Febbraio 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					SBAGLIATA O VERGOGNOSA?
 “Dialogo, fermezza, Europa unita. Solo così è possibile risolvere la crisi ucraina”: lo slogan social di Forza Italia in difesa dell’Ucraina dopo l’invasione del Donbass da parte della Russia sembra remare in direzione della diplomazia, ma a molti non è sfuggito un dettaglio.
“Dialogo, fermezza, Europa unita. Solo così è possibile risolvere la crisi ucraina”: lo slogan social di Forza Italia in difesa dell’Ucraina dopo l’invasione del Donbass da parte della Russia sembra remare in direzione della diplomazia, ma a molti non è sfuggito un dettaglio.
Nella cartina postata dall’account Twitter del partito di Silvio Berlusconi la regione delle repubbliche autoproclamatesi indipendenti di Donetsk e Luhansk sono comprese nell’Ucraina, ma lo stesso non si può dire della Crimea, che appare colorata in modo diverso.
La regione a sud del Paese a maggioranza russofona, intorno a Sebastopoli, si autodichiarò indipendente dall’Ucraina nel 2014 con un referendum interno non riconosciuto dalla comunità internazionale.
In seguito subì anche un’occupazione militare da parte dell’esercito di Putin.
A far notare la “gaffe” anche Elio Vito, deputato forzista spesso dissidente con la linea del partito: “Questa mappa, con la Crimea annessa alla Russia, è semplicemente sbagliata oppure è vergognosa. Oggi che facciamo, cambiamo colore pure al Donbass?!”.
La NATO e la stessa Unione europea citata da Forza Italia, così come la maggioranza degli stati membri ONU, non hanno mai riconosciuto l’annessione della Crimea e hanno adottato negli anni diverse sanzioni politiche ed economiche nei confronti della Federazione Russa.
Oltre agli imbarazzi social, Forza Italia dovrebbe anche chiedere conto – su una materia così delicata – anche all’alleato Matteo Salvini, che più volte ha spinto la Lega verso posizioni filo-russe e che da ore tace su quando avvenuto in Donbass.
(da agenzie)
				argomento: Politica |   Commenta »
			 
		
			
				
				Febbraio 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					KIEV SI APPELLA AL MEMORANDUM DI BUDAPEST DEL 1994, CON CUI RUSSIA, USA E GRAN BRETAGNA SI IMPEGNARONO A GARANTIRE L’INTEGRITÀ TERRITORIALE DELL’UCRAINA IN CAMBIO DELLA RINUNCIA ALL’ARSENALE NUCLEARE EREDITATO DALL’URSS… UN ACCORDO CHE PERÒ IL CREMLINO HA GIÀ INFRANTO NEL 2014 ANNETTENDOSI DI FATTO LA CRIMEA CON UN’INVASIONE DI UOMINI ARMATI E SENZA INSEGNE
La mossa di Putin alza ancora il livello dello scontro con l’Ucraina, in una escalation  cominciata a novembre e che vede adesso la Russia schierare 190.000 soldati ai confini con il Paese vicino.
cominciata a novembre e che vede adesso la Russia schierare 190.000 soldati ai confini con il Paese vicino.
La decisione del presidente russo di riconoscere le autoproclamate «repubbliche» di Donetsk e Lugansk viene subito condannata dalla comunità internazionale, con Usa, e anche l’Ue, che minacciano nuove sanzioni
È la pietra tombale sugli accordi di Minsk, sanciti sette anni fa per cercare di mettere fine al conflitto nel Donbass: l’area del Sud-est ucraino dove la Russia è accusata da tempo di sostenere militarmente i separatisti nel conflitto scoppiato otto anni fa e nel quale si stima che abbiano perso la vita oltre 14.000 persone.
Kiev ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu e lo ha fatto appellandosi al Memorandum di Budapest del 1994, con cui Russia, Usa e Gran Bretagna si impegnarono a garantire l’integrità territoriale dell’Ucraina in cambio della rinuncia di Kiev all’arsenale nucleare ereditato dall’Urss.
Un accordo che però il Cremlino ha già infranto nel 2014 annettendosi di fatto la Crimea con un’invasione di uomini armati e senza insegne. Riconoscendo le repubbliche separatiste, Putin ha violato ancora una volta l’integrità territoriale ucraina.
(da a Stampa)
				argomento: Politica |   Commenta »
			 
