Novembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
“L’UOMO A CUI DEVO IL MIO IMPEGNO POLITICO”… LA DESTRA VERA NON DIMENTICHERA’ MAI I TRADITORI
”Se Giovanni Falcone, sulla separazione delle carriere, viene usato dal centrodestra per propagandare la riforma, strumentalizzando interventi giuridici di 35 anni fa, non ha potuto fare altrettanto con Paolo Borsellino, che ha rilasciato un anno prima di essere ucciso un’intervista contro la separazione delle carriere di pm e giudici che non lascia spazio a fake news.
Ma Giorgia Meloni deve aver rimosso le parole del magistrato. Eppure per legittimare se stessa e il suo governo, ripete come un mantra che la sua azione politica è ispirata a Borsellino, “un esempio”. A giugno, all’inaugurazione a Montecitorio della teca con la borsa mezzo bruciata di Borsellino, recuperata dopo la strage, Meloni addirittura si spinge a dire che il magistrato quasi quasi l’ha benedetta dall’alto dei cieli per il suo ruolo da presidente del Consiglio.
Ha raccontato che il giorno in cui è andata alla Camera per chiedere la fiducia da premier incaricata, s’è imbattuta in una gigantografia di Borsellino (c’era una mostra) e ha pensato: “La persona alla quale dovevo il mio impegno politico era lì nel momento più significativo”.
Ma nel momento della firma, insieme al ministro Carlo Nordio, della riforma costituzionale, ha tradito il pensiero del suo “mentore”.
Nell’intervista a Samarcanda, Borsellino, il 23 maggio 1991, è categorico: “Separare le carriere significa spezzare l’unità della magistratura. Il magistrato requirente deve poter svolgere la sua funzione senza dover rendere conto al potere politico“. E in una lettera privata, Borsellino definisce la separazione “un cavallo di Troia per disarticolare la forza unitaria dell’azione giudiziaria”.
In realtà non era per la separazione delle carriere neppure Falcone, come hanno sempre testimoniato colleghi e amici del magistrato, che il centrodestra, in particolare il ministro Nordio, non esita a tirare per la giacchetta da morto.
Ma Falcone era per la separazione delle funzioni non delle carriere. Basta contestualizzare i suoi interventi, siamo tra il 1989 e inizio 1992, a cavallo tra il vecchio e il nuovo Codice di procedura penale, per comprendere – se si vuole – che Falcone era per un ordinamento giudiziario unico. Temeva, quello sì, un pm sotto il governo di turno. E lo disse in un’intervista a Repubblica, il 25 gennaio 1992, quattro mesi e due giorni prima di essere ammazzato insieme alla moglie Francesca Morvillo, magistrata, e cinque agenti di scorta: “Una separazione delle carriere può andar bene se resta garantita l’autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero. Ma temo che si voglia, attraverso questa separazione, subordinare la magistratura inquirente all’esecutivo. Questo è inaccettabile“. Una dichiarazione che fa, probabilmente, perché aveva compreso che interventi precedenti, quando ancora c’erano pubblici ministeri e giudici istruttori con funzioni mischiate, potessero essere strumentalizzati. Il suo timore lo aveva confidato a colleghi di allora in privato. Falcone voleva che il pm dovesse indagare ma che avesse il potere di eseguire “solo il fermo”, mentre gli altri
provvedimenti dovevano essere decisi da un giudice terzo. Così aveva detto a un convegno a Palermo, già nel 1984. È questo il senso dell’intervista a Mario Pirani, del 3 ottobre 1991, su Repubblica, proprio in merito al nuovo codice Vassalli: “Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pm che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa. Gli occorrono, quindi, esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l’obbiettivo. E nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di paragiudice”. E ancora: “ Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri. Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come… desideroso di porre il pm sotto il controllo dell’esecutivo”. Ma Falcone più che altro era concentrato sulla necessità di pm specializzati nella lotta alla mafia. Aveva in mente la Procura nazionale antimafia. Era dovuto andare via dalla Procura di Palermo, dove era stato messo all’angolo dal procuratore Pietro Giammanco ed era andato al ministero della Giustizia perché sperava che da quella postazione potesse agire. Ed è in quel periodo che teme strumentalizzazioni della sua
posizione ed esprime i suoi timori in merito alla separazione delle carriere.
