Ottobre 15th, 2025 Riccardo Fucile
MARGHERITA CIOPPI, ATTIVISTA MILANESE SALITA SULLA GLOBAL SUMUD FLOTILLA, RIFIUTA LA CANDIDATURA ALL’AMBROGINO D’ORO: “MILANO INTERROMPA IL GEMELLAGGIO DI TEL AVIV”
Il sindaco Beppe Sala bacchetta il Consiglio comunale per le polemiche sugli Ambrogini, mentre Margherita Cioppi, attivista milanese salita sulla Flotilla, rifiuta la candidatura proposta dai consiglieri Carlo Monguzzi e Beatrice Uguccioni.
“Gli Ambrogini sono prerogativa del Consiglio comunale”, da un lato. Dall’altro “però è mio dovere ricordarvi il regolamento”. Arriva con una storia di Instagram la nota pungente del sindaco Beppe Sala al Consiglio comunale. Finora il sindaco aveva scansato l’argomento. Ma oggi – nel giorno di chiusura delle candidature per l’Ambrogino d’oro – ha rotto il silenzio.
“Da sindaco – ha precisato subito – non propongo nomi e non partecipo alla decisione. Però è mio dovere ricordarvi il regolamento”. Regolamento di cui Sala ricorda in particolare il passaggio in cui si specifica che vanno premiati “coloro che… con particolare collaborazione alle attività della pubblica amministrazione, con atti di coraggio e di abnegazione civica, abbiano in qualsiasi modo giovato a Milano”.
Ed ecco la “tirata d’orecchie”: “Care Consigliere e cari Consiglieri, il regolamento (che avete fatto voi), va rispettato. Volete, per fare solo un esempio, candidare Trump? Fatelo, ma ricordatevi che la politica per prima deve rispettare le regole. A partire dalle regole che si è autonomamente data”
Sono già diversi giorni che sugli Ambrogini è scoppiato il putiferio. Le polemiche si sono aperte a partire dalla proposta dei consiglieri Carlo Monguzzi e Beatrice Uguccioni di premiare la Flotilla. Notizia che ha scatenato la reazione dell’avvocata Annamaria Bernardini de Pace ha addirittura minacciato di restituire il suo Ambrogino ricevuto dieci anni fa.
Ma stamattina con un post su Facebook Margherita Cioppi, attivista a cui sarebbe dovuta andare la candidatura per la Global Sumud Flotilla, si è sfilata dalla corsa per l’Ambrogino. “Non penso che in questo momento – ha scritto – si possa accettare questa onorificenza. Il Comune di Milano non ha ancora reciso il gemellaggio con Tel Aviv”.
E infine ha aggiunto: “Non è con le onorificenze che si dimostra da che parte stare, ma con le azioni concrete. Fino a quando il Comune di Milano non si muoverà per porre fine a quel gemellaggio (e agli accordi con Israele, come al mancato embargo a un paese belligerante), mi parrebbe piuttosto complicato accettare qualsiasi onorificenza”
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Ottobre 15th, 2025 Riccardo Fucile
I BOSSIANI DEL “PATTO PER IL NORD” VANNO ALL’ATTACCO: “LA LINEA SOVRANISTA E NAZIONALISTA SI È DIMOSTRATA FALLIMENTARE. O VA VIA SALVINI, CON LE SUE POLITICHE STATALISTE E ASSISTENZIALISTE CONTRO IL NORD E I MILIARDI DELL’INUTILE PONTE DI MESSINA O SONO SOLO CHIACCHIERE” …. L’AVVISO A ZAIA: “CHI CONTINUA A LAMENTARSI SUI GIORNALI, NON CONDIVIDENDO PIÙ LA LINEA DEL PARTITO, PUÒ OPTARE E VENIRE CON ‘PATTO PER IL NORD'”
“Qualcosa nella ‘Salvini premier’ comincia a muoversi e diversi dirigenti di peso si stanno
togliendo i sassolini dalle scarpe. Occorre però l’intelligenza politica e l’onestà intellettuale di guardare la luna e non il dito
Vannacci è solo il capro espiatorio della linea sovranista e nazionalista di Salvini, dimostratasi palesemente fallimentare. L’occasione per contestare questa linea era il congresso appena fatto, ma non c’è stato neppure il coraggio di presentare la mozione per togliere ‘Salvini premier’ dal simbolo”.
