SGARBI, LE 10 BUGIE SUI QUADRI
LE TOPPE PEGGIORI DEL BUCO: RICOSTRUZIONI CHE NON TORNANO, SMENTITE DEI PRESUTI TESTIMONI, ACCUSE AI GIORNALISTI: 40 GIORNI DI MENZOGNE
“Le misure sono diverse!”, invece no. “Non nevicava”, invece sì. “La copia era per un cartellone”, ma dai? Balle, polvere e fango, in altre parole: il metodo Sgarbi. Che insulta e diffida i giornalisti (leggere il pezzo qui in basso, ndr), chiede 5 milioni al Fatto e Report e da ‘membro del governo’ si sbottona pure la patta, col video che fa il giro del web. Nel frattempo, il sottosegretario alla Cultura (indagato per reati contro i beni culturali) si cimenta nell’arte dell’arrampicata sugli specchi.
1. “Le misure sono diverse” (17-12-2023)
Il refrain dura il tempo d’un sequestro. Per dimostrare che il Manetti a Buriasco e il suo sono dipinti diversi cita le misure indicate nella denuncia della signora Margherita Buzio del 2013 (220×247 cm) e del suo esposto a Lucca (204×233): “Sono inferiori di 40 cm per lato!”. Le misure risultano sì inferiori, ma di pochi centimetri, perché la tela fu tagliata dall’interno e perché la signora Buzio aveva misurato anche la cornice.
2. “I ladri sono i giornalisti” (24.12.23)
Sgarbi versione Cervantes contro nemici immaginari. “Qui c’è un solo ladro – sbotta in un video – quelli del Fatto e Report”. Accusa i cronisti di essersi “tenuti un frammento del dipinto originale” che avevano rinvenuto nel Castello di Buriasco. Ma lo avevano subito consegnato alla proprietaria che lo ha dato al Nucleo Tutela Patrimonio.
3. “Trovato nella soffitta, c’è un testimone” (8.1.2024)
Per sostenere il ritrovamento fortuito nella sua villa di Viterbo cita in tv un testimone: “Ero col mio amico Pietro Pambianco”. L’imprenditore delle ceramiche cade dalle nuvole: “Ma che c***o è sto quadro?”. Nel 2000 Remo Cencioni, progettista viterbese, girò quel sottotetto in lungo in largo per tre mesi: “Non c’era un pavimento ma una copertura di cannette e intonaco”. Scoperte eclatanti? “In cantiere ne avrei sentito parlare”.
4. “I carabinieri lavorano per me” (9.1.24)
Sgarbi tranquillizza tutti: “I carabinieri lavorano con me, per me”. Tre giorni dopo se li ritrova in casa, ma per perquisirla e sequestrargli il dipinto e pure la copia 3D.
5. “La copia come cartellone” (10.1.24)
I titolari dello stabilimento di Correggio riconoscono nelle foto della mostra di Lucca la copia che gli commissionò Sgarbi. “Serviva come cartellone promozionale all’esterno della Cavallerizza”, dice lui a La Stampa. “Impossibile – ribattono i fratelli De Pietri – era su tela e con telaio di legno, supporti inidonei all’esposizione esterna”. Per il Corriere cambia versione: “Serviva per il comunicato della mostra”.
6. “Quel giorno non nevicava” (14.1.24)
Sgarbi in versione Giuliacci: “Il giorno del furto non nevicava come dice la denuncia”. Ma la denuncia del 14 febbraio 2013 della signora Buzio non parlava di neve. Ha spiegato di essersi accorta delle impronte quel giorno, ma il furto poteva essere avvenuto giorni prima. Tra l’11 e il 12 febbraio 2013, in pianura e nel Torinese, nevicò. I bollettini storici del meteo, almeno quelli, non mentono.
7. “Era di un amico, ma è morto” (11.1.24)
Sgarbi è indagato a Imperia per aver tentato di esportare illecitamente Concerto con bevitore, attribuibile al caravaggesco Valentin de Boulogne. “Era di Augusto Agosta Tota”, appassionato di Ligabue deceduto un anno fa. Insorge la figlia Simona: “Mai visto in casa nostra, infama il suo nome perché non può rispondere”. Il Fatto scopre poi che era della famiglia Bellometti di Orzinuovi (BS), in difficoltà economiche. Un autista di Sgarbi, che lì viveva, andò a comprarlo nel 2014 per 10 mila euro.
“Vale 10 mila euro, è una copia”(29.1.24)
La modestia del prezzo, dice ora Sgarbi, prova la sua innocenza. Sotto i 13.500 euro non c’è obbligo di dichiarare l’esportazione. Ma è la cifra propinata agli ignari venditori in rovina, non è il valore. Il signor Mauro Brognoli, marito della proprietaria, ha ammesso di averlo venduto in nero e che il destinatario fosse proprio Sgarbi.
9. “Mai attribuito al Valentine” (29.1.24)
Per Sgarbi era nella sua casa di Ro Ferrarese per un’expertise che poi non fece. Ma dalla sua segretaria ne spunta una, non firmata, che l’attribuisce al Valentine. E un contratto tra la società della sua compagna Sabrina Colle (Hestia Srl), e la Switz Art di Mirella Setzu che si era impegnata a collocarlo sul mercato internazionale via Maastricht.
10. “Una vecchia tela con pittura recente” (29.1.24).
“Le indagini sul dipinto indicano che possa essere una vecchia tela con una pittura più recente”. Toppa peggiore del buco: l’opera sarebbe una copia o addirittura un falso, con sospetto di riciclaggio. Se così fosse, poi, non si capirebbe perché destinarla alla vendita al Tefaf di Maastricht, la più grande fiera al mondo di belle arti.
(da ilfattoquotidiano.it)
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