Destra di Popolo.net

UNO DEI DUE CARABINIERI CHE HA PICCHIATO IL 23ENNE DELLA GUINEA ERA GIÀ INDAGATO PER LESIONI

Marzo 15th, 2024 Riccardo Fucile

IL MILITARE, INSIEME AD ALTRI CINQUE COLLEGHI, AVREBBE MENATO UN 30ENNE TUNISINO, TROVATO POI SENZA VITA IN UN PARCHEGGIO, E SUO FRATELLO (CHE HA DENUNCIATO GLI AGENTI SOSTENENDO DI AVER SUBÌTO UN PESTAGGIO IN CASERMA)

Uno dei due carabinieri intervenuti l’altro ieri in largo Garibaldi a Modena per l’arresto del 23enne guineano, protagonista del video girato da un passante in cui si vede il ragazzo colpito con pugni, risulta essere tra i militari indagati in un’altra vicenda, ancora pendente e con lati da chiarire, risalente ad ottobre.
Il carabiniere in questione (non quello che nel video di mercoledì si vede colpire il guineano, ma il collega di pattuglia) era stato iscritto per lesioni, insieme a cinque altri colleghi, ai danni del fratello di Taissir Sakka, 30enne tunisino trovato morto la mattina del 15 ottobre in un parcheggio in via dell’Abbate.
Un altro carabiniere è stato indagato per morte in conseguenza di altro reato, in vista dell’autopsia che aveva escluso, in ogni caso, traumi fatali e ricondotto il decesso ad un possibile malore. L’inchiesta risulta ancora aperta. Il corpo di Taissir era stato trovato in un parcheggio, con una ferita al capo.
In seguito a una denuncia presentata dal fratello dove si faceva riferimento a un presunto pestaggio subito da entrambi in caserma, i sei militari erano stati raggiunti da un avviso di garanzia. La procura aveva disposto un accertamento medico legale che aveva escluso lesioni causate da traumi.
(da agenzie)

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IL VENETO È UNA POLVERIERA, LA LOMBARDIA PURE: LA LEGA RISCHIA DI IMPLODERE E SCATTA IL PROCESSO A SALVINI, ZAIA, FEDRIGA E GLI EX PRETORIANI PRENDONO LE DISTANZE

Marzo 15th, 2024 Riccardo Fucile

IL CAPOGRUPPO ALLA CAMERA MOLINARI INVOCA PER LA PRIMA VOLTA UN “POSIZIONAMENTO PIÙ CHIARO”… I BOSSIANI CONTRO LA CANDIDATURA VANNACCI: “NON LO VOTA NESSUNO”

Mancava solo Filippo Romeo, detto “Champagne”, a movimentare il viaggio periglioso di Matteo Salvini. E a dare un contorno persino surreale al dibattito interno alla Lega: «Fenomeno, basta col cinema: invece di pensare al Ponte sullo Stretto fai la Como-Chiasso», dice l’influencer che è poi il fratello di Massimiliano Romeo, capogruppo del Carroccio al Senato. Per carità, un corto circuito familiare, e non è che un Romeo debba rispondere del pensiero (o dello show) di un altro.
Ma la curiosità giunge nel giorno in cui anche i big del partito manifestano ad alta voce le perplessità sulla linea politica e sulle candidature che il segretario si appresta a vidimare. A cominciare da quella del generale Roberto Vannacci.
Il primo affondo è di Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera. Che sceglie Libero, giornale di ispirazione di centrodestra, per lanciare un paio di messaggi chiari: «Salvini non è in discussione», premette. «Ma – aggiunge – prima delle Europee dobbiamo chiarirci bene sulla linea politica da spiegare alla gente. Noi dobbiamo avere un posizionamento politico chiaro
Affermazioni non troppo distanti dall’uscita di Luca Zaia, governatore del Veneto mai troppo amato da Salvini (e viceversa) che qualche giorno fa ha detto pubblicamente di preferire la vecchia Lega Nord all’attuale.
Molinari, va rimarcato, non ha mai nascosto la sua posizione, sia nei direttivi federali che nei congressi. E non è d’accordo neppure con la linea schiacciata sull’ultradestra europea. Il nodo, secondo lui, prima o poi sarà affrontato. A pensarla in modo diverso, nella Lega, è ad esempio il presidente della Camera Lorenzo Fontana.
La Lega rischia di implodere. E le tensioni sulle liste non aiutano. Il fatto è che i maggiorenti del partito ora fanno pressing su un Salvini reso più debole dai non brillanti risultati elettorali per contare di più nella partita delle candidature.
Non vanno giù le scelte “esterne” del segretario: da quella del generale Roberto Vannacci, che probabilmente sarà annunciata nel corso della convention del 23 marzo a Roma, a quella dell’ex forzista Aldo Patriciello. Più altre che si profilano al Sud, a seguito dell’alleanza con forze autonomiste come l’Mpa di Raffaele Lombardo.
Un malessere silente che adesso emerge nelle parole dell’ex ministro Gian Marco Centinaio: «Vannacci? Io voterò chi ha una storia dentro il partito. Da leghista, in un momento come questo, credo sia giusto premiare i colleghi che si son presi insulti a destra e sinistra facendosi il mazzo in Europa». Un altro fendente verso il numero uno di via Bellerio.
Che materializza l’idea di una fronda. Paolo Grimoldi, uno dei coordinatori del comitato del Nord di Umberto Bossi, lo dice senza mezzi termini: «Vannacci nella Lega non lo vota nessuno».
Saranno giorni particolarmente faticosi per Matteo Salvini, che ieri non ha commentato i 68 rilievi scientifici sul progetto del Ponte che ne rallenteranno i tempi di costruzione e che oggi sarà a Padova per proseguire la sua campagna da ministro e capopartito con un altro appuntamento dell’«Italia del sì».
(da Repubblica)

