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L’EX SENATORE DELLA LEGA TONI IWOBI MOLLA SALVINI E ADERISCE A FORZA ITALIA: HANNO PERSO L’UNICO ALTARINO CHE POTEVANO PORTARE IN PROCESSIONE PER NEGARE DI ESSERE RAZZISTI

Gennaio 30th, 2024 Riccardo Fucile

DOPO UNA LUNGA MILITANZA NEL CARROCCIO (SI ERA ISCRITTO NEL 1993), NON ERA STATO RICANDIDATO ALLE SCORSE POLITICHE… “NON MI RITROVAVO PIU’ NELLA GESTIONE DEL MOVIMENTO, FORZA ITALIA HA COLTO LA MIA ESPERIENZA SUI TEMI LEGATI ALLA COOPERAZIONE INTERAZIONALE”

L’ex leghista Toni Iwobi aderisce a Forza Italia. Iwobi nel 2018 era diventata la prima persona di colore eletta in Senato. Dopo un lungo trascorso con il Carroccio (si era iscritto alla Lega nel 1993) non era stato ricandidato alle scorse politiche.
Questa mattina a ufficializzare il suo ingresso in Forza Italia è stato il coordinatore lombardo Alessandro Sorte postando una foto su Instagram con lui e il segretario del partito Antonio Tajani con un “Benvenuto in Forza Italia”.
“Nel corso degli ultimi anni ho riflettuto a lungo sul mio coinvolgimento e ho constatato che le mie convinzioni e i miei valori non sono più allineati” con quelli della Lega, partito “in cui ho militato per tanto tempo: i tempi sono cambiati, non solo per me, ma anche e soprattutto per la Lega, rispetto alla quale, con grande dispiacere, non mi ritrovo più con una gestione del movimento che non riflette quello che ho vissuto in questi 30 anni”.
“Questa scelta, seppur difficile, è stata ponderata e riflette un cambiamento profondo nel mio percorso politico e personale – ha aggiunto -. È con profonda gratitudine e rispetto che lascio il partito che ho chiamato ‘casa’ per così tanto tempo. Ringrazio sinceramente tutti coloro che hanno condiviso con me questa straordinaria esperienza e che mi hanno sostenuto”.
Il suo percorso politico “continuerà in Forza Italia, che fin da subito ha compreso la mia attitudine ed esperienza sui temi legati alla cooperazione internazionale – ha concluso -. Guardo al futuro con ottimismo e determinazione, pronto a continuare il mio impegno al servizio dei cittadini e a difendere le mie convinzioni con rinnovato impegno”.
(da agenzie)

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IL LIMITE DI 30 CHILOMETRI ORARI A BOLOGNA HA PORTATO A RIDURRE GLI INCIDENTI STRADALI DEL 21%

Gennaio 30th, 2024 Riccardo Fucile

25 SINISTRI IN MENO E CALATI DEL 27,3% I PEDONI COINVOLTI

Il 21% in meno di incidenti nelle prime due settimane. Questo il verdetto della misura Bologna Città 30. Secondo le stime del comune, rispetto allo stesso periodo del 2023, ci sono stati 25 incidenti in meno, 14 incidenti in meno con feriti e un mortale in meno.
Non solo: sono anche calati del 27,3% i pedoni coinvolti. Basta confrontare i dati. Tra lunedì 15 e domenica 28 gennaio (le sanzioni sono scattate martedì 16), sulle strade del capoluogo emiliano si sono verificati 94 incidenti, di cui 63 con feriti e 31 senza feriti. Nessun scontro è stato mortale.
Da lunedì 16 a domenica 29 gennaio 2023, gli incidenti erano stati 119, di cui 77 con feriti, 41 senza e un mortale. L’incidenza è -18,2% gli incidenti con feriti, -24,4% quelli senza.
«Si tratta di un primo trend che riteniamo positivo – ha commentato l’assessora alla mobilità Valentina Orioli – anche se siamo consapevoli che i dati statisticamente più consolidati li avremo dopo un periodo più lungo, di circa sei mesi». «Bologna deve continuare ad andare più piano – ha aggiunto . come ha dimostrato di poter fare in queste prime due settimane, con la consapevolezza che, dati alla mano, anche nella nostra città comportamenti più prudenti e velocità più basse possono veramente fare la differenza nel salvaguardare l’incolumità di tutte e tutti sulla strada».
(da agenzie)