Lo afferma Patto per il Nord in una nota. “L’ex generale non si è paracadutato di notte a via Bellerio occupando il partito, ma – continua la nota – è stato fatto entrare da Salvini dal portone d’ingresso con la nomina a vicesegretario federale, nel silenzio assenso di tutta la dirigenza leghista.
Lo abbiamo detto e lo ripetiamo, è tempo delle scelte coraggiose: o si sceglie il Nord, Patto per il Nord, o si scelgono Salvini e Vannacci che sono due facce della stessa medaglia.
In altre parole, delle due l’una: o va via Salvini, con le sue politiche stataliste e assistenzialiste contro il Nord e i miliardi dell’inutile ponte di Messina o sono solo chiacchiere. Chi continua a lamentarsi sui giornali, non condividendo più la linea del partito, può optare e venire con Patto per il Nord”.
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2025 Riccardo Fucile
SE NEL PRIMO ANNO DEL TRIENNIO SI AVRÀ UN’INIEZIONE DI 6 MILIARDI, LA SFORBICIATA DI GIORGETTI ARRIVERÀ NEGLI ANNI SUCCESSIVI FINO AL 2028: A FARNE LE SPESE SARÀ IL PIANO ASSUNZIONI: SARANNO 10MILA IN MENO TRA MEDICI E INFERMIERI ,… GLI AUMENTI? TRASFORMATI IN BRICIOLE – TAGLI ANCHE AGLI SCREENING PER LA PREVENZIONE
La sanità esce azzoppata dal Documento programmatico di bilancio presentato in Consiglio dei ministri da Giancarlo Giorgetti, in vista della manovra. Nel triennio si perdono per strada 10 mila assunzioni di medici e infermieri.
Per il primo anno viene confermato l’aumento di 2,4 miliardi rispetto allo stanziamento fissato con la precedente legge di bilancio, che porta il totale a circa 6 miliardi in più, anche se il Mef parla di 7 miliardi, includendo però l’incremento di 1,3 miliardi già incamerato nel 2025. In valori assoluti, si tratta comunque del maggior balzo in avanti del fondo sanitario mai registrato negli anni.
La “sforbiciata” Giorgetti l’ha, però, riservata per gli anni successivi, perché, rispetto al testo iniziale, i soldi in più per il 2027 passano da 3,5 a 2,6 miliardi (stesso aumento per l’anno successivo): un dimezzamento rispetto ai 5 miliardi presentati dal ministro della Salute Orazio Schillaci.
A farne le spese sarà soprattutto il piano assunzioni. Già il primo anno, quelle tra i medici scenderanno da 2.300 a 1.500, mentre gli infermieri neoassunti saranno 5.000, anziché 9.700, come inizialmente previsto. Alla fine del triennio, a coprire i buchi in
pianta organica saranno 20.000 anziché 30.000 professionisti della salute, che porteranno a casa aumenti meno sostanziosi di quelli ipotizzati.
Tanto per cominciare, l’aumento dell’indennità di specificità da 220 euro lordi mensili non andrà più ai medici, ma probabilmente ai soli dirigenti non sanitari, come i biologi o i chimici.
I 110 euro lordi mensili previsti per l’indennità di specificità infermieristica non andranno invece ad aggiungersi ai 70 euro già percepiti, il che significa che l’aumento reale sarà di 40 euro, poco più della metà.
Un taglio, ancora da quantificare, sembra destinato a subirlo l’investimento per la prevenzione: 700 milioni il primo anno e un miliardo nei due successivi.
Il che comporterà una minore estensione dell’età dello screening alla mammella per le donne e un ridimensionamento di quello al polmone.
Tra un taglio e l’altro, però, spunta un regalo agli industriali farmaceutici, con l’innalzamento del tetto di spesa dello 0,5% del Fondo nazionale, che vale proprio 700 milioni. Il che si tradurrà in minori oneri di ripiano per le imprese, tenute con il payback a coprire il 50% dello sforamento di spesa che lo scorso anno è stato di 4 miliardi.
Un quadro che preoccupa gli addetti ai lavori. Per Pierino Di Silverio, segretario nazionale di Anaao Assomed si va verso «l’ennesima delusione per le promesse disattese. Sia chiaro che senza investimenti robusti sul personale, il sistema sanitario nazionale non reggerà».