		
			
				
				Febbraio 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					”GESTIONE PRIVATISTICA” DELLA SOCIETA’ DELLA REGIONE GUIDATA DA MUSUMECI, MA ”IL MORALIZZATORE” NON SI DIMETTE
 Bufera sull’Azienda Siciliana Trasporti, società partecipata dalla Regione Siciliana, che si occupa del servizio di trasporto pubblico locale, sia a livello urbano sia interurbano.
Bufera sull’Azienda Siciliana Trasporti, società partecipata dalla Regione Siciliana, che si occupa del servizio di trasporto pubblico locale, sia a livello urbano sia interurbano.
Gli indagati, in totale 16 persone, sono indiziati a vario titolo dei reati di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, falsità ideologica in atto pubblico, frode nelle pubbliche forniture e truffa aggravata ai danni dello Stato.
Nove le misure cautelari eseguite dai finanzieri del comando provinciale di Palermo. Il direttore dell’Ast è finito agli arresti domiciliari, mentre altre otto persone sono state sospese per un anno dall’esercizio di un pubblico ufficio e su loro pende il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.
Durante le indagini, secondo la Guardia di Finanza «è stato delineato un quadro esteso di possibili reati contro la pubblica amministrazione, che appare contraria alle procedure che dovrebbero orientare l’operatività di un organismo pubblico a totale controllo regionale».
Insomma, la gestione societaria da parte dei vertici dell’Ast siciliana sarebbe stata «superficiale e privatistica», anziché pubblica e i coinvolti nell’indagine venivano favoriti alcuni imprenditori, a scapito di altri, nelle gare di appalto per le forniture di mezzi, pneumatici e pezzi di ricambio.
Nel corso delle indagini sarebbero infatti emerse condotte corruttive verso la direzione generale dell’Ast che, in cambio di utilità varie, tra cui la promessa dell’assunzione di familiari e parenti di alcuni imprenditori, secondo la Guardia di Finanza «avrebbe posto in essere atti contrari ai doveri del proprio ufficio, tra cui la predisposizione di una procedura di gara per la fornitura di servizi per lo start-up di una compagnia aerea, del valore di 2.150.000 euro, al fine di consentirne l’aggiudicazione a una società appositamente individuata grazie a requisiti “ritagliati su misura”».
(da agenzie)
				argomento: Politica |   Commenta »
			 
		
			
