Marzo 23rd, 2021 Riccardo Fucile
IL TOUR DELL’EX SINDACO DI ARONA NELL’OSPEDALE DI BORGOMANERO… “MI HA INVITATO LA DIREZIONE SANITARIA”: LUI ENTRA DOVE I FAMILIARI NON POSSONO ENTRARE
Ha fatto un giro di oltre un’ora nelle terapie intensive e sub intensive dell’ospedale di Borgomanero. Ha salutato i ricoverati, quelli coscienti, ha parlato con i medici e gli infermieri. Poi ha scattato dei selfie. Che sono finiti in un lungo post sulla pagina Facebook.
I volti sono coperti, ma il dolore è in primo piano. Il protagonista di quella che lui stesso definisce un “visita del cuore e nel cuore dei reparti di terapia intensiva” è Alberto Gusmeroli, deputato della Lega ex sindaco, ora vice sindaco di Arona, sul Lago Maggiore. Sostiene di essere stato invitato dalla direzione sanitaria e di aver accolto la proposta fatta per “dare voce a ciò che succede vicino alle nostre case, ciò che spesso vediamo in tv solo parzialmente e non pensiamo di avere a pochissimo da noi. Me l’hanno chiesto e ho accettato”.
In questi reparti le visite sono vietate, sono luoghi in cui si sta soli e troppo spesso si muore soli, senza il conforto degli affetti, anche se nei momenti particolarmente critici la direzione sanitaria autorizza il saluto dei familiari, ovviamente nel rigido rispetto delle regole.
Il parlamentare Gusmeroli però è entrato, “invitato – dice – dalla direzione”
Chi ha autorizzato la “passerella del dolore”? E cosa possono pensarne “quei familiari che non hanno potuto salutare i propri cari, che sono morti senza il conforto di un volto amico”.
“C’è qualcosa che “stona” – sostiene il consigliere regionale del Pd Domenico Rossi – Il problema non è la visita in sè. E’ un bene che chi ha incarichi istituzionali decida di recarsi di persona nei luoghi più esposti per rendersi conto di come funzionano le cose, per portare solidarietà ai lavoratori e ai pazienti o anche per dare un messaggio alla cittadinanza. Ma tutto questo va fatto con estremo rispetto e senza cedere alla logica della spettacolarizzazione del dolore”.
Secondo Rossi il rischio è “mancare di rispetto a tutti quei familiari che non hanno potuto salutare i propri cari, che sono morti senza il conforto di un volto amico”.
Più duro Marco Grimaldi di Luv che chiede un ulteriore chiarimento ai vertici Asl. “Chi ha permesso una passerella come questa nel totale disprezzo dei pazienti e della loro sofferenza? I vertici dell’Asl chiariscano” dice e aggiunge: “Se i parlamentari leghisti vogliono dare testimonianza di come vanno le cose in Piemonte, chiedano all’assessore Icardi come mai solo il 54 per cento degli over 80 piemontesi ha ricevuto la prima dose di vaccino e solo il 13 la seconda o com’è possibile che si stiano esaurendo i posti in rianimazione per i pazienti non Covid, invece di fare della pornografia sulla pelle di chi rischia la vita”.
Anche tra i leghisti il gesto del collega novarese ha creato più di una perplessità . Nessuno per ora si espone ma in molti non hanno gradito la pubblicazione delle foto sui social che inevitabilmente hanno scatenato polemiche.
(da agenzie)
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Marzo 23rd, 2021 Riccardo Fucile
LA LETTERA PRIVATA IN CUI I LEGHISTI SCRIVONO AI VERTICI DELL’UNIONE PER BLINDARE GLI INTERESSI DEGLI INDUSTRIALI FARMACEUTICI
Ci sono due facce della Lega in Europa. Ma stavolta l’ambiguità non riguarda il rapporto con l’euro e
l’appartenenza all’Unione. Stavolta, le contraddizioni entrano nel cuore della campagna vaccinale che deve portarci fuori dall’emergenza Covid.
E se in pubblico, il partito di Matteo Salvini si batte per rendere il vaccino accessibile a tutti, in privato ai parlamentari leghisti sembrano stare a cuore soprattutto gli interessi delle case farmaceutiche.