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LA CORTE COSTITUZIONALE ALBANESE HA DATO IL VIA LIBERA AL PATTO CON L’ITALIA CON 5 VOTI FAVOREVOLI E 4 CONTRARI

Gennaio 30th, 2024 Riccardo Fucile

PER IL PAESE BALCANICO È UNA MANNA DAL CIELO: IL PROTOCOLLO VALE UN PACCO DI SOLDI E INVESTIMENTI. TIRANA SI PRENDERÀ SUBITO 16,5 MILIONI, NEL 2024 NE ARRIVERANNO ALTRI 89. E POI, PER I SUCCESSIVI QUATTRO ANNI, VIA CON ALTRI 480 MILIONI. POI C’È IL COSTO DELLA COSTRUZIONE DEI CPR. IL TUTTO PER L’OSPITALITÀ A UNA MANCIATA DI MIGRANTI

Il protocollo Italia-Albania è in linea con la Costituzione albanese. Così l’Alta corte di Tirana ieri ha dato il via libera all’intesa per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, firmato lo scorso 6 novembre, dal primo ministro Edi Rama e dalla premier Giorgia Meloni.
La decisione è arrivata in anticipo rispetto al 6 marzo, data limite che la Corte aveva per giudicare la costituzionalità dell’accordo, che prevede la realizzazione di due centri per migranti sul territorio albanese, dove portare le persone salvate in acque internazionali dalle imbarcazioni delle autorità italiane.
Cinque giudici su nove hanno considerato l’intesa legittima, respingendo il ricorso dei 29 deputati dell’opposizione albanese che nutrivano dubbi sul rispetto della Costituzione e delle convenzioni internazionali.
I giudici costituzionali hanno precisato che «il protocollo non stabilisce i confini territoriali né altera l’integrità territoriale della repubblica d’Albania», non producendo quindi effetti sul territorio in senso fisico. Inoltre, hanno aggiunto, insieme al diritto italiano si applicherà il diritto albanese. Al contrario di quanto si legge sul testo presentato alla Camera secondo cui si applicherà solo la legge italiana.
L’intesa, continua la corte, «non crea nuovi diritti e libertà costituzionali e non impone restrizioni aggiuntive ai diritti e alle libertà umane esistenti, al di là di quanto previsto dall’ordinamento giuridico albanese».
Con la decisione della Corte la ratifica dell’accordo torna ora all’esame del parlamento albanese. Ma, secondo l’Albanian Post, non dovrebbero esserci ostacoli
Sembra quindi avvicinarsi l’operatività dell’accordo quinquennale, rinnovabile per altri cinque anni, considerando che, come aveva rivelato Domani, una delegazione dell’esercito è già volata a Tirana, il 19 gennaio, per i primi sopralluoghi nelle aree interessate. Ma i dubbi sulla legittimità dell’intesa non sono ancora stati risolti.
In base al contenuto del protocollo, l’Albania concede all’Italia a titolo gratuito il diritto di utilizzo di determinate aree sul suo territorio su cui realizzare le due strutture, dove inviare massimo 3mila persone al mese salvate in acque internazionali.
Un primo centro sarà realizzato nei pressi del porto di Shëngjin, sulla costa settentrionale del paese, per le procedure di ingresso. La seconda struttura è invece prevista a una ventina di chilometri nell’entroterra, a Gjadër, e valuterà le richieste di protezione internazionale e gli eventuali casi di rimpatrio.
Due strutture che, secondo quanto risulta a Domani, dovrebbero essere entrambe di nuova realizzazione, i cui costi rimangono però un mistero. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, lo scorso dicembre, ha assicurato che non si supereranno i 200 milioni.
Secondo il protocollo, tutti i costi verranno coperti dall’Italia, così come rimane di competenza italiana la gestione dei centri e la giurisdizione. Rimane invece esclusa la sicurezza esterna delle strutture: spetterà alle autorità albanesi, si legge nel testo, «il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica nel perimetro esterno alle aree e durante i trasferimenti via terra, da e per le aree».
Restano però molti punti da chiarire e molti dubbi sulla garanzia dei diritti delle persone migranti. A partire dal fatto che le navi battenti bandiera italiana, come quelle che dovrebbero portare i migranti in Albania, sono da considerarsi, secondo la normativa, territorio dello stato di appartenenza. Le persone si troveranno già sul territorio di uno stato membro dell’Ue e «viene pertanto meno l’oggetto stesso del protocollo, che è di accertare il diritto all’ingresso», sottolinea un’analisi dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione.
Non è poi chiaro come considerare l’Albania il luogo sicuro di approdo più vicino, come richiede il diritto internazionale, né come verrà assicurato il diritto di difesa ai migranti.
(da Editoriale Domani)

