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PUTIN SEQUESTRA I BAMBINI: DALL’INIZIO DELLA GUERRA, PIÙ DI UN MILIONE E 600MILA PICCOLI UCRAINI SONO STATI SOTTRATTI ALLE LORO FAMIGLIE DAI SOLDATI RUSSI

Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile

INSERITI IN PROGRAMMI DI RIEDUCAZIONE, ALCUNI VENGONO PERFINO COSTRETTI A PARTECIPARE AD ATTIVITÀ MILITARI … QUELLI RIMASTI NEI TERRITORI OCCUPATI VENGONO COSTRETTI A CANTARE CANZONI RUSSE E A LEGGERE POESIE NAZIONALISTE, PER DIVENTARE ARMI DI PROPAGANDA

L’Express oggi mette in luce la devastante condizione di 1,6 milioni di bambini ucraini sottratti alle loro famiglie sotto l’occupazione russa.
Si chiede un’azione urgente mentre le forze di Vladimir Putin continuano a indottrinare i più piccoli per alimentare la macchina bellica del dittatore.
Negli ultimi dieci anni molti sono stati inseriti in programmi di cosiddetta “rieducazione” per cancellarne l’identità nazionale oppure costretti a partecipare ad attività a sostegno dello sforzo militare russo.
Gli attivisti denunciano che ragazze di 15 anni vengono attirate in campi-vacanza e poi obbligate a piazzare mine, mentre bambini in età da scuola primaria vengono picchiati se parlano la loro lingua madre.
Mykola Kuleba, fondatore dell’associazione benefica Save Ukraine, ha dichiarato all’Express: «La Russia ha preso 1,6 milioni di bambini in ostaggio. Le vite di questi bambini sono state rubate dall’occupazione. Non hanno diritti né libertà. N salviamo bambini che non sono usciti dal loro cortile per tre anni e che non sanno contare o leggere perché privati dell’accesso all’istruzione.
I bambini che sono tornati ci raccontano che la Russia li tratta come ostaggi e prigionieri di guerra. Nelle prigioni di Putin, i soldati ucraini sono costretti a cantare canzoni russe e a leggere poesia nazionalista ogni giorno. La stessa cosa accade ai bambini ucraini nei territori occupati: vengono sottoposti a questo indottrinamento e puniti se parlano ucraino».
Mykola ha avvertito che l’uso dei rapimenti infantili da parte della Russia rischia di stabilire un pericoloso precedente: «I bambini non possono essere usati come merce di scambio. Non si può negoziare sul futuro di un bambino: farlo incentiva altri Stati canaglia con piani di invasione a prendere bambini in ostaggio».
Secondo uno studio dell’Università di Yale, la Russia ha rapito
oltre 35.000 bambini negli ultimi dieci anni. Tuttavia, dall’invasione su vasta scala del 2022, 1,6 milioni di giovani sono stati isolati dal mondo esterno e di fatto tenuti in ostaggio da Mosca. I bambini sequestrati sono stati inviati in almeno 56 strutture – 13 in Bielorussia e 43 in Russia o nei territori ucraini occupati.
I gruppi più vulnerabili, tra cui orfani, bambini disabili e minori provenienti da famiglie a basso reddito o militari, sono stati presi di mira. In alcuni casi i bambini sarebbero stati picchiati, privati dei contatti con i genitori e dell’adeguata alimentazione e cure mediche.
La Russia si è rifiutata di fornire a Kyiv un elenco dei minori e ha cercato di nascondere le deportazioni forzate e le adozioni illegali. La Corte penale internazionale ha emesso accuse e mandati di arresto contro Putin e altri alti funzionari del Cremlino per la deportazione forzata e il rapimento di bambini
dai territori occupati.
Save Ukraine, fondata nel 2014 dopo l’annessione della Crimea, aveva inizialmente come missione la consegna di aiuti e l’evacuazione delle famiglie. Dall’invasione su larga scala di tre anni fa, il suo lavoro si è concentrato sul salvataggio dei bambini rapiti e sul sostegno alle famiglie traumatizzate.
Finora l’associazione ha contribuito al ritorno di 793 bambini. I minori liberati vengono accolti in sette centri “Speranza e Guarigione”, dove le famiglie possono restare fino a tre mesi ricevendo alloggio, aiuti umanitari e supporto psicologico. Secondo Save Ukraine, le cifre ufficiali sottostimano la reale portata della tragedia perché escludono i bambini intrappolati nelle aree occupate.
La diplomazia internazionale finora si è concentrata soprattutto sulle dispute territoriali, relegando le questioni umanitarie in secondo piano. Tuttavia, non mancano appelli ad agire e a
sensibilizzare l’opinione pubblica.
Intanto, al vertice in Alaska della scorsa settimana tra Putin e Donald Trump, l’argomento è stato sollevato in una lettera inviata al despota dalla First Lady americana Melania Trump.
Lei lo ha implorato di considerare i bambini, affermando che «nel proteggere l’innocenza di questi bambini, farete più che servire solo la Russia – servirete l’umanità».
La signora Trump ha aggiunto: «Un concetto semplice ma profondo, signor Putin, è che i discendenti di ogni generazione iniziano la loro vita con una purezza – un’innocenza che si erge al di sopra di geografia, governo e ideologia. Eppure, nel mondo di oggi, alcuni bambini sono costretti a portare dentro di sé una risata silenziosa, intatta dall’oscurità intorno a loro – una sfida muta contro le forze che potrebbero reclamare il loro futuro».
La Casa Bianca ha dichiarato che le questioni “umanitarie” facevano parte dell’agenda della scorsa settimana, ma non sono stati annunciati impegni concreti.
(da agenzie)