Fanpage ha potuto visionare una lettera riservata, inviata il 24 Febbraio scorso a Stella Kyriakides, Commissaria europea per la Salute. La prima firma è quella di Gianna Gancia, eurodeputata leghista e moglie del senatore del Carroccio Roberto Calderoli. Con lei, a firmare sono altri due colleghi leghisti, Matteo Adinolfi e Lucia Vuolo. Ci sono, inoltre, le sottoscrizioni di alcuni deputati del gruppo dei Popolari, tra cui gli italiani Martuscello e De Meo, e di uno dei Socialisti.
Nella missiva, i parlamentari chiedono alla Commissione europea di opporsi con fermezza a una richiesta che pochi giorni dopo sarebbe stata discussa davanti all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto), l’organismo all’interno del quale si decidono le regole del mercato globale.
Si tratta della proposta avanzata dall’India e dal Sud Africa — ed appoggiata da circa altri cento Paesi — per sospendere temporaneamente le regole sui brevetti dei vaccini contro il Coronavirus.
In questo modo, le ricette dei medicinali sarebbero rese liberamente disponibili a chiunque abbia capacità di produrli nel mondo, accelerando la produzione e distribuzione delle dosi su scala mondiale. Una prospettiva contrastata dalle società che hanno creato gli antidoti anti-Covid e che vedrebbero così ridotti i loro profitti. Va ricordato, d’altra parte, che la ricerca in questo campo è stata finanziata in buona parte con soldi pubblici.
Nella lettera inviata alla Commissione europea, gli eurodeputati definiscono la richiesta di rilasciare i brevetti dei vaccini “cieca e ideologica”. Pochi giorni dopo, la proposta sarà bloccata dal Wto, con il parere contrario di tutte le grandi potenze mondiali.
Fin qui, si potrebbe parlare di una scelta politica da parte della Lega. Peccato, però, che quando è arrivato il momento di prendere posizione nelle sedi ufficiali, l’atteggiamento dei salviniani sia cambiato totalmente.
Il voto in Parlamento
Il 12 marzo scorso, infatti, il Parlamento europeo ha approvato un emendamento di The Left al “Rapporto sul Semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche”, con cui si chiede che l’Unione tratti i vaccini contro il Covid come un bene comune, garantito per tutti. Nel testo si domanda alla Commissione europea e agli Stati membri di “superare tutte le barriere e le restrizioni, derivanti dai brevetti e dai diritti di proprietà intellettuale” per assicurare la produzione e la distribuzione di massa delle dosi ovunque e a chiunque.
L’emendamento è passato con 294 voti favorevoli, compresi quelli degli eurodeputati della Lega. A votare a favore sono stati anche i tre parlamentari leghisti — Gancia, Adinolfi, Vuolo — che solo due settimane prima, in privato, avevano chiesto all’esecutivo Ue di muoversi in senso completamente opposto da quello tracciato dal voto in Parlament0.
“È un doppio gioco che non mi stupisce, non è la prima volta che la Lega lo fa”, dice a Fanpage l’autore dell’emendamento in questione, l’eurodeputato di The Left Marc Botenga.
“Già a marzo e a giugno scorso — continua Botenga -, la deputata Gancia aveva scritto a tutti i parlamentari chiedendo di co-firmare delle lettere alla Commissione con cui si invocava una forte difesa della proprietà intellettuale”.
Paradosso dentro al paradosso, l’ultimo episodio è avvenuto negli stessi giorni in cui i canali ufficiali e non della Lega rilanciavano l’intervento nell’emiciclo di Bruxelles della deputata europea Manon Aubry, che accusava la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen di essersi inchinata agli interessi di Big Pharma e invitava l’Europa a fare pressione per arrivare al rilascio dei brevetti.
(da Fanpage)
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Marzo 23rd, 2021 Riccardo Fucile
SI’ DI DEL RIO, GLI EX RENZIANI TRATTANO LA RESA
“Fidatevi di me. Sono tornato per scrivere insieme un pezzo di storia. Non vi chiamerò mai ex, siamo tutti Democratici”. È emozionato Enrico Letta quando varca di nuovo la soglia di Montecitorio dopo sette anni di assenza. “Mi sento come la madre del film ‘Goodbye Lenin’ che si sveglia molti anni dopo, ma io cercherò di capire come è cambiato il mondo”, scherza. L’occasione però è seria, e lo sa. L’assemblea dei deputati, a cui seguirà quella dei senatori. Ordine del giorno: sostituire i capigruppo con due donne: “Irricevibile una prima fila di soli uomini”, quella è roba da Orban, non può essere il biglietto da visita per un grande partito europeo.