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L’INFLAZIONE S’E’ MAGNATA TUTTO, GLI ITALIANI PIÙ POVERI DEL 12,5%: IL VALORE MEDIO DI CASE, RISPARMI E TITOLI NEL 2022 E’ SCESO A 176 MILA EURO PRO CAPITE: E’ IL CALO PIÙ CONSISTENTE TRA I GRANDI PAESI

Gennaio 30th, 2024 Riccardo Fucile

CROLLANO LE AZIONI, RISCOPERTI I BTP: MA A DIFFERENZA DI QUEL CHE DICE GIORGETTI (CHE AGGANCIA I MASSICCI ACQUISTI DI TITOLI NOSTRANI ALLA FIDUCIA DEI CITTADINI NEL GOVERNO), GLI ITALIANI LI HANNO SOTTOSCRITTI IN MASSA BEN PRIMA DELL’ARRIVO DEL GOVERNO MELONI

L’inflazione si mangia la ricchezza netta degli italiani. Nel 2022 è scivolata, dopo tre anni di crescita, a 10.421 miliardi, l’1,7% in meno rispetto all’anno prima, in termini nominali. Ma considerando l’aumento dei prezzi all’8,1% registrato due anni fa, il livello più alto dal 1985, la ricchezza detenuta dalle famiglie italiane è crollata del 12,5%. Parliamo di 176 mila euro pro capite, tra case, titoli e soldi sul conto. È il valore più basso nel confronto internazionale con Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, Canada e Stati Uniti.
La ricostruzione effettuata da Bankitalia e Istat, rivela anche che il rapporto tra ricchezza netta e reddito lordo disponibile è sceso da 8,7 a 8,1. Tornando così al livello del 2005. «Dati preoccupanti», dice Adriano Bordignon, presidente del Forum delle associazioni familiari. «In un quadro così critico le famiglie italiane devono essere al centro delle politiche di sostegno del governo. L’aumento dei prezzi a cui abbiamo assistito anche nel 2023 e la progressiva perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni ha ripercussioni gravi soprattutto sulle famiglie con figli: dalla casa alla scuola, dai beni di prima necessità ai servizi».
Un problema che ora si pone anche il governo, pronto a «confermare » anche per il 2025 il taglio dell’Irpef a tre aliquote introdotto solo per quest’anno. E forse ad estenderlo. […] Se tutto questo sarà possibile già nel 2025, dipende dalle coperture disponibili. Il taglio di quest’anno vale 4 miliardi. Ma Leo punta sulle entrate che potrà assicurare il concordato preventivo biennale, l’accordo sulle tasse con 4 milioni di partite Iva: «Se i contribuenti aderiscono, si potrà vedere come intervenire ulteriormente in materia di Irpef».
Nel 2022 le famiglie italiane hanno visto crescere le attività non finanziarie (+2,1%), grazie al valore delle abitazioni che ha registrato il più elevato tasso di crescita dal 2009. Il peso del mattone sul totale della ricchezza lorda ha raggiunto il 46,3%. Ad essere andate male sono le attività finanziarie, calate del 5,2%. A pesare la contrazione del valore delle azioni e degli strumenti del risparmio gestito. Non controbilanciati dall’aumento dei titoli di debito, soprattutto titoli di Stato, tornati a crescere nel portafoglio delle famiglie italiane dopo un decennio, dal 2012. Anche i conti di deposito sono cresciuti solo di 15 miliardi, dopo gli 80 miliardi medi annui nell’ultimo triennio.
Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti gli italiani «sono tornati a sottoscrivere i nostri titoli di Stato» anche per le scelte del governo che si è conquistato «la fiducia dei risparmiatori italiani, degli osservatori internazionali e delle agenzie di rating». Ma nel 2022 il governo Meloni non c’era ancora, almeno fino ad ottobre. E gli italiani avevano già rimodulato il portafoglio, a favore dei Btp, visto il cattivo andamento dei mercati finanziari che hanno ridotto il valore delle riserve assicurative (-146 miliardi), di azioni (-101 miliardi) e quote di fondi comuni (-94 miliardi).
Il confronto internazionale poi ci inchioda in fondo. La ricchezza netta delle famiglie in rapporto al reddito lordo disponibile è diminuita ovunque nel 2022. Da noi di più, raggiungendo il valore del 2005.
(da agenzie)