Piero Grasso, ex procuratore nazionale antimafia, amico del magistrato, ha sbottato: “Falcone si sta rivoltando nella tomba. Lo sport più diffuso è quello di attribuire a Falcone dopo la sua morte idee che non lo avevano nemmeno sfiorato”. Anche l’ex procuratore di Torino, Armando Spataro, che ha conosciuto bene Falcone, smonta la propaganda governativa con il nome di Falcone. Nel libro Loro dicono, noi diciamo scritto con Gustavo Zagrebelsky e Francesco Pallante (Laterza) sottolinea che “in innumerevoli occasioni Falcone aveva spiegato di non condividere la necessità di separare le carriere giudicanti e requirenti all’interno della magistratura”. Alfredo Morvillo, magistrato e fratello di Francesca, ha parlato al Fatto di “mistificazione. Carlo Nordio deve lasciar riposare in pace i morti”. Le frasi di Falcone, ha proseguito Morvillo, sono state “decontestualizzate… Giovanni per quattro volte fu pretore, giudice, pm, procuratore aggiunto e poi magistrato fuori ruolo al ministero. Lo stesso ha fatto Paolo Borsellino“. Eppure, osserva Morvillo, “quando il ministro parla di concorso esterno, di intercettazioni o di 41-bis, si guarda bene dal citare Falcone: come mai? Forse perché in realtà tra le posizioni di Nordio e quelle di Giovanni c’è un abisso”.
(da Il Fatto Quotidiano)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
“IERI SIAMO ARRIVATI AL BAVAGLIO, NON CI È STATO PERMESSO DI LEGGERE IL COMUNICATO PRIMA DEL CONCERTO. UNA VERGOGNA INDICIBILE. DUNQUE CI SIAMO IMBAVAGLIATI E ABBIAMO VOLANTINATO FUORI DAL TEATRO CON IL COMUNICATO SCRITTO. REAZIONE MERAVIGLIOSA DEL PUBBLICO, CHE GETTA I VOLANTINI IN SEGNO DI VICINANZA E SOLIDARIETÀ. EMOZIONANTE SCOPRIRE CHE I NOSTRI ABBONATI ABBIANO FATTO DEI VOLANTINI DISTRIBUENDOLI TRA IL PUBBLICO”
Il clima che stiamo vivendo in Teatro è surreale. Sono passati quaranta giorni,
QUARANTA, da quando è stata fatta questa nomina scellerata e vergognosamente imposta dall’alto.
Quaranta giorni di insulti, accuse insensate, dichiarazioni di politici che non hanno argomentazioni se non buttarla in caciara politica, parole imbarazzanti del sovrintendente che ogni giorno fanno rabbrividire per la loro mistificazione dei fatti, un sindaco penoso che dimostra la sua ignoranza e arroganza in ogni dichiarazione. Beh questi sono i lati negativi di questa guerra. Ieri siamo addirittura arrivati al bavaglio, non ci è stato permesso
di leggere il comunicato prima del concerto.
Vi chiederete il perché. Le motivazioni sono state:”Perché è già nota a tutti la motivazione della vostra protesta, non serve continuare a leggere lo stesso comunicato”. Questo è il vero clima di regime al quale stiamo assistendo, una vergogna indicibile. Dunque ci siamo imbavagliati e abbiamo volantinato fuori dal teatro con il comunicato scritto.
Reazione meravigliosa del pubblico, sconvolto dal comportamento del sovrintendente, che getta i volantini in segno di vicinanza e solidarietà. Applausi scroscianti prima, durante e dopo il concerto diretto da Kent Nagano, cori di sostegno:”Non mollate !!”. Emozioni uniche che danno ancora più forza alla nostra battaglia. Emozionante scoprire che i nostri abbonati abbiano fatto dei volantini distribuendoli tra il pubblico. Grazie veramente.
In questa guerra noi risponderemo sempre con l’arte, con l’eccellenza e con i fatti, perché se anche il pubblico è con noi, saremo forti, ancora più forti contro voi, che non siete altro che dei poveri omuncoli accecati solamente da logiche di potere !