Ed è buona la prima: il segretario supera la linea del Piave, sgretola lo scoglio più visibile delle correnti, incassa un grimaldello per accedere alle truppe parlamentari. Graziano Delrio, con un discorso alto in cui rivendica il “pluralismo” dei deputati, acconsente subito: “Non è una questione personale, mi faccio da parte, la sfida di genere è la mia”.
Avrà voce in capitolo sulla successione, dove Debora Serracchiani è un po’ più favorita di Marianna Madia. Al Senato, il dimissionario Andrea Marcucci si prende 24 ore per riflettere se ricandidarsi, ma (quasi) tutti giurano che alla fine non lo farà . Alle spalle c’è un accordo politico che Luca Lotti ha blindato nel suo primo faccia a faccia con Letta. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini è impegnato in una visita in Somalia, ma la linea tra i due è condivisa. I nuovi capigruppo saranno due donne.
Nonostante il “preavviso di sfratto” a mezzo stampa non sia stato gradito, Base Riformista sceglie la via del dialogo: l’ex premier promette una linea diversa da quella di Zingaretti, più riformismo e meno “subalternità ” ai Cinquestelle, loro ci stanno, vogliono condividere le decisioni e non subirle.
Appuntamento a giovedì mattina. La short list delle candidate resta in quota alla corrente, e comprende Valeria Fedeli e Simona Malpezzi. Quest’ultima è sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento e dovrebbe dimettersi, nel caso sostituita — Draghi permettendo — da Alessia Morani.
Marcucci, tuttavia, tiene il punto. Per tutto il giorno gira voce che possa tentare una prova di forza sui numeri. Non basta un incontro con Letta — che chiosa “tra pisani e lucchesi l’accordo si trova sempre” – ad ammorbidirlo. Si sfoga: “Io leale, ho sempre combattuto a viso aperto, no a imposizioni”. Sfida il segretario: “La tua proposta è troppo generica, perchè allora i segretari sono sempre uomini?”. Base Riformista è spaccata, diversi in assemblea chiedono di evitare “punizioni politiche”, ma i numeri per una raccolta firme per ora non ci sono.
Basta con gli ex: “Siamo tutti Democratici”
È il giorno del battesimo parlamentare del nuovo Letta. La prima prova del fuoco, poichè la scelta dei due vice-segretari gli competeva per intero. I gruppi, invece, dovranno votare a scrutinio segreto, ma l’intesa politica spiana la strada: impallinarla sarebbe più che autolesionista. A Montecitorio il clima è più rilassato. Delrio elenca il lavoro del suo gruppo, anche nel momento più difficile del governo gialloverde, si spende per la pluralità al posto del correntismo. Rammenta addirittura alcuni provvedimenti sociali del governo Letta (di cui è stato ministro degli Affari Regionali) che hanno anticipato le misure di questa fase. Applaudito Emanuele Fiano: “Non ci sono ex, siamo tutti Democratici. Chi ha scelto di restare nel Pd lo ha fatto per difenderne l’identità e il pluralismo”. Parole apprezzate e fatte proprie dal leader. Che ribadisce: “Ho imparato che con le vendette non si vince”.
Sull’esito della vicenda capigruppo Letta resta prudente, si dice solo “ottimista”. Sullo sfondo, la partita è molto più ampia: ricucire il rapporto con i militanti “a cui ne abbiamo fatte troppe”, riaprire la discussione sui contenuti nei circoli, ridare un’identità chiara al partito, allargare le alleanze: “Se arriviamo alla sfida del 2023 con il centrodestra con la Torre di Babele abbiamo già perso”. Come già all’assemblea nazionale, chiede “sincerità , verità , confronto”: “Mi sono messo in testa di fermare la crisi del Pd che è di politiche e di rapporti umani deteriorati. Diamo un segnale”. Giovedì la risposta.