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PAESE CHE VAI, CRIMINALE SOVRANISTA CHE TROVI: MILEI È NEI GUAI, LA POTENTISSIMA SORELLA KARINA, AVREBBE INCASSATO TANGENTI PER 800MILA DOLLARI: L’ACCUSA ARRIVA DA DIEGO SPAGNUOLO, EX DIRETTORE DELL’AGENZIA ARGENTINA PER LA DISABILITÀ

Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile

LE MAZZETTE CONSEGNATE DA UNA SOCIETÀ FARMACEUTICA IN CAMBIO DELL’ACQUISTO DEI MEDICINALI CHE LO STATO FORNISCE AI DISABILI… MILEI, CHE AVEVA PROMESSO DI MANDARE A CASA I “LADRONES” CON LA MOTOSEGA, E SE NE RITROVA UNA IN CASA

«Stanno rubando». In Argentina, era un’accusa ricorrente nei confronti dei politici. La novità, se verrà confermata dagli inquirenti, è che stavolta le «mani sporche» sono di chi aveva promesso di mandare a casa con la moto-sega i « ladrones » e nei guai rischia di finire Karina Milei, sorella ed eminenza grigia del presidente libertario.
A sparare la «bomba» è Diego Spagnuolo, ex direttore dell’Agenzia nazionale per la disabilità e assiduo frequentatore di Olivos, la residenza presidenziale: in una registrazione audio filtrata alla stampa, chiama in causa Karina e il suo principale
collaboratore, Eduardo «Lule» Menem, figlio della cugina dell’ex presidente Carlos.
Nelle conversazioni registrate, apparentemente rubate al tavolino di un bar, Spagnuolo racconta che i due avrebbero intascato ogni mese tangenti dai 500 agli 800 mila dollari in cambio dell’acquisto di farmaci che lo Stato fornisce per legge ai disabili. Ossia tra il 3 e il 4% delle fatture della società Suizo Argentina.
«Stanno appropriandosi indebitamente dei miei fondi. Hanno incaricato un tizio che gestisce tutto ciò che riguarda le mie casse», si sente nell’audio. «Chiederanno soldi alla gente, ai fornitori». Invece di sporgere denuncia, Spagnuolo avrebbe avvertito l’amico Javier Milei: «Stanno rubando». Risultato? È stato licenziato dal governo e ora sta valutando se collaborare con la giustizia.
L’opposizione cavalca lo scandalo. L’avvocato dell’ex
presidente peronista Cristina Kirchner, ai domiciliari dopo la condanna a sei anni per corruzione, ha chiesto l’apertura di un’indagine su Spagnuolo, Karina Milei, Menem e i dirigenti di Suizo Argentina per frode e corruzione. La polizia ha fatto diverse perquisizioni, sequestrando documenti e denaro.
Milei e la potente sorella — «mi jefe», il mio capo, come la definisce lo stesso Javier — hanno scelto, per ora, il profilo basso. Né Spagnuolo né il governo hanno però denunciato la registrazione «rubata» come una fake news.
A poche settimane dalle elezioni legislative di metà mandato, il 26 ottobre, il presidente non dorme sonni tranquilli e non sorride neppure nella foto con il collega ecuadoriano in visita, Daniel Noboa (uno brandisce la motosega, l’altro il machete
Tra i più scettici ci sarebbe Santiago Caputo, consigliere di Milei e artefice della vittoria alle elezioni del 2023, che supervisiona i servizi segreti. A peggiorare il quadro, la prossima settimana s riunirà di nuovo la commissione parlamentare d’inchiesta sullo scandalo della criptovaluta $Libra, il cui valore schizzò alle stelle quando Milei la sponsorizzò sui social per poi crollare quando ritirò il suo appoggio
(da Corriere della Sera)

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MARTA FASCINA NON SCHIODA! LA “FINTA VEDOVA” DI SILVIO BERLUSCONI NON HA ALCUNA INTENZIONE DI LASCIARE IL SUO POSTO ALLA COMMISSIONE DIFESA, NONOSTANTE IL RECORD DI ASSENZE A MONTECITORIO

Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile

IL CAPOGRUPPO DEI FORZISTI, PAOLO BARELLI, SOSTIENE CHE “IL TEMA NON È SI È POSTO ALL’ATTENZIONE DEL MIO GRUPPO”. MA CON L’APPRODO IN FORZA ITALIA DELL’EX LEGHISTA NINO MINARDO, IL PARTITO FONDATO DAL CAV HA UN PARLAMENTARE DI TROPPO ALL’INTERNO DELLA COMMISSIONE