(da La Stampa)
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Ottobre 15th, 2025 Riccardo Fucile
RIFERENDOSI A UNA PARTITA DI BASKET NBA, UNO SCRIVE: “ANDREI ALLO ZOO SE VOLESSI VEDERE SCIMMIE CHE GIOCANO A PALLA” – I COMMENTI ANTISEMITI (“NON CI POTEVAMO ASPETTARE CHE LA RAGAZZA EBREA FOSSE ONESTA”) E RAZZISTI: “L’OBESA NON ERA INDIANA, LA PELLE ERA SCURA PERCHÉ NON FACEVA IL BAGNO” – GLI ATTACCHI AGLI AVVERSARI POLITICI: “FROCI”, “NEGRI” E “RITARDATI” – CHI SONO I MEMBRI DEL GRUPPO, NELLA CHAT C’E’ ANCHE UN MEMBRO DEL SENATO DEL VERMONT
Una chat su Telegram a cui partecipavano una dozzina di persone, tutti esponenti di spicco dei
Giovani repubblicani, l’organizzazione giovanile del Partito Repubblicano, è finita sui giornali. Tra le decine di migliaia di messaggi, riferite al periodo
tra gennaio e agosto di quest’anno, c’erano epiteti razzisti, attacchi sessisti, riferimenti a Hitler e alle camere a gas per chi votava contro i componenti della chat
All’interno della chat si trovavano i leader dei gruppi di Giovani repubblicani di New York, Kansas, Arizona e Vermont. Il gruppo era unito dall’intenzione di arrivare alla guida dell’organizzazione nazionale, portando una linea di estrema destra e favorevole al presidente Donald Trum
Diversi dei componenti ricoprono già (o, in alcuni casi, ricoprivano) dei ruoli all’interno del partito e uno di loro, Samuel Douglass, è un membro del Senato del Vermont, nonché leader dei Giovani repubblicani del suo Stato. C’è anche una persona, Michael Bartels, che ha un ruolo nell’amministrazione Trump, nell’agenzia dedicata alle piccole imprese.
Un ruolo di spicco lo aveva Peter Giunta, all’epoca leader dei Giovani repubblicani di New York e in corsa per la presidenza nazionale dell’organizzazione (un’elezione poi persa con un distacco di sei punti). Giunta era anche il capo dello staff per un deputato newyorchese, Mike Reilly, che non ha commentato.
In uno degli scambi nella chat, uno dei presenti (Alex Dwyer, capo dei Giovani repubblicani del Kansas) aveva detto a Giunta che la delegazione del Michigan avrebbe votato per il candidato “più di destra”. “Ottimo, io amo Hitler”, aveva risposto il newyorchese.
Sempre parlando dell’elezione a leader nazionale dei Giovani repubblicani, Giunta aveva scritto: “Tutti quelli che votano no
vanno nelle camere a gas”.
“Possiamo sistemare le docce? Le camere a gas non stanno bene con l’estetica di Hitler”, aveva risposto un altro membro dei Giovani repubblicani di New York, Joe Maligno. “Sono pronta a vedere persone bruciare”, aveva replicato Annie Kaykaty, altra collega newyorchese.
Non solo riferimenti al nazismo, ma moltissimi termini razzisti. Parole come “fr*cio”, “ritar**to” e “ne**o” apparivano 251 volte nella parte di chat a disposizione di Politico. William Hendrix, il vicepresidente dei Giovani repubblicani del Kansas, aveva detto che era attirato dai Giovani repubblicani del Missouri nonostante le differenze politiche perché “al Missouri non piacciono i fr*ci”. Sono moltissimi gli esempi di messaggi razzisti. Uno dei presenti aveva raccontato di un amico che era uscito con una “donna indiana molto obesa”, e un altro aveva risposto che non era indiana: “È solo che non faceva spesso il bagno”.
Si trattava di Samuel Douglass, il senatore nello Stato del Vermont. La moglie di Douglass, anche lei presente nella chat, in un altro scambio gli aveva detto che non poteva “aspettarsi che l’ebrea fosse onesta”, parlando di una collaboratrice.
E poi ancora Giunta, che diceva: “Se il tuo aereo è pilotato da una lei, e lei ha la pelle dieci sfumature più scura di qualcuno che viene dalla Sicilia, falla finita lì. Urla la parola ‘no no'”. Lo stesso Giunta rispondeva così a chi parlava di una partita di basket dell’Nba: “Andrei allo zoo se volessi vedere scimmie che giocano a palla”.
Quando la chat è stata pubblicata, Peter Giunta ha detto che si trattava di una “cospirazione”, un “attacco contro la mia immagine” portato avanti da un membro di un’altra organizzazione newyorchese di repubblicani, accusato di aver inviato i messaggi a Politico. Poi si è scusato: “Mi scuso con coloro che sono offesi dal linguaggio insensibile e imperdonabile trovato nei più di 28mila messaggi di un gruppo privato che ho creato”.