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AVVISO A TUTTI I SOVRANISTI: GEERT WILDERS, CHE HA VINTO LE ELEZIONI IN OLANDA, NON SARÀ PREMIER: PUR DI NON AVERLO AL POTERE, GLI ALTRI PARTITI SI SONO ALLEATI, ACCETTANDO DI DARE VITA A UN GOVERNO TECNICO

Marzo 15th, 2024 Riccardo Fucile

LE POSIZIONI DI WILDERS (ALLEATO DI SALVINI IN EUROPA NEL GRUPPO “IDENTITA’ & DEMOCRAZIA”) SONO CONSIDERATE INACCETTABILI PER UNA DEMOCRAZIA, NONOSTANTE IL 23,5% DEI CONSENSI

Geert Wilders, il leader islamofobo di estrema destra che ha vinto le elezioni legislative nei Paesi Bassi a novembre, non sarà primo ministro.
Lo ha annunciato lui stesso mercoledì, con un post su X per presentarsi come vittima di un complotto, dopo una riunione tra i leader dei quattro partiti che da quattro mesi stanno negoziando per formare una maggioranza all’Aia. Oltre a Wilders, ci sono i liberali conservatori di Dilan Yesilgöz, il Nuovo contratto sociale di Pieter Omtzigt e il Movimento civico contadino di Caroline van der Plas. L’obiettivo è un governo di destra.
Lo “scout” Kim Putters, che sta conducendo le trattative, ha detto che i quattro sono pronti a fare il “prossimo passo”. L’ipotesi è un governo “extraparlamentare” (in Italia lo chiameremmo “tecnico”), con un programma minimo incentrato su temi come l’immigrazione e le finanze pubbliche. Nella democrazia olandese sarebbe una novità, ma compatibile con un sistema in cui il Parlamento è molto forte, capace di dettare le politiche all’esecutivo, anche contro le posizioni del primo ministro.
Wilders ha accusato i futuri alleati di trattamento “ingiusto” e “costituzionalmente scorretto” per non averlo voluto premier. “Sarei dovuto diventare io primo ministro. L’ho detto al tavolo negoziale che penso che dovrei essere io”. Il piagnisteo è utile a fini elettorali. Il suo Partito per la libertà continua a crescere nei sondaggi. Ma i Paesi Bassi sono una democrazia parlamentare e con il 23,5 per cento non si acquisisce il diritto divino a essere premier.
Con il suo programma, le sue idee e le sue pratiche, Wilders è un pericolo per la democrazia. [Widers per ora è stato disinnescato. Non sarà al tavolo del Consiglio europeo. E’ una buona notizia per l’Ue.
(da agenzie)

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MACRON: “PREPARIAMOCI ALLA GUERRA”

