Novembre 9th, 2025 Riccardo Fucile
IN MOLTI CASI SI TRATTA DI PERSONE CHE HANNO UN LAVORO MA CHE NON ARRIVANO A FINE MESE, TRA COSTI DELLA VITA ALLE STELLE E STIPENDI DA FAME… LA “CARITAS AMBROSIANA”: “SERVONO PIÙ INVESTIMENTI STRUTTURALI PER AFFRONTARE LE CRITICITÀ”
In molte case italiane la povertà alimentare si misura nei gesti: la lista della spesa che si
accorcia, le scelte più attente al prezzo che alla qualità. I dati più recenti dell’Istat parlano di oltre cinque milioni di persone in povertà assoluta, e di un numero crescente di cittadini che chiedono aiuto.
Nei centri Caritas il bisogno alimentare resta il più diffuso: buoni spesa e accesso agli empori solidali. E a Milano, dove il costo della vita continua a salire, le richieste restano elevate, anche tra chi un lavoro ce l’ha: un disequilibrio tra redditi fermi e prezzi che crescono.
Secondo l’Istituto nazionale di statistica, cresce la quota di chi non può permettersi di consumare un pasto proteico almeno ogni due giorni: sono il 9,9% delle persone nel 2024, a fronte dell’8,4% nel 2023). Sempre nel 2024, il 5,5% delle persone ha mostrato almeno uno degli otto segnali di insicurezza alimentare definiti dalla scala “Food Insecurity Experience Scale”.
«A fronte di una povertà multisettoriale, la componente di povertà alimentare è la prima rilevata, sia per quanto concerne la denutrizione che la malnutrizione», spiega Silvia Sinibaldi, vice direttrice Caritas Italiana. «Parliamo di persone che vivono nell’impossibilità di fare un pasto completo almeno una volta ogni due giorni e con l’impossibilità di uscire con amici o parenti per mangiare o bere qualcosa almeno una volta al mese. E la povertà alimentare porta con sé un evidente elemento di socialità, una fame di relazione, di ascolto».
Se si sposta il focus sui giovani, l’Istat fotografa un 17,8% di under 35 – quasi uno su cinque – che dichiara di non potersi permettere un’alimentazione adeguata. «Questo perché – spiega Andrea Fanzago, responsabile Area povertà alimentare di Caritas Ambrosiana – è frequente che siano ancora precari. Entrano ed escono dallo stato di povertà perché non c’è un reddito sicuro».
Milano, come altre grandi città, non fa eccezione e proprio Caritas Ambrosiana – seppure segnali un lieve calo – tra le prime dieci richieste di aiuto, al primo posto, registra quelle per il cibo: nell’anno 2024 ne sono state erogate 24.003. «Il profilo della persona che si rivolge a noi – continua Fanzago – è quello del lavoratore povero, persone o famiglie che hanno un reddito ma che con gli attuali costi della vita, l’inflazione, l’aumento delle bollette, degli affitti, dei mutui, si trovano in una situazione di precarietà».
Quanto al fattore geografico, la prevalenza dell’insicurezza alimentare moderata o grave è maggiore nelle grandi città
(1,6%), mentre le zone rurali o scarsamente popolate risultano meno esposte (0,9%). Significativo il divario tra Nord, Sud e Centro: l’indicatore di insicurezza grave o moderata va dal 2,7% del Meridione, allo 0,6% del Nord e allo 0,8% del Centro.
In molte di queste situazioni ci si rivolge alle reti di aiuto: Banco Alimentare indica circa 1,75 milioni di persone assistite e oltre 90.000 tonnellate di aiuti. Nella Diocesi di Milano, la Caritas ha raggiunto grazie ai suoi empori oltre 6.300 nuclei familiari e ha servito circa 27 mila pasti serali.
Nell’anno 2024, il comune di Milano, insieme alla rete degli Hub Aiuto Alimentare, ha recuperato 795 tonnellate di cibo (615 nel 2023), che hanno raggiunto 14.973 nuclei familiari tra cui 3.867 minori.
Numeri preziosi che non possono bastare, ma che servono da monito alla politica. «Meno bonus a pioggia dal governo – precisa Fanzago – e più investimenti strutturali per affrontare le criticità, a partire da quella abitativa. Come Diocesi di Milano abbiamo dato una mano con il fondo Schuster, (iniziativa del dicembre scorso per sostenere il diritto alla casa, ndr) ma non è compito di Caritas risolvere il problema. Possiamo tutt’al più suggerire una soluzione. Certo è che se si alleggerisce il carico sull’abitare, si può provare a tamponare le altre emergenze».
