Agosto 22nd, 2025 Riccardo Fucile
E POI SCARICA LA COLPA SU ZELENSKY: “DICE NO A TUTTO” (CHE PER MOSCA DOVREBBE ARRENDERSI E CONSEGNARE A “MAD VLAD” ANCHE TERRITORI CHE NON HA OCCUPATO)… IL PRESIDENTE UCRAINO: “NON VOGLIONO PORRE FINE ALLA GUERRA, MA SOLO LANCIARE ULTIMATUM E USARLI PER RINVIARE LA POSSIBILITÀ DI PACE”
L’incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo ucraino Volodymyr
Zelensky non è stato ancora programmato, ma il leader russo è pronto a incontrarlo non appena sarà concordato l’ordine del giorno del vertice, che non è ancora disponibile.
Lo ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov in un’intervista all’emittente Nbc. “L’incontro non è pianificato… Putin è pronto a incontrare Zelensky quando sarà pronto l’ordine del giorno del summit, e questo ordine del giorno non è affatto pronto”, ha detto Lavrov.
“È l’Ucraina a ostacolare i progressi verso un accordo di pace”. Lo ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, intervistato da Nbc News mentre si continua a discutere di un possibile bilaterale tra il presidente Vladimir Putin e l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky.
La Russia non vuole porre fine alla guerra, vuole lanciare ultimatum e usarli per rinviare la possibilità di porre fine a questa guerra. Lo ha dichiarato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in conferenza stampa con il segretario generale della Nato, Mark Rutte.
“Una settimana fa, o due settimane fa, non importa: la Russia era dove si trova. Non vuole, non voleva e non vorrà porre fine alla guerra. Vuole lanciare ultimatum e usarli per rinviare la possibilità di porre fine a questa guerra”, afferma, come riporta Interfax Ukraine.
”Ho avuto una lunga conversazione con il Presidente Trump e abbiamo una visione comune su come prendere la giusta direzione per la diplomazia. Non abbiamo alcun accordo con i russi. Siamo stati d’accordo con il Presidente Trump”. Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in conferenza stampa con il Segretario generale della Nato Mark Rutte in visita a Kiev.
“Trump è l’unica persona che può fermare Putin oggi, secondo me. E abbiamo concordato che è giusto muoversi in una direzione diplomatica. Ho sostenuto questa direzione proposta dal Presidente Trump. Abbiamo parlato di un incontro trilaterale, e ho detto: ‘Siamo pronti'”, ha concluso Zelensky.
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2025 Riccardo Fucile
MENTRE LA SANITÀ PUBBLICA È NEL PANTANO, A INCASSARE È QUELLA PRIVATA (PER LA FELICITÀ DEL DEPUTATO LEGHISTA ANTONIO ANGELUCCI, RE DELLE CLINICHE DEL LAZIO) … AMORALE DELLA FAVA: IN ITALIA CHI HA I SOLDI SI CURA, GLI ALTRI SCHIATTANO
Liste d’attesa interminabili, con misure varate dal governo Meloni, senza stanziare risorse, giusto per fare un po’ di battage propagandistico. Personale ancora in affanno, che si sgola per un potenziamento degli organici negli ospedali e il superamento del tetto di spesa.
Spaccature e indecisioni addirittura sullo scudo penale per i medici, tema rinviato nel Consiglio dei ministri prima dello stop estivo. E in questo quadro la spesa sanitaria in Italia resta lontanissima dagli standard dei paesi più avanzati.
Tra un litigio e l’altro sulle vaccinazioni, per un comitato tutto sommato secondario come il Nitag, la sanità nell’èra del governo Meloni resta ferma. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, deve schivare il fuoco amico, sull’obbligo vaccinale o meno, mentre ci sono tante altre questioni da affrontare e superare: la sanità pubblica è nel pantano. A dirlo sono i fatti, da cui emerge solo qualche aiutino cucito addosso alla sanità privata.