Eugenio Sacchetti
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
SULLA GRANDE OPERA, CHE AVVANTAGGEREBBE SOPRATTUTTO I “TERRONI” DEL MERIDIONE, I VECCHI PADANI “SECESSIONISTI” SONO SCETTICI. E LA USANO COME GRIMALDELLO PER (RI)METTERE IN DISCUSSIONE LA SVOLTA NAZIONALE E NAZIONALISTA DEL DUO SALVINI-VANNACCI
C’è un pezzo della Lega – che fu Lega Nord – che oggi guarda Matteo Salvini e scuote la testa. Non è dissenso di maniera: è la percezione – per qualcuno una granitica convinzione – che il partito storico dei territori, Lombardia, Veneto, Piemonte, sia stato messo da parte in favore di un progetto che non gli appartiene. E che sta generando disagio concreto.
Se ne parla dagli anni Settanta, certo, ma sul ponte sullo Stretto di Messina il leader del Carroccio e ministro dei Trasporti ha
puntato davvero tutto. Mentre gli amministratori locali e gli imprenditori del Nord si chiedono perché le priorità siano altrove e perché le risorse pubbliche vadano in direzioni che li lasciano spettatori. «L’obiettivo della Lega non può essere solo il Ponte», dice un dirigente lombardo ormai stufo di commentare «temi che non ci riguardano».
La bocciatura tecnica della Corte dei Conti che non concede il visto di legittimità alla delibera del Cipess sul progetto è un colpo non da poco per Salvini. Al Nord, invece, lo stop viene letto più come conferma di paure latenti che come mera questione tecnica. E anche se, formalmente, la versione è «le opere al Sud fanno crescere anche il Nord» che i più leali a Salvini vanno ripetendo, il messaggio implicito è: «Il Settentrione ha altre priorità. Non possiamo perdere tempo».
«Vorremmo solo poter spendere le nostre risorse senza passare da Roma», sbotta un vecchio leghista lombardo. Nasce da qui l’idea della divisione “alla tedesca”, sul modello Csu-Cdu, tra la Lega “nazionale” di Salvini e la Lega “territoriale” del Nord.
Ma per quello non sembrano ancora maturi i tempi.
Luca Zaia ha scelto un tono più prudente. La Corte dei Conti «interviene nello spazio che le è riconosciuto» e il tema del ponte «va affrontato da un punto di vista tecnico-legale». Un modo per segnare una distanza dal leader, certo, ma anche per mandare un messaggio ai suoi e agli elettori in Veneto che lo
vedranno capolista della Lega in tutte le province per l’elezione di Alberto Stefani, i prossimi 23 e 24 novembre
«Il ponte sullo Stretto di Messina è un tema di rilievo nazionale che riguarda poco i nostri territori. Noi siamo per una Lega lombarda dentro la Lega nazionale, per il modello Csu-Cdu insomma». Fabrizio Sala, segretario della Lega della provincia di Bergamo, è telegrafico ma esauriente.
Dentro la Lega, parlare del Ponte significa soprattutto discutere dell’eterna questione settentrionale e ragionare sul futuro del partito. Quel che proprio non va giù ai nordisti è la narrazione che Matteo Salvini sta costruendo intorno al Ponte. Quasi fosse la “battaglia delle battaglie” della Lega.
«Da noi i sindaci, ma anche i semplici militanti, sono stufi di questa storia – racconta un altro dirigente lombardo -. Vogliono fare il ponte? Lo facciano, ma la smettano di parlarne così tanto. Perché poi, a guardare i numeri, la metà dei 7 miliardi di costi previsti attualmente arriverebbe dalle risorse già stanziate per il Sud». È un po’ quel che diceva tempo fa il capogruppo in Senato e segretario della Lega lombarda Massimiliano Romeo: «È un’opera strategica che porta sviluppo al Sud. E quando porterà sviluppo, il Nord potrà finalmente tenersi i suoi soldi».
Ai tanti leghisti padani, devono essere fischiate le orecchie quando Luca Zaia ha dichiarato che il progetto deve andare avanti, ma la Corte dei conti «interviene nello spazio che le è
riconosciuto». Parole lontane, e di molto, dagli strali lanciati da Giorgia Meloni e Matteo Salvini
Ascoltando il Doge, in molti hanno colto un segno dei suoi dubbi sul progetto di una Lega nazionale portato avanti da Salvini negli ultimi anni e ulteriormente rafforzato dalla nomina a vice segretario di Roberto Vannacci.
Del resto, mentre passeggiava davanti a Montecitorio prima del consiglio federale (a cui Salvini era assente perché impegnato a palazzo Chigi proprio sul ponte), il governatore del Veneto ha voluto ribadire la sua proposta di una Lega a due velocità, su modello di quanto avviene in Germania con la Cdu nazionale, che si presenta in tutti i länder ma non in Baviera, dove è alleata con la Csu.