Marzo 15th, 2024 Riccardo Fucile

VERTICE CON SCHOLTZ, RISCHIO ESCALATION: “VOLERE LA PACE NON E’ SCEGLIERE LA SCONFITTA”

«La Russia non può e non deve vincere questa guerra». Emmanuel Macron in televisione conferma la svolta di fermezza assoluta nei confronti di Mosca e cerca di spronare gli europei a un «sussulto» rispetto a una «escalation di cui solo il presidente russo è responsabile. Dobbiamo essere pronti».
Il capo dello Stato torna a «non escludere» l’invio di truppe in Ucraina, un’ipotesi che ha diviso l’Europa ma che il leader francese ribadisce, nella veste di capo delle Forze armate nell’unico Paese dell’Ue dotato dell’arma nucleare.
«Volere la pace non è scegliere la sconfitta» prosegue Macron con tono grave, ripetendo che «tutte le opzioni» militari sono sul tavolo. «Se la Russia dovesse vincere, la vita dei francesi cambierebbe. Non avremmo più sicurezza in Europa».
La trasformazione di Macron nel ruolo di “falco”, dopo un tempo in cui invitava a «non umiliare la Russia», parte da una constatazione: la «grande fragilità» della resistenza ucraina dopo due anni di guerra. «Il contesto è cambiato» osserva il leader francese che oggi sarà a Berlino.
Convocare in tutta fretta una riunione formato Weimar – Germania, Francia, Polonia – è stata un’urgenza del premier polacco Donald Tusk. Durante il suo recente incontro a Washington con il presidente americano Joe Biden, racconta un’autorevole fonte polacca, Tusk sarebbe stato informato dell’enorme allarme che agita l’intelligence americana sulla situazione in Ucraina «e in tutta l’area dell’Est Europa» a proposito di azioni che il presidente russo Vladimir Putin potrebbe intraprendere nei prossimi mesi.
«Putin cerca sempre un momemtum per testare la capacità di reazione degli occidentali» osserva una fonte europea che conferma l’allerta. Il momento di debolezza individuato a Mosca sarebbe proprio adesso, nel combinato disposto della doppia campagna elettorale per il voto di giugno in 27 paesi dell’Ue e per la corsa di Donald Trump verso la Casa Bianca.
I timori che circolano nelle cancellerie del continente sono molteplici, dal possibile uso di armi tattiche da parte dei russi per far cadere Odessa, a eventuali “incidenti” militari di sconfinamento in Transnistria o nei paesi Baltici. «Non è escluso che Putin voglia addirittura testare la nostra volontà di applicare l’articolo 5» confida la fonte europea, riferendosi a un eventuale attacco su territorio Nato che farebbe scattare la solidarietà militare dei paesi dell’Alleanza.
Sulla pericolosità di Putin, l’uomo da convincere oggi sarà ancora una volta Olaf Scholz. Da settimane il cancelliere è finito sotto pressione – anche nella sua stessa maggioranza – perché ceda i missili Taurus a Kiev. E con Macron i rapporti sono ridotti ormai ai minimi storici anche per le bordate che sono volate tra Berlino e Parigi.
Durante una visita a Praga le stilettate di Macron nei confronti di Scholz hanno raggiunto l’apice: «Ci avviciniamo a un momento in cui in Europa sarà necessario non essere dei vigliacchi». Un pesantissimo attacco al cancelliere cui ha replicato il ministro della Difesa Boris Pistorius. Dichiarazioni come quelle di Macron «non aiutano» ha puntualizzato Pistorius che non ha partecipato a una riunione a distanza di ministri di Esteri e Difesa dell’Ue convocata dalla Francia la settimana scorsa.
A ciò si aggiunge l’irritazione all’Eliseo per una dichiarazione di due settimane fa in cui il cancelliere tedesco aveva fatto capire che i missili francesi e inglesi forniti all’Ucraina sarebbero pilotati da militari di Parigi e Londra, svelando un diretto coinvolgimento di Paesi Nato nel conflitto. «Ciò che fanno i britannici e i francesi in merito al controllo degli obiettivi» presi di mira dai loro missili, aveva detto Scholz, «la Germania non lo può fare». «È una clamorosa gaffe del cancelliere tedesco» confida una fonte dell’entourage di Macron. A Parigi finora non c’è stata mai una conferma dell’invio di addestratori o personale tecnico francese su territorio ucraino.
L’ipotesi di invio di truppe in Ucraina ha scavato un nuovo solco tra la Francia e la riluttante Germania. Tusk è sembrato frenare finché il suo ministro degli Esteri, Radoslaw Sikorski, ha aperto alla proposta di Macron: «Il punto è che è Putin a dover avere paura, e non noi di Putin». Ma da Varsavia insistono che la Polonia resta «molto cauta» sull’ipotesi di «boots on the ground». Macron ieri ha sostenuto che la Lituania e la Repubblica Ceca seguono la Francia e che la riflessione è aperta in altri Paesi. Dall’Italia è arrivata una nuova presa di distanza. «Escludo l’invio di truppe italiane» ha ripetuto il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Nell’urgenza di mandare un segnale a Mosca, i tre leader a Berlino lavorano a un accordo per scongelare i trecento miliardi di dollari di fondi sovrani russi depositati nelle banche occidentali. Gli Usa premono per un’intesa al livello del G7, come segnalato anche da Biden nel suo incontro con Giorgia Meloni. Di fronte agli ostacoli giuridici e all’opposizione delle banche centrali nell’Ue, Scholz e Macron pensano a un’intesa sugli interessi prodotti dai fondi: tra i 3 e i 4 miliardi all’anno da destinare a Kiev. «Sarebbe anche un messaggio importante alle nostre opinioni pubbliche – spiega una fonte vicina ai negoziati tra Parigi e Berlino – per mostrare che gli aiuti all’Ucraina vengono da soldi russi e non solo dai contribuenti europei» .
(da repubblica.it)