(da Huffingtonpost”)
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Marzo 23rd, 2021 Riccardo Fucile
CASALEGGIO ESIGE I 450.000 EURO DI ARRETRATI
Tra Conte e Davide Casaleggio non c’è mai stato tanto amore. E tantomeno ora, nelle settimane in cui
l’ex premier sta ridefinendo il nuovo Movimento 5 Stelle, e sta mettendo nero su bianco un nuovo statuto da proporre ai piani alti e a quelli bassi del partito.
Ma, prima di terminare la messa a punto ha dovuto chiuder tutto e cercare di risolvere la questione Rousseau.
Che rapporto ci sarà tra il nuovo M5s e la piattaforma di proprietà del figlio di Gianroberto Casaleggio, che nel 2009 fondò il Movimento con Beppe Grillo?
Se fosse per l’ex presidente del Consiglio (probabilmente) nessuno. Ma nei mesi scorsi abbiamo imparato a conoscere la diplomazia di Conte, che ci starebbe a una convivenza tra M5s e Rousseau: ridimensionata sì, ma si potrebbe stare assieme.
Davide Casaleggio invece no, non ci sta: insieme come prima, con i regolamenti di prima. Che, in sostanza, significa: ricominciate a pagare la vostra quota a Rousseau, che qui la cassa piange. Mancano infatti circa 450mila euro che i parlamentari non hanno più pagato. Tanto che addirittura alcuni giorni fa il notaio di Rousseau ha chiarito che non ci sarebbero neanche i soldi per modificare lo statuto. In cassa non c’è niente di niente, neanche per indire una votazione.
Il dialogo c’è stato: non c’è stato alcun punto di incontro. Ci ha provato anche Vito Crimi a far da mediatore, ma — come ha già volte ribadito Casaleggio — “Crimi non è più nessuno”, da mesi ormai — per lui — non è più il capo politico (per Grillo invece ancora lo è). E allora si è alzata la voce, e il tesoriere Claudio Cominardi alcuni giorni fa ha aperto il primo conto bancario intestato al M5S: un nuovo contenitore destinato a raccogliere quei soldi che, da mesi ormai, i parlamentari pentastellati hanno smesso di versare all’Associazione di Davide Casaleggio.
Scrive La Stampa:
Di fronte al muro alzato e invalicabile, Conte ha capito di non avere alternative: «Non si può bloccare la vita del partito di maggioranza in Parlamento per la pretesa economica di un privato che gestisce un sito web», è stato il pensiero espresso durante una delle riunioni dell’ultima settimana a cui era presente anche Crimi.
Dunque, non c’è alternativa: si dovrà trascinare Casaleggio di fronte a un giudice. I giuristi interpellati dall’ex premier hanno inquadrato così la situazione. L’imprenditore milanese avrebbe dalla sua l’articolo 1460 del codice civile: «Nei contratti con prestazioni corrispettive — si legge — ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie la propria».
Senza essere pagato, dunque, Casaleggio può rifiutarsi di attivare il voto su Rousseau. Nessun contratto, però, è stato mai firmato tra l’associazione Rousseau e i Cinque stelle — è il ragionamento fatto con Conte — Si tratterebbe dunque di un “contratto di fatto”, ma «in mancanza di un perimetro chiaro di diritti e doveri reciproci, non si può inibire la vita associativa del partito a fronte di una non argomentata e non fondata pretesa economica». L’impegno a versare all’associazione Rousseau 300 euro mensili, che ogni eletto del Movimento sottoscrive al momento della candidatura, è infatti «un patto che l’eletto stringe con il Movimento, non con l’associazione Rousseau».
(da agenzie)
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Marzo 23rd, 2021 Riccardo Fucile
LA RELAZIONE TECNICA PUBBLICATA SULLA GAZZETTA UFFICIALE CONFERMA LA RINUNCIA A RISCUOTERE UNA CIFRA ESIGIBILE TOTALE DI 666,3 MILIONI… GLI EVASORI SOTTO LA QUOTA DI 30.000 EURO SONO IL 78%
Non è vero che il condono delle vecchie cartelle fino a 5mila euro datate 2000-2010 previsto dal decreto Sostegni riguarda solo vecchi crediti ormai inesigibili.