Un modello che «funziona» e «mantiene l’unità del partito», ha sottolineato Zaia. Seguendo il modello tedesco Csu-Cdu, la Lega si dividerebbe tra Lega Nord e Lega Nazionale, e «un primo germoglio c’è già stato, peraltro, quando in passato abbiamo avuto “Noi con Salvini” per un pezzo d’Italia e Lega nell’altro» ha spiegato, ricordando le elezioni del 2014.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
“IL FOGLIO”: “LA FIGURA SNODO È ELENA GRIGLIO, CAPO DELL’UFFICIO LEGISLATIVO, CHE HA PRESO IN MANO DOSSIER, FALDONI. GRIGLIO HA LAVORATO ALL’UFFICIO LEGISLATIVO DELLA LEGA. E’ IN QUESTO ‘STRETTO’, DALLA SCRIVANIA DI STORTO E GRIGLIO, CHE MATURA LA STRATEGIA. E’ QUI CHE SI ASSEMBLANO LE RISPOSTE DA INOLTRARE ALLA CORTE DEI CONTI. E SI SBAGLIA”
La Corte dei conti lo boccia, ma Salvini abbozza. Perché? Il Salvini rimandato sul Ponte
è un Salvini misurato. Le ragioni sono due.
La prima: per la Lega i rilievi della Corte dei conti arrivano da un giudice che ha lavorato con governi di sinistra. Secondo: la filiera che si è occupata del progetto Ponte è leghista.
Sono coinvolti sul progetto Ponte, Cipess, Mit, Mef e un tecnico,
sì, un tecnico, ha provato ad aiutare Salvini.
Ad accorgersi per tempo, a sollevare perplessità è stata Bernadette Veca, capo di gabinetto del Dipe. Il Salvini prudente è solo il Salvini cosciente dell’errore.
Da due giorni, per volere di Meloni, si sta esaminando tutta la catena degli errori. Il corridoio delle decisioni passa da Cipess, Mit, Mef.
Il Cipess che oggi è diretto dal sottosegretario leghista Alessandro Morelli, amico personale di Salvini, dai tempi di Radio Padania, è una struttura che a destra ha la fama di essere rifugio “di boiardi di sinistra”.
Un errore. Il capo di gabinetto del Dipe, che svolge anche le funzioni di segretario Cipess, è Bernadette Veca e conosce il tema infrastrutture come pochi.
Dal 2007 al 2020 ha lavorato al Mit. Ha iniziato la sua carriera come consigliere giuridico nel governo Prodi II, con Antonio Di Pietro ministro, ed è rimasta al Mit ininterrottamente con governi di centrosinistra, tecnici, di destra.
Sarebbe stata Veca a far scattare l’allarme, avvisare per tempo. La toga contabile che ha formulato i rilievi conosce i ministeri. E’ Valeria Franchi e al governo spiegano che il “suo parere è stato quello decisivo”. Franchi è una delle tante toghe di cui ha parlato il ministro Carlo Nordio. Sono figure di alta competenza, essenziali per i ministeri, consiglieri che si staccano e supportano
i ministri, i famigerati “fuori ruolo”.
Franchi ha collaborato con gli ex ministri Teresa Bellanova e Stefano Patuanelli, ministri di sinistra. Cosa significa? Significa che il Mit, Mef, Cipess e Chigi sapevano già che l’esame Ponte sarebbe stato durissimo. Ecco perché Meloni sta dicendo: “Dobbiamo essere più bravi della Corte dei conti”.
A settembre, Franchi aveva già evidenziato vulnerabilità su una delibera Cipess e Veca aveva allertato la struttura di Salvini: “Guardate che rischiamo”. Si muove anche il capo di gabinetto del Mef, Stefano Varone.
Il Mit è da settimane sotto la lente della Ragioneria di Stato, del Mef, perché non è riuscito a spendere la dote finanziaria ricevuta.
Il regista della struttura di Salvini è il capo di gabinetto Alfredo Storto solo che Storto, raccontano dagli uffici, ha scelto ormai di occuparsi dell’ordinario.
La figura snodo è Elena Griglio, capo dell’ufficio legislativo, che ha preso in mano dossier, faldoni. Griglio ha lavorato all’ufficio legislativo della Lega. E’ in questo “Stretto”, dalla scrivania di Storto e Griglio, che matura la strategia. E’ qui che si assemblano le risposte da inoltrare alla Corte dei conti. E si sbaglia.