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“NO AI PANZONI IN TV”: IL DIKTAT DA ISTITUTO LUCE DEL SOTTOSEGRETARIO COL FEZ GIOVAMBATTISTA FAZZOLARI AI FRATELLINI D’ITALIA

Marzo 15th, 2024 Riccardo Fucile

IL DECALOGO PER LE OSPITATE TV: DONNE GIOVANI E DI BELL’ASPETTO, NO AI LOOK TRASANDATI E ALLE “PANZE” VOLUMINOSE – INOLTRE DOVRANNO SPARIRE FILMATI DI PARLAMENTARI IN POSE IMBARAZZANTI…A FAR INCAZZARE FAZZOLARI ANCHE LA DIFFERENZA DI ETÀ TRA GLI ESPONENTI MELONIANI E QUELLI DEGLI ALTRI PARTITI: IL CASO FOTI-FURFARO

Non sono i casting di epoca berlusconiana, ma poco ci manca. In Fratelli d’Italia lo hanno già ribattezzato “codice Fazzolari”: una serie di direttive del potente sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e responsabile della comunicazione del governo per la campagna elettorale delle Europee.
Una sorta di cambio di faccia nella comunicazione del partito: in televisione Fratelli d’Italia darà la precedenza alle donne di bell’aspetto, parlamentari e dirigenti giovani e senza difetti fisici. Con un prerequisito: i parlamentari dovranno conoscere a memoria il verbo meloniano.
Quindi avere letto e saper ripetere la linea indicata nel mattinale Ore 11. Altrimenti, se impreparati, dovranno saltare le ospitate tv per un mese. Le nuove direttive per gestire le ospitate in televisione sono state date mercoledì da Fazzolari ai vertici della comunicazione di FdI: il sottosegretario ha riunito a Palazzo Chigi gli uffici stampa di Fratelli d’Italia alla Camera e Senato, del partito edel governo. Una riunione organizzativa per preparare la campagna elettorale delle europee di giugno, con una premessa: “Dobbiamo migliorare in televisione”, ha detto Fazzolari ai colleghi.
Da qui la prima regola per gestire le ospitate nei talk e nei telegiornali: servono facce nuove. Quindi saranno sempre meno presenti i capigruppo di Camerae Senato Tommaso Foti e Lucio Malan e gli storici dirigenti di partito. Tutti sostituiti da parlamentari donne, meglio se giovani e di bell ’aspetto, è stato l’ordine di Fazzolari. Un remake delle front-woman berlusconiane (da Mara Carfagna a Mariastella Gelmini passando per Nunzia De Girolamo). Fazzolari ha anche già indicato una lista delle parlamentari donne di Fratelli d’Italia che dovranno avere la precedenza: la deputata Sara Kelany (in grande ascesa nel partito), la 29enne Grazia Di Maggio, Ylenia Lucaselli e la palermitana Carolina Varchi.
La seconda regola imposta da Fazzolari riguarderà i difetti fisici: per il responsabile della comunicazione del governo, oggi nei talk show e nei tg vanno troppi dirigenti di Fratelli d’Italia trasandati, a partire dalle “panze” voluminose. Il sottosegretario così ha chiesto ai suoi collaboratori di impegnarsi per modificare, insieme alle reti televisive, le immagini di repertorio degli esponenti di Fratelli d’Italia che vengono trasmesse nei telegiornali.