La fotografia dell’immobilismo è lo stallo dei provvedimenti annunciati, e in qualche caso licenziati, dalla destra. Ma che restano privi di effetti. È trascorso oltre un anno dal decreto Liste d’attesa, varato prima della pausa estiva del 2024. Conferenza stampa e dichiarazioni buone per i titoli.
Le buone intenzioni si sono fermate agli annunci. Mancano ancora i decreti attuativi più importanti per avviare un processo di ricognizione sulle necessità. Sarebbe un primo passo. Il ministero della Salute deve provvedere alla «definizione della metodologia per la definizione del fabbisogno di personale degli enti del sistema sanitario nazionale».
Dopo dodici mesi, appunto, il testo non è stato ancora pubblicato così come attende di vedere la luce il decreto che deve introdurre «un nuovo sistema di disdetta delle prenotazioni e ottimizzazione delle agende di prenotazione».
Al fianco era stato approvato un disegno di legge gemello sulle prestazioni sanitarie, sempre per provare a ridurre le liste d’attesa. Il ddl ha iniziato un faticoso iter parlamentare. Ad
aprile il testo è stato approvato dal Senato, ora ha iniziato il suo cammino in commissione Affari sociali alla Camera.
All’interno, peraltro, mancano soluzioni strutturali e il provvedimento rischia di essere ricordato come l’ennesimo grande regalo alle strutture private accreditate. Tra le varie novità contenute dal testo, è previsto un «ulteriore incremento del limite della spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati pari a 0,5 punti percentuali per l’anno 2025 e di 1 punto percentuale a decorrere dall’anno 2026».
La soluzione è la solita: il ricorso ai privati. Antico sogno della destra, che in parlamento conta su un illustre rappresentante del settore, il deputato Antonio Angelucci, re delle cliniche. Di fronte a uno scenario così complicato, Schillaci si è limitato ad annunciare la richiesta per la prossima legge di Bilancio di altri due miliardi di euro.
La somma si andrebbe ad aggiungere ai 4 miliardi di euro già previsti dalla precedente manovra. Le risorse potrebbero garantire un minimo pacchetto di assunzioni, ma risultano inadeguate a raggiungere il 7 per cento di spesa sul Pil, obiettivo fissato dallo stesso Schillaci. «Il livello minimo», aveva detto a Quotidiano Sanità.
L’Italia, secondo i dati del governo indicati nel Piano strutturale di bilancio, è al 6,3 per cento. Mezzo punto in meno rispetto alla media dell’Unione europea.
Un raffronto ancora più impietoso rispetto a Germania, che investe quasi 4 punti percentuali in più, o alla Francia. Insomma,
l’investimento chiesto da Schillaci è un’inezia. Anche perché è irrisolto il problema degli stipendi dei professionisti, medici e infermieri, che restano tra i più bassi in Europa, scatenando la fuga all’estero.
«Avevano promesso di togliere il tetto di spesa sul personale che invece è ancora lì. Sul Pnrr sono in ritardo nelle apertura delle Case della comunità e sono pochissime quelle che rispondono ai requisiti di personale previsti dalla legge», dice a Domani Marina Sereni, responsabile Sanità del Pd.
Insomma, l’assedio intorno al ministro della Salute Schillaci è stato allentato dopo lo scioglimento del gruppo consultivo sui vaccini per la presenza di due figure contestate per le loro tesi. Dopo aver manifestato l’irritazione, Giorgia Meloni preferisce evitare showdown in pieno agosto, godendosi le ultime ore di vacanza in famiglia. Ritiene rischioso una sostituzione in corsa in vista della manovra, aprendo una rumba di polemiche e attacchi.
Meglio affidarsi alla soluzione interna: la capa segreteria, Rita Di Quinzio, in asse con il sottosegretario, il fedelissimo Marcello Gemmato, commissariano di fatto il ministro sotto la supervisione di Arianna Meloni.