				
				Febbraio 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					NONOSTANTE IL TRIBUNALE GLI AVESSE INTIMATO DI NON AVVICINARSI. IL 10 AGOSTO 2020 HA VIOLATO IL DIVIETO: SI È PRESENTATO A CASA… I FIGLI HANNO DIFESO LA MADRE
«Sono stato io». Quando il 10 agosto 2020 i carabinieri sono entrati nell’appartamento di  via Garrone, a Genova, hanno trovato un cadavere e un giovane di 28 anni che ha subito confessato. Anzi, lo aveva anticipato nella sua telefonata al 112: «Venite, ho colpito mio padre».
via Garrone, a Genova, hanno trovato un cadavere e un giovane di 28 anni che ha subito confessato. Anzi, lo aveva anticipato nella sua telefonata al 112: «Venite, ho colpito mio padre».
A casa con lui c’era il fratello Simone, vent’ anni. A un anno e mezzo dall’omicidio che ha sconvolto il piccolo quartiere di San Biagio in Valpolcevera, la Corte d’assise di Genova ha condannato in primo grado a 21 e 14 anni di carcere i due fratelli Alessio e Simone Scalamandré, accusati di aver ucciso il padre Pasquale durante un litigio furibondo. Ultimo atto di una triste storia familiare
DIVIETO DI AVVICINAMENTO
Pasquale Scalamandré aveva 62 anni, era un ex conducente dell’azienda di trasporti pubblici locali. Ed era violento. Il tribunale aveva emesso nei suoi confronti un provvedimento nel quale intimava di non avvicinarsi ai figli né alla moglie. L’uomo li maltrattava da tempo e continuava a dare la caccia alla moglie, tanto che lei è stata portata al sicuro in una struttura protetta in Sardegna.
Scalamandré però non si rassegnava e quella sera di agosto ha violato il divieto: si è presentato a casa pretendendo che i ragazzi ritirassero la denuncia presentata, con la madre, contro di lui. La discussione si è fatta sempre più accesa finché la situazione è sfuggita al controllo, è nata una lotta terminata quando il maggiore dei due figli ha afferrato un mattarello e ha colpito il padre più volte.
L’arma è stata trovata nell’appartamento, sporca di sangue, insieme a un cacciavite. Alessio ha ricostruito quei terribili momenti davanti ai giudici: «Voleva sapere dove la polizia aveva trasferito mia madre, ma io mi sono rifiutato di dirglielo per proteggerla. Così abbiamo litigato e io l’ho colpito fino a ucciderlo perché mi ha aggredito. A mio padre però volevo molto bene».
Il fratello maggiore si è sempre assunto tutte le responsabilità, escludendo la partecipazione del più piccolo. Entrambi però sono finiti a processo con l’accusa di omicidio volontario in concorso aggravato dal vincolo di parentela. Per Alessio e Simone, che oggi hanno 30 e 22 anni, il sostituto procuratore Francesco Cardona aveva chiesto rispettivamente 22 e 21 anni di carcere.
La Corte d’assise ha applicato per Simone l’articolo 114 del codice penale che implica la «minima importanza» del contributo dell’imputato nella commissione di un reato in concorso, una delle poche attenuanti che consente di abbattere sensibilmente la pena, come indicato dal suo legale Nadia Calafato.
Per Alessio invece la pena inflitta è quella minima prevista dalla legge, dopo che con il Codice Rosso è stata introdotta una modifica che impedisce alle attenuanti di prevalere sull’aggravante del vincolo di parentela: sotto i 21 anni di condanna non si poteva andare.
Il suo avvocato Luca Rinaldi aveva chiesto ai giudici di riconoscere la sussistenza della legittima difesa, quantomeno putativa o come eccesso colposo, visto che Alessio ha colpito il padre dopo una provocazione di quest’ ultimo, e anche che fosse escluso il dolo trasformando il reato in omicidio colposo.
Ma soprattutto, con il parere favorevole del pubblico ministero che sul punto ha presentato una memoria scritta, di rimettere alla Corte Costituzionale proprio l’articolo del Codice rosso che di fatto impedisce al giudice di valutare caso per caso le attenuanti. Istanza che la Corte non ha accolto. «Un caso come quello di Alessio che uccide il padre dopo anni di vessazioni spiega l’avvocato Rinaldi viene così parificato a situazioni molto diverse, per fare un esempio a un figlio che uccide il padre per mere ragioni economiche. Nel caso del torinese Alex Pompa era stato lo stesso pm ha chiedere di sollevare la questione. Questo sarà uno dei nostri motivi di appello».
I due ragazzi, che hanno partecipato a tutte le udienze, hanno assistito in silenzio alla lettura della sentenza. Poi Alessio, che si trova tuttora agli arresti domiciliari, è stato accompagnato a casa dal fratello Simone, dove vivono con la madre che invece ha preferito non essere presente alla lettura del verdetto. Dice il suo difensore: «Alessio è molto provato, ma sa che non è finita».
(da agenzie)
				argomento: Politica |   Commenta »
			 
		
			
