Destra di Popolo.net

LA TERRIBILE ACCUSA DEL DER SPIEGEL ALL’ITALIA: “HA INSABBIATO IL NUMERO DI MORTI PER COVID”

Marzo 22nd, 2021 Riccardo Fucile

IL DOSSIER DEL GIORNALE TEDESCO RIPORTA UNA SERIA DI DOCUMENTI IMPIETOSI SULLA GESTIONE DELLA PANDEMIA IN ITALIA, ERRORI E OCCULTAMENTO DI DATI

L’Italia che nell’estate scorsa sembrava preparata e pronta ad affrontare la seconda ondata, è stata invece travolta di nuovo dal Covid in ottobre, se possibile, in maniera più violenta della prima ondata, con contagi e ricoveri alle stelle.
Ma se l’impreparazione del nostro Paese è risultata evidente e percepibile all’opinione pubblica, il famosissimo settimanale tedesco, Der Spiegel, in un’indagine, stila decumenti e report agghiaccianti che solo in parte conoscevamo, come ad esempio il caso del piano pandemico risalente al 2006.
Il giornale racconta la denuncia collettiva presentata alla Procura di Bergamo da oltre 500 famiglie. Errori fatali, verità  nascoste, gestione caotica della pandemia: il ‘Der Spiegel’ lancia in apertura del suo sito web un grande reportage che mette sotto accusa la gestione in Italia della prima drammatica fase della crisi innescata dalla pandemia da coronavirus.
“I documenti mostrano che sono stati compiuti degli errori”, i quali sono stati “nascosti” dalle autorità  italiane, scrive ‘Der Spiegel’, secondo cui lo stesso occultamento varrebbe per il destino di moltissime vittime: “Era possibile evitare questi morti?”, si chiede il settimanale amburghese nella sua versione online.
Secondo ‘Der Spiegel’ sulle reali dimensioni della crisi vi è stata una massiccia opera di “insabbiamento”. Il giornale riferisce di una denuncia collettiva presentata alla Procura di Bergamo da oltre 500 famiglie italiane. “Le accuse sono pesanti”, scrive, e prosegue: “L’Italia avrebbe reagito in ritardo e in modo sbagliato alla pandemia. Il Paese è stato travolto, perchè i piani di crisi erano vecchi e pieni di lacune. Gli errori commessi sono stati insabbiati. Per questo sono morte delle persone? Genitori, nonni, coniugi?”.
Aggiungono gli autori del servizio che “l’ex premier Giuseppe Conte ed il suo ministro alla Sanità  sono stati già  ascoltati, mentre da mesi vengono alla luce nuove omissioni. Da tempo non è più questione di tragici casi singoli, ma di un fallimento generale. E di insabbiamento”.
‘Der Spiegel’ riferisce che gli avvocati dei familiari di molte vittime hanno già  consegnato agli inquirenti numerosi dossier, nei quali viene elencato un gran numero di errori ed omissioni: “Da una parte dei documenti, afferma il settimanale, che dichiara di avervi avuto accesso, emerge che gli esperti avevano avvertito già  alla fine di febbraio 2020 che era in corso una epidemia con un tasso di contagio superiore a 2,0, ossia in cui ogni paziente stava contagiando almeno altre due persone
Era un allarme-slavina, che evidentemente non e’ stato ascoltato”.
Stando al reportage, “troppi pazienti dal decorso leggero hanno preso il posto ad ammalati gravi, con la conseguenza che i medici si sono trovati a combattere una battaglia persa in partenza”.
C’era anche carenza di mascherine e di altri dispositivi di protezione, così come si sarebbe mancato di individuare i focolai negli studi medici e nelle case di cura per anziani
Lo ‘Spiegel’ parla di un documento di 102 pagine “che non doveva essere una resa dei conti, ma doveva rappresentare un aiuto per gli altri Paesi”. Ed invece “è stato ritirato solo un giorno dopo la sua pubblicazione”. A breve, “la magistratura deciderà  se e contro chi sarà  presentata denuncia: potrebbe diventare uno dei processi del secolo”, con i parenti delle vittime “che si costituirebbero parte civile”
Molti di loro, riferisce lo ‘Spiegel’, “si erano riuniti già  l’anno scorso in un gruppo Facebook da titolo ‘Noi denunceremo’, che in tempo brevissimo ha raggiunto i 70 mila iscritti. Da allora a migliaia riferiscono in quel gruppo del loro destino, per liberarsi della loro rabbia e per esprimere il loro lutto”.
Intanto, ribadisce ancora la testata amburghese, “è noto che il piano pandemico nazionale non era stato più attualizzato dal 2006, nonostante che il governo italiano si fosse impegnato in tal senso e che solo poche settimane prima della deflagrazione della pandemia del coronavirus aveva segnalato all’Organizzazione mondiale della Sanità  di essere perfettamente pronta per una situazione grave”.
Senonchè, già  nel maggio 2020 l’Oms constatava che “senza essere preparata ad un tale flusso di pazienti, la prima reazione degli ospedali è stata improvvisata, caotica e creativa”.