(da “Domani”)
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Agosto 22nd, 2025 Riccardo Fucile
LA PERDITA DI INFLUENZA DELL’EUROPA, SECONDO L’EX PREMIER, È EMERSA DALL’ESSERE “STATA SPETTATRICE QUANDO I SITI NUCLEARI IRANIANI VENIVANO BOMBARDATI E IL MASSACRO DI GAZA SI INTENSIFICAVA” … E LANCIA L’ALLARME SULLA CINA: “PECHINO HA CHIARITO CHE NON CONSIDERA L’EUROPA COME UN PARTNER ALLA PARI”
“Per anni l’Unione Europea ha creduto che la dimensione economica, con 450 milioni
di consumatori, portasse con sé potere geopolitico e nelle relazioni commerciali internazionali. Quest’anno sarà ricordato come l’anno, in cui questa illusione è evaporata”. A dirlo Mario Draghi nel suo intervento al Meeting di Rimini.
L’ex premier ricorda: “Abbiamo dovuto rassegnarci ai dazi imposti dal nostro più grande partner commerciale e alleato di antica data, gli Stati Uniti. Siamo stati spinti dallo stesso alleato ad aumentare la spesa militare, una decisione che forse avremmo comunque dovuto prendere – ma in forme e modi che probabilmente non riflettono l’interesse dell’Europa”.
Draghi sottolinea come la Cina non consideri la Ue un partner alla pari: “La Cina ha chiarito che non considera l’Europa come un partner alla pari e usa il suo controllo nel campo delle terre rare per rendere la nostra dipendenza sempre più vincolante”.
A mostrare la perdita di influenza dell’Europa, secondo Draghi, anche l’essere “stata spettatrice quando i siti nucleari iraniani venivano bombardati e il massacro di Gaza si intensificava”.
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2025 Riccardo Fucile
È LUI IL RESPONSABILE POLITICO DEL PASTICCIACCIO DELLA NOMINA DI DUE MEDICI IDOLI DEI NO-VAX ALL’INTERNO DELLA COMMISSIONE DEL MINISTERO SUI VACCINI
Nella famiglia allargata di Giorgia Meloni, lui è il fratello acquisito. Marcello Gemmato, sottosegretario alla Salute e farmacista nella farmacia paterna di Terlizzi, il paese dei fiori alle porte di Bari, patria anche del nemico storico Nichi Vendola. Dove nel 2020 la non ancora premier si concesse, per lui e per il fratello sindaco Ninni, anche lui farmacista, in uno spot per i fioroni neri, una varietà locale dei tipici, carnosi, fichi pugliesi.
Ma già allora l’amicizia che lega l’uomo forte di Fratelli d’Italia a Bari – in questi giorni in vacanza in Valle d’Itria con le figlie gemelle amiche per la pelle della piccola Ginevra Meloni – era consolidata da un pezzo. I due si conoscono alla fine dello scorso millennio, a Roma, quando lei, poco più che ventenne, è leader nazionale di Azione studentesca.
Lui, invece, cinque anni più grande, si distingue a Bari come capo degli universitari di destra che contestano i “baroni rossi” all’università.
Che per arrivare ancora più in alto – s’ipotizza alla carica di vice se non addirittura di sostituto del ministro Ignazio Schillaci, con il quale intrattiene rapporti di cordiale indifferenza – si nutre del mondo accademico. Ma soprattutto dei suoi colleghi.
Reclutati per diffondere il verbo meloniano già in tempi non sospetti, nel 2011, quando a nome del gruppo “farmacisti e amici di Bari”, organizza una raccolta fondi e la consegna di una borsa
di studio dell’allora ministra della Gioventù in favore di uno studente universitario barese.
Se oggi i farmacisti sono tornate a essere una delle lobby più potenti d’Italia, facendo schizzare la spesa farmaceutica a ritmi mai visti, il 9% nel 2024, è anche grazie a due cavalli di battaglia di Gemmato, la distribuzione diretta e la farmacia dei servizi, due riforme alle quali ha lavorato molto al ministero. Ma sono il frutto di una rete di relazioni coltivata da anni.