				
				Febbraio 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					LA COREOGRAFIA AL CAMP NOU CHE COLORA LO STADIO CON L’ARCOBALENO
 Bellissima iniziativa della società di calcio del Barcellona, che pubblica sui social una foto del Camp Nou pieno di tifosi fino al massimo della sua capienza (poco più di 99mila persone) che – esibendo alcuni cartelli – realizzano una coreografia arcobaleno in difesa dei diritti Lgbt. L’immagine, con ogni evidenza ritoccata, è stata pubblicata in occasione della giornata contro l’omolesbotransbifobia nello sport. “Ora e sempre stop Lgbtifobia” è lo slogan.
Bellissima iniziativa della società di calcio del Barcellona, che pubblica sui social una foto del Camp Nou pieno di tifosi fino al massimo della sua capienza (poco più di 99mila persone) che – esibendo alcuni cartelli – realizzano una coreografia arcobaleno in difesa dei diritti Lgbt. L’immagine, con ogni evidenza ritoccata, è stata pubblicata in occasione della giornata contro l’omolesbotransbifobia nello sport. “Ora e sempre stop Lgbtifobia” è lo slogan.
Il club blaugrana non è nuovo a prese di posizioni in difesa delle minoranze sessuali. Insieme a Juventus e Chelsea lo scorso giugno inserì l’arcobaleno all’interno del proprio logo sui social.
Una nuova campagna che arriva in un momento delicato per la squadra, al quarto posto in classifica nella Liga, e senza più il posto da protagonista in Champions League: la squadra si trova infatti alle eliminatorie di Europa League e potrebbe essere eliminata dal Napoli, che qualche giorno fa è andato a pareggiare al Camp Nou 1-1 e giocherà il ritorno al San Paolo. Non un momento brillante, quindi, situazione che ha acuito le critiche piovute al club sotto il post solidale. Insulti e prese in giro che hanno certificato come sia difficile veicolare messaggi simili nello sport anche se a farlo è uno dei club più famosi e titolati del mondo.
(da NetQuotidiano)
				argomento: Politica |   Commenta »
			 
		
			
				
				Febbraio 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					DALLE CORRISPONDENZE DI AMOROSI SENSI ALLE CRITICHE DEGLI ULTIMI GIORNI
Attenzione: Matteo Salvini ha cambiato idea (anche) su Vladimir Putin. 
Una sorpresa che non sorprende viste le continue e storiche giravolte che hanno visto come protagonista il segretario della Lega.
E ora, nelle ore precedenti e in quelle successive all’annuncio del riconoscimento russo delle repubbliche indipendenti (dall’Ucraina) di Lugansk e Donetsk, quel “c’eravamo tanto amati” assume quei contorni di una corrispondenza di amorosi sensi conclusa.
Eppure Putin, negli anni, ha sempre fatto il Putin (come con la Georgia). Eppure il senatore del Carroccio sembra essersene accorto solamente adesso.
La giravolta parte da una comunicazione ufficiale fuoriuscita da uno degli elementi di spicco del Carroccio a Bruxelles: “Dobbiamo fermamente e convintamente far capire all’Ucraina che l’Europa è pronta a tutto per proteggere la sua integrità territoriale e la sua libertà”.
Musica e parole non di un iscritto qualsiasi, ma di Marco Zanni, presidente del gruppo parlamentare Identità e Democrazia e responsabile Esteri della Lega.
Una voce ufficiale che indica il nuovo posizionamento del partito di via Bellerio dopo gli ultimi accadimenti. Perché ora, solo ora, le parole sono molto pesanti.
Nella sua critica alla posizione non univoca dell’Europa, lo stesso Zanni ha dichiarato: “Rimangono ancora molte ambiguità nell’approccio che mettiamo sul campo davanti alla questione russa e alle minacce che il regime di Putin oggi pone ai nostri confini”.
Il regime di Putin. Ora si parla in questi termini di quell’alleato (probabilmente un rapporto univoco) che per anni ha condizionato le corrispondenze di amorosi sensi da parte del segretario del Carroccio.
Dai pensieri sull’Ucraina a quell’idolatria nei confronti di Vladimir Putin. Ora il vento è cambiato, anche perché dal Cremlino è iniziata un’offensiva – partendo dal Donbass – che in tanti si aspettavano da anni e che era finita nel mirino delle critiche. Da parte di molti, quasi tutti. Ma non da Salvini. Ma non dalla Lega.
Almeno fino a oggi, quando l’ennesima giravolta si è consumata. Senza colpo ferire.
(da NetQuotidiano)
				argomento: Politica |   Commenta »
			 