(da agenzie)

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DEFINIRE I MAGISTRATI “CANCRO DA ESTIRPARE” E “STRONZI” NON E’ REATO SE LO DICE SALVINI

Marzo 22nd, 2021 Riccardo Fucile

IL TRIBUNALE DI TORINO LO ASSOLVE PER “TENUITA’ DEL FATTO”… SE LO AVESSE DETTO UN COMUNE CITTADINO SI SAREBBE BECCATO DUE ANNI DI GALERA… MA NON SI PARLI IN QUESTO CASO DI MAGISTRATURA POLITICIZZATA, EH?

Matteo Salvini è stato assolto dal Tribunale di Torino al processo che lo vedeva imputato per vilipendio all’ordine giudiziario.
Pronunciando la sentenza, il giudice Roberto Ruscello ha assolto il leader della Lega “per la particolare tenuità  del fatto”.
I fatti risalgono al 14 febbraio 2016, quando durante un congresso regionale della Lega tenutosi al palazzetto dello sport di Collegno, nel Torinese, al quale parteciparono circa un migliaio di persone, l’allora segretario federale della Lega Nord Salvini, fra le altre cose, disse: “Difenderò qualunque leghista indagato da quella schifezza che si chiama magistratura italiana, che è un cancro da estirpare”.
Il pm Emilio Gatti aveva chiesto una multa “esemplare” da 3mila euro.
Oggi pomeriggio in aula il pubblico ministero ha osservato che le frasi rivolte al pubblico del congresso da Salvini “hanno chiaramente natura oltraggiosa: una cosa è la critica, un’altra gli accostamenti volgari e ripugnanti”. Gatti ha poi aggiunto che Salvini ha definito i magistrati “stronzi” e “lazzaroni che rompono le palle alla Lega”, mentre la magistratura italiana “una schifezza”.
Il pubblico ministero, inoltre, ha fatto notare come “il pubblico accoglie gli insulti del ‘capo’ alla magistratura con vere e proprie ovazioni”. Le parole di Salvini erano state riprese dal Tg1 in prima serata. “Questo a riprova che il discorso è da ritenersi pubblico” ha concluso il pm.
Intervenuto in aula lo scorso 25 gennaio, il leader della Lega, dopo aver sottolineato “massima fiducia nella magistratura e nella sua libertà  di giudizio”, aveva evidenziato di non aver attaccato un giudice o un altro “ma il sistema”, precisando di aver fatto le affermazioni che gli vengono contestate “perchè c’era qualcuno che dall’interno politicamente utilizzava alcune inchieste della magistratura per attaccare la Lega”.
Argomentazioni riprese dal suo avvocato, Claudia Eccher: “Le parole pronunciate da Salvini – afferma il legale – sono prive di carica offensiva: usa quei termini perchè è quel genere di linguaggio che i leghisti si aspettano, non voleva offendere i magistrati e la magistratura. Il linguaggio della Lega e dei partiti sorti dalla cosiddetta società  civile hanno cambiato il paradigma del linguaggio: quello del leader politico oggi è chiaro e diretto, utilizza frasi brevi e parole comuni, anche quelle di tono basso. Salvini non ha fatto altro che riprendere stilemi del linguaggio tipico della Lega, quello in cui i militanti si riconoscono, un lessico colorato ed espressivo, non offensivo”.

(da agenzie)