Anche nel settore della sanità privata, dove l’intraprendente Gemmato comincia a operare direttamente nel 2013 con una società, la Therapia srl. La stessa che un anno fa lo ha coinvolto in una bufera politica: nel sito Internet si promuoveva come scorciatoia per superare i “lunghi tempi del servizio sanitario pubblico”.
Se studi da ministro, ipotesi complicata perché andrebbe discussa con i partner della coalizione, in quanto un politico molto targato andrebbe a sostituire un tecnico. O da candidato presidente della Regione, una delle ipotesi sul campo, anche se quella casella per ora sembra assegnata a Forza Italia. Certo è che Gemmato parla molto al mondo della sanità e della farmaceutica della sua regione. Lo fa tentando di piazzare suoi uomini all’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco.
A volte riuscendoci, come nel caso di Francesco Fera, altre volte no, come nel caso di Vincenzo Lozupone, titolare di una farmacia nel quartiere Libertà di Bari. Lo fa anche riempendo sale del capoluogo con eventi come il G7 della salute. O
intervenendo su partite decisive per la città come quella dello scorporo dell’ospedale pediatrico Giovanni XXIII.
Se tutto questo è funzionale a una sua corsa in prima persona o solo ad affermare il peso del partito – e segnatamente della sua corrente, che in Puglia si contrappone a quella del vicepresidente della commissione europea Raffaele Fitto – è ciò che si scoprirà vivendo. Di certo e granitico c’è solo l’amicizia con la premier. [
Ma si fonda su una di quelle inossidabili fedeltà politiche che aestra sono sacre come i patti di sangue. Già da quindici anni fa, quando Giorgia venne a Bari per sostenerlo come candidato al consiglio comunale. E lui, sempre lì, a fargli da guardiaspalle discreto.
S’indigna quando il Giornale scrive del suo nuovo look che fa presagire un innamoramento: “Viviamo in una società profondamente maschilista…”. Ma quando lei ha in grembo Ginevra è lui stesso a spoilerare: “E’ in dolce attesa (come scrivono i giornali di gossip) o semplicemente deve perdere qualche chilo? E’ vera la seconda. Ma nel dubbio ho regalato alla mia amica le mandorle dolci…”
(da La Repubblica)
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Agosto 22nd, 2025 Riccardo Fucile
IN CALABRIA STA COL CENTRODESTRA, IN VENETO FLIRTA CON ZAIA, NELLE MARCHE 3/4 DEL PARTITO VOTERA’ IL CANDIDATO DEL PD, MATTEO RICCI, CON UNA PROPRIA LISTA, A MILANO NON ESCLUDE DI ALLEARSI CON FORZA ITALIA … RIPIENO COME UNA SALSICCIA DI AMBIZIONI SBAGLIATE, INVITA MELONI AL SUO CONGRESSO E SI OFFRE PER FARLE DA CONSULENTE PER LA POLITICA INDUSTRIALE. MA SE QUALCUNO GLI CHIEDE SE SI STA PROPONENDO PER UN MINISTERO, LUI RISPONDE PICCATO: “NO, STO BENE ALL’OPPOSIZIONE”
Liti, convenienze, scazzottate mediatiche, ma anche rappacificazioni rumorose. Da
tempo Carlo Calenda e Matteo Renzi cercano il centro di gravità permanente nel campo largo, questo fantomatico luogo mediano che i più ritengono sia necessario coltivare per vincere le elezioni ma che nessuno, nel bipolarismo odierno, sa bene come occupare.
Ora la puntata della sitcom prevede l’ennesima scintilla: Calenda, dopo aver visto la foto della stretta di mano toscana tra Paola Taverna ed Eugenio Giani, ha detto che Azione si smarca dal centrosinistra, visto che l’accordo di Giani con il M5S «prevede assurdità, redditi di cittadinanza, il no alle infrastrutture. Se il programma di governo lo decide Taverna noi non ci saremo».