Forza Italia non ha al momento in programma la riduzione dei suoi componenti nella commissione Difesa. Dopo l’ingresso tra gli azzurri del presidente della stessa commissione, l’ex Lega Nino Minardo, all’ufficio di presidenza della Camera gli altri partiti potrebbe chiedere un riequilibrio e tra i nomi che sono circolati tra i possibili “cambi” forzisti è saltato fuori quello di Marta Fascina.
L’ex compagna del fondatore di FI Silvio Berlusconi ha il record di assenze a Montecitorio e quindi anche nella commissione dove per gli azzurri siedono, e sono molto presenti, Giorgio Mulè, Roberto Bagnasco e Gloria Saccani. Ai quali si è aggiunto il presidente Minardo, entrato nel partito di Antonio Tajani il mese scorso creando un problema non da poco a Matteo Salvini
Ma il capogruppo dei forzisti, Paolo Barelli lancia un messaggio chiaro e fa capire che il partito non ha intenzione di ridurre la presenza nella commissione: “Il tema non è si è posto all’attenzione del mio gruppo – dice – e i problemi di abbondanza non sono problemi. Siamo saliti da 44 deputati eletti nel 2022 a 51 di oggi. Questo è quello che per FI conta e colgo l’occasione di farlo rilevare”.
Al momento nessun caso Fascina all’orizzonte. Anche se alla ripresa dei lavori altri partiti, come Avs non rappresentata in commissione o la stessa Lega che ne ha perso la presidenza e anche un componente, sono pronte a porre la questione.
E proprio dal Carroccio sembrano intenzionati a porre la questione, anche sul tema della presidenza persona: si profila così un nuovo scontro interno alla maggioranza tra Lega e Forza
Italia
(da agenzie)

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“THE DONALD”, IL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA AMERICANO HA LICENZIATO OLTRE VENTI PROCURATORI CHE AVEVANO INDAGATO SULL’ASSALTO AL CONGRESSO LANCIATO DA SOSTENITORI DEL TYCOON IL 6 GENNAIO 2021

Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile

UN’INCHIESTA DEL “NEW YORK TIMES” CONFERMA L’USO POLITICO E PERSONALE DELLA GIUSTIZIA FATTO DAL TYCOON: GLI ASSALITORI COLPEVOLI CONDANNATI SONO STATI GRAZIATI, IN QUANTO VITTIME DI UNA “PERSECUZIONE POLITICA”, MENTRE LE TOGHE SONO STATE PURGATE

Da una parte, Trump invoca l’emergenza nazionale per schierare i soldati nelle città americane e ristabilire l’ordine; dall’altra, caccia i procuratori che avevano indagato sull’assalto al Congresso lanciato dai suoi sostenitori il 6 gennaio del 2021, dopo aver graziato anche quelli che si erano macchiati di reati violenti.
Un’evidente contraddizione, che conferma l’uso politico e personale della giustizia fatto dal capo della Casa Bianca. Un’inchiesta del New York Times ricostruisce la purga dei procuratori, che ha colpito almeno due dozzine di persone.
Come Michael Gordon, quarantasettenne padre di due figli, o Sara Levine, cacciati perché ritenuti non idonei ad applicare «l’agenda per cui il popolo americano ha eletto il presidente Trump
Dopo l’assalto al Congresso, il dipartimento alla Giustizia aveva costituito la “Capitol Seige Section” per investigare e processare i colpevoli. L’aveva affidata a Michelle Zamarin e poi a Greg Rosen, e molti procuratori da tutta l’America si erano offerti volontari per farne parte.
Tra le motivazioni citate da Rosen c’era il fatto di aver sentito il poliziotto Daniel Hodges che urlava sulla terrazza del Campidoglio mentre gli assalitori lo schiacciavano. Le inchieste avevano portato a circa 1.600 condanne. Non processi politici, ma casi come quello di Mark Ponder, che aveva bastonato un poliziotto; o Benjamen Burlew, che aveva trascinato un agente tra i rivoltosi; o Richard Barnett, noto per la foto con i piedi sulla
scrivania della Speaker Nancy Pelosi.
Poi però Trump è tornato alla Casa Bianca e il mondo si è rovesciato. I colpevoli condannati sono stati graziati, in quanto vittime di una “persecuzione politica”, mentre Ed Martin, che aveva partecipato alla protesta del 6 gennaio, è stato nominato procuratore di Washington per fare piazza pulita degli avversari.
Così sono cominciare le lettere di licenziamento, che il portavoce della Casa Bianca Harrison Fields ha giustificato al Times così: «Era una cricca di sicofanti anti Trump, impegnati ad usare la legge contro di lui». Quindi questi provvedimenti servono a «sradicarli e ristabilire l’integrità del dipartimento».
Tutto questo accade mentre il capo della Casa Bianca, che non aveva ritenuto necessario intervenire per fermare l’assalto al Congresso, manda invece i soldati nelle città per riportare l’ordine.
(da La repubblica)

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“CON SALVINI E MELONI RITORNA L’ITALIETTA, LA NOSTRA POLITICA ESTERA E’ UN GRANDE BAR DELLO SPORT” MATTEO RENZI INFILZA IL LEADER LEGHISTA E LA DUCETTA E DEFINISCE LO SCONTRO CON MACRON UN “GIOCO DELLE PARTI” CHE FA COMODO AL CENTRODESTRA

Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile

“A SALVINI SERVE STRIZZARE L’OCCHIO AI SOVRANISTI FRANCESI E A MELONI SERVE VESTIRE I PANNI DELLA SAGGIA CHE RICHIAMA ALL’ORDINE. MACRON UTILIZZA IL LINGUAGGIO DELLA DIPLOMAZIA, MELONI QUELLO DELLA DEMAGOGIA”

È solo un gigantesco gioco delle parti che fa comodo a tutto il centrodestra». Matteo Renzi guarda alla crisi diplomatica tra Italia e Francia e non ha dubbi: «Questi qui stanno rappresentando l’immagine della vecchia Italietta che speravamo di avere archiviato».
Perché parla di “gioco delle parti”?
«Perché a Salvini serve strizzare l’occhio ai sovranisti francesi e a Giorgia Meloni serve vestire i panni della saggia che richiama all’ordine gli esponenti della sua coalizione».
C’era da aspettarsi questa reazione dalla Francia?
«Il problema è che Macron pensa di avere a che fare con un Paese normale: immagina che una frase del genere detta da un rappresentante delle istituzioni di un Paese alleato sia
inaccettabile. E ha ragione, perché in un Paese normale lo sarebbe.
Con la Francia noi abbiamo siglato il patto del Quirinale: un’alleanza vera, non sancita nelle campagne dello Champagne, ma nella sede della presidenza della Repubblica. Capisco quella reazione, Macron utilizza il linguaggio della diplomazia, Meloni quello della demagogia».
Il ministro degli Esteri sostiene che non sia un caso diplomatico.
«Allora siamo tranquilli, se i rapporti con gli alleati li tiene Antonio Tajani non c’è di che preoccuparsi. Io provo imbarazzo, perché uno si sforza di considerare la politica estera dell’Italia seria e invece è un grande “bar dello sport”. Tajani è talmente insignificante che a dargli ascolto sembra non succeda mai niente, mentre abbiamo il mondo che brucia, da Kiev a Gaza, dal Congo al Sud Est asiatico. E intanto qui ci si accapiglia per parole dette solo per strizzare l’occhio all’elettorato. Praticamente
la stessa cosa successa coi No vax».
Dal Meeting di Cl Draghi ha parlato di un’Europa “marginale”. Cosa ne pensa?
«Condivido totalmente la sua analisi. È interessante come un uomo che viene dal mondo dell’economia sostenga la necessità di una riforma dell’economia. Dal canto nostro, lo diciamo da tempo: occorre pensare agli Stati uniti d’Europa.
Quella di Draghi è una critica all’Ue fatta da un europeista non da un sovranista come Salvini. L’Ue avrebbe avuto bisogno di altro, non della leadership di un’algida burocrate come von der Leyen.
Pensa che un accordo tra Russia e Ucraina sia possibile?
«Quando c’è di mezzo Trump, tutto è imprevedibile. Gli Stati uniti di Trump ci hanno abituato a repentini cambi di posizione su tutto, da Zelensky a Putin. Penso che così come gli entusiasmi erano smodati dopo l’Alaska, sia da evitare la preoccupazione di oggi. Può succedere di tutto: questa vicenda o si risolve con la politica e la diplomazia, o non si risolve per nulla. Io ho votato a favore dell’invio di armi all’Ucraina convintamente: senza il nostro sostegno la Russia sarebbe già a Kiev. Ma sarebbe servito, e l’ho sempre detto, anche un inviato europeo che costruisse le condizioni per la pace. Non sappiamo cosa accadrà a fronte dell’imprevedibilità degli scenari».
Nel frattempo, in Italia, state lavorando per costruire un’alternativa politica nei prossimi anni. Ci riuscirete?
«Sì, ne sono convinto. Mai come in questo momento Trump può aiutarci».
Aiutarvi?
«Questa destra mostra il suo volto trumpiano, Meloni vuole prendersi i pieni poteri in modo più felpato di come voleva fare Salvini al Papeete. Laddove la gente subisce le politiche trumpiane sulla sua pelle, cambia rotto, come in Canada o in
Australia. Questa partita richiede generosità e non personalismi.
Penso che sia ammirevole lo sforzo di Elly Schlein di costruire alleanze in tutte le regioni al voto. Il M5S e Avs, entrambi molto più a sinistra di me, ci sono. Quel che manca è la costruzione di una casa più riformista e moderata. Questo è il nostro sforzo. E sono ottimista».
(da corriere.it)

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VUOI ANDARE IN PENSIONE PRIMA? T’ATTACCHI ALLA LIQUIDAZIONE. LA GENIALE IDEA DI CLAUDIO DURIGON, ESPONENTE “DI PESO” DELLA LEGA E SOTTOSEGRETARIO AL LAVORO: USARE IL TFR COME RENDITA PER RAGGIUNGERE LA SOGLIA MINIMA E AVERE ACCESSO ALLA PENSIONE A 64 ANNI

Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile

UN INTERVENTO PRATICAMENTE A COSTO ZERO PER LO STATO, MA UNA FREGATURA PER I LAVORATORI: CHI SARÀ DISPOSTO A GIOCARSI LA LIQUIDAZIONE?