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ARIA, IL CARROZZONE VOLUTO DALLA LEGA IN LOMBARDIA

Marzo 22nd, 2021 Riccardo Fucile

IL FLOP SUI VACCINI E’ COSTATO FINORA   22 MILIONI

Regione Lombardia ha annunciato l’intenzione di azzerare i vertici di Aria, la società  partecipata regionale che è al centro di enormi polemiche per via dei tanti disservizi nella campagna di vaccinazione contro il Covid-19 in Lombardia.
Ma questa decisione non può nascondere altre responsabilità , oltre a quelle dei vertici della società  che si dimetteranno: quelle della politica. E in Lombardia politica fa rima ormai da quasi 30 anni con il centrodestra: prima il lungo “regno” di Roberto Formigoni, poi l’avvicendamento proprio con la Lega di Salvini, nelle figure di Roberto Maroni prima e dell’attuale governatore, Attilio Fontana, poi.
La società  Aria è stata voluta da Fontana nel 2019
È proprio sotto il governo Fontana che Aria, Azienda regionale per l’innovazione e gli acquisti, è nata il primo luglio 2019, inizialmente dalla fusione di altre due società  regionali (Lombardia informatica, nata nel 1981 e Arca Lombardia, centrale unica per gli acquisti fondata nel 2014) e incorporando poi una terza società : Ilspa (Infrastrutture lombarde spa, fondata nel 2003).
“L’idea di unire tre ‘carrozzoni’, creando un ‘carrozzone’ unico non poteva funzionare già  in partenza”, spiega a Fanpage.it il consigliere regionale di Più Europa Michele Usuelli, che questa fusione osteggiò fin dall’inizio. “C’è una parola in inglese che si chiama accountability. In Aria continuano a cambiare i tecnici, ma la responsabilità  è della politica. È la giunta la responsabile di Aria”, prosegue Usuelli, che sui motivi del fallimento del progetto Aria è chiaro: “La società  sconta 27 anni di sistema, prima con Formigoni e poi con Maroni, in cui si è assunto per fedeltà  più che per meriti”.
Nei progetti di chi l’ha voluta “la forza di Aria” doveva essere quella “di fare sinergia fra competenze specializzate su tecnologie, infrastrutture e acquisti derivanti dalla fusione di 3 importanti società  con una lunga storia ed esperienza alle spalle”, come si legge sul sito. L’esperienza concreta ha però mostrato che, al posto di sinergia, si è creato caos: “Un esempio non legato all’attualità  sono le lunghe liste d’attesa nella sanità  lombarda — spiega Usuelli -. Sono legate al fatto che ogni Asst ha avuto il permesso di comprare i software che volevano, ma in questa maniera i software non si parlano tra loro e la Centrale unica di prenotazione si ingolfa”. Non solo la ratio alla base della decisione di creare una società  informatica regionale — cioè il “mi creo dall’interno una software house” — è venuta meno, ma si è generato anche un sistema di affidamenti esterni a consulenti su cui, come denuncia Usuelli, c’è un’opacità  di fondo (l’elenco dei consulenti per l’anno 2020, sul sito web, è vuoto)
Il contratto tra Regione e Aria è costato 22 milioni di euro
La stessa opacità  che Usuelli denuncia per il contratto tra Aria e Regione Lombardia al centro delle attuali polemiche: quello per il sistema regionale di prenotazione dei vaccini Covid-19 aperto attualmente agli anziani over 80 e al personale della scuola.
“È un sistema arcaico, medievale, non lo chiamerei sistema di prenotazione ma sistema di registrazione e convocazione. Quando la vice presidente Letizia Moratti in Commissione Sanità  ci aveva comunicato la decisione di appoggiarsi al sistema di Poste Italiane, abbiamo scoperto che il sistema di Aria è costato 22 milioni di euro. Tuttavia non sappiamo se recupereremo parte di quei soldi perchè nel contratto c’era un qualche tipo di penale, sull’argomento c’è sempre stato un muro di gomma”.
Dal caso camici ai bandi deserti per i vaccini antinfluenzali: i flop di Aria
La breve storia di Aria è già  costellata di molti scivoloni. C’è Aria dietro il cosiddetto “caso camici”, la presunta donazione di camici e altro materiale sanitario alla Regione da parte della società  del cognato del governatore Fontana, Andrea Dini: una vicenda per la quale sono indagati lo stesso Fontana, Dini e Filippo Bongiovanni, ex direttore generale di Aria spa ritenuto vicino a Fontana e alla Lega e costretto a dimettersi.
Sempre Aria è il soggetto appaltatore dei bandi di gara per i vaccini antinfluenzali, che si sono rivelati un altro flop: dieci quelli andati deserti, lasciando la Lombardia in affanno in un momento in cui, complice anche la concomitanza della pandemia, vaccinarsi contro l’influenza sarebbe stato molto importante.
L’ultima inefficienza: sul sistema non ci sono i numeri di telefono dei vaccinandi
Ma certo è sul tema vaccini Covid, quello più sentito dalla popolazione, che le inefficienze di Aria stanno raggiungendo livelli intollerabili, tanto da aver spinto la Regione stessa a intervenire.
Dagli sms inviati in ritardo, agli anziani chiamati a vaccinarsi a centinaia di chilometri dalla propria residenza, fino agli errori nelle convocazioni che hanno portato o a sovraffollare i centri vaccinali o a chiamare meno persone del dovuto, lasciando poi alle singole Asst o ai sindaci il compito di arrangiarsi per risolvere i problemi.
L’ultima inefficienza la racconta Usuelli: “Ho scoperto che il sistema non inserisce i numeri di telefono dei vaccinandi. E quindi se i medici vaccinatori hanno bisogno di chiamare le persone che non hanno ricevuto l’sms di conferma, o devono rivolgersi a coloro che sono inseriti nelle liste di riserva, devono cercare i numeri sulle pagine bianche”.