La vulgata con cui le forze politiche favorevoli allo stralcio di quelle pendenze fiscali hanno giustificato l’operazione — ridimensionata con la mediazione del premier Mario Draghi — è smentita dalla relazione tecnica del provvedimento appena pubblicato in Gazzetta ufficiale.
Lì si spiega che la cancellazione costerà alle casse dello Stato 666,3 milioni di cui 451 legati al fatto che al macero andranno anche debiti che i contribuenti stanno già pagando a rate (dopo aver aderito alla Rottamazione ter o al saldo e stralcio del governo gialloverde) o su cui comunque è “ancora in essere un’aspettativa di riscossione“.
Chiaro il messaggio che questo invia a chi salda puntualmente il dovuto. Non solo: la diretta conseguenza è che il provvedimento non scalfisce la montagna di cartelle davvero impossibili da riscuotere che ingolfa il magazzino dell’Agenzia delle Entrate Riscossione. Ora la vera partita è la riforma che, modificando il meccanismo di discarico dei crediti non riscossi, dovrebbe come ha annunciato Draghi rendere “più efficiente” la lotta all’evasione.
Cosa cambia rispetto alle bozze: il tetto di reddito serve a poco — Rispetto alla versione iniziale le cartelle automaticamente stralciate scendono da 61 a 16 milioni soprattutto per effetto della riduzione dell’orizzonte temporale, che nelle bozze pre consiglio dei ministri arrivava fino al 2015 cancellando anche ruoli relativamente recenti.
Così il costo per le casse pubbliche scende rispetto ai 930 milioni precedenti. Scarsissimo invece l’impatto dell’altro paletto fissato venerdì, il tetto di 30mila euro di reddito Irpef: taglierà fuori solo il 17% dei contribuenti con arretrati fiscali che ricadono negli altri parametri.
A livello comunicativo aver messo un limite che sulla carta esclude dal “favore” i più abbienti rende digeribile la sanatoria, ma nei fatti cambia molto poco.
Il motivo è presto detto: in base agli ultimi dati del Dipartimento delle Finanze, il reddito medio dichiarato al fisco dalle persone fisiche supera di poco i 33mila euro.
Nel Paese in cui stando all’ultima Relazione sull’evasione fiscale autonomi e imprese omettono di versare all’erario in media due terzi del dovuto, il 78% dei contribuenti “svela” al fisco meno di 30mila euro l’anno. E ha dunque accesso al condono che cancella capitale dovuto, interessi e sanzioni.
In magazzino restano oltre 110 milioni di cartelle
Non aver selezionato le cartelle davvero inesigibili, come aveva chiesto Leu, fa sì che il decreto non risolva affatto il problema del maxi magazzino da 987 miliardi della Riscossione, composto in effetti per la maggior parte (vedi la tabella) da somme che il fisco non rivedrà mai.
Il sistema, a valle del condono, rimarrà comunque ingolfato da oltre 110 milioni di cartelle. Per questo l’altro pilastro dell’operazione messa in campo dal governo Draghi sarà la riforma del meccanismo di “controllo e discarico dei crediti non riscossi“. Oggi, come ha spiegato in audizione il numero uno delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, il fisco prima di poter comunicare l’inesigibilità all’ente titolare del credito è costretto a mettere in campo “tutte le azioni di riscossione coattiva astrattamente ipotizzabili” a prescindere da qualsiasi valutazione di efficacia e di effettiva esigibilità .
(da il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 23rd, 2021 Riccardo Fucile
UN GIRO DA MILIONI DI EURO IN FORNITURE NEL SETTORE PUBBLICO E PRIVATO, COINVOLTI DIRIGENTI, MEDICI E SANITARI
Una rete di affari nella sanità pubblica calabrese attraverso il controllo di fiduciari interni alle
Aziende Sanitarie Provinciali di Reggio Calabria.
L’obiettivo: influenzare la scelta ai vertici delle Asp e assicurarsi gare d’appalto per milioni di euro. Questo il quadro che emerge dall’operazione che ha portato, nell’ambito di un’operazione congiunta tra i carabinieri del Los di Reggio Calabria, Catanzaro e Bologna, all’arresto di 14 presunti affiliati alla cosca di ‘Ndrangheta dei Piromalli.
L’inchiesta
L’ordinanza è stata eseguita all’alba del 23 marzo su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dell’aggiunto Gaetano Paci. La conclusione delle indagini risale al 2018, prima dello scoppio della pandemia da Coronavirus. Le persone coinvolte dovranno rispondere a vario titolo dei reati di associazione di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, trasferimento fraudolento di valori e traffico di influenze illecite in concorso.
Gli investigatori del Ros si sono concentrati, in particolare, sull’Asp di Reggio Calabria, dove si sarebbero rivolti gran parte dei condizionamenti mafiosi e la cui competenza territoriale interessa i distretti sanitari di Reggio, Tirrenico e Ionico. L’operazione ha portato, inoltre, al sequestro di beni mobili e immobili, oltre a titoli bancari e finanziari, per un valore di 8 milioni di euro.
La rete di malaffare
Secondo gli inquirenti, la rete di malaffare costruita negli anni dagli esponenti della ‘ndrina dei Piromalli è stata mantenuta grazie al ruolo dei fratelli Giuseppantonio e Francesco Michele Tripodi, dirigenti storici della sanità reggina, recentemente deceduti. I Piromalli, attraverso l’influenza criminale esercitata sul territorio della Piana di Gioia Tauro, avrebbero trovato proprio nei due dirigenti sanitari i loro uomini di fiducia per ottenere commesse e intascare milioni di euro attraverso società predestinate a vincere le gare d’appalto. Tra gli interessi della cosca, in particolare, la decisione dei direttori delle Asp, che avrebbero garantito il proseguimento degli affari.
I Piromalli non erano gli unici attivi nel ramo della malasanità reggina. Nonostante la faida tra la ndrina di Gioia Tauro e quella dei Molè, gli investigatori hanno rilevato come in alcune società gli uomini di entrambe le fazioni mantenessero comunque gli affari in piedi.
L’influenza mafiosa avrebbe toccato anche il settore privato, un ramo del malaffare in cui sarebbe stato attivo il figlio di uno dei dirigenti, il medico Fabiano Tripodi.
Grazie ai presunti rapporti con lui, gli esponenti del clan Piromalli avevano ottenuto per anni l’affidamento di servizi sanitari a Locri, Gioia Tauro, Polistena e Melito Porto Salvo. Stando all’inchiesta, emerge anche la complicità del personale medico-sanitario impiegato nelle strutture, ricompensanti e riempiti di provvigioni indebiti che si attestavano dal 2,5 al 5 per cento del valore della commissioni che facilitavano
(da Open)
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Marzo 23rd, 2021 Riccardo Fucile
LA FASCIA TRA 20 E 29 ANNI E’ STATA VACCINATA MOLTO DI PIU’ CHE QUELLA TRA I 70 E 79 ANNI
Detta in modo brutale: tra i settantenni contagiati 1 su 10 muore, tra i ventenni 1 su 100.000. Ma l’ Italia sta proteggendo più i secondi dei primi.
I numeri fotografati a ieri pomeriggio lo spiegano.
Vaccinati nella fascia di età 70-79 anni: 313.391; vaccinati tra i 20 e i 29 anni: 572.549. C’ è un altro modo per raccontare questa storia: tra i 70 e i 79 anni sono morti 24.773 italiani, tra i 20 e i 29 anni i decessi sono stati 51, eppure vacciniamo più i ventenni.
Non solo in termini assoluti, ma anche in percentuale: ad oggi solo il 5 per cento dei settantenni ha ricevuto almeno una dose, tra i ventenni siamo ben oltre il 9 per cento. La classe di età tra i 70 e i 79 anni è penalizzata in qualsiasi confronto. Addirittura, se il paragone si fa con i cinquantenni (50-59) scopriamo che c’ è un rapporto di uno a 5.
Chiaro? Per ogni cinque cinquantenni vaccinati c’ è appena un settantenne. Solo gli ottantenni, come è giusto che sia, sono stati immunizzati (prima dose) più dei cinquantenni. E anche quarantenni e trentenni hanno ricevuto più iniezioni dei penalizzati settantenni.
Ma come siamo arrivati a questo paradosso per cui una delle classi di età con il tasso di letalità più alto (solo gli ultraottantenni sono più a rischio) è la meno vaccinata?
In parte ha contribuito l’ incertezza della partenza iniziale del vaccino di AstraZeneca, che era stato autorizzato solo per gli under 55 (ora non c’ è più questo limite); in parte c’ entra la sacrosanta decisione di proteggere gli operatori sanitari e le forze dell’ ordine prima di tutti; ma la vera ragione del buco nero è il criterio delle «categorie da tutelare» che non solo ha rallentato la vaccinazione e offerto praterie a furbizie e corsie preferenziali, ma ha in sostanza penalizzato i settantenni.
Nell’ assai sindacabile casella delle «professioni a rischio» è stato inserito di tutto, dai magistrati agli avvocati ai giornalisti. Inoltre, si è scelto di puntare su scuole e università , per proteggere insegnanti e personale.
In apparenza una buona idea, nella pratica l’ inizio del caos, perchè abbiamo vaccinato prima il giovane assistente universitario, il quarantenne tecnico di laboratorio dell’ ateneo, l’ atletico insegnante di ginnastica del liceo, mentre scuole e università sono chiuse ovunque.
E intanto il 79enne, molto più a rischio visti i tassi di letalità , sta ancora aspettando e chissà quando potrà vaccinarsi in alcune regioni-lumaca.
Altri Paesi, ad esempio Israele, hanno deciso di procedere con il principio delle fasce di età , in questo modo hanno perso meno tempo, sono stati molto più veloci, hanno protetto prima i più fragili e oggi vedono un crollo dei ricoveri, nell’ interesse di tutti, anche di chi va a scuola.
A completare un andamento poco comprensibile e frastagliato, visto che ogni Regione fa scelte differenti, c’ è il ritardo nell’ immunizzare i fragili.
Pensare che, laddove gli anziani sono stati protetti — Rsa — i risultati si vedono. Il report dell’ Istituto superiore di sanità spiega: «L’ incidenza, nell’ ultima settimana di febbraio e nelle prime di marzo, raggiunge valori sovrapponibili o inferiori a quelli della prima settimana di ottobre (0,6%), in controtendenza rispetto all’ andamento generale dell’ epidemia. Un calo di decessi si osserva tra fine gennaio e marzo 2021, fino a raggiungere lo 0,6% dei residenti di Rsa per anziani non autosufficienti».
Osserva il professor Massimo Galli, primario di Malattie infettive del Sacco di Milano: «C’ è stato un elemento a causare questo risultato di avere vaccinato più i ventenni dei settantenni: è più facile trovare i più giovani, perchè sono operatori sanitari, dipendenti della scuola, membri delle forze dell’ ordine; per gli anziani, invece, bisognava avere la capacità di organizzarsi e di portarli nei centri vaccinali.
Ciò che è successo è sotto gli occhi di tutti». Abbiamo sbagliato a disperdere le forze in mille categorie — avvocati, magistrati, scuole, università — invece di concentrarle per proteggere chi rischia maggiormente la vita in caso di contagio? «Non sarebbe stato un errore puntare su alcune categorie se fossimo stati più rapidi nel vaccinare gli anziani. Le Regioni non hanno ancora finito gli ottantenni, non hanno gestito i grandi fragili. Ci sono stati anche problemi organizzativi, non conta solo la carenza di dosi. In Lombardia finalmente ci si è accorti che c’ è un reale problema nel sistema di convocazione degli anziani».
(da “Il Messaggero”)
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Marzo 23rd, 2021 Riccardo Fucile
LA POSIZIONE DEL SINDACATO MEDICI ITALIANI
Domani il sindacato dei medici incontrerà il commissario straordinario per l’emergenza coronavirus,
il generale Francesco Figliuolo, per discutere del Piano vaccini. E chiederà che ai medici di medicina generale siano destinati prioritariamente quelli monodose di Johnson & Johnson, in modo da velocizzare la campagna vaccinale.
Lo ha comunicato la segretaria generale del sindacato, Pina Onotri, illustrando una serie di proposte che verranno portare all’incontro con il commissario straordinario.
“Con il Commissario Figliuolo vorremmo ragionare insieme per mettere in moto, definitivamente, tutto il sistema di vaccinazione anti covid. Superando tutti i limiti a partire: dalla conservazione del vaccino, dall’esiguità dei punti vaccinali (per le problematiche complessità delle norme autorizzative), dalla carenza dei vaccini stessi, fino alla difficile movimentazione di una popolazione a cui l’informazione arriva a tratti in modo incompleta, contraddittoria, farraginosa”, ha detto Onotri, prima di presentare i suggerimenti dei medici per “giungere all’immunizzazione in tempi brevi di almeno l’80% della popolazione”.