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I NODI STANNO ARRIVANDO AL PETTINE, IL PIL ITALIANO NEL 2023 È AUMENTATO SOLO DELLO 0,7% RISPETTO AL 2022 (ANNO CHE SI ERA CHIUSO A +3.7%)

Gennaio 30th, 2024 Riccardo Fucile

LA STIMA DEL GOVERNO CONTENUTA NELLA NADEF INDICAVA UNA CRESCITA DELLO 0,8% … BOOM DELLA SPAGNA SOCIALISTA CHE CRESCE DEL 2,5% ACCELERANDO NEL QUARTO TRIMESTRE. ANCHE LA FRANCIA FA MEGLIO DI NOI: +0,9%

Nel 2023 il Pil italiano è aumentato dello 0,7% rispetto al 2022, chiuso a +3,7%. Lo rende noto l’Istat. La stima del governo contenuta nella Nadef indicava per lo scorso anno una crescita dello 0,8% ma, dopo lo scoppio della guerra tra Israele e Hamas, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha evidenziato il rischio di un rallentamento dell’economia e quindi di una revisione al ribasso delle previsioni.
Quanto agli altri Paesi europei, numeri migliori per l’economia spagnola che ha chiuso il 2023 con una crescita del Pil su base annua del 2,5% e una robusta accelerazione nel quarto trimestre dello 0,6% rispetto allo 0,4% del trimestre precedente. Il Pil ha superato le previsioni del governo, che a inizio anno situavano la crescita su livelli di poco superiori all’1%.
Crescita meno vigorosa (ma comunque superiore a quella italiana) per la Francia: il Pil è cresciuto dello 0,9% nel 2023, secondo quanto annunciato dall’Insee (Istituto nazionale di statistica francese). La crescita annua è vicina alla stima dell’1% fatta dal governo. Nel 2022 il pil francese era cresciuto del 2,5%.
Il Pil tedesco nel quarto trimestre 2023 è sceso dello 0,3% rispetto al trimestre precedente. Lo comunica l’Ufficio federale di statistica, in base a dati provvisori, come riporta Dpa. Nel 2023 il Pil al netto dei prezzi è sceso dello 0,3% confermando le prime stime del 15 gennaio.
(da Il Sole24ore)

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A UDINE NON FA DIFETTO LA COERENZA: DOPO GLI INSULTI RAZZISTI CONTRO MAIGNAN, IL CONSIGLIO COMUNALE DI UDINE BOCCIA LA PROPOSTA DELLA CITTADINANZA ONORARIA AL PORTIERE DEL MILAN

Gennaio 30th, 2024 Riccardo Fucile

MENTRE LA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA ACQUISTA (SENZA FIRMA) DUE PAGINE INTERE SULLA “GAZZETTA DELLO SPORT” E SUL “CORRIERE DELLA SERA” PER RIBADIRE CHE “IL RAZZISMO NON CI APPARTIENE” … SIAMO UN PAESE DI RAZZISTI CHE IN CURVA SI SENTONO LIBERI DI ESPRIMERSI AL MEGLIO. ACCUMULIAMO FIGURE DI MERDA DA COLLEZIONE