(da Fanpage)

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PARENTOPOLI A 5 STELLE: SI DIMETTE LA FIDANZATA DELL’ASSESSORE LEMMETTI

Marzo 22nd, 2021 Riccardo Fucile

NEL POMERIGGIO IL PASSO INDIETRO DELLA LIBRAIA ASSUNTA PER 23.000 EURO NELLO STAFF

Si è dimessa la compagna dell’assessore al Bilancio, Gianni Lemmetti. Assunta come segretaria politica da Luca Montuori, titolare del dossier Urbanistica, la libraia Silvia Di Manno nel primo pomeriggio ha scritto al Campidoglio e fatto il passo indietro chiesto domenica sera dalla sindaca Virginia Raggi.
Stop alla nomina passata in giunta mercoledì sera, stop alla parentopoli grillina. La 44enne di Pietrasanta, che giovedì mattina si era fatta vedere in assessorato per conoscere i nuovi colleghi e firmare il contratto che le avrebbe garantito circa 23 mila euro da qui alla fine della consiliatura, non lavorerà  per il Comune.
Così, sfilandosi, Silvia Di Manno potrebbe aver salvato la poltrona del fidanzato. Gianni Lemmetti era stato infatti contattato dalla prima cittadina grillina.
Chiaro l’aut aut: “O la tua compagna si dimette oppure ci penso io”.
Meno la risposta dell’assessore, che avrebbe provato a difendere la compagna facendo imbufalire Raggi, assente alla seduta di giunta di mercoledì e apparentemente all’oscuro della nomina.
Alla giunta 5S verranno chieste spiegazioni anche sulla nomina “congelata” di Massimiliano Capo. L’approdo in Comune dell’amico (stretto) di Lorenza Fruci, assessora alla Cultura e compagna di classe della sindaca Raggi al liceo, è stato bloccato prima che la delibera venisse votata in giunta. Forse per questioni di opportunità : prima che le foto sparissero da Facebook, sui social i due avevano inscenato un finto matrimonio. E in un video registrato durante il lockdown si chiamavano “marito e moglie”. Dal Campidoglio spiegano che Fruci “non è sposata”. In ogni caso la nomina è stata messa in stand by.

(da agenzie)

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INSULTI RAZZISTI AL GIOCATORE DEL CROTONE SIMY: “FIGLIO DI PUTTANA, SPERO CHE TU FIGLIO MUOIA DI CANCRO AL PANCREAS E CHE IN NIGERIA SI PROPAGHI LA PESTE”

Marzo 22nd, 2021 Riccardo Fucile

IL CALCIATORE DEL CROTONE, INSULTATO SUI SOCIAL DA UN CONIGLIO DA TASTIERA, DENUNCIA L’EPISODIO

Gli stadi sono chiusi a causa della pandemia e i social diventano il modo per trasferire l’odio (non sportivo) dagli spalti al divano di casa.
I conigli da tastiera, non i leoni: quelli che mandano in libertà  le proprie dita su una tastiera di uno smartphone o di un pc per dare libero sfogo alle proprie frustrazioni sportive, condite da quel razzismo che spesso abbiamo visto e ascoltato tra curve e tribune degli stadi italiani. L’ultima vittima è stato l’attaccante nigeriano del Crotone Nwankwo Simy, autore di una doppietta nel match disputato sabato pomeriggio all’Ezio Scida.
Un odio razziale, condito dai peggiori auspici rivolti al figlio del calciatore. Ma Nwankwo Simy ha deciso di squarciare il velo del silenzio, pubblicando su Instagram il testo (con tanto di nome in bella vista) di quel messaggio ricevuto da una persona che — evidentemente — ritiene il colore della pelle un elemento per discriminare le gesta sportive di un attaccante.
“Figlio di puttana, in Nigeria si deve propagare la peste bubbonica. Zingaro di merda, godo che tuo figlio muore per cancro al pancreas”.
Evidenti problemi di intolleranza e anche di italiano per il coniglio da tastiera che pensava di fare il gradasso e di non pagare conseguenze per quanto scritto in libertà  al calciatore del Crotone via “Dm” su Instagram. Ma Simy ha deciso di rompere il silenzio, pubblicando quanto ricevuto. Con un chiaro messaggio: “Facciamolo diventare famoso perchè se lo merita”