Questo è successo mercoledì alle nove di sera. Ieri mattina Renzi gli ha dedicato la sua E-news: «Chi abbandona il campo per la presenza di Cinquestelle e Avs regala il centrosinistra alla sinistra radicale e il Paese alla trimurti Meloni, Salvini, Lollobrigida».
Da tempo i ruoli tra i due sono definiti così: Renzi recita la parte del ragionevole, quello del “solo uniti si vince”, mentre Calenda veste i panni del ragazzo insoddisfatto, che decide d’impulso, l’anarchico individualista irriducibile ai compromessi con chi è lontano da lui. Renzi ha capito che si salva sotto l’ala protettrice del Pd; di Calenda molti pensano che voglia andare a destra; Renzi dai banchi del Senato inscena acuminati show contro Giorgia Meloni;
Calenda è contento se la Meloni lo elegge a interlocutore; Renzi ha scritto un libro al vetriolo contro «Giorgia»; Calenda l’ha invitata al suo congresso e si è offerto per farle da consulente per la politica industriale. Si sta proponendo per un ministero, gli hanno chiesto. «No, no, sto bene all’opposizione». Ma fino a quando?
«È uno che cambia idea ogni cinque minuti», l’ha liquidato tempo fa il pd milanese Pierfrancesco Majorino. «È così ondivago, che aiuta Forza Italia», ha spiegato Ivan Scalfarotto di Italia viva. In vista delle Regionali va segnalata una certa erraticità: nelle Marche lascia libera coscienza ai suoi, in Toscana vedremo, in Campania non intende appoggiare Fico, in Puglia sostiene Decaro, in Calabria sta col centrodestra, ma
tempo fa ha dato del «bullo» al presidente Occhiuto, in Veneto flirta con Zaia, a Milano non esclude di allearsi con il partito di Tajani. Del resto un anno fa, in Basilicata, Calenda aveva appoggiato Bardi e il centrodestra aveva vinto largamente.
Renzi dà l’idea di avere compreso l’amara lezione del 2022, quando il centrosinistra si presentò diviso in tre, e trionfò Meloni. Il senatore fiorentino ieri infatti ha ricordato che «dall’altra parte ci sono Vannacci, leghisti complottisti, No Vax, lollobrigidiani». E quindi lo ha esortato alla ragionevolezza: «Se crediamo nel bipolarismo è evidente che ci si debba alleare con compagni di strada anche lontani dalle nostre idee». Ma Calenda va in collera per il reddito di cittadinanza.
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2025 Riccardo Fucile
NELLA SETTIMANA DI FERRAGOSTO IL PREZZO MEDIO PER LA “VERDE” È STATO DI 1,7 EURO AL LITRO. 1,63 PER QUANTO RIGUARDA IL DIESEL (RISPETTIVAMENTE IL 21,7% E IL 27% IN PIÙ RISPETTO ALLO STESSO PERIODO DI CINQUE ANNI FA)
Per la prima volta l’esodo estivo non è stato caratterizzato dai soliti rincari speculativi dei carburanti che, negli ultimi anni, hanno accompagnato le partenze degli italiani. Tuttavia, non è tutt’oro quello che luccica, e i consumatori continuano a pagare il prezzo delle anomalie che caratterizzano il settore.
Lo afferma il Codacons, che ha realizzato una elaborazione sui listini di benzina e gasolio alla pompa. Secondo i dati del Mase, nella settimana di Ferragosto il prezzo medio della benzina sulla rete si è attestato a 1,701 euro al litro, quello del gasolio a 1,631 euro/litro, con un calo progressivo iniziato a fine giugno – analizza l’associazione –
Nello stesso periodo del 2020, la verde costava 1,398 euro al litro, il diesel 1,284 euro/litro: questo significa che rispetto alle vacanze estive di 5 anni fa, gli italiani pagano oggi la benzina il 21,7% in più, e addirittura il 27% in più il gasolio. Tradotto in soldoni, un pieno di verde costa oltre 15 euro in più sulle vacanze estive del 2020, +17,3 euro un pieno di gasolio.