(da Fanpage)
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Ottobre 15th, 2025 Riccardo Fucile
I RESIDENTI SI SONO ORGANIZZATI CON GRUPPI DI VOLONTARI PER SORVEGLIARE I QUARTIERI ALLA RICERCA DEI FEDERALI
Nel South Side di Chicago gli agenti federali si sono scontrati duramente con i membri della comunità, in seguito alla direttiva del presidente Donald Trump di rafforzare le forze dell’ordine federali nella prevenzione della criminalità. Le forze dell’ordine hanno fatto ricorso ai gas lacrimogeni.
La presenza dell’ICE a Chicago è stata contrastata dal sindaco democratico della città, Brandon Johnson, e dal governatore democratico dell’Illinois, JB Pritzker.
Agenti federali hanno lanciato gas lacrimogeni contro residenti di Chicago e più di una dozzina di agenti di polizia martedì, nell’ultimo scontro avvenuto nella terza città più grande degli Stati Uniti mentre l’amministrazione Trump prosegue la sua stretta sull’immigrazione.
Lo scontro è iniziato martedì mattina, quando, secondo i testimoni, agenti federali sono stati visti inseguire un’auto in un quartiere operaio a forte presenza latina, nella zona sud della città. Un SUV guidato dagli agenti federali si è scontrato con l’auto inseguita, ha riferito il Dipartimento di Polizia di Chicago,
spingendo quest’ultima contro un altro veicolo parcheggiato nelle vicinanze.
Dopo l’incidente, decine di altri agenti dell’immigrazione con il volto coperto sono arrivati sul posto, mentre i residenti uscivano dalle case, si radunavano in strada e sui marciapiedi, lanciando oggetti contro gli agenti e urlando: «ICE, tornate a casa!».
Quando gli agenti si sono allontanati, hanno rilasciato gas lacrimogeni, apparentemente senza preavviso, costringendo la gente a tossire e a correre a cercare riparo. Tra coloro che sono stati colpiti dal gas c’erano 13 agenti della polizia di Chicago, ha riferito il dipartimento, e almeno un agente è stato visto lavarsi gli occhi con l’acqua di un tubo da giardino prestatogli da un vicino.
Una portavoce del Dipartimento per la Sicurezza Interna (DHS) ha dichiarato che gli agenti federali stavano conducendo un’operazione di controllo dell’immigrazione quando due persone hanno tentato di fuggire e hanno colpito il veicolo degli agenti.
«Questo episodio non è isolato e riflette una tendenza crescente e pericolosa di stranieri illegali che resistono violentemente all’arresto, mentre agitatori e criminali speronano i nostri agenti delle forze dell’ordine», si legge in una dichiarazione del DHS, che aggiungeva che gli agenti avevano usato “misure di controllo della folla” dopo che un gruppo di persone si era radunato e aveva assunto un atteggiamento ostile.
È stato uno dei tanti episodi turbolenti esplosi a Chicago negli ultimi giorni. Agenti federali dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE) e della Border Patrol hanno pattugliato la città e i sobborghi effettuando arresti, spesso avvicinando persone che camminavano sui marciapiedi, fermandole e interrogandole.
Gli agenti sono stati più volte visti lanciare bombe fumogene, gas lacrimogeni e proiettili al pepe per disperdere i residenti che si radunavano o filmavano con i cellulari, anche durante arresti avvenuti in quartieri densamente popolati. Agenti della polizia di Chicago, chiamati in alcuni casi sul posto, sono stati esposti due volte nelle ultime due settimane ai gas lacrimogeni rilasciati da agenti federali.
Con l’intensificarsi della repressione sull’immigrazione da parte dell’amministrazione Trump, i residenti di Chicago reagiscono con crescente rabbia.
Nelle ultime settimane, cittadini di Chicago hanno formato gruppi di volontari per sorvegliare i propri quartieri alla ricerca di agenti federali dell’immigrazione, pubblicando allerte su Facebook e nelle chat di gruppo di Signal quando vengono avvistati.
Se gli agenti vengono notati per strada, gli automobilisti suonano i clacson in segno d’avvertimento e talvolta li seguono. Nel weekend, in diverse zone della città, coppie di volontari sono state viste con fischietti arancioni appesi al collo, pronti a soffiarli non appena comparivano agenti dell’immigrazione.
Un residente di Chicago, Chris Molitor, si è piazzato martedì a un angolo di strada nella zona nord della città, con in mano un cartello contro il presidente Trump e indosso una maglietta critica verso l’ICE.