A breve, quindi, spariranno filmati di parlamentari con qualche chilo di troppo e mostrati in pose imbarazzanti (un esempio è stato quello di Malan spesso ripreso con i pattini sul ghiaccio alla festa diAtreju). Quello che una volta faceva Mity Simonetto, storica consulente di immagine di Silvio Berlusconi nel periodo della discesa in campo che era addetta a chiamare le redazioni dei giornali per far ritirare le foto in cui il leader di Forza Italia era raffigurato con smorfie e con qualche ruga e chilo di troppo.
FRATELLI D’ITALIA poi dovrà sempre informarsi sul parterre degli ospiti nei talk show di prima serata. Meglio evitare che in tv si noti troppo la differenza di età tra gli esponenti meloniani e quelli degli altri partiti: nello specifico Fazzolari si sarebbe lamentato per il faccia a faccia di mercoledì scorso tra Foti e il deputato del Pd Marco Furfaro tra cui ci sono 20 anni di differenza. “Com’è stato possibile? – avrebbe protestato il sottosegretario – così perdiamo voti…”.
(da Fatto Quotidiano)

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DIFFIDARE DALLE IMITAZIONI

Marzo 15th, 2024 Riccardo Fucile

L’AQUILA DIVENTA CAPITALE DELLA CULTURA PER IL 2026 PER AVER DETERMINATO LA VITTORIA DI MARSILIO IN ABRUZZO, MA QUALCOSA NEL PROGRAMMA NON TORNA

L’ Aquila sarà capitale italiana della Cultura per il 2026, è una bella città ed è una bella notizia, il terremoto è un fantasma da scacciare e una cicatrice da sanare, pazienza per i sospetti che la nomina (governativa) valga come ricompensa per il voto quasi compatto degli aquilani per la destra.
È il famoso spoils system (in italiano, spartizione del bottino), oggi a te domani a me, naturalmente contando che un domani sia ancora ipotizzabile.
Piuttosto, colpisce leggere che gli intendimenti dell’Aquila, espressi nelle carte presentate per la candidatura, siano così declinati, in cinque punti: multiculturalità, multiriproducibilità, multidisciplinarietà, multinaturalità, multitemporalità.
Vengono le traveggole solo a leggerle, sembrano il parto della più efferata cultura di sinistra, parolaia e vaga, velleitaria, illeggibile. Cose da pierre, cose da comunicazione modaiola.
Ma come? Noi qui ad aspettare, sia pure da spettatori pronti alla critica e financo al pernacchio, la restaurazione dei bei tempi andati, le tradizioni in palmo di mano, la lenticchia e la patata, gli arrosticini e le volarelle (e Lollobrigida benedicente), le chiese e le fontane, le processioni e i miti fondanti, le pietre e i monti, i canti antichi e solenni, la catena delle generazioni, magari l’emigrazione potente e feconda degli abruzzesi come contributo decisivo al progresso del mondo (tutte le migrazioni lo sono), e insomma un’alternativa vigorosa, e reazionaria, a questa modernità modaiola e querula.
E invece: questo multi-blabla? Manca solo qualche cenno alla trasversalità e a qualche work in progress.
Ma siamo impazziti? Vogliamo una destra di destra (possibilmente non manesca, ma di destra). Diffidiamo delle imitazioni.
(da La Repubblica)