Altre falle si erano registrate durante il “Salva Milano” e la stesura del codice degli appalti. Meloni dopo aver letto la
sentenza della Corte è sbottata e ha dichiarato che tra i rilievi della Corte ci sarebbe il sistema di condivisione dei documenti tramite link.
Il giorno dopo Meloni si è interrogata. Perché non si è proceduto informalmente, non si è chiesto alla Corte: cosa manca? La struttura Mit non è reattiva. Mancano ingegneri, manca l’equipaggio che dovrebbe portare in salvo l’opera Ponte.
Salvini ha scommesso tutto sul Ponte anche a costo di proporre leggi speciali per accellerare l’opera, ma Salvini sta scommettendo anche sulla Sicilia. Dopo Renato Schifani, dicono in Lega, non si può escludere un presidente di regione leghista. Salvini dichiara: “Io il Ponte voglio farlo, non mi interessano scontri”. E’ un tono responsabile ma Salvini ha un problema: vuole edificare il Ponte ma deve ricostruire il suo ufficio.
(da Il Foglio)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
I VERTICI LOCALI DI FDI INVECE LI DIFENDONO: “SONO BRAVI RAGAZZI, NON TERRORISTI” – E IL “GABBIANO” RAMPELLI MINIMIZZA: “EPISODI ISOLATI E FOLKLORISTICI…”
Dice Priamo Bocchi, esponente di punta e ariete di FdI Parma, che Jacopo Tagliati «è un bravo ragazzo, non è un terrorista, un violento o un poco di buono». Per la cronaca: Tagliati è l’ormai ex responsabile di Gioventù Nazionale Parma appena commissariata per “incompatibilità” dopo i cori fascisti nella sede di Borgo del Parmigianino, due vetrine sulla strada (su una adesso campeggia la scritta a spray “merde”), da ieri pomeriggio presidiate da polizia e carabinieri.
Priamo Bocchi invece è consigliere comunale e regionale del partito di Giorgia Meloni. Uno che cinque anni fa pubblica su Facebook la foto di un sedere maschile mentre è in corso una discussione in Consiglio comunale, convocato in streaming, sulla violenza sulle donne. E che a febbraio scorso se ne esce con un altro guizzo sfortunato, «il motivo dei femminicidi è perché l’uomo ha perso virilità».
Chi sono, davvero, quelli di Gn Parma? Chi è il loro capo ora destituito dai vertici tricolori, quel Tagliati «bravo ragazzo»? Che rapporti hanno coi quadri provinciali e regionali di FdI?
«Gli autori di quei cori sono quattro sfigatelli che forse avevano bevuto troppo, hanno sbagliato, noi ci dissociamo da sta roba». Parla Giuseppe Tramuta, anche lui consigliere comunale in opposizione alla giunta di centrosinistra guidata dal sindaco Michele Guerra. «Hanno fatto senza dubbio una cosa grave e infatti siamo subito intervenuti commissariando Gn. Saranno cacciati. Ma non penso che i ragazzi di Gn siano tutti così».
Con i giovani militanti meloniani Tramuta ha volantinato, «non hanno mai fatto cose così, non so cosa sia successo l’altra sera, adesso non drammatizziamo e non strumentalizziamo».
Tramuta: «Mi preoccupano di più quelli che attaccano la polizia e sfondano le vetrine, non questi quattro sfigati…». Sarà pure, e però. I «quattro sfigati» diretti da Jacopo Tagliati, qui a Parma, non sono atomi o meteore impazzite. Forse non era nemmeno la prima volta che si lasciavano andare a canti neofascisti. Né si può dire che il «bravo ragazzo» Tagliati – «lui non c’era l’altra sera», ancora Tramuta – è o era un leaderino di sé stesso.
In decine di foto e video social il leader locale di Gn appare a eventi politici pubblici insieme ai maggiorenti parmigiani di FdI. Gli sponsor politici di Tagliati? Due, soprattutto. Priamo Bocchi e la parlamentare Gaetana Russo. Altro pezzo da novanta è Fabio
Pietrella, anche lui deputato, imprenditore, già presidente di Confartigianato Moda e di Confexport.
