VACCINI IN AZIENDA, MA PER CHI?
CONFINDUSTRIA, CONFAPI E FIGLIUOLO HANNO IDEE DIVERSE SU CHI SARA’ VACCINATO
La lista sarà inviata nelle prossime ore al commissario straordinario per l’emergenza Francesco Paolo Figliuolo. Mittente: Confindustria.
Dentro questa lista ci sono i nomi delle imprese che hanno dato la propria disponibilità a partecipare alla campagna di vaccinazione. Una lista corposa che conta più di 7mila adesioni e circa 10mila locali.
Dalle aziende arriva il sì all’ingresso dei vaccini, ma è un sì che andrà ora calato nella macchina organizzativa. E già questa è una questione che genera tensione.
Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi parla di vaccinazione “di comunità ”, partendo quindi da dipendenti e familiari, ma si dice pronto a seguire le indicazioni che darà Figliuolo.
Uno schema a geometria variabile. Una parte delle imprese, però, è più chiusa. Confapi, che ne riunisce 80mila tra piccole e medie, propone un sistema dove il perno è la bolla aziendale: vaccini solo per i dipendenti.
Oltre 7mila imprese, tra associate a Confindustria e non, hanno inviato la propria disponibilità . La stragrande maggioranza è ubicata al Nord (75%), seguita da quelle del Centro (13%) e del Sud e delle isole (12%).
Sono i grandi gruppi come Pirelli, Vodafone e Tim, ma anche Bayer, Feralpi, Illy, Beretta, Lamborghini, Barilla, Electrolux. E poi ci sono le aziende pubbliche e i gruppi parapubblici: Eni, Enel, Fincantieri, Leonardo, Inps.
Ancora l’Abi, l’associazione che riunisce le banche, Amazon, le catene alimentari di Coop e Conad. Alcune di queste aziende hanno aderito alla campagna di Confindustria e compaiono quindi nella lista. Altre, invece, hanno dato la propria disponibilità direttamente alla struttura commissariale guidata da Figliuolo.
I locali messi a disposizione sono variegati, in linea con il carattere eterogeneo di chi ha risposto all’appello: uffici, capannoni, palestre, alberghi, ippodromi, porti, terminal aeroportuali, stazioni ferroviarie. In tutto più di 10mila siti in cui si potrà vaccinare per tre mesi: questo è quantomeno la disponibilità temporale offerta dalle aziende.
Lo schema di Confindustria. Il nodo del protocollo per le vaccinazioni nelle fabbriche
La linea di viale dell’Astronomia, come indicato da Bonomi, è “attenersi alle disposizioni” che darà Figliuolo “nell’ambito del piano vaccinale nazionale”. Lo schema, però, è a geometria variabile e questo perchè più volte lo stesso presidente di Confindustria ha parlato della disponibilità delle imprese a contribuire alla campagna di vaccinazione attraverso una quota parte fatta dei circa 5,5 milioni di dipendenti delle imprese associate a Confindustria. A cui aggiungere circa 7 milioni di familiari, portando il totale a circa 12 milioni tra dipendenti e familiari.
Anche nella lettera inviata alle imprese che hanno aderito alla campagna, Bonomi dà la stessa traccia: “Migliaia di comunità di lavoratrici e lavoratori potrebbero così essere vaccinate simultaneamente, rafforzando la rete nazionale e accelerando in maniera decisiva la corsa verso l’immunità diffusa”.
Tra l’altro molte imprese hanno inteso la partecipazione alla campagna come una disponibilità a vaccinare i propri dipendenti, non gli esterni. Più in generale la vaccinazione in azienda necessita di un passaggio che gli imprenditori ritengono imprescindibili e cioè un protocollo nazionale proprio per le vaccinazioni in fabbrica. Un documento, cioè, che spieghi come la macchina dei vaccini funzionerà dentro le aziende.
Le “piccole” di Confapi spingono per la bolla aziendale
Il presidente di Confapi Maurizio Casasco ha scritto una lettera al ministro della Salute Roberto Speranza e al commissario Figliuolo per indicare uno schema alternativo. “Bisogna coniugare salute e attività produttive – spiega a Huffpost – per creare una bolla in azienda. In questo modo l’azienda ha una garanzia di produzione, i lavoratori sono protetti e non rischiano di andare in cassa integrazione o di vedere l’azienda chiusa”.
Lo schema proposto da Confapi si articola su tre fasce. La prima, prioritaria, è quella della bolla aziendale. Il medico aziendale vaccina solo i dipendenti di una determinata azienda. Per le aziende che non hanno i locali idonei alla vaccinazione si passa alla seconda fascia: è l’associazione di categoria, provinciale o comunque territoriale, a mettere a disposizione locali idonei per permettere la vaccinazione, sempre solo dei dipendenti ma di più aziende.
A vaccinare è sempre il medico aziendale che presta la sua attività anche fuori dalla sua azienda, a servizio appunto delle altre ubicate su un determinato territorio. L’ultimo step è costituito dalla messa a disposizione di spazi esterni al’azienda (sempre però di sua proprietà ) come parcheggi e capannoni. Spazi da destinare a una vaccinazione sociale, per gli esterni.
L’idea di Figliuolo: le aziende inserite nello schema nazionale, no precedenza ai dipendenti
Toccherà a Figliuolo calibrare la disponibilità delle aziende sulla macchina organizzativa nazionale. Fonti della struttura commissariale spiegano che le aziende diventeranno dei punti vaccinali veri e propri, aperti cioè a tutti, non riservati ai dipendenti. Un esempio: la cittadella militare della Cecchignola, a Roma, è entrata a fare parte della rete regionale delle Asl del Lazio (Asl Rm2) e quindi è diventato un hub aperto a tutti.
Innanzitutto sarà fatta una scrematura dei locali e dei siti messi a disposizione delle aziende. Prima di diventare hub dello schema più generale, infatti, bisognerà capire se questi siti sono idonei, se cioè rispondono ai criteri di sicurezza e di logistica in cui rientrano i punti vaccinali attuali.
Le aziende dovrebbero essere tirate dentro da metà aprile, quando è prevista un’accelerazione della campagna di vaccinazione grazie all’arrivo di un numero elevato di dosi.
Le stesse fonti spiegano che l’ordine delle priorità stabilite a livello nazionale varrà anche per le vaccinazioni dentro le aziende: quindi prima i soggetti con elevata fragilità e poi avanti con le altre quattro categorie che procedono in ordine d’età decrescente (dai più anziani in giù). Senza una precedenza ai dipendenti.
Un esempio: un lavoratore, anche in età avanzata, di 60-61 anni, dovrà aspettare comunque il suo turno, seguendo una lista che non terrà conto di distinzioni tra dipendenti e non. Non sarà cioè vaccinato prima di un over 70 esterno.
(da agenzie)
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