(da agenzie)

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MELONI SI INDIGNA PER L’AGGRESSIONE OMOFOBA DI ROMA, MA PER LEI “GLI OMOSESSUALI NON SONO DISCRIMINATI”

Marzo 22nd, 2021 Riccardo Fucile

IL SUO PARTITO SI E’ SEMPRE OPPOSTO ALLA LEGGE CONTRO L’OMOTRANSFOBIA, DICENDO CHE IL PROBLEMA NON ESISTE

Dire sempre no, negare un problema evidente in Italia per poi accorgersi, dopo un fatto di cronaca, che quel problema esiste realmente.
Chissà  se quanto accaduto nei giorni scorsi a Roma, con l’aggressione omofoba all’interno della stazione Valle Aurelia, avrà  fatto aprire gli occhi a Giorgia Meloni. La speranza è che la leader di Fratelli d’Italia dia seguito al suo post social di indignazione per quanto accaduto. Magari cambiando atteggiamento nei confronti del ddl Zan contro l’omotransfobia.
“Rimango scioccata davanti questa assurda e brutale violenza a Roma a danno di un ragazzo che, dalle ricostruzioni della stampa, sarebbe stato aggredito solo perchè baciava il suo compagno. Spero che il responsabile di questa vigliacca violenza la paghi: queste immagini sono indegne per un paese civile. La mia piena solidarietà  al ragazzo aggredito”, ha scritto Giorgia Meloni nel suo post di indignazione pubblicato sulla sua pagina Facebook.
Parole sacrosante: un giovane picchiato solamente perchè si baciava con il suo ragazzo è lo specchio tremendo di quanto sia profondo il problema odio omofobo nel nostro Paese. E per combatterlo è stato presentato un disegno di legge contro l’omotransfobia.
Ma, come sappiamo, tra i primi oppositori del ddl Zan c’è proprio Fratelli d’Italia.
E non solo a parole, visto che Giorgia Meloni, il 16 luglio scorso, scese in piazza brandendo il microfono e parlando così: “Le discriminazioni verso gli omosessuali? Per me le discriminazioni vanno sempre combattute, ma non possiamo dire che oggi nella realtà  italiana siano discriminati, abbiamo fatto passi da gigante in questo tema”.
Passi da gigante? Come quelli fatti da quell’uomo che ha attraversato i binari per andare a colpire il giovane Jeanne Pierre, reo di aver baciato il suo ragazzo nella stazione Valle Aurelia
La piazza e le piazzate
E non ci sono solamente le manifestazioni di piazza della scorsa estate. Il partito guidato da Giorgia Meloni, ha lasciato il segno anche in Parlamento.
Come ricorda il Sole 24 ore, infatti, proprio nei giorni della manifestazioni contro il ddl Zan, Lega e Fratelli d’Italia presentarono 975 (sì, novecentosettantacinque) emendamenti al disegno di legge contro l’omotransfobia.
I due partiti sovranisti, ne parlano come di una legge bavaglio per un problema che non esiste. E anche in Europa la situazione non è migliore. Solo dieci giorni fa, era l’11 marzo 2021, sempre i partiti guidati da Meloni e Salvini hanno votato contro la risoluzione per una “Unione Europea zona di libertà  per le persone Lgbtqi”. Il motivo? Sostenevano che si tratti solamente di strumentalizzazione contro Ungheria e Polonia.
E la letteratura è molto vasta. Ricordiamo il tormentone che vide protagonista proprio Giorgia Meloni: “Donna, mamma, cristiana”.
La famiglia a senso unico e quel ritornello — che, viste le evidenze, sembra più uno stornello da osteria — sull’omofobia che non è un problema in Italia.
Oggi, però, sui social doveva essere la giornata per la sacrosanta indignazione. Ora speriamo che gli occhi su questa questione rimangano aperti e che quel post Facebook dia il là  a un cambio di rotta: meno sovranista, meno complottista. Più realista.

(da “NextQuotidiano”)

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LE POLEMICHE SUL BLITZ DI MORRA AL CENTRO VACCINALE DI COSENZA PER DENUNCIARE L’INEFFICIENZA DELLA CAMPAGNA VACCINALE IN CALABRIA

Marzo 22nd, 2021 Riccardo Fucile

IL DIRIGENTE SANITARIO LO ACCUSA DI INTERRUZIONE DI PUBBLICO SERVIZIO E ABUSO DI POTERE, MA UN PARLAMENTARE HA DIRITTO A VERIFICARE LE STRUTTURE, DAGLI OSPEDALI ALLE CARCERI… MORRA: “GLI UOMINI DELLA SCORTA POSSONO TESTIMONIARE I FATTI”

Il dirigente Asp che lamenta un blitz alla centrale operativa vaccinale di Cosenza e annuncia querele contro il senatore Nicola Morra e il parlamentare che anticipa un “video-verità ” per smentire la versione del medico perchè “non mi fido dei giornalisti”.
In mezzo, la Calabria che con il 71% delle dosi somministrate è ancora agli ultimi posti per numero di vaccinazioni, in cui la piattaforma informatica di prenotazione è entrata in funzione con più di un mese di fuso orario rispetto al resto d’Italia, e in più di un caso l’appuntamento per la somministrazione si è trasformato in un assembramento autorizzato di anziani e soggetti fragili.
È in questo quadro che sabato mattina – denuncia il dottor Mario Marino, medico legale oggi direttore Igiene pubblica Direttore dipartimento di prevenzione dell’Asp di Cosenza – il senatore e presidente della commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra avrebbe fatto “irruzione” al centro di Serra Spiga, sbraitando contro le inefficienze del servizio di prenotazione.
Risultato, racconta il dottor Marino, una vera e propria aggressione. Verbale, certo, ma così violenta da provocargli un malore. “Questo è sicuramente abuso di potere, ma credo che querelerò Morra anche per interruzione di pubblico servizio, perchè la sua ‘visita’ ha interrotto il nostro lavoro” annuncia Marino
Nel frattempo, l’episodio è diventato un caso politico. “Morra si dimetta, da tutto. Solidarietà  ai medici colpiti” dice il leader della Lega, Matteo Salvini. Interviene subito anche Giorgia Meloni per Fdi, che annuncia: “Andremo fino in fondo a questa vicenda e se tutto ciò corrispondesse al vero Morra farebbe bene a dimettersi immediatamente”
Il parlamentare avrebbe lamentato l’impossibilità  di prenotare telefonicamente il vaccino per i suoceri ottuagenari e lamentato l’inefficienza nella campagna vaccinale. Un incontro dai toni accesi durante il quale, secondo quanto riferito da alcuni dei presenti, gli uomini della scorta di Morra hanno anche identificato alcuni dei dipendenti dell’Asp.
Il capo della task Force, Mario Marino, ha accusato un malore tanto da mettersi in malattia come riferito oggi da La Regina. Nessun commento è venuto dal commissario per la sanità  in Calabria Guido Longo
“Incapaci”. Così il senatore Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia, avrebbe appellato i funzionari dell’Asp di Cosenza presenti nel dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza al momento della sua “irruzione”. A riferirlo alcuni dei presenti. Morra, secondo quanto ricostruito dai presenti, si sarebbe rivolto al direttore di Igiene pubblica e Direttore del dipartimento di prevenzione Mario Marino ed ai medici dello staff definendoli “incapaci” di gestire la somministrazione dei vaccini, incolpando Marino perchè due suoi parenti ultraottantenni non erano ancora stati chiamati per la somministrazione del vaccino e che da diversi giorni al numero verde per le prenotazioni non rispondeva nessuno. Marino avrebbe tentato di spiegare a Morra che da quattro giorni, per le vaccinazioni, è partita la piattaforma informatica regionale, dunque, il numero verde non è più attivo, ma il presidente della Commissione antimafia non avrebbe inteso ascoltare e anzi avrebbe chiesto agli agenti di scorta di identificare i dirigenti in servizio. Quindi se ne sarebbe andato sbattendo la porta.
La replica di Morra: “La scorta attesterà  ciò che ha visto”.
“Io sono sempre sotto tutela e quindi i poliziotti attesteranno quello che hanno potuto vedere”. Lo dice, contattato al telefono, il senatore e presidente dell’Antimafia Nicola Morra annunciando a breve un video in cui fornirà  la sua versione dei fatti dopo le dichiarazioni del dirigente della Asp di Cosenza. Sui motivi dell’ispezione dice:   “L’ispezione eseguita sabato è una prerogativa di un parlamentare e penso sia dovere di qualunque rappresentante delle Istituzioni provvedere affinchè il diritto alla salute venga rispettato anche in Calabria, anche in provincia di Cosenza. Questa ispezione è avvenuta a seguito di segnalazioni di cittadini che mi chiedevano d’intervenire vista la scarsità  di vaccini ricevuti dai calabresi e, quindi, anche in provincia di Cosenza. Non vedo nulla di strano se il Presidente dell’antimafia, parlamentare eletto in Calabria, si interessa ed interviene”.

(da agenzie)

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VACCINI IN AZIENDA, MA PER CHI?

Marzo 22nd, 2021 Riccardo Fucile

CONFINDUSTRIA, CONFAPI E FIGLIUOLO HANNO IDEE DIVERSE SU CHI SARA’ VACCINATO

La lista sarà  inviata nelle prossime ore al commissario straordinario per l’emergenza Francesco Paolo Figliuolo. Mittente: Confindustria.
Dentro questa lista ci sono i nomi delle imprese che hanno dato la propria disponibilità  a partecipare alla campagna di vaccinazione. Una lista corposa che conta più di 7mila adesioni e circa 10mila locali.
Dalle aziende arriva il sì all’ingresso dei vaccini, ma è un sì che andrà  ora calato nella macchina organizzativa. E già  questa è una questione che genera tensione.
Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi parla di vaccinazione “di comunità ”, partendo quindi da dipendenti e familiari, ma si dice pronto a seguire le indicazioni che darà  Figliuolo.
Uno schema a geometria variabile. Una parte delle imprese, però, è più chiusa. Confapi, che ne riunisce 80mila tra piccole e medie, propone un sistema dove il perno è la bolla aziendale: vaccini solo per i dipendenti.
Oltre 7mila imprese, tra associate a Confindustria e non, hanno inviato la propria disponibilità . La stragrande maggioranza è ubicata al Nord (75%), seguita da quelle del Centro (13%) e del Sud e delle isole (12%).
Sono i grandi gruppi come Pirelli, Vodafone e Tim, ma anche Bayer, Feralpi, Illy, Beretta, Lamborghini, Barilla, Electrolux. E poi ci sono le aziende pubbliche e i gruppi parapubblici: Eni, Enel, Fincantieri, Leonardo, Inps.
Ancora l’Abi, l’associazione che riunisce le banche, Amazon, le catene alimentari di Coop e Conad. Alcune di queste aziende hanno aderito alla campagna di Confindustria e compaiono quindi nella lista. Altre, invece, hanno dato la propria disponibilità  direttamente alla struttura commissariale guidata da Figliuolo.
I locali messi a disposizione sono variegati, in linea con il carattere eterogeneo di chi ha risposto all’appello: uffici, capannoni, palestre, alberghi, ippodromi, porti, terminal aeroportuali, stazioni ferroviarie. In tutto più di 10mila siti in cui si potrà  vaccinare per tre mesi: questo è quantomeno la disponibilità  temporale offerta dalle aziende.
Lo schema di Confindustria. Il nodo del protocollo per le vaccinazioni nelle fabbriche
La linea di viale dell’Astronomia, come indicato da Bonomi, è “attenersi alle disposizioni” che darà  Figliuolo “nell’ambito del piano vaccinale nazionale”. Lo schema, però, è a geometria variabile e questo perchè più volte lo stesso presidente di Confindustria ha parlato della disponibilità  delle imprese a contribuire alla campagna di vaccinazione attraverso una quota parte fatta dei circa 5,5 milioni di dipendenti delle imprese associate a Confindustria. A cui aggiungere circa 7 milioni di familiari, portando il totale a circa 12 milioni tra dipendenti e familiari.
Anche nella lettera inviata alle imprese che hanno aderito alla campagna, Bonomi dà  la stessa traccia: “Migliaia di comunità  di lavoratrici e lavoratori potrebbero così essere vaccinate simultaneamente, rafforzando la rete nazionale e accelerando in maniera decisiva la corsa verso l’immunità  diffusa”.
Tra l’altro molte imprese hanno inteso la partecipazione alla campagna come una disponibilità  a vaccinare i propri dipendenti, non gli esterni. Più in generale la vaccinazione in azienda necessita di un passaggio che gli imprenditori ritengono imprescindibili e cioè un protocollo nazionale proprio per le vaccinazioni in fabbrica. Un documento, cioè, che spieghi come la macchina dei vaccini funzionerà  dentro le aziende.
Le “piccole” di Confapi spingono per la bolla aziendale
Il presidente di Confapi Maurizio Casasco ha scritto una lettera al ministro della Salute Roberto Speranza e al commissario Figliuolo per indicare uno schema alternativo. “Bisogna coniugare salute e attività  produttive – spiega a Huffpost – per creare una bolla in azienda. In questo modo l’azienda ha una garanzia di produzione, i lavoratori sono protetti e non rischiano di andare in cassa integrazione o di vedere l’azienda chiusa”.
Lo schema proposto da Confapi si articola su tre fasce. La prima, prioritaria, è quella della bolla aziendale. Il medico aziendale vaccina solo i dipendenti di una determinata azienda. Per le aziende che non hanno i locali idonei alla vaccinazione si passa alla seconda fascia: è l’associazione di categoria, provinciale o comunque territoriale, a mettere a disposizione locali idonei per permettere la vaccinazione, sempre solo dei dipendenti ma di più aziende.
A vaccinare è sempre il medico aziendale che presta la sua attività  anche fuori dalla sua azienda, a servizio appunto delle altre ubicate su un determinato territorio. L’ultimo step è costituito dalla messa a disposizione di spazi esterni al’azienda (sempre però di sua proprietà ) come parcheggi e capannoni. Spazi da destinare a una vaccinazione sociale, per gli esterni.
L’idea di Figliuolo: le aziende inserite nello schema nazionale, no precedenza ai dipendenti
Toccherà  a Figliuolo calibrare la disponibilità  delle aziende sulla macchina organizzativa nazionale. Fonti della struttura commissariale spiegano che le aziende diventeranno dei punti vaccinali veri e propri, aperti cioè a tutti, non riservati ai dipendenti. Un esempio: la cittadella militare della Cecchignola, a Roma, è entrata a fare parte della rete regionale delle Asl del Lazio (Asl Rm2) e quindi è diventato un hub aperto a tutti.
Innanzitutto sarà  fatta una scrematura dei locali e dei siti messi a disposizione delle aziende. Prima di diventare hub dello schema più generale, infatti, bisognerà  capire se questi siti sono idonei, se cioè rispondono ai criteri di sicurezza e di logistica in cui rientrano i punti vaccinali attuali.
Le aziende dovrebbero essere tirate dentro da metà  aprile, quando è prevista un’accelerazione della campagna di vaccinazione grazie all’arrivo di un numero elevato di dosi.
Le stesse fonti spiegano che l’ordine delle priorità  stabilite a livello nazionale varrà  anche per le vaccinazioni dentro le aziende: quindi prima i soggetti con elevata fragilità  e poi avanti con le altre quattro categorie che procedono in ordine d’età  decrescente (dai più anziani in giù). Senza una precedenza ai dipendenti.
Un esempio: un lavoratore, anche in età  avanzata, di 60-61 anni, dovrà  aspettare comunque il suo turno, seguendo una lista che non terrà  conto di distinzioni tra dipendenti e non. Non sarà  cioè vaccinato prima di un over 70 esterno.