La galleria Facebook di Tagliati – da ieri pomeriggio il profilo è privato – lo mostra insieme a Pietrella, Russo e Bocchi. E poi coi “suoi” ragazzi, lì, nella sede di Borgo del Parmigianino. Tra i tricolori e la fiamma che arde sulla tomba del duce a Predappio. I suoi ragazzi, «la mia forza più grande, tutto il resto è noia», scrive parafrasando Califano. «Decisamente troppo veri per piacere a tutti».
«I ragazzi di Gn guidati da Tagliati sono un gruppo di giovani fantastici che stanno lavorando con passione e dedizione per il territorio e la comunità», scriveva prima del 28 ottobre Giuseppe Tramuta. Risposta di Tagliati: «Grazie Beppe, la stima è reciproca.
Ci aspettano tante battaglie».
(da La repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
NELLA CAPITALE AMERICANA L’APPARTENENZA POLITICA PORTA I PRO-TRUMP A RICEVERE SEMPRE PIU’ RIFIUTI… E LO CREDO, CHI VORREBBE USCIRE CON UN DEMENTE RAZZISTA?
A Washington, come in altre città dell’America più liberal e progressista, il nome di
Donald Trump è tutt’altro che un cupido per i giovani repubblicani. Negli Stati Uniti, infatti, l’appartenenza politica è diventata sempre di più un elemento cruciale nella scelta dei potenziali partner e a farne le spese, specialmente nelle città più grandi, sono i giovani conservatori, di entrambi i sessi. In metropoli dove nove persone su dieci hanno votato democratico, essere un sostenitore dell’attuale presidente o anche solo del Partito repubblicano diventa così un freno importante alla felicità in amore.
Le sfide per trovare un partner conservatore in una città liberal.
Dalle pagine del Washington Post arrivano numerose storie di giovani uomini e donne che per via dei loro valori conservatori faticano a trovare l’amore. È il caso, per esempio, di Morgan Housley, 29 anni, trasferitasi a Washington per lavoro lo scorso
aprile. La ragazza ha le idee chiare: cerca un uomo «che vada in chiesa», che sappia «proteggere e prendersi cura», ma trova solo «maniaci del lavoro che non prendono sul serio la ricerca di una moglie».
Per lei, come per le sue colleghe del gruppo di pressione di stampo conservatore “American Principles Project”, trovare un marito a Washington è tutto fuorché semplice. «Pensavo che, essendo nella politica conservatrice, ci sarebbero stati più uomini mascolini nel movimento conservatore», dice Housley, «e invece ho scoperto che molti di loro non sono così mascolini come avrei sperato».
Le difficoltà dei giovani conservatori a Washington
D’altronde, in una città che alle ultime elezioni ha votato per il 92,5% Kamala Harris, non stupisce che i giovani Maga non siano allineati ai locali.
Le agenzie che a Washington si occupano di matchmaking, cioè di trovare possibili partner da combinare, ammettono che i conservatori sono clienti difficili da piazzare. «Prima del 2016, nel mio modulo di ammissione non c’era nemmeno una domanda sulla politica», racconta la dating coach Michelle Jacoby, fondatrice di una di queste piattaforme.
Ora, raccontano, c’è chi chiede di non essere abbinato con qualcuno che guidi una Tesla, simbolo di Elon Musk, fedele sostenitore di Trump fino a non troppo tempo fa. O ancora c’è chi, nell’incontrare un repubblicano a Washington, si preoccupa di domandare se abbia partecipato all’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021.
Polarizzazione politica e solitudine
La polarizzazione politica è spinta all’estremo e basta una battuta o un riferimento a Trump per troncare un appuntamento. «Le persone di sinistra chiamano quelle di destra “fasciste” e “naziste”», racconta una ventisettenne impiegata nello staff di un repubblicano. Ma solo per questo, si lamenta la giovane, «il mio partner non può pensare che io sia fascista. È assurdo».
Per ovviare a questo limite, molti conservatori finiscono per frequentarsi solo tra di loro. Raquel Debono, consulente politica, ha lanciato a New York e Washington i “Make America Hot Again“, incontri per single repubblicani. Per qualcuno funzionano, ma altri patiscono il sentirsi chiusi in una bolla, in una minoranza. Christopher Byrne, fondatore del DC Social Collective, organizza serate per giovani cattolici e conservatori, ma ammette: «Personalmente le mie esperienze sono state deludenti». La solitudine, prima che sentimentale, è politica: la frattura fra i due schieramenti è ormai così forte e pervasiva da investire ogni ambito, dai rapporti sul lavoro alle relazioni personali.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
UN TERREMOTO POLITICO CHE STA RIVOLUZIONANDO LA SINISTRA USA
Zohran Mamdani, un nome che fino a pochi mesi fa era noto a pochi, è ora in testa a tutti i sondaggi per diventare il prossimo sindaco di New York. La sua ascesa non è solo una sorprendente storia elettorale, ma un vero e proprio terremoto politico che sta rivoluzionando la sinistra statunitense.