		
			
				
				Febbraio 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					COSÌ SAREBBERO DIRETTAMENTE GLI OLIGARCHI, CHE FANNO SOLDI CON IL RICCO OCCIDENTE, A VOLERE LA TESTA DI PUTIN… LA BORSA DI MOSCA AFFONDA: -8%
 Le mosse e il discorso di Putin sono arrivati alla Casa Bianca mentre era riunito il Consiglio per la Sicurezza nazionale. È la seconda volta in due giorni che i vertici del Paese si ritrovano nella Situation room per analizzare la situazione in Ucraina.
Le mosse e il discorso di Putin sono arrivati alla Casa Bianca mentre era riunito il Consiglio per la Sicurezza nazionale. È la seconda volta in due giorni che i vertici del Paese si ritrovano nella Situation room per analizzare la situazione in Ucraina.
Biden ha cambiato più volte i piani per il fine settimana (ieri era il Presidents Day) rimanendo a Washington, una conferma che uno strappo russo era in qualche modo atteso. Il riconoscimento delle repubbliche del Donbass da parte del Cremlino ha costretto Washington ad aggiornare la sua strategia e ad alzare ulteriormente l’allerta per un attacco che l’intelligence vede sempre più imminente.
«Può iniziare in qualsiasi momento», ha detto Jake Sullivan consigliere per la Sicurezza nazionale. La reazione di Biden è un ordine esecutivo che proibisce nuovi investimenti, commerci e movimenti di denaro con le due regioni di Donetsk e Lugansk. Non ci saranno importazioni negli States, dirette e indirette, di beni e tecnologia proveniente dall’Ucraina orientale.
La decisione – ha sottolineato la Casa Bianca – non è legata alle «rapide e massicce misure economiche» (le sanzioni) se Mosca dovesse invadere l’Ucraina. In un briefing con i giornalisti, un alto funzionario dell’Amministrazione ha spiegato che Washington «si attendeva il gesto del Cremlino ed aveva pronta la risposta».
La settimana scorsa Antony Blinken aveva parlato di reazione «rapida e massiccia» in caso di riconoscimento da parte russa del Donbass, ma il Dipartimento di Stato non aveva allora elaborato. La decisione di ieri potrebbe aver aperto la strada a nuove iniziative, la Casa Bianca infatti annuncerà altre misure contro la Russia «responsabile di quanto accade nel Donbass», ha spiegato la fonte americana che sul dispiegamento di soldati russi nelle regioni separatiste ha commentato dicendo che questi movimenti «non sono un nuovo step, ma ora avvengono apertamente rispetto a prima».
Biden ha sentito prima Zelensky e poi, in una conference call, Macron e Scholz. Gli alleati europei potrebbero trovarsi sul tavolo nei prossimi giorni la discussione «se applicare subito le sanzioni», ha detto Pep Borrell, Alto Rappresentante per la politica estera dei 27. Spinge per sanzioni anche Johnson: «il riconoscimento di Lugansk e Donetsk è una violazione del diritto internazionale».
La presa di Mosca sull’Est dell’Ucraina non è l’obiettivo finale di Putin, ragionano alcuni analisti. L’ipotesi di un conflitto su larga scala resta altissima. Ci sono 110 battaglioni tattici con almeno 1000 soldati ciascuno ai confini dell’Ucraina. Due terzi di questi sono a meno di 50 chilometri dalle frontiere governate da Kiev.
Nel primo pacchetto di misure «massicce e severe» c’è il sistema bancario, hanno riferito all’agenzia Reuters fonti; l’obiettivo è impedire le transazioni fra istituti russi e quelli americani. Si tratta di togliere l’ossigeno del dollaro dai circuiti moscoviti.
Un secondo step prevede di colpire alcuni individui e compagnie russe inserendoli in una lista nera, nota come Specially designated nationals (Sdn), che farebbe scattare l’esclusione dal sistema bancario americano, il blocco del business con gli Usa e il congelamento degli asset. La bozza è in definizione.
Le banche coinvolte sono la VtbBank, la Sberbank, Veb e la Gazprombankare. Washington ritiene che colpire il sistema bancario darebbe un colpo immediato alle casse statali russe agevolando la fuga dei capitali stranieri, innescando una spirale inflazionistica e obbligando la Banca centrale russa a intervenire per salvare – come già accadde con le sanzioni del 2014 – il sistema creditizio e il rublo.
(da il Corriere della Sera”)
				argomento: Politica |   Commenta »
			 