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DA ITALIA VIVA ALLA LUCANIA: CALENDA IN GUERRA CONTRO SE STESSO

Marzo 15th, 2024 Riccardo Fucile

PRIMA ACCUSA I CINQUESTELLE POI GRIDA ALL’ESCLUSIONE MA DA SETTIMANE E’ PRONTO AD APPOGGIARE I SOVRANISTI IN BASILICATA

Dicono di lui che cambi idea con la stessa frequenza delle mutande – ossia almeno una volta al giorno – perché si ostina a misurare la temperatura del Paese prevalentemente sulla piazza social.
E lì, tra un tweet e un retweet, trova ispirazione per il menù politico di giornata. Sempre rigorosamente diverso dal giorno precedente. Epperò Carlo Calenda pare voler superare se stesso: ieri ha certificato la rottura con Pd e 5Stelle in Basilicata accusando Elly Schlein di avere un bidone al posto del cuore e Giuseppe Conte di ostracizzare Azione per la scelta di convergere sul nome di Domenico Lacerenza.
E pace se in fatto di veti Calenda non lo batte nessuno: in Sardegna pur di non appoggiare la pentastellata Alessandra Todde aveva sostenuto Renato Soru salvo poi sostenere “mai più senza” campo largo, ma solo alle regionali e comunque Conte resta un “putiniano e un populista”.
E che dire della corsa alla successione a Dario Nardella? “A Firenze il M5S serve come le buche a Roma”. Idem con patate per le Europee. Chiedere per conferma in questo caso al suo gemello diverso Matteo Renzi con cui si sono brevemente amati prima di divorziare: “Se la lista per gli Stati Uniti d’Europa va in porto noi ci siamo. Mi sembra però di capire che ci sia un veto da parte di Calenda…”.
Epperò il leader di Azione vede solo i veti altrui, quelli di cui denuncia di essere vittima. Come in terra di Lucania dove proprio non si capacita del perché non sia stato invitato al tavolo della coalizione: lui che da settimane ostenta rapporti di amorosi sensi con il candidato di centrodestra Vito Bardi. Che, a sentir Calenda, è il top di gamma: “un moderato e europeista, un uomo delle istituzioni”.
(da agenzie)

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“IO, PICCHIATO SENZA MOTIVO DAI CARABINIERI A MODENA. MI HANNO ANCHE SFILATO I PANTALONI E INSULTATO”

Marzo 15th, 2024 Riccardo Fucile

PARLA IDRISSA DIALLO MENTRE LA PROCURA POTREBBE APRIRE UN’INCHIESTA SULL’OPERATO DEI CARABINIERI

Si chiama Idrissa Diallo il cittadino della Guinea picchiato dai carabinieri a Modena. Si tratta di un fruitore del programma di protezione internazionale. Secondo la versione dei militari avrebbe fatto resistenza all’arresto e avrebbe danneggiato la gazzella su cui tentavano di caricarlo. I militari sono stati temporaneamente trasferiti ad altre mansioni.
Nel video circolato sui social network si vede chiaramente uno dei due militari prendere a pugni al volto e alla schiena il 25enne. Che ha avuto due giorni di prognosi dall’ospedale. E oggi dà la sua versione dell’accaduto: «Mi hanno aggredito subito, nonostante potessi spiegare che in poco tempo potevo far arrivare un amico con i documenti», dice a La Stampa.
Dopo qualche ora dall’accaduto Idrissa Diallo è stato portato davanti al giudice per rispondere del reato di resistenza all’arresto ed è stato rimesso in libertà. Ma lui ha raccontato di essere stato anche malmenato in caserma. La procura sta valutando la possibilità di aprire un’inchiesta sui carabinieri.
Questo il racconto del richiedente asilo: «Ero alla fermata dell’autobus e i carabinieri si sono avvicinati per chiedermi i documenti. Io con me non li avevo, stavo andando a lavorare, sono un aiuto cuoco in un ristorante della prima periferia di Modena. Gli ho detto che abitavo lì vicino e avrei potuto chiamare un amico perché li portasse, ma loro hanno smesso di ascoltarmi e mi hanno trascinato verso la macchina. Mi hanno strappato di dosso l’auricolare del telefono, mentre io lo tenevo in mano per chiamare il mio coinquilino».
Il danneggiamento della gazzella
Idrissa respinge anche l’accusa di danneggiamento dell’auto dei carabinieri: «Non sono stato io, ma il carabiniere che mi strattonava. Ha colpito la macchina involontariamente nel parapiglia».
E racconta quello che gli è successo in caserma: «Mi hanno tenuto dentro tre o quattro ore. Mi hanno sfilato i pantaloni, mi hanno insultato e picchiato anche lì. Poi mi hanno portato in tribunale e il giudice mi ha rilasciato». Il cittadino della Guinea dice di avere «contusioni alla testa, al braccio sinistro, alla schiena e a una gamba, ma non ho nessuna frattura. Mi hanno dato una prognosi di due giorni».
(da agenzie)