Il 33enne, già deputato all’Assemblea dello Stato di New York, incarna un cambiamento radicale all’interno del Partito Democratico, storicamente dominato da figure più moderate e legate all’establishment.
La forza di Mamdani risiede nella sua capacità di riprendere i temi classici della sinistra, parlando direttamente alle difficoltà quotidiane dei cittadini.
New York, città simbolo del sogno americano, è per molti diventata un “inferno” a causa del costo della vita insostenibile che, complice la gentrificazione, ha espulso i suoi abitanti storici.
La sua piattaforma elettorale è audace e incentrata sulla giustizia economica: Trasporti pubblici gratuiti. Affitti calmierati per contrastare la crisi abitativa. Proposte per tassare i più ricchi al fine di finanziare servizi sociali universali.
Mamdani sta facendo un’operazione completamente inversa rispetto alle politiche centriste, schierandosi senza mezzi termini con chi fatica ad arrivare a fine mese, riscuotendo un crescente sostegno tra i giovani, gli immigrati e le classi popolari.
Politica Estera e Continuità con l’Ala Progressista
Oltre ai temi domestici, Mamdani ha preso posizione anche su questioni di politica internazionale, schierandosi in modo netto contro il genocidio a Gaza e a sostegno del popolo palestinese. Questa postura, lontana dalle cautele politiche tipiche dell’establishment democratico, rafforza la sua immagine di candidato autenticamente progressista.
La sua irruzione nella politica mainstream non è un caso isolato. È il culmine di un percorso iniziato anni fa da figure come Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez, insieme a una nuova generazione di deputati che hanno portato avanti una battaglia decennale contro i moderati che hanno trasformato il Partito Democratico nel “partito dell’establishment”.
La lezione di Mamdani: La Sinistra che Può Vincere
Il successo di Mamdani offre una chiara lezione politica: quando la sinistra “fa la sinistra” può vincere. Riconnettendosi con il suo popolo storico e riprendendo in mano le battaglie non legate a
mere logiche di bilancio o stabilità, ma al desiderio di un cambiamento radicale in chiave socialista o socialdemocratica, il messaggio trova risonanza.
Le persone riconoscono in questo messaggio un senso di vicinanza e la promessa di un cambiamento concreto, distaccandosi da una politica percepita come distante dalle loro esigenze.
(da Fanpage)
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
SULL’AUDIO TRA “GENNY DELON” E LA MOGLIE, MANDATO IN ONDA DA REPORT, IL GARANTE HA INVECE RISPOSTO PRONTAMENTE, CON UNA MAXI-MULTA DA 150MILA EURO PER LA TRASMISSIONE RAI
L’ex ministro della Cultura (ex direttore Rai) Gennaro Sangiuliano e sua moglie
Federica Corsini, giornalista Rai, hanno presentato un esposto al Garante della Privacy (contro una trasmissione della Rai, Report, stessa azienda per cui lavorano).
Report aveva trasmesso una telefonata fra marito e moglie, violando -secondo l’esposto- la privacy. La telefonata si svolgeva nel periodo della vicenda che ha coinvolto Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia che ha poi portato alle dimissioni da ministro.
Dopo la presentazione Sangiuliano ha inviato personalmente l’esposto anche al suo collega di partito Fdi Agostino Ghiglia, commissario pro tempore alla Privacy, chiedendo di vedersi riconosciuti “i diritti di ogni cittadino”.
Quanti possono raccomandarsi direttamente ad un commissario? Non basta aver depositato l’esposto? Repubblica parla anche dei rapporti diretti che Sangiuliano ha avuto con altri commissari, la vicepresidente dell’Authority ha anche presentato il suo libro.
Questo episodio mi riporta alla mente un altro caso che ha riguardato la Privacy. Nel 2019 il Tg2, allora diretto da Gennaro Sangiuliano, mandò in onda le immagini carpite dall’esterno dell’interrogatorio cui genitori di Matteo Renzi erano sottoposti in Tribunale.
