CAPOGRUPPO DONNE, ACCORDO A UN PASSO, NONOSTANTE MARCUCCI
SI’ DI DEL RIO, GLI EX RENZIANI TRATTANO LA RESA
“Fidatevi di me. Sono tornato per scrivere insieme un pezzo di storia. Non vi chiamerò mai ex, siamo tutti Democratici”. È emozionato Enrico Letta quando varca di nuovo la soglia di Montecitorio dopo sette anni di assenza. “Mi sento come la madre del film ‘Goodbye Lenin’ che si sveglia molti anni dopo, ma io cercherò di capire come è cambiato il mondo”, scherza. L’occasione però è seria, e lo sa. L’assemblea dei deputati, a cui seguirà quella dei senatori. Ordine del giorno: sostituire i capigruppo con due donne: “Irricevibile una prima fila di soli uomini”, quella è roba da Orban, non può essere il biglietto da visita per un grande partito europeo.
Ed è buona la prima: il segretario supera la linea del Piave, sgretola lo scoglio più visibile delle correnti, incassa un grimaldello per accedere alle truppe parlamentari. Graziano Delrio, con un discorso alto in cui rivendica il “pluralismo” dei deputati, acconsente subito: “Non è una questione personale, mi faccio da parte, la sfida di genere è la mia”.
Avrà voce in capitolo sulla successione, dove Debora Serracchiani è un po’ più favorita di Marianna Madia. Al Senato, il dimissionario Andrea Marcucci si prende 24 ore per riflettere se ricandidarsi, ma (quasi) tutti giurano che alla fine non lo farà . Alle spalle c’è un accordo politico che Luca Lotti ha blindato nel suo primo faccia a faccia con Letta. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini è impegnato in una visita in Somalia, ma la linea tra i due è condivisa. I nuovi capigruppo saranno due donne.
Nonostante il “preavviso di sfratto” a mezzo stampa non sia stato gradito, Base Riformista sceglie la via del dialogo: l’ex premier promette una linea diversa da quella di Zingaretti, più riformismo e meno “subalternità ” ai Cinquestelle, loro ci stanno, vogliono condividere le decisioni e non subirle.
Appuntamento a giovedì mattina. La short list delle candidate resta in quota alla corrente, e comprende Valeria Fedeli e Simona Malpezzi. Quest’ultima è sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento e dovrebbe dimettersi, nel caso sostituita — Draghi permettendo — da Alessia Morani.
Marcucci, tuttavia, tiene il punto. Per tutto il giorno gira voce che possa tentare una prova di forza sui numeri. Non basta un incontro con Letta — che chiosa “tra pisani e lucchesi l’accordo si trova sempre” – ad ammorbidirlo. Si sfoga: “Io leale, ho sempre combattuto a viso aperto, no a imposizioni”. Sfida il segretario: “La tua proposta è troppo generica, perchè allora i segretari sono sempre uomini?”. Base Riformista è spaccata, diversi in assemblea chiedono di evitare “punizioni politiche”, ma i numeri per una raccolta firme per ora non ci sono.
Basta con gli ex: “Siamo tutti Democratici”
È il giorno del battesimo parlamentare del nuovo Letta. La prima prova del fuoco, poichè la scelta dei due vice-segretari gli competeva per intero. I gruppi, invece, dovranno votare a scrutinio segreto, ma l’intesa politica spiana la strada: impallinarla sarebbe più che autolesionista. A Montecitorio il clima è più rilassato. Delrio elenca il lavoro del suo gruppo, anche nel momento più difficile del governo gialloverde, si spende per la pluralità al posto del correntismo. Rammenta addirittura alcuni provvedimenti sociali del governo Letta (di cui è stato ministro degli Affari Regionali) che hanno anticipato le misure di questa fase. Applaudito Emanuele Fiano: “Non ci sono ex, siamo tutti Democratici. Chi ha scelto di restare nel Pd lo ha fatto per difenderne l’identità e il pluralismo”. Parole apprezzate e fatte proprie dal leader. Che ribadisce: “Ho imparato che con le vendette non si vince”.
Sull’esito della vicenda capigruppo Letta resta prudente, si dice solo “ottimista”. Sullo sfondo, la partita è molto più ampia: ricucire il rapporto con i militanti “a cui ne abbiamo fatte troppe”, riaprire la discussione sui contenuti nei circoli, ridare un’identità chiara al partito, allargare le alleanze: “Se arriviamo alla sfida del 2023 con il centrodestra con la Torre di Babele abbiamo già perso”. Come già all’assemblea nazionale, chiede “sincerità , verità , confronto”: “Mi sono messo in testa di fermare la crisi del Pd che è di politiche e di rapporti umani deteriorati. Diamo un segnale”. Giovedì la risposta.
(da Huffingtonpost”)
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