Cosa dobbiamo ragionevolmente attenderci in materia di pensioni?
«Si sta lavorando su una proposta», risponde il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon.
Di cosa si tratta?
«Vogliamo estendere la possibilità volontaria di andare a 64 anni con 25 di contributi a tutti i lavoratori, quindi anche a quelli che hanno cominciato prima del 1996 e stanno nel sistema misto. Il tutto volontariamente e con una novità».
Quale?
«La possibilità, sempre su base volontaria, di usare anche il Tfr presso l’Inps come rendita per raggiungere la soglia minima di pensione, pari a tre volte l’assegno sociale (1.616 euro), che dà accesso alla pensione a 64 anni».
Faccio un esempio, mi dica se è giusto. Ho 64 anni d’età e 25 di contributi. Ho maturato una pensione di 1.300 euro, ma usando il Tfr come rendita posso aggiungere 400 euro, raggiungere 1.700 euro e andare in pensione anticipata.
«Giusto. Con l’assegno interamente contributivo e senza pregiudicare l’eventuale reversibilità della pensione e del Tfr. E con una tassazione agevolata del Tfr trasformato in rendita, come accade oggi ai fondi che godono di un prelievo fiscale minore del Tfr».
Il lavoratore uscirebbe a 64 anni, ma rimettendoci la liquidazione.
«Non va vista così, ma come una possibilità, per chi vuole ma non ha una pensione sufficiente per uscire prima, di raggiungere questo risultato, utilizzando il Tfr. Si amplia cioè l’accesso alla flessibilità”
Ma quanto costa la vostra proposta?
«Stiamo facendo i conti. Ogni anno l’Inps paga circa 6,8 miliardi di euro di Tfr a chi va in pensione. Con la nostra proposta la spesa sarebbe molto inferiore perché l’Inps verserebbe, per esempio, qualche migliaio di euro in più all’anno sulla pensione, invece che 50-70 mila euro di liquidazione. Inoltre, queste pensioni sarebbero calcolate interamente col contributivo. Alla fine penso che non costerebbe molto».
(da agenzie)

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QUALI CITTA’ D’ITALIA FINIRANNO SOTT’ACQUA PER LO SCIOGLIMENTO DEI GHIACCI DELL’ANTARTIDE

Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile

IL LIVELLO DEL MARE SALIREBBE DI OLTRE TRE METRI SOMMERGENDO CITTA’ COME VENEZIA, RAVENNA, PISA E NAPOLI

Venezia, Ravenna, Pisa e Napoli: sono queste alcune delle città italiane che rischiano di finire sott’acqua a causa dello scioglimento dei ghiacci in Antartide, una delle più gravi minacce del riscaldamento globale. Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista PNAS, ha infatti dimostrato che la perdita della sola calotta glaciale antartica occidentale farebbe salire il livello
medio globale del mare di oltre 3 metri, con gravi conseguenze per città e litorali di tutto il mondo.
In Italia, si ritroverebbero sott’acqua diversi tratti costieri dell’Alto Adriatico, tra Veneto ed Romagna, incluse le principali località della Riviera romagnola; non sarebbero esclusi neanche alcuni centri costieri di Toscana, Lazio e Campania, diverse zone della costa pugliese, della Calabria ionica e delle isole maggiori, con impatti significativi nelle zone di Cagliari, Oristano e lungo la costa sud-orientale della Sardegna, e in Sicilia, lungo le aree costiere di Catania.
Quali città italiane rischiano di finire sott’acqua: la mappa completa
Lo scioglimento dei ghiacci in Antartide può far salire di oltre 3 metri il livello globale del mare, con impatti significativi su diverse città e i centri costieri italiani.
Le aree più a rischio, mostrate in rosso nella mappa interattiva del Climate Central, si trovano principalmente nell’alto Adriatico, dove Venezia e le aree limitrofe alla città lagunare verrebbero completamente sommerse, così come il Polesine, il Delta del Po e Ravenna. Minacciate anche diverse altre località della Riviera romagnola, tra cui Riccione, Misano e Cattolica,
inclusa la città di Rimini. Lungo la costa pugliese, particolarmente a rischio le arre costiere del golfo di Manfredonia.
Sulla costa tirrenica, un innalzamento del livello del mare di 3 metri farebbe finire sott’acqua diverse località della Toscana, dalla Versilia alla Marina di Pisa fino a Livorno, incluse alcune zone della Marina di Grosseto. Nel Lazio, gli impatti maggiori sono invece previsti lungo il litorale romano, tra Fiumicino e Ostia, ma anche nel golfo di Gaeta, tra Terracina e Sperlonga. In Campania, oltre alla città di Napoli, rischiano di essere sommerse anche alcune località del litorale Domizio, tra la piana di Castel Volturno, Lago Patria e Cuma, e del Cilento, lungo la piana del Sele.
Sul versante ionico, le aree costiere maggiormente a rischio si trovano lungo le coste della Basilicata, nella zona di Metaponto, e della Calabria, in particolare nella piana di Sibari. In Sicilia, minacciate le aree costiere di Catania. Neppure la Sardegna verrebbe risparmiata, con impatti maggiori nel golfo di Cagliari e Oristano, e lungo la costa sud-orientale.
Di quanto salirà il livello del mare
Il livello medio globale del mare è già salito di diversi centimetri
negli ultimi decenni e rischia di aumentare ulteriormente a causa della combinazione dello scioglimento dei ghiacciai, la fusione delle calotte polari e l’espansione termica degli oceani dovuta al riscaldamento globale.
I contributi maggiori derivano dallo scioglimento delle masse glaciali che ricoprono la Groenlandia e l’Antartide e che, attualmente, perdono circa 370 miliardi di tonnellate di ghiaccio l’anno. Nuove evidente di rapidi cambiamenti nei ghiacci polari, sull’orlo di un “catastrofico” collasso, sono emersi da un nuovo studio pubblicato su Nature, mentre un’altra recente ricerca ha calcolato l’aumento del livello del mare che scaturirebbe dalla perdita della calotta glaciale antartica – l’enorme massa di ghiaccio che copre un’area di circa 12,3 milioni di chilometri quadrati
Questo studio, condotto da scienziati dell’Università del Nuovo Galles del Sud di Sydney, è considerato un monito, dal momento che il superamento del punto di non ritorno (la soglia che comporterebbe la completa fusione della calotta glaciale antartica) causerebbe un innalzamento di diversi metri del livello del mare.
“Abbiamo le prime importanti prove che dimostrano che, durante l’ultimo periodo interglaciale, i ghiacci dell’Antartide occidentale si sono sciolti, causando gran parte dell’innalzamento del livello del mare” hanno spiegato i ricercatori che, sulla base di questi risultati, hanno calcolato che lo scioglimento di questi ghiacci produrrebbero un aumento di 3,8 metri del livello medio globale del mare entro i primi mille anni di un oceano più caldo di 2 °C, mentre le piattaforme di ghiaccio collasserebbero completamente entro i primi 200 anni.
Secondo gli studiosi, questa fusione potrebbe a una catena irreversibile di eventi che include anche lo scioglimento della calotta glaciale dell’Antartide orientale, con conseguente ulteriore innalzamento del livello del mare. “Il nostro studio – hanno aggiunto gli esperti – evidenzia che la calotta glaciale antartica potrebbe trovarsi vicina a un punto di non ritorno, che una volta superato potrebbe comportare un rapido innalzamento del livello del mare per i millenni a venire. Ciò sottolinea l’urgente necessità di ridurre e controllare le emissioni di gas serra che oggi stanno causando il riscaldamento globale”.
(da agenzie)

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SALVINI VUOLE A TUTTI I COSTI UN SUO UOMO COME GOVERNATORE IN VENETO E METTE SUL PIATTO L’IPOTESI DI CANDIDARE LUCA ZAIA IN CONSIGLIO COME CAPOLISTA IN TUTTE LE PROVINCE, SOTTO IL SIMBOLO DEL CARROCCIO. UN MODO PER EVITARE UNA LISTA ZAIA, INDIGESTA A FDI E FORZA ITALIA, MA IL “DOGE” POTREBBE FAR SALTARE IL TAVOLO

Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile

IL VERTICE DEI LEADER PER CHIUDERE LA PARTITA DELLE PROSSIME REGIONALI SLITTA ANCORA: SE NE PARLA VERSO IL 5 SETTEMBRE… IN TOSCANA FORZA ITALIA HA DUBBI SUL SINDACO DI PISTOIA, IL MELONIANO ALESSANDRO TOMASI

Il famoso e risolutivo vertice del centrodestra con i leader per chiudere la partita delle prossime regionali slitta ancora: se ne parla verso il 5 settembre, se tutto va bene. Le candidature a presidente per Veneto, Campania e Puglia restano ancora delle caselle vuote per FdI, Forza Italia e Lega.
Anche per la Toscana — si vota il 12 e 13 ottobre — gli azzurri non sono convintissimi del sindaco di Pistoia, Alessandro Tomasi. E poi c’è una questione che riguarda anche il perimetro, perché specie nell’area più moderata si vorrebbe aprire la coalizione ad Azione.
In cima ai pensieri c’è sicuramente il Veneto, dove non si sa ancora la data esatta delle elezioni e si sta consumando un nuovo caso, stavolta interno alla Lega. Il Carroccio pretende la guida della coalizione dopo lo stop per il limite ai mandati di Luca Zaia e in queste ore mette sul piatto l’ipotesi di candidare il presidente uscente in Consiglio come capolista in tutte le province, sotto il simbolo del partito e con il nome di Zaia dentro.
«La discesa in campo del presidente di Regione più amato d’Italia è il segnale più palese che, al di là delle sterili polemiche estive, la Lega è pronta, forte, compatta. Con Zaia, che da buon militante si è messo a disposizione del partito, sulla linea del Piave sarà tutta un’altra partita», già si felicita il capogruppo lighista in Regione, Alberto Villanova.
In realtà non c’è ancora nulla di definitivo, secondo quanto filtra da persone vicine allo stesso Zaia: rimane sul tavolo anche la
possibilità di una lista del presidente uscente, e il passo in avanti verso una “ufficializzazione ufficiosa” della sua corsa sarebbe un modo più che altro per metterlo alle strette e accontentare gli alleati che quella lista non la vogliono. Cosa che ovviamente non è piaciuta al presidente, che attende un chiarimento generale coi leader nazionali.
Di sicuro però, con Zaia in Consiglio rischia di ripetersi l’impasse pugliese del centrosinistra legata al dopo Michele Emiliano: chiunque sarà il candidato, avrà voglia di ritrovarsi un ex di cotanto peso in aula? Magari sarà Alberto Stefani (Lega), magari un FdI come Luca De Carlo o Raffaele Speranzon: rimane l’enigma Zaia, un peso massimo difficile da evitare.
Per Giorgia Meloni & company le sfide elettorali al Sud sono invece in salita. In Campania si pensa all’ex ministra Mara Carfagna (Noi moderati), al viceministro Edmondo Cirielli (FdI), al ministro Matteo Piantedosi (indipendente, area Lega), ma anche a Gianpiero Zinzi (Lega) o ai rettori della Federico II Matteo Lorito e della Vanvitelli Giovanni Francesco Nicoletti.
I progressisti sono dati in ampio vantaggio nei sondaggi e un appoggio riformista sarebbe gradito («i riformisti si confrontino con noi, a sinistra non hanno spazio e i tentativi di fare terzi poli
sono falliti», spiega il forzista Maurizio Gasparri), anche se Carlo Calenda dice di no: «Non andremo con il centrodestra in nessuna regione — assicura lui — In alcune regioni semplicemente non ci presenteremo, cioè Toscana, Calabria e Marche».
(da agenzie)