Gli interrogatori di fronte ai magistrati sono atti privati, secretati, mai aperti al pubblico, peraltro un momento di grande delicatezza, a maggior ragione se si tratta di privati cittadini che non hanno alcun ruolo pubblico (come appunto il babbo e la mamma di Matteo Renzi).
Quell’interrogatorio si svolgeva al nono piano, gli operatori della Rai salirono quindi fino a quell’altezza per poter riprendere attraverso i vetri delle finestre ciò che accadeva nell’ufficio del magistrato. Anzi, probabilmente hanno dovuto procurarsi addirittura ospitalità presso l’appartamento di fronte.
Tutti gli italiani poterono, quindi, assistere all’interrogatorio reso dai genitori di Renzi, grazie alle immagini carpite dal servizio pubblico (violazione dei diritti commessa solo dalla Rai). Cosa aggiungevano quelle immagini alla notizia degli interrogatori? Nulla.
In qualità di Segretario della Commissione di Vigilanza Rai presentai, quindi, un esposto all’Agcom, al Garante della Privacy e all’Ordine dei giornalisti. Le violazioni del Contratto di servizio Rai, dei regolamenti deontologici giornalistici e della normativa sulla Privacy mi erano sembrate evidenti, eppure nessuno dalle authority decise che un esposto di un parlamentare componente della Commissione bicamerale di Vigilanza sulla Rai meritasse nemmeno una risposta. Silenzio assoluto.
A rispondere fu solo il Consiglio di disciplina dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, che archiviò il mio esposto con la seguente motivazione: “Dal video non si riconoscono affatto i signori Renzi”. Chiunque può rivedere i servizi e giudicare: le telecamere riprendono una stanza dove c’è un signore che sostiene un interrogatorio, il giornalista dice espressamente che si tratta dei genitori di Renzi, ma per l’Ordine dei giornalisti
“non si riconoscono”.
Forse l’Ordine dei giornalisti avrebbe fatto meglio a non rispondere, a fare finta di nulla come avevano fatto i commissari Agcom e Privacy.
Michele Anzaldi
per www.professionereporter.eu
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 1st, 2025 Riccardo Fucile
INSORGONO I DOCENTI: “E’ UNA VERGOGNA”
Il pasto ridotto a un solo piatto (pasta o riso) e una porzione di frutta. Sarebbe questa la decisione presa dall’amministrazione di San Giuliano, comune alle porte di Milano, per i propri docenti con l’obiettivo di abbattere i costi legati alle mense scolastiche. Così, gli insegnanti sono scesi in strada per protestare contro un provvedimento che hanno definito una “dieta forzata”, “svilente” e “vergognosa”.
La “dieta forzata” degli insegnanti di San Giuliano
Con l’obiettivo di risparmiare sul costo della refezione, il Comune di San Giuliano ha deciso di tagliare il pasto degli insegnanti che pranzano in mensa insieme ai loro alunni, riducendolo a un solo primo piatto e una porzione di frutta.
“Così mi sento svilita nel mio ruolo di docente”, ha riferito un’insegnante a Il Giorno. “C’è anche la vergogna nei confronti degli alunni”. “È inaccettabile”, ha rincarato un’altra.
“Il Comune avrebbe dovuto convocare i dirigenti scolastici e Rsu, per discutere del problema e trovare una soluzione condivisa”. Così, invece, il risultato è una “dieta forzata” per gli insegnanti costretti a rinunciare al pane, al secondo e al
contorno, riservati ora ai soli studenti.
“Ridurre il pasto agli insegnanti è una scelta che ci riporta indietro di 50 anni”, ha aggiunto un professore delle scuole medie. “Quello a un pranzo completo è un diritto che intendiamo difendere”. E così ieri, venerdì 31 ottobre, i docenti sono scesi in strada per protestare contro il provvedimento. Al loro fianco, i sindacati Flc Cgil, Cisl scuola, Uil scuola Rua, Snals Confsal, Gilda Unams e Anief.
Nel frattempo, una delegazione di manifestanti è stata ricevuta dal sindaco, Marco Segala, che si è detto disponibile a valutare “la fattibilità di una sospensione del provvedimento” attraverso un confronto che tenga conto della necessità di reperire risorse economiche e quella di garantire un pasto completo.
Le chieda a Salvini e a Meloni le risorse economiche…
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »