione, Più Europa, Partito repubblicano italiano, Alleanza liberaldemocratica per l’Italia e Liberali (ma oggi si passerà  alla “maratona virtuale dei riformisti”).
Lui presiede la scrittura del “Programma per l’Italia”. E magari mentre scrive, ci ripensa, come ha fatto sul Mes: prima a favore, poi contrario. Ma sempre cuor contento.
Lucia Borgonzoni. La sua Cultura: “Riaprire i bingo”
La sottosegretaria alla Cultura che non legge libri è tornata sul luogo del delitto, quel Mibact che ha frequentato nel Conte I senza lasciare ricordi indelebili, ma consolidando la fiducia di capitan Salvini (e quindi la candidatura disastrosa alle regionali emiliane).
Non è realistico valutare l’impatto del suo lavoro in queste poche settimane, ma dalle sue uscite pubbliche possiamo capire che si occupa — come il suo leader — di quasi tutto tranne che di Beni culturali (interviene su vaccini, economia, fisco, legittima difesa, etc). Il suo cavallo di battaglia in questi giorni è aver promosso il decreto che regola i crediti d’imposta per i produttori di videogiochi
Che c’azzecchino cinema e videogiochi è un mistero, ma la sottosegretaria leghista sembra proiettata sulla dimensione ludica: subito prima del suo nuovo incarico al Mibact si era distinta per aver chiesto di far riaprire subito non musei e teatri ma “sale slot, scommesse e bingo”, definiti “presidi della legalità  contro la mafia”.
Patrizio Bianchi. Chiudere, aspettando che la tempesta passi
Non ce l’ha fatta a tenerle aperte, anzi, è riuscito nell’impresa di fare in modo che le scuole fossero le prime (e praticamente uniche) a chiudere. Era in parte successo anche alla ministra Lucia Azzolina, che l’ha preceduto, di dover subire la decisione autonoma delle Regioni o di dover mediare le pressioni degli alleati di governo LeU e Pd, ma almeno in quel caso si era percepita della resistenza, una lotta, un tentativo di trovare una soluzione. Nel caso del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, invece, si è vista solo la resa di fronte a una variante inglese che pareva auto-generarsi nei corridoi delle scuole. Esito: istituti chiusi in tutte le zone rosse, anche per i più piccoli (che hanno protocolli molto più stringenti) e Dad a tempo indefinito per tutti gli altri.
Brunetta-Gelmini. Renato dà  il bonus, Mariastella apre
Per Renato Brunetta è un ritorno, ma questa volta sembra orientato a una linea soft. Se al suo primo giro da ministro della Pa era andato alla guerra coi dipendenti pubblici, considerati una manica di fannulloni tanto da meritarsi i famigerati tornelli, ora il suo approccio è più morbido. In attesa della riforma, il suo biglietto da visita è stato l’assunzione di 2800 precari, un aumento di 107 euro in busta paga e l’introduzione di una serie di bonus per eccellenze e innovazione. E sembra morbido anche sullo smart working. Maturazione o furbizia?
Della Mariastella Gelmini ministra dell’Istruzione si ricordano i tagli draconiani al personale scolastico e la gaffe sul “tunnel dei neutrini tra il Cern di Ginevra e il Gran Sasso”. Ora alle Politiche Regionali ha preso il testimone di Francesco Boccia ma sta sul fronte opposto: se Boccia era per chiudere il più possibile, Gelmini è “aperturista”, più propensa ad ascoltare le ragioni di imprenditori e commercianti che quelle dei medici. Per lei, però, la vera sfida sarà  tenere botta sull’organizzazione delle vaccinazioni, dove le Regioni vanno in ordine sparso.
Teresa Bellanova. Altro che rinuncia alla poltrona
Per un paio di settimane, a cavallo tra gennaio e febbraio, Matteo Renzi ha ricordato ogni giorno il “gesto di coraggio” di Teresa Bellanova, Elena Bonetti e Ivan Scalfarotto, eroi che “hanno rinunciato alle poltrone mentre gli altri li giudicavano folli”.
Oggi sono tornati tutti e tre al governo, anche se l’ex ministra dell’Agricoltura ha dovuto accontentarsi di un posto da “vice” alle Infrastrutture, dove il responsabile è Enrico Giovannini.
Poco male, anche a giudicare dai toni con cui i renziani parlano della loro operazione politica per far fuori Conte: “Un drappello di visionari riformisti ha avuto ragione”, dice la stessa Bellanova. E ora? La linea sponsorizzata dalla viceministra ricalca il Piano Shock di Italia Viva, un miliardario insieme di opere pubbliche da gestire attraverso commissari (nulla di molto diverso dalle tanto criticate task force tecniche) in grado finalmente di “sbloccare i cantieri”. Un modello Genova amplificato che vuole rendere consuetudine l’eccezionalità  di quella ricostruzione, naturalmente derogando a molti dei vincoli oggi previsti dal Codice degli appalti.
Carlo Sibilia. Quello che Draghi “andava arrestato”

L’eternauta del M5S. In tre anni il Movimento ha cambiato tre volte alleati di governo e messo in soffitta molti totem ma Carlo Sibilia, 35 anni, di Avellino, è sempre rimasto dov’era, sottosegretario di Stato all’Interno.
Apparentemente intoccabile, di certo bravissimo a galleggiare nelle acque agitate dei 5Stelle. Ce l’ha fatta anche stavolta, grazie innanzitutto al legame con Luigi Di Maio.
E non era semplice, anche perchè Sibilia è lo stesso 5Stelle d’assalto che l’11 febbraio 2017 scriveva: “Draghi è quello che ha dato il via al crack Mps che noi oggi paghiamo 20 miliardi. Andrebbe arrestato”.
Un post che il grillino poche settimane fa ha precipitosamente cancellato, come un altro di pochi giorni dopo, in cui ribadiva: “È stato Draghi nel 2008 a mettere Mps su un piano inclinato”. D’altronde anche Beppe Grillo urlava contro l’ex presidente della Bce, e ora lo descrive come “un po’ grillino”. Quindi, liberi tutti.
Garofoli e Sileoni. Giurista e super liberista
Del sottosegretario alla presidenza del Consiglio è stato detto: nel Conte 1, da capo di gabinetto al Tesoro (arrivato con Padoan, rimase con Tria), fu messo nel mirino di Palazzo Chigi per una norma comparsa in un decreto a favore della disastrata Croce Rossa, poi cassata da Tria. Chiarì che era una richiesta del ministero della Salute.
In quel periodo, peraltro, Garofoli stava risolvendo un contenzioso con Cri su una casa in cui aveva aperto un B&B. A inizio 2019 lo scontro porta alle dimissioni. Oggi è tra coloro che dovrebbero studiare come introdurre le nuove misure anti-Covid senza ricorrere a quei Dpcm tanto invisi a Sabino Cassese.
Si pensa a un decreto, che però rischia di non lasciare tempo al Parlamento di discutere neanche il precedente. O a un’ordinanza del ministro della Salute che però dovrebbe intervenire anche su temi di altri ministeri e far saltare il confronto con loro e le Regioni. Nello staff di Draghi è arrivata anche la super liberista Serena Sileoni (ricercatrice in diritto pubblico) dell’Istituto Bruno Leoni. Il suo ultimo intervento sul Foglio è dedicato ai successi delle case farmaceutiche contro il Covid. In altri auspicava una maggiore liberalizzazione del mercato del lavoro e che “si tolgano le briglie al mercato”.
Valentina Vezzali. Tutto deciso prima che arrivasse
L’ultima arrivata ha già  fatto storcere il naso a molti: ai suoi colleghi che magari avrebbero preferito altri ex atleti, ai partiti che si sono sentiti esclusi dalla scelta, a chi ancora ricorda la gaffe con Berlusconi e l’esperienza con Monti.
Eppure Valentina Vezzali, la campionessa di scherma voluta da Mario Draghi (ma si dice soprattutto dall’ex capo della Polizia Gabrielli e dal leghista Giorgetti) come sottosegretaria allo Sport, non ha fatto ancora nulla.
Il decreto salva-Coni è stato approvato subito prima della sua nomina (e forse non a caso: sarà  dura contenere Malagò). Il decreto Sostegni per lo sport prevede quasi solo il bonus per i collaboratori sportivi, che era stato il cavallo di battaglia di Spadafora (però con la novità  della progressività , per non dare più soldi a pioggia, su input del nuovo governo condiviso dalla sottosegretaria). Il suo primo, vero passo sarà  la scelta dello staff. Come si dice nelle pagelle sportive, è ancora s.v.: senza voto.
F. Paolo Sisto. Giustizia, riforma baciata da Silvio
Fosse per lui, le intercettazioni quasi non dovrebbero esistere perchè “le esigenze del processo non sono sempre prevalenti. Esiste un diritto alla vita privata, alla riservatezza, alla libertà  di espressione che conta quanto e talvolta più delle esigenze investigative”. L’avvocato Francesco Paolo Sisto, neo sottosegretario alla Giustizia in quota Forza Italia, non sta nella pelle ora che a Via Arenula c’è Marta Cartabia e quell’intruso di Alfonso Bonafede, che solo a vederlo gli provocava l’orticaria, è ormai un lontano ricordo (per quanto spiacevolissimo). Adesso però l’occasione è finalmente propizia per una riforma della giustizia, a partire dalla prescrizione — modificata proprio da Bonafede — così cara a Silvio Berlusconi e (il copyright è proprio del neo sottosegretario) ai “partigiani della Costituzione di Forza Italia”, che per i critici sono da sempre gli scudi umani del Cav, da loro sempre difeso a suon di leggi ad personam e di sit-in di fronte al Palazzo di giustizia di Milano. Sisto, per la verità , il suo lo ha fatto anche in tribunale, dove ha assistito il Capo nel processo per le escort portate in via del Plebiscito, vecchia residenza romana di Silvio, da Giampi Tarantini.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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L’IMMUNOLOGO MANTOVANI: “SE VA BENE NE USCIREMO A NATALE, CI PUO’ ESSERE UNA QUARTA ONDATA”

Marzo 21st, 2021 Riccardo Fucile

“E’ IMPORTANTE PROCEDERE VELOCEMENTE CON LE VACCINAZIONI”… LA VARIANTE INGLESE AUMENTA LA MORTALITA’ DAL 30% AL 60%

Alberto Mantovani, immunologo e direttore scientifico dell’Humanitas di Milano in un’intervista a La Stampa ha avvertito del rischio di una quarta ondata dell’epidemia di COVID-19. Per questo è importante procedere velocemente con le vaccinazioni.
Spiega Alberto Mantovani:
Potrà  esserci una quarta ondata a causa di nuove varianti?
«Sì, non possiamo dimenticare che si tratta di una pandemia e due delle attuali varianti che ci preoccupano sono nate in Sudafrica e in Amazzonia. Solidarietà  e sicurezza camminano insieme. L’associazione Medici con l’Africa, che sostengo, si occupa di portare i vaccini a tutti».
Secondo lei quando ne usciremo veramente?
«Quando avremo affrontato tutti i problemi di cui abbiamo parlato. Se ci impegneremo il Natale prossimo sarà  più normale del passato. L’estate potrebbe essere una tregua, ma senza le illusioni dell’anno scorso».
Il professor Mantovani ha anche detto che “il British medical journal e Nature danno gli stessi numeri: la variante inglese è più infettiva, ma aumenta anche la mortalita’ dal 30 al 60 per cento. Oltre a contagiare di più uccide maggiormente e per questo bisogna vaccinare in fretta”.

(da agenzie)

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L’INFETTIVOLOGA CHE ISOLO’ IL VIRUS: “IL CASO DI CREMONA E’ INACCETTABILE E INCONCEPIBILE”

Marzo 21st, 2021 Riccardo Fucile

ORA E’ ANCHE MEDICO VOLONTARIO ANTI-COVID A CREMONA: “ABBIAMO FATTO LE CONVOCAZIONI DIRETTAMENTE PER TELEFONO PER CERCARE DI RIMEDIARE AGLI ERRORI DELLA REGIONE LOMBARDIA”

Poco più di un anno fa isolò il ceppo italiano del coronavirus. Claudia Balotta, professoressa e già  infettivologa dell’ospedale Sacco di Milano oggi in pensione, era al suo primo giorno di lavoro da medico volontario al centro vaccinale di Cremona per dare il suo contributo all’immunizzazione dei cittadini.
“È del tutto inaccettabile questo malfunzionamento dovuto ad Aria Lombardia, così si rallenta la campagna vaccinale proprio nel momento in cui invece bisognerebbe accelerare”.
Ora nell’area fiera dove è stato allestito il centro vaccinale sono arrivati in tantissimi, ma questa mattina per l’ormai noto disservizio di Aria, la società  della Regione Lombardia, ad attendere il turno per l’iniezioni erano soltanto 58 persone sulle circa 600 dosi disponibili.
“Grazie alle convocazioni fatte direttamente dall’Atts Cremona, alle 12 sono state eseguite 133 vaccinazioni e, nel pomeriggio, se ne stanno aggiungendo altre” dice la scienziata cavaliere del Lavoro proprio per il suo impegno nella ricerca scientifica su coronavirus.
Dal laboratorio al centro vaccinale comunque non è stato un passaggio facile per la scienziata: “Mi batteva in testa questo fatto che non ci fossero medici volontari per le vaccinazioni quindi, tra le altre tante cose che faccio, ho dato la disponibilità  anche per questo. Ho iniziato oggi perchè ho impiegato 10 giorni per espletare le procedure di Regione Lombardia”.
Alla domanda come mai dieci giorni Balotta risponde: “Perchè il primo giorno non sono riuscita a collegarmi alla piattaforma della Regione per il bando, quando sono riuscita chiedevano 24 ore per la validazione dei documenti presentati, poi c’è il trasferimento dei documenti alle Ats locali. Io avevo dato disponibilità  per Cremona e Milano e dopo 24 ore mi hanno chiamato per la visita di idoneità  che a questo era venerdì scorso. E quindi ho iniziato oggi”.
Per Balotta è giusto che siano controllati i titoli e venga ovviamente fatta la visita di idoneità  magari processati più rapidamente “quello che è inaccettabile è che Aria ha bucato per il secondo giorno consecutivo a Cremona non convocando i pazienti. Io ho cominciato alle 14. Ora per fortuna grazie al tam tam sui social sono arrivati in tanti. Non è concepibile che non funzioni la programmazione delle chiamate. Il cittadino deve muoversi quando è convocato e sulla base della ricezione del messaggio telefonico o della telefonata”.
Balotta comunque continua a collaborare con laboratorio dove “abbiamo isolato il virus” e con un gruppo di 80 centri “che è coordinato dal professor Massimo Galli e da me. Quindi sono impegnata però il fatto che la gente non potesse ricevere il vaccino una volta è a disposizione mi sembrava molto grave, sulla quale non potevo astenermi dal farlo”.

(da agenzie)

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“QUEL POST LE HA RIDATO IL SORRISO”

Marzo 21st, 2021 Riccardo Fucile

LA STORIA DEL RAGAZZO CHE HA TROVATO LAVORO ALLA MADRE CON UN APPELLO VIRALE: ERA DISOCCUPATA DA UN ANNO E MEZZO

«Finalmente una buona notizia sui giornali». Ironizza così Felice Capita, 24 anni, di origini pugliesi, il figlio che tutte le madri vorrebbero.
Un giovane che, stanco di vedere la donna che lo ha messo al mondo distrutta dall’affannosa ricerca di un posto di lavoro (tra candidature senza risposte e invio disperato di centinaia di cv), ha deciso di non stare a guardare e di metterci la faccia per farla tornare a sorridere. E tutto con un semplice post su LinkedIn.
«Ho scritto quell’appello in pochi secondi, l’ho postato nel pomeriggio e già  l’indomani mia madre, dopo aver fatto tre colloqui, ha trovato un lavoro», ci racconta il giovane, al telefono dalla Corea del Sud dove si trova in questo momento.
Felice, infatti, lavora per un’azienda che produce sistemi di automazioni industriali e spesso, dunque, va in trasferta all’estero. Un’occupazione, nell’ambito informatico, che gli ha consentito «di dare una mano, in questo periodo difficile, alla madre rimasta senza lavoro». Da più di un anno e mezzo. A quasi cinquant’anni
Le difficoltà  di Anna Piacquadio — questo il nome della donna che da tempo abita a Monza — nascono dopo la chiusura, per motivazioni economiche, di una tabaccheria di famiglia. Da quel momento non è più riuscita a trovare nulla di dignitoso.
Poi il Covid che «ha aggravato la situazione. «L’ho vista sconfortata, c’erano momenti in cui stava molto male, era demoralizzata, non trovava più una via d’uscita da questa brutta situazione. Da qui l’idea di un post su LinkedIn», ci spiega.
«Questo è un post davvero speciale dove chiedo il massimo aiuto da parte di tutti voi — ha scritto Felice nell’appello diventato virale con la bellezza di 27mila like e oltre 1.000 commenti — Lei è mia mamma e da più di un anno sta cercando lavoro ma pur essendo una persona competente, educata e disponibile sta facendo davvero fatica a trovare un posto di lavoro. Mia mamma è alla ricerca di una posizione come impiegata amministrativa ma valuterebbe anche altre mansioni visto il periodo e il bisogno urgente di lavorare. Viviamo a Monza e lei è automunita».
«Non bisogna mai arrendersi»
Poche frasi che, di fatto, le hanno cambiato la vita, peraltro in poco tempo: Anna Piacquadio, infatti, «comincerà  a lavorare lunedì 29 marzo», poco prima di Pasqua. E lo farà  a Milano, a pochi chilometri da Monza dove la società  immobiliare che l’ha assunta nel ramo commerciale — con tanto di stipendio fisso e provvigioni sulle vendite — aprirà  un nuovo ufficio.
«Questo è l’esempio di come non bisogna mai arrendersi. Non esistono problemi irrisolvibili, c’è sempre una soluzione. Certo, restare motivati diventa difficile quando non si ha più un lavoro. Mia madre era giù di morale». Adesso è ha ritrovato il sorriso.

(da agenzie)