		
			
				
				Febbraio 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					GLI STRANI AFFARI DEL PRIMO, IL PASSATO DI AGENTE SEGRETO DEL SECONDO
«O Vladimir Vladimirovic». Due appelli fotocopia per due leader fotocopia. L’unica  differenza era nella cravatta: l’una bordeaux, l’altra scura. Per il resto, per evacuare la popolazione e chiedere a Mosca d’essere riconosciuti, sabato scorso Denis&Leonid sono andati in onda alla stessa ora di Mosca, sulla stessa tv di Mosca e con lo stesso abito che avevano già indossato il 6 dicembre, a Mosca, alla grande festa di Russia Unita.
differenza era nella cravatta: l’una bordeaux, l’altra scura. Per il resto, per evacuare la popolazione e chiedere a Mosca d’essere riconosciuti, sabato scorso Denis&Leonid sono andati in onda alla stessa ora di Mosca, sulla stessa tv di Mosca e con lo stesso abito che avevano già indossato il 6 dicembre, a Mosca, alla grande festa di Russia Unita.
La grande serata della loro incoronazione. Un abbraccio che somigliava già a un’annessione. Vodka e aragoste: «Benvenuti a casa!», aveva agitato la mano un altro leader fotocopia, Dmitry Medvedev, l’avatar di Vladimir Putin.
Fu quella cerimonia sfarzosa – il tesseramento al partito putiniano dei leader delle due repubblichette, Donetsk e Lugansk – ciò che gli Usa temevano, e un po’ s’ aspettavano, per lanciare il primo allarme al mondo: tempo due mesi, stupì tutti la Casa Bianca, e vedrete che la Russia riconoscerà la strana coppia, invadendo l’Ucraina Due mesi e mezzo dopo, rieccoli qui.
Leonid Pasechnik e Denis Pushilin. Le pedine (dice Putin) o i pupazzi di questo war game. Quando i media ucraini li citano, li chiamano «i terroristi separatisti» ed elencano gli articoli 109, 110 e 258 del Codice penale, che comminerebbero loro quanto meno l’ergastolo.
Ma Pasechnik, 51 anni e un passato nei servizi segreti di Kiev, dal 2017 presidente della Luganskaja Respublika (per tutti: Lnr), ancora s’ offende: «Io sono un militare e ho un codice di comportamento – disse una volta – ricevetti anche una medaglia perché avevo rifiutato una tangente», gesto peraltro nobilissimo in un Paese corrottissimo.
Era un’altra vita, quella: Leonid s’ è sempre sentito ucraino per caso, lo chiamano «Magadan», dalla città dei gulag staliniano che s’ affaccia sull’Oceano Pacifico, perché da ragazzino c’era cresciuto e s’ era forgiato nella nostalgia di tutto quel che sapeva di Russia.
Che ci faceva uno come lui, nella Lugansk che Brezhnev in persona aveva intitolato all’eroico Maresciallo Vorosilov e al più fedele esegeta dello stalinismo? Che poteva farci Leonid Pasechnik con un’Ucraina come quella uscita dalla rivoluzione del 2014, con un Paese che sognava l’Occidente? Destino parallelo e diverso, l’altro presidente.
Che di militare non ha mai avuto proprio nulla: Denis Pusilin, 40 anni, poca voglia di studiare, qualche strano affare con una finanziaria accusata d’avere truffato 10 milioni di russi, un’esperienza da pasticciere alla fabbrica «Dolce Vita», quando nel 2018 diventò il capo delle Donetska Respublika (per tutti: Dnr), nelle prime foto si fece notare soprattutto per i blazer blu elettrico e i completi argento domopak in mezzo alle mimetiche dei suoi soldati.
Aveva già tentato una carriera a Kiev, fondando un partito filorusso votato dallo 0,08%. La rivolta di Maidan lo sorprese disoccupato, lo folgorò sulla via di Mosca e ne fece la fortuna politica.
Può quest’ imminente dramma avere due attori così? Non è detto. La Novorossija di Donetsk e Lugansk, in tutto due milioni e mezzo d’abitanti, somiglia più alla vecchia Unione Sovietica che a una nuova Russia. E i leader durano meno d’uno sparo: ne hanno ammazzati sei in otto anni.
«Magadan» Pasechnik salì al potere con un golpe: dopo aver circondato per tre giorni la casa del suo rivale, Igor Plotnitsky, gli fece firmare una lettera di dimissioni «per motivi di salute». Pusilin invece divenne capo quando l’amico fraterno del Cremlino, il presidente Alexander Zakharchenko, ultimo sopravvissuto delle rivolte separatiste del 2014, saltò per una misteriosa autobomba piazzata al suo caffè preferito di Donetsk, il «Separatist». Ieri sera, Denis&Leonid si sono sintonizzati sull’ora di Mosca e si son goduti lo show tv dello Zar di tutte le Russie, comprese le loro. Sono entrati nella storia, a Putin piacendo.
(da il Corriere della Sera)
				argomento: Politica |   Commenta »
			 