(da agenzie)

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I MEDICI NON VOGLIONO (GIUSTAMENTE) CHE I VACCINI SIANO SOMMINISTRATI DAI FARMACISTI

Marzo 22nd, 2021 Riccardo Fucile

“IL REGOLAMENTO PREVEDE CHE DEBBA ESSERE SOMMINISTRATO SEMPRE IN PRESENZA DI UN MEDICO”

Nel decreto sostegni è stata inserita una norma volta ad accelerare la campagna di immunizzazione in tutta Italia: le vaccinazioni in farmacia.
Come già  annunciato nei giorni scorsi, la prima sperimentazione partirà  dalla Liguria lunedì 29 marzo, poi si proseguirà  nel resto del Paese. Ovviamente, per il momento, l’unico prodotto utilizzabile (viste le sue modalità  di conservazione “più agili”) sarà  Astrazeneca.
Poi, dalla seconda metà  di aprile (la data dovrebbe essere quella del 20) si potrà  procedere — come già  annunciato dalla Regione Lazio — procedere anche con Janssen, il prodotto anti-Covid di Johnson & Johnson.
La Federazione degli ordini dei medici, però, non è d’accordo con la mossa del governo Draghi.
Come riporta il quotidiano La Stampa, il Presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, evidenzia alcune indicazioni che sarebbero state sottovalutate nella stesura delle norma, partendo della regolamentazione che accompagna ogni singolo prodotto in commercio (e in distribuzione) in Italia: “Il vaccino è un farmaco e deve essere somministrato, così come prevedono le agenzie regolatorie, sempre in presenza di un medico. È il solo che possa raccogliere il consenso informato, valutare lo stato di salute del paziente e gestire in maniera pronta eventuali effetti collaterali”.
Problemi, dunque, per le vaccinazioni in farmacia. L’ordine dei medici ha messo in evidenza una lacuna che — però — dovrebbe essere colmata da quanto previsto dalla norma scritta all’interno del decreto sostegni: prima di entrare a far parte dei siti in cui somministrare il vaccino anti-Covid, il personale dovrà  seguire un corso ad hoc (gestito da esperti, quindi medici) in cui saranno spiegate le dinamiche e i comportamenti da tenere nella fase precedente e successiva all’inoculazione del vaccino anti-Covid.
Solo dopo aver seguito questo corso, la farmacia riceverà  l’abilitazione all’inoculazione dei vaccini attraverso il personale che vi lavora.

(da “NextQuotidiano”)

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