L’Italia dei razzisti che ci tiene a guardarsi allo specchio senza appannamento – la vergogna è umida – è una Repubblica fondata sulle sparute minoranze “di cretini”. Sono sempre “pochi” gli “individui” da cui prendiamo strumentalmente le distanze a cose fatte. A smentire una ignoranza collettiva, quasi un reddito morale di cittadinanza che siamo costretti a pagare noi, tapini contribuenti, a loro, i suddetti cretini.
I razzisti sono sempre gli altri. Il vicino in curva, il dirimpettaio di pianerottolo, il simpatico salumiere protofascista, il cameriere trumpiano a sua insaputa, il o più ministri in carica. Ma noi mai. Adottiamo la metrica dei compartimenti stagni per trarci in salvo. Solo che vale per tutti: le persone perbene e i razzisti stessi. Che non glielo si rinfacci. Si offendono. Nel frattempo accumuliamo figure di merda da collezione col pratico raccoglitore in omaggio.
Oggi il Friuli Venezia Giulia ha acquistato (senza firma) due pagine intere sulla Gazzetta dello Sport e sul Corriere della Sera per ribadire che “il razzismo non ci appartiene”. Il titolone è SENZA MOTIVO, proprio così, tutto in carattere maiuscolo.
Il messaggio è che il Friuli è un “territorio di confine, sempre aperto a culture diverse e persone di ogni nazionalità, il Friuli Venezia Giulia accoglie e valorizza, sostiene e crea sviluppo. La nostra gente non accetta di essere definita razzista per l’inqualificabile gesto di pochi individui, già identificati e puniti, che non ci rappresentano. Il nostro tifo vive da sempre lo sport come una sana passione, oltre ogni differenza. IL RAZZISMO NON CI APPARTIENE”
Il “SENZA MOTIVO” del titolo supponiamo si riferisca all’accusa di generalizzato razzismo che ricade inopinatamente su tutti i friulani.
L’alibi geografico rappresenta l’ultimo stadio, quello della disperazione, del benaltrismo disfunzionale: vedete, siamo al confine, come potremmo noi urlare per mezzore intere ad un giocatore di colore che è un “negro di merda”? Si dà conto, a supporto, dell’individuazione dei suddetti “pochi individui”, già rintracciati e puniti.
Eppure, oh, succede. Evidentemente erano solo cinque i razzisti che tenevano in scacco uno stadio intero. Tenori con enormi subwoofer al posto dei polmoni. Ce ne sono, a migliaia, in tutti gli stadi italiani. Ma quelli non li contiamo fintantoché un portiere straniero con la spina dorsale al suo posto non decide che non ne può più.
Nella fattispecie i fatti vanno rimessi in ordine. Perché dopo la scoperta dell’acqua calda – che siamo un Paese di razzisti che in curva si sentono liberi di esprimersi al meglio – è seguita sì la chiusura dell’impianto per una giornata, ma anche il ricorso dell’Udinese. E l’epic fail (le succitate figure di merda ora si chiamano così) del povero sindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, che voleva ricompensare Maignan regalandogli la cittadinanza onoraria, per poi vedersi bocciata la proposta in Consiglio comunale. Non c’è che dire: a Udine non fa difetto la coerenza. Aspettiamo a questo punto che ai “pochi” razzisti “individuati” sia ritirata la cittadinanza…
(da ilnapolista.it)

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MOZIONE DI SFIDUCIA A SGARBI: LA MAGGIORANZA LO SALVERA’

Gennaio 30th, 2024 Riccardo Fucile

ANCHE CHI LO CRITICA NON VOTERA’ LA SFIDUCIA: “DECIDE MELONI”