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LA MERKEL INTENDE ESTENDERE IL LOCKDOWN ANCHE AL MESE DI APRILE

Marzo 21st, 2021 Riccardo Fucile

I SONDAGGI: CROLLO CDU-CSU, SALGONO VERDI,   LIBERALI E SOCIALISTI, CALO DEI SOVRANISTI

La cancelliera tedesca Angela Merkel intende prolungare il lockdown anche per il mese di aprile. È quanto emerge dalla bozza che presenterà  domani al vertice sul coronavirus con i rappresentanti dei Lander, ottenuta dalla Bild. Il piano anti-covid fissava la fine delle misure per arginare il virus il 28 marzo.
Il documento prevede il mantenimento delle misure di confinamento almeno fino ad aprile inoltrato, ma ad ora non è contenuta alcuna data per la conclusione delle restrizioni. Allo stesso tempo, non sono previste riaperture, mentre si fa esplicito riferimento “allo sviluppo nuovamente molto forte delle infezioni” all’interno del quale si registra “una dinamica esponenziale”.
Tuttavia, ai Lander e ai distretti potrà  essere permesso “di iniziare progetti modello a termine nei quali si possano riaprire singoli ambiti della vita pubblica in presenza di severe misure di protezione”. Nel testo si evoca anche la possibilità  di permettere ai cittadini di fare delle vacanze “con pochi contatti” nei propri Lander.
Intanto non si ferma il crollo della Cdu/Csu della Merkel nei sondaggi nazionali: stando al “Sonntagstrend” realizzato dall’istituto Kantar per conto della Bild, l’unione tra cristiano-democratici e cristiano-sociali bavaresi ha lasciato sul terreno 4 punti rispetto alla settimana scorsa, crollando al 27% dei consensi
Per avere la misura del fenomeno in corso: a gennaio Cdu/Csu vantavano ancora il 36%, a maggio dell’anno scorso in alcuni rilevamenti avevano raggiunto addirittura il 40%.
A pesare sul consenso verso i due partiti conservatori al governo, lo scandalo intorno alla compravendita delle mascherine anti-Covid in cui sono coinvolti alcuni parlamentari, nonchè le polemiche sui ritardi nella campagna vaccinale. Tra l’altro, la Cdu ha registrato risultati storicamente bassi nelle elezioni in Renania Palatinato e nel Baden Wuerttemberg del 14 marzo.
A guadagnarci maggiormente, secondo il sondaggio Kantar, sono stati i Verdi, cresciuti rispetto alla settimana scorsa di ben 3 punti al 22% dei consensi, fortificando così la propria posizione di seconda forza politica del Paese. In aumento di un punto la Spd, che tocca per la prima volta da tempo il 17%.
Anche i liberali dell’Fpd vedono accrescere i propri consensi, guadagnando 2 punti fino a toccare il 10%, laddove segna un calo di 1 punto l’Afd, il partito dell’ultradestra, anch’esso al 10%. È invece ferma la Linke, la formazione della sinistra, all′8%.
Come sottolinea lo Spiegel, con questi numeri per la prima volta risulterebbe possibile anche una coalizione di governo che escluderebbe la Cdu/Csu, ossia una maggioranza ‘semaforo’, formata da Verdi, Spd ed Fpd. A detta degli analisti di Kantar, il calo dei partiti dell’unione cristiano-democratica potrebbe continuare: “Il fondo ancora non è stato raggiunto”.

(da “Huffingtonpost”)

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DER SPIEGEL: “VIVIAMO IN UN PAESE ROTTO”

Marzo 21st, 2021 Riccardo Fucile

IL GIORNALE SFATA UN MITO E DENUNCIA “L’INCOMPETENZA TEDESCA”

“Viviamo in un paese rotto”. Lo scrive Der Spiegel, tracciando un quadro sconsolante della situazione in Germania. Il giornale tedesco traccia un bilancio della situazione nel paese a un anno dall’inizio della pandemia, tra caos e difficoltà  gestionale, che hanno portato la Merkel ad annunciare un possibile prolungamento del lockdown anche in aprile.
“Nel sedicesimo anno di governo della cancelliera Merkel, si ha a volte la nauseante sensazione di vivere in un Paese rotto. Il maestro di scuola tedesco di una volta, che in tutti i suoi quaderni faceva stampare il marchio di qualità  Made in Germany, è diventato nei confronti internazionali un pigro ritardatario che insegue”.
La cover story ha un titolo eloquente: “La nuova incompetenza tedesca”. “Perchè non riusciamo a tenere sotto controllo il caos del coronavirus?” si chiede il quotidiano. “Non parliamo di scandali e disavventure: la repubblica rivela una debolezza sistemica, la pazienza dei cittadini è al limite”.
Scrive Paolo Valentino per il Corriere della sera, citando il pezzo:
La lista delle recriminazioni è lunga. Non c’è stata alcuna prevenzione, la deregulation della sanità  ha deresponsabilizzato la mano pubblica, che non ha mai pensato a creare scorte di materiali necessari in casi di emergenze sanitarie. Giudicate inutili all’inizio, non c’erano riserve di mascherine quando si è scoperto che erano indispensabili. Per avarizia e grettezza di vedute, Berlino non ha spinto in modo energico a livello europeo perchè fossero prenotati più vaccini, tanto più che il primo di questi era stato sviluppato in Germania. Con grande ritardo il governo federale ha preso in considerazione i test rapidi, che già  nella primavera del 2020 erano stati indicati dagli esperti come un mezzo efficace per facilitare le riaperture.

(da agenzie)

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