«Stiamo vedendo video di persone maltrattate», ha detto Molitor, 64 anni, che lavora nel settore dell’ospitalità, indicando una taqueria locale i cui proprietari erano stati interrogati dall’ICE. «Bisogna reagire in qualche modo».
Il mese scorso, Andre Vasquez, membro del Consiglio comunale e presidente del Comitato per i Diritti degli Immigrati e dei Rifugiati di Chicago, ha promosso un “workshop di difesa comunitaria” per informare i residenti sui loro diritti e aiutarli a organizzarsi politicamente.
«Chicago stava andando avanti senza problemi, poi sono arrivati loro», ha detto Vasquez a proposito degli agenti federali. «C’è grande preoccupazione per quello che questi uomini mascherati e non identificati stanno facendo in città senza alcuna responsabilità. I cittadini di Chicago cercano solo di vivere la propria vita. Non tollereremo un autoritarismo incostituzionale».
Dei passanti hanno pubblicato video di arresti che sembrano non avere alcuna relazione con violazioni della legge sull’immigrazione.
Debbie Brockman, dipendente dell’emittente televisiva WGN, è stata bloccata a terra e arrestata da agenti della Border Patrol venerdì, mentre si recava a una fermata dell’autobus. Un funzionario della Border Patrol ha affermato che la donna aveva lanciato un oggetto contro gli agenti federali. L’avvocato della
Brockman ha definito l’arresto un’aggressione. È stata rilasciata senza accuse.
Yarelly Jimenez, 21 anni, residente nel quartiere East Side di Chicago, ha raccontato che gli arresti dell’immigrazione erano diventati l’argomento principale nel vicinato e in famiglia.
Martedì, la Jimenez e due amici stavano riprendendo gli agenti federali all’interno di un Walgreens e sono usciti in fretta dal negozio per allontanarsi, ha detto.
All’interno, secondo i video girati dai presenti, i clienti gridavano contro gli agenti federali. «I veri americani non vi vogliono qui!», ha urlato un uomo.
Un agente ha afferrato uno dei compagni della Jimenez, Warren King, 19 anni, mentre usciva, chiedendogli perché stesse scappando e bloccandolo a terra. Non è chiaro di cosa fosse accusato King, e il DHS non ha fornito immediatamente una motivazione per il suo arresto.
Un video girato da un altro passante e pubblicato sui social mostra la Jimenez che urla all’agente, in preda al panico:
«È un cittadino!», gridava.
(da New York Times)
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Ottobre 15th, 2025 Riccardo Fucile
LE USCITE SUL CALO DELLA NATALITÀ (“NON SI FANNO FIGLI PERCHÉ SI PREFERISCE LO SPRITZ”), L’ABORTO CHE “PURTROPPO FA PARTE DELLE LIBERTÀ DELLE DONNE” E LA POLEMICA A DISTANZA CON LILIANA SEGRE PER LE “GITE” AD AUSCHWIT
Tre anni di annunci, polemiche, contestazioni. Tre anni di vuoto. Il ministero alle pari
opportunità, alla Famiglia e alla natalità guidato da Eugenia Roccella scansa ogni traguardo concreto grazie a una predisposizione naturale alla polemica o alla gaffe.
È una fatale circostanza quella che ha portato Roccella a criticare i viaggi di istruzione ad Auschwitz (ridotti a «gite») proprio a dieci giorni dal suo terzo anno al ministero. La sua capacità di conquistare le prime pagine, con uno scontro aperto con Liliana Segre, sopravvissuta all’Olocausto, rappresenta la summa di quanto di più incisivo s’è visto in tre anni. Una comunicazione che nel diffondere a parole un’idea di mondo, punta anche a distrarre dai fatti, gonfiando un’agenda fatta di pagine bianche.
Come la riforma dell’assegno unico, fatta a pezzi dalle Ong del Terzo settore: non ha ridotto la povertà in Italia, anzi ha escluso molte famiglie vulnerabili. A dirlo la Caritas, nell’VIII Rapporto sulle politiche contro la povertà. L’assegno ha tagliato del 40-47% i beneficiari. Caritas segnala che molti ora chiedono aiuto per spese essenziali, come cibo, affitti e materiale scolastico, mostrando l’insufficienza del sussidio
Sul contrasto alla violenza di genere, ci sarebbe il ddl contro il Femminicidio, […] criticato da chi da anni si occupa concretamente delle donne vittime di violenza, come Antonella Veltri, che presiede D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, […] che pure riconoscendo l’importanza per «il riconoscimento della necessità di una formazione specifica», afferma che «cambiare rotta significa anche riconoscere concretamente l necessità di investimenti economici adeguati a cambiare la cultura di un paese che a colpi di pene e di suoi innalzamenti non risponde al diritto di libertà dalla violenza delle donne».