“Adesso tiro fuori l’uccello”, “mi auguro che lei abbia un incidente mortale” e che “abbia un brutto tumore”. Non c’è tanto da meravigliarsi dell’ultima volgare sceneggiata di Vittorio Sgarbi contro un inviato di Report, quanto del fatto che ormai passi per normale che un tale gentleman , travolto dalle inchieste, sia ancora al governo.
Già slittata più volte, la mozione di “sfiducia” nei confronti di Sgarbi – che minaccia querele da 5 milioni alla Rai – dovrebbe essere votata alla Camera in settimana.
Possibile che passi sotto silenzio l’ennesimo turpiloquio? Proviamo a incalzare qualche parlamentare. Erik Umberto Pretto è deputato leghista. Report lo ha visto. “Diciamo che io ho metodi più pacati”. Pericolo scampato. Sgarbi fuori dal governo, quindi? “Queste sono decisioni che competono ai gruppi”. Perciò? “Sarò un soldato fedele”.
Raggiungiamo Luca Squeri, onorevole di Forza Italia: “Non ho visto la puntata, me l’hanno raccontata. Non avendo visto, non mi permetto di commentare”. Si sa, nei racconti si esagera sempre. “La mozione però è strumentale, le anticipo il mio voto contrario”.
Il deputato Dario Giagoni, leghista, non si sottrae: “Condanno fermamente, io sono figlio dell’Arma, sono cresciuto con i valori del rispetto e della libertà”. La mozione? “Queste sono valutazioni umane”. Chiara La Porta è parlamentare di FdI. Su di lei il peso di guidare la Nazione dal partito di maggioranza: “Io sono in commissione Agricoltura, non mi occupo di Cultura”. Vabbè, ma mica servirà studiare i dossier per commentare Sgarbi a Report? “Sono relatrice del provvedimento sui Maestri dell’arte culinaria”.
Simona Bordonali, altra leghista alla Camera. “Non ho visto la puntata di Report”. Gliela raccontiamo brevemente, onorevole. “No, no, la prego”. Guardi che ci mettiamo solo un minuto. “No, no. Sono in Consiglio comunale a Brescia, stiamo votando. Grazie”.
Rita dalla Chiesa, donna delle istituzioni e di televisione, forzista. “La scenata di Sgarbi non è compatibile con il suo ruolo, non è compatibile con nessuna carica, non è compatibile con l’educazione familiare. Non c’è spazio per cadute di stile così”. Quindi voterà la mozione di sfiducia? “Prima devo sentire la sua versione”. Ah.
“In questo momento sono colpita come parlamentare e come telespettatrice”. Interviene il collega Claudio Fazzone (FI): “Non si fanno cose del genere, specie nei confronti di chi sta lavorando”.
Sgarbi è compatibile con il ruolo che ricopre? “Non spetta a me deciderlo, ma al governo”. Però sarà il Parlamento a votare. “Sì, ma non compete al singolo parlamentare. Al limite dev’essere la persona stessa a capire che mette in imbarazzo il governo e a farsi da parte da sola”.
Proviamo con Fabio Rampelli, vecchio cuore FdI. “Non ho seguito questa vicenda, provo a verificare. Ci sentiamo tra un quarto d’ora, venti minuti”. Dopo venti minuti il telefono squilla a vuoto. Dopo trenta minuti, pure. Dopo un’ora, figurarsi.
Ma da FdI c’è un riflessivo Fausto Orsomarso: “Il personaggio Sgarbi lo conosciamo, è spesso sopra le righe, a volte in modo intollerabile, però la sua professionalità è indubbia. Ma poi, scusi, immagini la pressione a cui è sottoposto, ci può stare ogni tanto una rispostaccia”. D’accordo, quindi che farete? “È difficile dare una risposta. Spetterà a Meloni”. E gli eletti? “I parlamentari hanno libertà di coscienza. Sgarbi non è un normale sottosegretario, è un personaggio. Bisogna pure vedere che giornata ha avuto, per rispondere così… Serve maturità, sono alla prima legislatura e ogni giorno c’è una richiesta di dimissioni”.
Si sarà chiesto il motivo?
(da ilfattoquotidiano.it)

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SGARBI, LE 10 BUGIE SUI QUADRI

Gennaio 30th, 2024 Riccardo Fucile

LE TOPPE PEGGIORI DEL BUCO: RICOSTRUZIONI CHE NON TORNANO, SMENTITE DEI PRESUTI TESTIMONI, ACCUSE AI GIORNALISTI: 40 GIORNI DI MENZOGNE