Una stangata che, moltiplicata per i milioni di spostamenti in auto registrati in questi giorni di esodo e controesodo, genera un salasso complessivo da centinaia di milioni di euro a carico delle famiglie italiane.
La riduzione dei prezzi di benzina e gasolio registrata nelle ultime settimane non basta: ci sono ampi margini per una ulteriore riduzione dei listini alla pompa, anche in considerazione del fatto che le quotazioni petrolifere sono calate di oltre il -16% da giugno a oggi, mentre nello stesso periodo i prezzi di benzina e gasolio si sono ridotti appena del -2%.
È vero che le quotazioni petrolifere non sono l’unico indice che determina il prezzo dei carburanti alla pompa, ma al tempo stesso una riduzione così forte del greggio avrebbe dovuto influire maggiormente sui listini praticati al pubblico, anche in considerazione della velocità con cui i prezzi di benzina e gasolio sono saliti dopo lo scoppio della guerra in Iran, conclude il Codacons.
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2025 Riccardo Fucile
“NON CI SI PUÒ FIDARE DI PUTIN, LA SUA PAROLA NON VALE MOLTO, PERCIÒ È CRUCIALE LA FERMEZZA NELLA TUA POSIZIONE. NON PUOI TRASMETTERE DEBOLEZZA” … “L’EUROPA E GLI STATI UNITI DEVONO CHIARIRE CHE, SE LA RUSSIA INVADE DI NUOVO, AFFRONTERÀ TUTTA LA NATO, E GLI STATI UNITI PORTERANNO IL LORO ESERCITO SUL TERRENO”
Dal summit di Washington con gli europei e Zelensky, «la cosa migliore venuta fuori è
il riconoscimento che dobbiamo dare all’Ucraina un qualche tipo di garanzia di sicurezza e il presidente praticamente si è detto d’accordo — dice Leon Panetta al Corriere —: anche se Trump ha detto che non includerà soldati sul terreno, penso che Rubio stia cercando di trovare un approccio per fornire anche questo.
Alla Russia non piace. Vogliono il diritto di veto. Non sono certo
che riusciranno a ottenere che i russi l’accettino. Ma penso che sia una questione fondamentale, perché determina se la guerra continuerà o meno in futuro e se l’Ucraina potrà essere un Paese sovrano e indipendente.
Perciò credo che l’Europa e gli Stati Uniti debbano trovare un approccio che chiarisce che, se la Russia invade di nuovo, affronterà tutta la Nato, e gli Stati Uniti porteranno il loro esercito per assicurarsi che la Russia non abbia successo. È importante, se vogliamo una pace vera».
Da capo della Cia e poi del Pentagono, lei ha avuto a che fare con Putin, anche durante la strategia del «reset» che tentò di migliorare i rapporti all’inizio dell’amministrazione Obama. Che cosa ha imparato?
«Quand’ero direttore della Cia era chiarissimo che non ci si può fidare di Putin, la sua parola non vale molto, perciò è cruciale la fermezza nella tua posizione. Non puoi trasmettere debolezza, la sfrutterà a suo vantaggio.
E il principale problema è che adesso il presidente spera che quello che ritiene un buon rapporto tra loro sia in qualche modo abbastanza. Ma sta indebolendo la sua posizione, perché ogni volta che dice che farà qualcosa di duro si tira indietro: quando ha minacciato sanzioni e non le ha applicate; quando ha detto che voleva un cessate il fuoco e non l’ha ottenuto.
Ora dal momento che i russi continuano a bombardare e Putin continua a prendere tempo, il presidente deve chiarire che, se non accetta di incontrare Zelensky in un certo arco di tempo,
imporrà sanzioni e darà armi all’Ucraina. Senza un messaggio duro non si andrà da nessuna parte e la guerra continuerà».
Una sorta di ultimatum?
«Assolutamente sì, e deve mantenerlo. C’è solo una cosa che un presidente o un leader mondiale ha: la sua parola».
Pensa che ci sia la possibilità che il bilaterale Putin-Zelensky accada davvero?
«Penso che ci sia una possibilità, probabilmente basata su questa strana relazione tra Trump e Putin che non credo nessuno dei due voglia danneggiare. Ma d’altra parte non porterà benefici agli Stati Uniti se il presidente non si assicura che Putin agisca sui temi che contano.
E mi preoccupa molto la mancanza di un cessate il fuoco: Trump dice che si può negoziare mentre la guerra continua, ma è assai difficile. Se c’è un aspetto critico adesso è che il presidente dica a Putin: “Devi accettare un cessate il fuoco”».
In che modo Rubio, che ora guida la task sulle garanzie di sicurezza, può risolvere la questione dei soldati sul campo?
«Sarebbe importante avere una task force militare con una presenza in Ucraina».
Militari anche americani?
«Penso che sia gli Stati Uniti che l’Europa dovrebbe farne parte. Devi avere una presenza in Ucraina: è un deterrente più forte contro la Russia».
Dopo il summit, Trump ha detto su «Fox» che non manderà soldati sul terreno, ma forse supporto aereo
«Se un presidente fa un summit dovrebbe esserci una preparazione approfondita, capire su quali temi si possono fare accordi. Trump non opera così. Penso che quello che ottiene da questi summit sia il piacere dello show. Con Kim Jong-un è chiaro che pensava che sarebbe bastato avere coriandoli e palloncini: l’ha incontrato tre volte e ne è uscito a mani vuote.
Il rischio è che sia lo stesso con Putin. Ho l’impressione che Trump pensi che è sufficiente sedersi al tavolo a parlare e in qualche modo dal cielo arriverà una soluzione.
Ma sono questioni complesse su cui bisogna lavorare: il cessate il fuoco, i territori, le garanzie di sicurezza, il ritorno dei bambini dalla Russia, i fondi per la ricostruzione. Non basta una stretta di mano.
Trump non ha una profonda conoscenza delle relazioni internazionali o della Storia, si basa sull’istinto.
Putin non è così: è un duro del Kgb, farà quello che ritiene sia nell’interesse della Russia ed è pronto a danneggiare gli Stati Uniti perché ha sempre creduto che danneggino lui».
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2025 Riccardo Fucile
GABBARD HA ANCHE ANNUNCIATO UNA RIDUZIONE DI PERSONALE SENZA PRECEDENTI: ENTRO OTTOBRE SARÀ LICENZIATA LA METÀ DEI DIPENDENTI DELLA NATIONAL INTELLIGENCE. SARANNO CHIUSI INTERI DIPARTIMENTI, CRUCIALI PER LA SICUREZZA NAZIONALE, E CACCIATE MIGLIAIA DI PERSONE A CONOSCENZA DI MOLTE INFORMAZIONI “SENSIBILI
La direttrice dell’Intelligence nazionale dell’amministrazione Trump, Tulsi Gabbard, ha ordinato alla comunità d’intelligence statunitense di interrompere la condivisione di informazioni sui
colloqui di pace in corso tra Russia e Ucraina con i cosiddetti paesi ‘Five eyes’.Lo riporta Cbs News.
Fonti d’intelligence Usa hanno riferito alla testata giornalistica che Gabbard ha firmato una direttiva che vieta la condivisione di informazioni con l’alleanza che comprende Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda.
La direttiva limita la distribuzione di informazioni di intelligence a quelle già rese pubbliche e compartimenta le informazioni sui colloqui di pace all’interno delle agenzie da cui provengono, secondo Cbs News. La direttiva non vieta la condivisione di informazioni ottenute tramite mezzi diplomatici né influisce sulla condivisione di informazioni sulla pianificazione militare statunitense, compresi gli aiuti all’Ucraina.