Troppo poco, così come insufficiente è stato giudicato il reddito di libertà per le donne in uscita da situazione di violenza, misura spot promossa l’8 marzo e bocciata dalle operatrici impegnate in prima linea per il contrasto alla violenza di genere. Dieci milioni all’anno per triennio non bastano: «I conti sono presto fatti: in media, poco più di 1.600 donne all’anno possono accedere al contributo. Le sole associazioni della Rete D.i.Re, nei primi 10 mesi del 2024 hanno accolto 21.842 donne».
Poco è stato anche fatto per la cultura, anzi nell’agenda di governo è previsto anche qualche passo indietro. Nelle maniche del ministero dovrebbe esserci la sensibilizzazione e la comunicazione contro gli stereotipi di genere, ma Roccella resta silente di fronte all’emendamento firmato dal capogruppo del suo partito Lucio Malan (FdI) al ddl Concorrenza, che cancella il divieto di pubblicità sessista dal Codice della Strada.
Ci sarebbe poi la lotta all’omotransfobia. Violenze, aggressioni, perfino morti negli ultimi tre anni sono stati accompagnati dai linguaggi muti dell’ex portavoce del Family Day che non ha mai condannato.
Immobile il piano nazionale contro il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza pubblicato sul sito del ministero il 9 giugno 2025. Una mossa arrivata in affanno dopo 3 anni di immobilismo, nel 2026 l’Ue rivedrà la propria strategia e quindi l’esecutivo Meloni
sarà costretto a intervenire nuovamente. Piano mai attuato e messo online soprattutto per “tranquillizzare” gli organismi internazionali.
Non le resta dunque che spacciare parole come azioni di governo, in assenza del medesimo. E così: abortire «purtroppo» fa parte delle libertà delle donne, l’alternativa «oggi è tra lo spritz e il figlio». La crociata contro chi dà nomi di bambini ai cani: («Così trasferiscono il bisogno di avere figli: serve una rivolta a difesa dell’umano»). L’invito ai medici a «segnalare i casi di violazione della legge sulla maternità surrogata alla Procura», smentito dall’ordine stesso. Fino ad arrivare all’asse improbabile con Rocco Siffredi contro il porno.
Proposte annunciate e mai arrivate a destinazione: come l’«asilo nido gratis dal secondo figlio», era il 2023, caduta nel vuoto. In ultima il disegno di legge per adottare gli embrioni, modo per conferire personalità giuridica agli embrioni e indebolire la 194. Annunci e diversivi per dare l’impressione di occuparsi della politica di governo e contemporaneamente distrarli dalla sua assenza.
(da editorialedomani)
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Ottobre 15th, 2025 Riccardo Fucile
TAJANI È SULLE BARRICATE CONTRO UN “PRELIEVO FORZOSO” PER DIFENDERE GLI AFFARI DEI BERLUSCONI (MEDIOLANUM)
La presa d’atto è di Giorgia Meloni. «È giusto che le banche diano un contributo, ma non prenderemo i soldi dagli extraprofitti», dice la premier quando il Consiglio dei ministri sulla cornice della manovra arriva alla questione più sensibile. Parole che arrivano nelle ore dello scontro con gli istituti, contrari alla soluzione immaginata dal governo.
I 4,5 miliardi che l’esecutivo vuole dal credito e dalle assicurazioni ancora non ci sono. Ecco il buco nelle coperture della legge di bilancio che per questo dovrà aspettare venerdì per incassare il via libera. [
Quando la presidente del Consiglio detta la linea, la trattativa con l’Abi sulla tassa che libera le riserve bloccate delle banche è impantanata.
Ma il leader di FI, Antonio Tajani, chiede e ottiene la certificazione che non si interverrà con un’imposizione fiscale, seppure ridotta rispetto a quella che oggi gli enti del credito devono versare allo Stato se vogliono distribuire il “tesoretto” congelato ai soci.
Anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, rassicura Tajani. Il ragionamento: nessun prelievo forzoso, avanti nel dialogo con le banche per arrivare a una soluzione condivisa
entro venerdì. Ma il vento contrario impone la necessità di seguire un’altra strada rispetto a quella che era stata tracciata appena domenica, quando Meloni aveva riunito i leader della maggioranza a casa sua.