“Le misure sono diverse!”, invece no. “Non nevicava”, invece sì. “La copia era per un cartellone”, ma dai? Balle, polvere e fango, in altre parole: il metodo Sgarbi. Che insulta e diffida i giornalisti (leggere il pezzo qui in basso, ndr), chiede 5 milioni al Fatto e Report e da ‘membro del governo’ si sbottona pure la patta, col video che fa il giro del web. Nel frattempo, il sottosegretario alla Cultura (indagato per reati contro i beni culturali) si cimenta nell’arte dell’arrampicata sugli specchi.
1. “Le misure sono diverse” (17-12-2023)
Il refrain dura il tempo d’un sequestro. Per dimostrare che il Manetti a Buriasco e il suo sono dipinti diversi cita le misure indicate nella denuncia della signora Margherita Buzio del 2013 (220×247 cm) e del suo esposto a Lucca (204×233): “Sono inferiori di 40 cm per lato!”. Le misure risultano sì inferiori, ma di pochi centimetri, perché la tela fu tagliata dall’interno e perché la signora Buzio aveva misurato anche la cornice.
2. “I ladri sono i giornalisti” (24.12.23)
Sgarbi versione Cervantes contro nemici immaginari. “Qui c’è un solo ladro – sbotta in un video – quelli del Fatto e Report”. Accusa i cronisti di essersi “tenuti un frammento del dipinto originale” che avevano rinvenuto nel Castello di Buriasco. Ma lo avevano subito consegnato alla proprietaria che lo ha dato al Nucleo Tutela Patrimonio.
3. “Trovato nella soffitta, c’è un testimone” (8.1.2024)
Per sostenere il ritrovamento fortuito nella sua villa di Viterbo cita in tv un testimone: “Ero col mio amico Pietro Pambianco”. L’imprenditore delle ceramiche cade dalle nuvole: “Ma che c***o è sto quadro?”. Nel 2000 Remo Cencioni, progettista viterbese, girò quel sottotetto in lungo in largo per tre mesi: “Non c’era un pavimento ma una copertura di cannette e intonaco”. Scoperte eclatanti? “In cantiere ne avrei sentito parlare”.
4. “I carabinieri lavorano per me” (9.1.24)
Sgarbi tranquillizza tutti: “I carabinieri lavorano con me, per me”. Tre giorni dopo se li ritrova in casa, ma per perquisirla e sequestrargli il dipinto e pure la copia 3D.
5. “La copia come cartellone” (10.1.24)
I titolari dello stabilimento di Correggio riconoscono nelle foto della mostra di Lucca la copia che gli commissionò Sgarbi. “Serviva come cartellone promozionale all’esterno della Cavallerizza”, dice lui a La Stampa. “Impossibile – ribattono i fratelli De Pietri – era su tela e con telaio di legno, supporti inidonei all’esposizione esterna”. Per il Corriere cambia versione: “Serviva per il comunicato della mostra”.
6. “Quel giorno non nevicava” (14.1.24)
Sgarbi in versione Giuliacci: “Il giorno del furto non nevicava come dice la denuncia”. Ma la denuncia del 14 febbraio 2013 della signora Buzio non parlava di neve. Ha spiegato di essersi accorta delle impronte quel giorno, ma il furto poteva essere avvenuto giorni prima. Tra l’11 e il 12 febbraio 2013, in pianura e nel Torinese, nevicò. I bollettini storici del meteo, almeno quelli, non mentono.
7. “Era di un amico, ma è morto” (11.1.24)
Sgarbi è indagato a Imperia per aver tentato di esportare illecitamente Concerto con bevitore, attribuibile al caravaggesco Valentin de Boulogne. “Era di Augusto Agosta Tota”, appassionato di Ligabue deceduto un anno fa. Insorge la figlia Simona: “Mai visto in casa nostra, infama il suo nome perché non può rispondere”. Il Fatto scopre poi che era della famiglia Bellometti di Orzinuovi (BS), in difficoltà economiche. Un autista di Sgarbi, che lì viveva, andò a comprarlo nel 2014 per 10 mila euro.
“Vale 10 mila euro, è una copia”(29.1.24)
La modestia del prezzo, dice ora Sgarbi, prova la sua innocenza. Sotto i 13.500 euro non c’è obbligo di dichiarare l’esportazione. Ma è la cifra propinata agli ignari venditori in rovina, non è il valore. Il signor Mauro Brognoli, marito della proprietaria, ha ammesso di averlo venduto in nero e che il destinatario fosse proprio Sgarbi.
9. “Mai attribuito al Valentine” (29.1.24)
Per Sgarbi era nella sua casa di Ro Ferrarese per un’expertise che poi non fece. Ma dalla sua segretaria ne spunta una, non firmata, che l’attribuisce al Valentine. E un contratto tra la società della sua compagna Sabrina Colle (Hestia Srl), e la Switz Art di Mirella Setzu che si era impegnata a collocarlo sul mercato internazionale via Maastricht.
10. “Una vecchia tela con pittura recente” (29.1.24).
“Le indagini sul dipinto indicano che possa essere una vecchia tela con una pittura più recente”. Toppa peggiore del buco: l’opera sarebbe una copia o addirittura un falso, con sospetto di riciclaggio. Se così fosse, poi, non si capirebbe perché destinarla alla vendita al Tefaf di Maastricht, la più grande fiera al mondo di belle arti.
(da ilfattoquotidiano.it)

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LOLLOBRIGIDA E IL VIA LIBERA A CHI VA A COMANDARE COL TRATTORE IN TANGENZIALE

Gennaio 30th, 2024 Riccardo Fucile

PICCHETTI AI CASELLI AUTOSTRADALI E UN MORTO A CATANZARO SULLA STRADA BLOCCATA DAGLI AGRICOLTORI, MA DAL MINISTRO NESSUNA CONDANNA… IL GOVERNO STA CON CHI VIOLA LA LEGGE