La direttrice nazionale dell’intelligence Tulsi Gabbard ha annunciato una riduzione senza precedenti del personale del proprio ufficio. Entro ottobre, quasi la metà degli 1.850 dipendenti dell’Office of the Director of National Intelligence (ODNI) potrebbe essere licenziata o trasferita.
In un comunicato, Gabbard ha presentato l’iniziativa come “l’inizio di una nuova era”, ribattezzata ODNI 2.0, che intende concentrare l’attività dell’agenzia sulla missione principale di sicurezza nazionale, mantenendo – ha detto – fedeltà alla Costituzione e garantendo la protezione del popolo americano.
I tagli colpiranno interi dipartimenti. Secondo una scheda pubblicata dall’agenzia, verranno sciolti il Foreign Malign Influence Center, incaricato di monitorare le interferenze
straniere nella politica americana, il National Counterproliferation and Biosecurity Center, dedicato al contrasto alla proliferazione di armi di distruzione di massa e biologiche, e il Cyber Threat Intelligence Integration Center, che sorvegliava i rischi di attacchi informatici. Le loro funzioni saranno assorbite dalla direzione per l’integrazione delle missioni e dal National Intelligence Council.
I provvedimenti riguardano anche i sistemi tecnologici e i programmi con forte ricorso a consulenti esterni. I team dei National Intelligence Manager verranno accorpati al National Intelligence Council. Inoltre, la National Intelligence University, responsabile della formazione e dell’aggiornamento del personale, passerà sotto la giurisdizione della National Defense University del Dipartimento della Difesa, con l’obiettivo – secondo l’amministrazione – di ridurre le duplicazioni.
Tra le chiusure previste c’è anche l’External Research Council, un organo che forniva analisi indipendenti, descritto dalla scheda ODNI come composto da “partigiani nominati politicamente che portavano i propri pregiudizi nel processo analitico”. Stessa sorte toccherà allo Strategic Futures Group, incaricato di produrre analisi a lungo termine e del rapporto quadriennale Global Trends.
(da agenzie)
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Agosto 22nd, 2025 Riccardo Fucile
SENTI CHI PARLA: TRA VIE DELLA SETA, RICATTI AI
PAESI PIÙ POVERI E DUMPING FISCALE, HANNO COLONIZZATO L’AFRICA E MEZZO MONDO
La Cina denuncia “le politiche di egemonia e potenza” ancora prevalenti in alcuni
Paesi descrivendo il prossimo vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, in programma a Tianjin il 31 agosto e il primo settembre, come una iniziativa per promuove invece la pace e la stabilità.
Il vertice, che sarà presieduto dal presidente Xi Jinping, vedrà la partecipazione fra gli altri anche del presidente russo Vladimir Putin e del premier indiano Narendra Modi. Con questa iniziativa, la Cina auspica “di stimolare uno slancio per la cooperazione, con la stabilità e la resilienza dell’Organizzazione, e rispondere ai fattori di incertezza e di imprevedibilità sulla scena internazionale.
Nel mondo odierno, la mentalità datata dell’egemonia e del potere continuano ad avere influenza, con alcuni Paesi che cercano di imporre priorità ai loro interessi sugli altri, minacciando gravemente la pace e la stabilità mondiale”, ha spiegato l’assistente ministro degli Esteri, Liu Bin.
“Più complessa e turbolente si fa la situazione internazionale, più sono i Paesi che hanno bisogno di rafforzare la solidarietà e la cooperazione per promuovere lo sviluppo comune”, ha aggiunto. Saranno presenti a Tianjin i leader di oltre 20 Paesi e di dieci organizzazioni internazionali, fra cui anche il Presidente della Bielorussia, Aleksandr Lukashenko, il Presidente dell’Iran Masoud Pezeshkian, il Presidente dell’Azerbaigian, Ilham
Aliyev, e il Premier dell’Armenia, Nikol Pashinian, oltre che il Presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan.
(da agenzie)
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