Che le aspettative del governo non fossero del tutto corrisposte lo si era capito dal mattino, con il comunicato dell’Abi che informava di avere «approvato all’unanimità la relazione del direttore Marco Elio …», svolta nel comitato esecutivo di lunedì sera, e di avere «approvato all’unanimità di proseguire in via straordinaria nei contributi poliennali al bilancio dello Stato, nella stessa logica concordata lo scorso anno per il rilancio dell’economia e la solidarietà sociale»
In parole spicce, no a nuove imposte che impattino il conto economico o il capitale degli istituti, come ad esempio la “exit tax” che la struttura del viceministro Maurizio Leo aveva ipotizzato per recuperare, riducendo dal 40% al 26% l’aliquota, il riscatto degli utili messi a riserva dal settore per schivare la tassa sugli extraprofitti del 2023. Una misura che avrebbe potuto fruttare 2,8 miliardi tra tassazione di quel tesoretto e tassazione sui dividendi relativi alla sua distribuzione agli azionisti bancari.
Le banche riunite nell’Abi, che vedono potenziali rischi di contenzioso nella “exit tax” obbligatoria, restano invece disponibili a nuove misure che impattino la loro liquidità: per esempio rinviando detrazioni o anticipando pagamenti a favore dello Stato.
Un po’ la linea di compromesso trovata l’anno scorso, quando le
banche si impegnarono a rinunciare a crediti fiscali (le cosiddette Dta) per 2,1 miliardi nel 2025 e 1,3 miliardi nel 2026.
Ma questi oboli di liquidità, se guardati in controluce, somigliano più a una forma di prestito che a un nuovo balzello. E questo nel governo sono in molti a saperlo: specialmente dentro la Lega, che da mesi chiede alle banche un sacrificio reale.
Tra oggi e venerdì ci saranno nuove interlocuzioni tra i dirigenti del Mef e quelli dell’Abi, per trovare la quadra. Che a questo punto, e ancora una volta, appare più politica che tecnica.
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2025 Riccardo Fucile
LA BORSA DI PARIGI CHIUDE IN RIALZO, MA IL MARGINE PER “IL MONACO SOLDATO” MACRONIANO RESTA ANCORA STRETTO… LECORNU HA SPACCATO IL FRONTE GOLLISTA: UNA PARTE DEI REPUBLICAINS HA ACCETTATO INCARICHI MINISTERIALI E PROMESSO SOSTEGNO AL PREMIER. L’ALTRA CORRENTE, FEDELE A RETAILLEAU, FLIRTA CON L’ESTREMA DESTRA
«Sospensione». Era la parola che i socialisti aspettavano e che Sébastien Lecornu ha
pronunciato ieri in aula. «Proporrò al parlamento di sospendere la riforma del 2023 fino alle elezioni presidenziali», ha detto il premier, accettando di mettere da parte la legge sul sistema previdenziale approvata due anni fa tra le proteste.
«Non ci sarà alcun aumento dell’età pensionabile fino a gennaio 2028», ha precisato Lecornu, rimandando il dibattito sull’equilibrio del sistema previdenziale alla prossima presidenziale. Chi entrerà all’Eliseo nel 2027 si ritroverà sul tavolo una questione socialmente esplosiva. Intanto, con un clamoroso dietrofront, Lecornu è riuscito a conquistarsi la “non sfiducia” dei socialisti sperando così di restare in carica dopo aver già battuto ogni record, con il suo primo esecutivo durato appena quattordici ore.
Domani l’Assemblea nazionale voterà le due mozioni di censura che mirano ad affossare il governo. La prima, del Rassemblement National, non sarà votata dalla gauche. Marine Le Pen ieri ha accusato la sinistra di essersi «venduta» al macronismo.
La seconda mozione viene dalla France Insoumise, che non si accontenta della sospensione della riforma. Il movimento di Jean-Luc Mélenchon potrebbe ricevere i voti del partito di Le Pen, determinata a sfiduciare qualsiasi governo pur di tornare alle urne. Tutto si gioca sui 69 deputati socialisti. «È una nostra vittoria», ha sottolineato il capogruppo del Ps, Boris Vallaud a proposito della rinuncia del governo sulle pensioni, precisando che i suoi deputati non daranno comunque un assegno in bianco al governo per la Finanziaria. Se i socialisti resteranno compatti, l’esecutivo nominato domenica scorsa potrà salvarsi, ma solo per una manciata di voti e in un contesto politico sempre più teso.