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BASILICATA, I CAPIBASTONE LOCALI DEL CENTROSINISTRA CONTRO LA CANDIDATURA DI LACERENZA, CALENDA IL SOLITO TRASFORMISTA, FATE PRIMA A CONSEGNARE LA REGIONE AI SOVRANISTI E ANDARVI A NASCONDERE

Marzo 15th, 2024 Riccardo Fucile

ELLY SCHLEIN NE HA DI PAZIENZA, TROVARE UN CANDIDATO CHE VADA BENE A TUTTI E’ IMPRESA INFERNALE, BEATI I TEMPI CHE I PARTITI REGIONALI VENIVANO COMMISSARIATI E SI PROCEDEVA ALLE ESPULSIONI SENZA PIETA’

Il centrosinistra lucano si spacca attorno al nome di Domenico Lacerenza, sul quale Elly Schlein e Giuseppe Conte avevano trovato la quadra per il campo largo, con l’appoggio di +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra e il benestare anche della prima scelta dei dem, Angelo Chiorazzo.
Una soluzione però che non sembra affatto accontentare tutti. Attivisti, sindaci, amministratori sindacalisti e dirigenti del Pd e del centrosinistra in Basilicata hanno infatti ordinato di ritirare la candidatura di Lacerenza. Altrimenti promuoveranno «il polo dell’orgoglio lucano».
La richiesta, anticipata da post infuocati sui social, è stata formalizzata in un documento diffuso da Giovanni Petruzzi, all’epoca coordinatore della mozione Cuperlo. Il quale ritiene «quanto mai opportuno ed urgentissimo» che venga convocata la direzione regionale del Pd, «che non ha mai discusso né deliberato la candidatura a presidente di Lacerenza».
La polemica
A dar fastidio ai firmatari del documento, in procinto di avviare una guerra intestina, ci sarebbero le modalità con cui il nome di Lacerenza, primario di Oculistica all’ospedale San Carlo di Potenza, è stato individuato. Si parla di «oligarchica indicazione» di uno «stimato professionista completamente a digiuno di politica, per sottostare agli incomprensibili veti del M5s». Manovra che avrebbe mortificato le energie popolari che si erano raccolte intorno ad Angelo Chiorazzo. Il suo movimento Basilicata Casa Comune in pochi mesi era stato infatti dato al 15 per cento. Ma il veto dei 5 Stelle rischiava di far naufragare gli sforzi di coalizione.
L’ingerenza dei pentastellati, da un lato, e di Roma, dall’altro, avrebbe mandato su tutte le furie i membri del Pd locale. Nel documento si legge che «l’individuazione verticistica del candidato Presidente della Regione senza alcuna forma di confronto e di condivisione con chi quotidianamente vive nelle trincee del territorio lucano, offende la dignità e l’autonomia del popolo lucano che si riconosce nel centrosinistra». I firmatari del documento si appellano quindi «a tutte le forze, politiche e civiche, del centrosinistra affinché si azzeri la situazione e si converga sull’indicazione della migliore candidatura possibile per sconfiggere il centrodestra».
L’alternativa
Che per loro, continua ad essere appunto quella di Angelo Chiorazzo. Ma propongono anche un’alternativa: «Una candidatura effettivamente espressione del territorio, magari forgiatasi nell’impegnativa funzione quotidiana di guidare uno dei nostri meravigliosi Comuni». Un appello che, se non verrà accolto «in tempi rapidi», spianerà la strada alla creazione autonoma di «un innovativo polo dell’orgoglio lucano, che tenti di contrastare direttamente alle elezioni regionali del 21 e 22 aprile prossimi sia il Centrodestra che il formato bonsai, romanocentrico, di centrosinistra, che, forse, si realizzerà a sostegno di Lacerenza».
(da Open)

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