Alla fine c’è scappato il morto. Un uomo, a Catanzaro, è deceduto dopo aver accusato un malore mentre era in coda sulla statale bloccata da una protesta.
I soccorsi sono dovuti arrivare in elicottero, ma non c’è stato nulla da fare. Il governo per mesi, a ogni blitz di Ultima generazione, ha lanciato l’allarme sui rischi di certe manifestazioni illegali. Ma ora che la tragedia si è consumata resta in silenzio. Perché la protesta non è degli ambientalisti ma degli agricoltori. Anzi, il ministro Lollobrigida si schiera dalla loro parte.
La protesta, esplosa in Germania a seguito di alcuni tagli del governo ai sussidi agricoli, da privilegi fiscali allo sgravio sul gasolio, è divampata nel resto d’Europa, a partire dalla Francia, per arrivare anche in Italia. Qui si protesta non contro misure specifiche del governo, ma genericamente contro le politiche agricole dell’Unione europea, contro le “politiche green”, si chiedono maggiori sussidi e singolari richieste di fissazione per legge dei costi di produzione dei prodotti. Tra i “capi”, almeno mediatici, della protesta ci sono personaggi che una decina di anni fa animavano il “popolo dei forconi”.
I trattori hanno paralizzato per ore il traffico, in entrata e in uscita, al casello autostradale di Orte. Allo stesso modo, vari presidi in molte parti dell’Italia hanno interrotto le principale arterie stradali. Col trattore in tangenziale andiamo a comandare, letteralmente. Le modalità sono quelle, illegali, dei blocchi stradali – analoghi a quelli degli attivisti di Ultima generazione. Stessi metodi, ma per finalità opposte. Gli agricoltori contro le politiche green troppo dure, gli ambientalisti contro le politiche green troppo soft.
Ma la reazione del governo, stavolta, è stata molto differente. Il ministro dell’Agricoltura, invece di condannare e prendere le distanze da forme illegittime di protesta che ledono le libertà e i diritti costituzionali degli altri cittadini, se l’è presa con “le sinistre e alcuni giornalisti cresciuti a champagne”, colpevoli di “deridere” le sue politiche. Nello specifico, l’aver proibito un prodotto che non esiste (la carne coltivata) e l’aver lanciato la sfida alla space economy portando la pasta italiana in orbita. “Del resto, nei loro salotti e nelle loro redazioni l’odore di letame non arriva”, ha scritto il ministro in un post a tratti poetico su Facebook in cui se prende con quelli “pronti a dettagliare sull’italiano rozzo che non capisce la bellezza delle mani da pianista e continua a guardare con infinita stima a chi le ha segnate, come fossero anelli sui tronchi degli alberi, per ogni giorno di lavoro”.
In un altro comunicato, Lollobrigida afferma che il governo Meloni è dalla parte di chi protesta: “In Francia e in Germania manifestano le associazioni rappresentative del mondo agricolo rispetto a delle politiche che noi contestiamo dal primo giorno”. Nessuna censura nei confronti delle proteste illegittime di chi blocca le strade. E pensare che proprio questo governo, con il “pacchetto sicurezza” varato il 16 novembre e che sta per essere incardinato alla Camera, proprio in seguito al moltiplicarsi di queste forme di proteste da parte degli ambientalisti, con l’art. 11 ha introdotto una stretta sui blocchi stradali, trasformando quello che era un illecito amministrativo in un reato punibile da sei mesi a due anni di reclusione “se il fatto è commesso da più persone riunite”. La norma, tra l’altro, punisce severamente sia chi chi blocca le strade sia chi blocca le ferrovie. Cioè chi ferma un treno (nella fattispecie non rientra, però, il caso di un ministro che richiede una fermata straordinaria).
Tutta questa inflessibilità era diretta contro gli ambientalisti, ma è stata completamente rimossa ora che a comportarsi allo stesso modo sono categorie ritenute vicine al governo. Anziché occuparsi dei metodi della protesta, definire cioè come è lecito esprimere il dissenso, il governo si occupare del merito: avere condotte illegali è più o meno legittimo a seconda delle posizioni politiche espresse.
Non a caso, l’unica condanna di Lollobrigida è stata contro il brutto gesto di alcuni agricoltori che hanno bruciato le bandiere della Coldiretti, stretta alleata del governo. “Considero sbagliato e ingiustificato ogni atto di violenza, compreso bruciare le bandiere delle associazioni agricole come accaduto oggi a Viterbo – ha detto il ministro –. A Coldiretti si deve la battaglia contro il cibo sintetico che l’Italia sta guidando anche in Europa con risultati eccezionali”.
Sui blocchi stradali nessuna parola di condanna, sul morto di Catanzaro silenzio di tomba. Il messaggio per chi protesta è che se intende bloccare le strade deve farlo col trattore.
(da agenzie)

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