La crisi del primo governo Lecornu ha segnato la rottura definitiva con i Républicains dove è guerra aperta tra il presidente Bruno Retailleau e il capogruppo Laurent Wauquiez. Una parte della destra neogollista, incurante delle direttive di partito, ha accettato incarichi ministeriali e promesso sostegno al premier. L’altra corrente, fedele a Retailleau, flirta con l’estrema destra e grida al tradimento. Nel campo macroniano, Gabriel Attal, ex premier e ora leader di Renaissance, ha criticato lo stop alla riforma, accusando il governo di «cedere al ricatto della sinistra». La «censura», che negli ultimi mesi ha già spazzato via due governi, sembra allontanarsi, ma i franchi tiratori restano una minaccia.
Poco prima dell’annuncio, l’economista Philippe Aghion, insignito lunedì del Nobel per l’Economia, aveva lanciato un appello a Macron per sospendere la riforma delle pensioni e scongiurare nuove elezioni anticipate. «Un’altra sfiducia sarebbe
drammatica. I tassi d’interesse salirebbero, lo spread si allargherebbe», ha spiegato Aghion. L’Eliseo sembra aver ascoltato. E ieri la Borsa di Parigi ha chiuso in rialzo, trainata dai titoli bancari, mentre i rendimenti dei titoli di Stato sono scesi.
Lecornu ha spiegato che la sospensione costerà 400 milioni di euro nel 2026 e 1,8 miliardi nel 2027. «Dovrà essere compensata da misure di risparmio – ha aggiunto – perché non può tradursi in un deficit più elevato». Nella Finanziaria approvata ieri dal consiglio dei ministri, Lecornu punta a ottenere oltre 30 miliardi di risparmi e a riportare il deficit al 4,7% del Pil nel 2026.
Il governo ha inserito alcune misure richieste dalla sinistra, come la proroga della tassa eccezionale sui redditi superiori ai 250mila euro e l’imposta sulle holding patrimoniali, ma anche provvedimenti che i socialisti giudicano «inaccettabili», come il taglio ai rimborsi medici. Se Lecornu sopravviverà alle mozioni di sfiducia di domani, la battaglia per approvare la Finanziaria sarà un nuovo, pericoloso banco di prova.
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2025 Riccardo Fucile
NEL FRATTEMPO, TRUMP HA CONFERITO A KIRK LA MEDAGLIA PRESIDENZIALE DELLA LIBERTÀ, LA PIÙ ALTA ONORIFICENZA CIVILE AMERICANA – DURANTE LA CERIMONIA, IL TYCOON HA PARAGONATO IL LEADER DI “TURNING POINT USA” A “SOCRATE, SAN PIETRO, ABRAHAM LINCOLN E MARTIN LUTHER KING” (MANCAVANO SOLO GANDHI E MANDELA)
Il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato di aver revocato i visti a sei stranieri a seguito dei commenti sui social media riguardanti l’ assassinio dell’attivista di destra Charlie Kirk. Lo riporta il The Guardian. “Gli Stati Uniti non hanno alcun obbligo di ospitare stranieri che augurano la morte agli americani.
Il Dipartimento di Stato continua a identificare i titolari di visto che hanno celebrato l’atroce assassinio di Charlie Kirk” si legge in un post su X nel quale si fanno anche gli esempi di “stranieri che non sono più benvenuti negli Stati Uniti”: si tratta di cittadini provenienti da Argentina, Brasile, Germania, Messico, Paraguay e Sudafrica.
Donald Trump ha definito l’attivista conservatore assassinato a settembre Charlie Kirk un “martire per la verità e la libertà”.
Durante la cerimonia per la consegna postuma della medaglia per la libertà il presidente americano ha paragonato il trentunenne a Socrate, San Pietro, Abraham Lincoln e Martin Luther King.
Donald Trump ha proclamato il 14 ottobre giornata nazionale della memoria per Charlie Kirk. In una nota dopo la cerimonia per la consegna postuma della medaglia della libertà all’attivista conservatore ucciso il 10 settembre, il presidente ha invitato “il popolo americano a riunirsi in questo giorno nei rispettivi luoghi di culto, per rendere omaggio alla memoria di Charlie. Invito il popolo della nostra Nazione a pregare per il progresso della pace, della verità e della giustizia in tutto il nostro Paese”. Il 14 ottobre è anche il compleanno di Kirk che avrebbe compiuto 32 anni.
(da agenzie)
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