Le richieste dei medici al commissario straordinario
Per prima cosa si chiede che il governo fornisca ai medici di medicina generale il vaccino Johnson & Johnson, “in quanto è un farmaco molto maneggevole, può essere tenuto in un normale frigorifero e per il fatto che preveda una sola dose può semplificare di molto la procedura vaccinale”. Si chiede poi di accelerare le pratiche di attivazione delle strutture finalizzate alla produzione dei vaccini in Italia, affidando la produzione vaccinale nazionale direttamente al ministero della Salute e avviando i processi produttivi dei vaccini nello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze
La terza richiesta che fanno i medici è venga riordinata in tempi rapidi la “farraginosa e complessa normativa autorizzativa dei locali adibiti a vaccinazione con deroghe nei punti non essenziali”, che al momento è “burocraticamente onerosa, costosa e affetta da problematiche intrinseche di ordine legale”.
Va poi creata, dice il sindacato, “una normativa temporanea derogatoria per gli operatori della Sanità che espletano le funzioni di vaccinatore, non ricomprendendo ovviamente la colpa grave e prevedendo uno scudo penale per i soggetti che vaccinano”.
Come velocizzare la campagna vaccinale
E ancora: “Derogare temporaneamente alle norme di incompatibilità tutt’ora vigenti che avviluppano in lacci e lacciuoli normativi ogni tentativo di svincolare molti operatori della sanità all’esecuzione dei vaccini” e “sveltire le pratiche burocratiche (non ha senso stampare 14 fogli di consenso informato e anamnesi vaccinale per cittadino: quasi un miliardo di fogli da conservare per almeno cinque anni se non addirittura di più, con aziende sanitarie che si trovano costrette ad affittare locali a norma per stipare tutto questo oceano montante di carta) con una sinergia più stretta tra AGID, fascicolo sanitario elettronico in fattispecie e deburocratizzazione informatizzata si potrebbero raggiungere grandi risultati in breve tempo snellendo il tutto”.
Infine Onotri ha concluso: “Proponiamo un confronto chiaro su ogni punto, da noi attentamente vagliato con analisi chiare, col solo scopo di mettere in moto una macchina potente, veloce efficiente che, ogni giorno, assiste almeno un milione e mezzo di cittadini nei loro fabbisogni di salute, piccoli e grandi”.
(da Fanpage)
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Marzo 23rd, 2021 Riccardo Fucile
CONVOCATI NEL POSTO SBAGLIATO, IL CENTINAIO DI ANZIANI E’ STATO POI TRASFERITO IN OSPEDALE PER LA VACCINAZIONE
Dopo il caos a Cremona, i disservizi sul fronte delle vaccinazioni anti-Covid sono arrivati anche a Codogno. Protagonista del “disguido”, questa volta, l’Asst di Lodi e non Aria Lombardia, la società regionale al centro delle polemiche dei giorni scorsi. L’azienda sanitaria territoriale lodigiana, stando a quanto riportato da Agi, ha erroneamente comunicato ad Aria la data di convocazione per la vaccinazione di un centinaio di over 80, fissandola per il 23 marzo presso l’hub vaccinale cittadino, il Palasport di Codogno.
Ma quando i cittadini si sono presentati in mattinata presso il luogo indicato per ricevere il vaccino, l’hanno trovato chiuso.
Da qui è emerso l’errore: l’Asst di Lodi aveva comunicato ad Aria Lombardia la data sbagliata per la vaccinazione (che sarebbe dovuta avvenire domani, 24 marzo), e per effetto domino, la società lombarda che gestisce le prenotazioni, ha inoltrato ai vari cittadini una data errata di convocazione.
La situazione è tuttavia parzialmente rientrata grazie all’intervento della Protezione civile su sollecito del sindaco di Codogno, Francesco Passerini, riuscendo così a trasportare le persone rimaste fuori dal Palasport — molte delle quali con difficoltà a muoversi — in ospedale, permettendo loro di ricevere il vaccino.
(da Open)
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