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INTERVISTA A BEPPE CACCIA, CAPOMISSIONE DI MEDITERRANEA: “ABBIAMO DISOBBEDITO ALL’ASSEGNAZIONE ASSURDA DI UN PORTO LONTANO, I LIBICI SI SENTONO IMPUNITI, DOPO LA DEBOLEZZA CHE ABBIAMO DIMOSTRATO CON IL CASO ALMASRI”

Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile

SCATTATO IL FERMO AMMINISTRATIVO DEL REGIME: CHI SALVA VITE UMANE VIENE PUNITO

La nave Mediterranea, dell’organizzazione italiana Mediterranea Saving Humans, ha salvato 10 persone gettate in mare da un gommone delle milizie libiche a 30 miglia dalla costa di Tripoli e in acque internazionali nella notte tra mercoledì e giovedì 21 agosto. A bordo della nave, dopo il soccorso, le persone si trovavano in condizioni di salute critiche, dopo essere scampati alla morte per un pelo, tratti in salvo dal rescue team tra le onde alte più di un metro e mezzo.
Ma per il Ministero dell’Interno italiano, la nave avrebbe dovuto sbarcare a Genova (690 miglia e cinque giorni di navigazione dal luogo del soccorso), nonostante si trovasse già a poche miglia dal primo porto siciliano utile, macinando così altri tre giorni di mare ed allungando inutilmente il calvario dei naufraghi. Un ordine illogico a cui il capomissione Beppe Caccia, insieme al
comandante della nave, Paval Botica, ha deciso di disobbedire, scegliendo di entrare subito nel porto di Trapani dove la nave è approdata nella serata di sabato 23 agosto. Una missione, quella di Mediterranea, che si era aperta con le intimidazioni dei gommoni delle milizie libiche che avevano circondato la nave. A seguire il salvataggio con le 10 persone gettate in mare a calci da un gommone sempre delle milizie libiche. Infine nella serata di ieri, domenica 24 agosto, una motovedetta della cosiddetta Guardia costiera libica ha sparato centinaia di colpi a raffica contro la nave Ocean Viking, di Sos Mediterranée, centrando addirittura i vetri degli oblò del ponte di comando. Una escalation delle milizie libiche, finanziate e sostenuta dal
governo Italiano e dall’Unione Europea, senza precedenti.
Avete deciso di disobbedire all’ordine del Ministero degli Interni, da dove è nata questa decisione?
Abbiamo portato a terra al sicuro dieci ragazzi, tra i 14 ed i 20 anni, questa era la cosa principale, e siamo contenti di questo. L’abitudine del Viminale di assegnare dei porti di sbarco alle navi del soccorso civile lontanissime dalle aree di salvataggio dei naufraghi è semplicemente una prassi crudele, non supportata da alcuna legge nazionale o internazionale. E’ un atteggiamento disumano che ha il solo scopo di prolungare le sofferenze delle persone che traiamo in salvo. Abbiamo informato tutte le autorità sullo stato di salute dei naufraghi, con tanto di certificati dei medici di vulnerabilità verificati a bordo, anche il CIRM, centro medico marittimo istituzionale aveva scritto alla Guardia Costiera, mettendo nero su bianco la necessità di uno sbarco immediato. Ma dal Ministero dell’Interno hanno fatto muro, insistendo sull’indicazione dello sbarco a Genova. Noi ci siamo assunti la responsabilità di fare quello che si doveva.
La prassi decisa da Piantedosi sugli sbarchi sembra consolidata, sperate di aver aperto un varco per impedire l’applicazione di una modalità che sembra essere basata esclusivamente su una logica punitiva?
In questo paese la disumanizzazione è un tratto caratteristico delle politiche di questo governo. Si pensa alle persone come spazzatura, come “carichi residuali” per citare il Ministro Piantedosi. Non si può restare inermi. Se ci saranno conseguenze, le affronteremo serenamente convinti di aver fatto la cosa giusta. C’è bisogno che in tanti disobbediscano. Ci auguriamo che l’opinione pubblica rifletta su questo. Ci sono già stati segnali importanti, come le prese di posizione della RegioneToscana e tanti Sindaci che hanno espresso solidarietà a Mediterranea e si sono schierati contro questa prassi inumana.
La vostra missione era iniziata con le intimidazioni delle milizie libiche, cosa è avvenuto in mare?