		
			
				
				Febbraio 22nd, 2022 Riccardo Fucile 
			
					ORA E’ DIVENTATA PURE ESPERTA DI POLITICA ESTERA
 Prima era sull’Europa – che ora rappresenta nelle vesti di Europarlamentare -, poi sulla pandemia e sui vaccini. Ora sulla crisi tra Russia e Ucraina e le tensioni nella regione del Donbass.
Prima era sull’Europa – che ora rappresenta nelle vesti di Europarlamentare -, poi sulla pandemia e sui vaccini. Ora sulla crisi tra Russia e Ucraina e le tensioni nella regione del Donbass.
La verità, quella alternativa alla “narrazione mainstream”, la ha sicuramente Francesca Donato (a scanso di equivoci, si tratta di ironia).
L’ex leghista, infatti ha sentenziato – ovviamente sui social – come l’intero universo televisivo (lo stesso che la ospita un giorno sì e un giorno no) stia raccontando una versione faziosa di quel che sta accadendo tra Mosca e Kiev. Perché, ovviamente, lei ha un’idea tutta sua su questa vicenda.
“La narrazione dei fatti sul Donbass in onda sulle nostre reti televisive è come al solito faziosa e priva di alcuna attendibilità”. Questa la sentenza di Francesca Donato sul suo attivissimo profilo Twitter. Niente più pandemia, niente più vaccini. Svestiti i panni da virologa (senza apparenti meriti scientifici) l’Europarlamentare eletta con la Lega (prima di essere cacciata) non spiega i motivi di questa sua tesi. Anzi, lo fa con parole e pensieri di altri utenti. Ma perché ha questo pensiero sulla situazione nel Donbass e sulla crisi tra Russia e Ucraina?
Vedendo i suoi retweet si ha una risposta a questa domanda: i fuochi d’artificio. L’Eurodeputata, infatti, sostiene che i festeggiamenti nel Donbass dopo che Putin ha ufficializzato il riconoscimento delle Repubbliche indipendenti di Lugansk e Donetsk siano l’esatto simbolo di come la narrazione italiana sui “venti di guerra” su cui soffia il Cremlino sia del tutto fuori luogo e faziosa.
Perché lei, ovviamente, sta dalla parte di Putin. Ovviamente, occorre ricordarlo, quelle due cittadini – che confinano proprio con l’ultimo avamposto Sud-Occidentale della Russia – siano al centro di tensioni da anni, con i separatisti filo-russi a guidarli. Quei festeggiamenti in strada, dunque, sono una diretta conseguenza di tutto ciò.
(da NetQuotidiano)
				argomento: Politica |   Commenta »