Appena arrivati nella zona SAR sotto controllo libico (zona di ricerca e soccorso ndr) siamo stati accerchiati da una flotta di gommoni militari. Ben 8 imbarcazioni con a bordo uomini armati e con il volto coperto. Hanno iniziato a fare manovre pericolose intorno alla nave e hanno rifiutato di identificarsi nonostante le continue richieste del comandante. Poi, dopo alcune ore, ci hanno inviato un solo ripetuto messaggio via radio: “Go out off Libya”. “Andate via dalla Libia”. Si è trattato di un avvertimento in stile mafioso delle milizie libiche e della cosiddetta Guardia costiera libica, finanziata dall’Italia e dall’Unione Europea. Durante la notte poi, c’è stato il nostro salvataggio. Si è trattato di un fenomeno che viene chiamato “run away boat”. Le persone erano a bordo di un gommone militare, ormai abbiamo la certezza che si sia trattato proprio di uno di quei gommoni delle milizie libiche che ci avevano circondato. Arrivati in prossimità di nave Mediterranea, i criminali a bordo del gommone hanno gettato a mare le persone
a calci e pugni. Solo la prontezza del nostro rescue team ha permesso di salvarli.
Nella serata di ieri invece i libici hanno sparato contro la Ocean Viking, cosa sta succedendo?
Siamo davanti ad una escalation. A sparare contro la Ocean Viking è stata proprio una motovedetta della cosiddetta Guardia costiera libica, come era avvenuto anche contro la nostra Mare Jonio, nell’aprile del 2024. Hanno colpito gli oblò del ponte di comando, poteva morire qualcuno, si è sfiorata la tragedia. L’ultima settimana è stata una escalation da parte delle milizie libiche, perché le intimidazioni contro di noi, il “run away boat” con le persone gettate in mare dai libici, e gli spari contro il ponte di comando della Ocean Viking sono episodi collegati. Ormai le milizie libiche si sentono del tutto impunite ed hanno voluto dimostrare che in quel pezzo di mare comandano loro e possono fare tutto quello che vogliono.
La rapida sequenza di eventi è un segnale che qualcosa è cambiato nell’atteggiamento dei libici, perché si sentono così forti?
La gestione del caso Almasri da parte dell’Italia, di fatto, ha rafforzato i mafiosi libici che guidano le milizie. Si sentono del
tutto impuniti, liberi di intimidire, sparare, provare ad uccidere le persone buttandole in mare sotto i nostri occhi. Sanno esattamente che quello che fanno viene denunciato in Italia ed in Europa, ma semplicemente se ne fregano. E’ il loro modo di mostrare che comandano e che evidentemente sentono forte l’appoggio dei governi europei. L’Italia ha deciso di liberare e mandare a casa un trafficante libico come Almasri, accusato di crimini contro l’umanità dalla Corte penale internazionale. Se hanno potuto liberare Almasri è chiaro che si sentono in grado di poter fare qualsiasi cosa. Questo è quello che sta succedendo e l’opinione pubblica internazionale non può permettere che i nostri governi sostengano questi criminali.
Negli ultimi giorni Refugees in Libya ha diffuso un video in cui Almasri ammazzerebbe una persona nelle strade di Tripoli, Piantedosi ha esternato dubbi sulla vicenda, che atteggiamento è?
In quel video si vede Almasri che prova ad uccidere una persona per strada. Non sappiamo se effettivamente ci sia stato un omicidio, ma mostra come il boss libico è più forte di prima dopo la liberazione da parte del governo italiano. Piantedosi sostanzialmente sposa la versione della Rada, ovvero il gruppo
criminale di cui Almasri è il boss. I miliziani della Rada infatti hanno sostenuto che si tratterebbe di un video vecchio e che mostrerebbe un semplice litigio. Piantedosi ha detto che il video è vecchio e che è da accertare la sua veridicità. Sposa la tesi dei criminali libici. Esattamente come fece quando i miliziani libici spararono contro al nostra nave nel 2024. Andò in parlamento, balbettando, sostenendo la falsa versione della cosiddetta Guardia costiera libica. Purtroppo è l’ennesima dimostrazione di una comunione di interessi, per non dire complicità, tra il nostro governo e quei criminali che sparano sulle navi del soccorso civile. Criminali a cui hanno delegato, appaltato verrebbe da dire, la gestione della frontiera nel mar Mediterraneo. Noi non ci arrendiamo a questi connubi oscuri, non ci arrendiamo alla brutalità e alla disumanizzazione, non ci arrendiamo a vivere in un paese dove la politica estera e dell’immigrazione si fa con gli accordi con le bande criminali.

(da Fanpage)

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