(da La Stampa)
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Novembre 9th, 2025 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DELLA DIFESA BORIS PISTORIUS: “LA RUSSIA SI STA PREPARANDO PER UN’ALTRA GUERRA. NON È ALLARMISMO QUANDO DICO CHE IL NOSTRO STILE DI VITA È IN PERICOLO”
Il ministro della Difesa Boris Pistorius (SPD) ha detto chiaramente al termine di una conferenza dell’esercito a Berlino, riferendosi ad attacchi informatici e campagne di disinformazione, che “sono segnali premonitori. Non si tratta più di scenari astratti. La Russia si sta preparando per un’altra guerra” e “non è allarmismo quando dico che il nostro stile di vita è in pericolo”.
In un video messaggio il Cancelliere Merz ha sottolineato “non abbiamo tempo da perdere” annunciando “vogliamo fare delle Bundeswehr l’esercito convenzionale più forte dell’Unione Europea, come si addice a un Paese delle nostre dimensioni e delle nostre responsabilità”.
Il governo tedesco vuole ristrutturare radicalmente le forze armate. In un’intervista alla ZdF anche il CEO di Rheinmetall Armin Papperger ha attestato che i programmi intrapresi dal Governo, per numero di veicoli e quantità di munizioni acquistate, condurranno la Germania ad avere l’esercito convenzionale più forte d’Europa entro il 2029.
Restano però ancora irrisolti problemi legati al reclutamento, espansione delle capacità di alloggio e addestramento. A fine ottobre il Ministero della difesa ha disposto la sospensione della conversione di 187 immobili militari a scopi civili e bloccato la dismissione di altri 13 ancora gestiti dalle forze armate.Le truppe attive nell’esercito tedesco contano poi 182.357 soldati in
uniforme e 81.073 civili, ma per coprire le necessità NATO è fissata una soglia di 260mila soldati in uniforme e 200mila riservisti entro il 2035. Il Ministro della difesa Boris Pistorius (SPD) pianifica l’invio di una lettera a tutti i militari temporanei e di carriera, incoraggiandoli a prolungare il loro servizio, e invitare gli ex soldati ad entrare nelle riserve.C’è peraltro ancora contrasto sul modello di nuovo reclutamento: a base volontaria individuato dal Ministro, o pieno ritorno alla coscrizione obbligatoria auspicato dalla CDU/CSU e ribadito ancora recentemente da Thomas Röwekamp (CDU), presidente della Commissione difesa del Bundestag.
L’Ispettore Generale delle forze armate Carsten Breuer si è speso invece per un ritorno alla coscrizione obbligatoria senza sorteggi; deve essere garantito che la Russia non creda di poter vincere una guerra con la NATO, “la guerra in Ucraina è la nostra maestra”.
Contrari alla coscrizione però rappresentanti giovanili, come Daniela Broda presidentessa del Consiglio federale tedesco della gioventù (DBJR). La legge dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2026; il Bundestag ha già tenuto la prima lettura ed il 10 novembre è prevista un’audizione parlamentare con esperti.
Rheinmetall già lo scorso anno ha realizzato un fatturato di circa 9,8 miliardi di euro e con l’acquisizione quest’anno dei quattro cantieri navali della Naval Vessels Lürssen (NVL) di Brema, Wolgast, Amburgo e Wilhelmshaven, che producono anche fregate e corvette per la Marina tedesca, ha aggiunto ancora circa 1 miliardo di euro.
Friedrich Lürssen, capo della holding dell’omonima azienda a conduzione familiare, ha dichiarato di aver voluto aprire con la cessione la strada al consolidamento dell’industria della difesa tedesca.
La NATO deve inoltre rafforzare il fianco orientale e Rheinmetall sta costruendo due stabilimenti in Bulgaria e uno in Romania. L’azienda ha poi anche appena inaugurato i lavori di una fabbrica di munizioni in Lituania. L’azienda di Düsseldorf svolge ormai un ruolo cruciale nel settore delle munizioni così come in quello dei veicoli per proteggere il fianco orientale dell’Alleanza.
È coinvolta anche nella produzione del caccia statunitense F-35 e produce droni e presto satelliti militari. Uno stabilimento di componenti per l’industria automobilistica a Neuss viene gradualmente convertito alla produzione in una joint venture con la finlandese Iceye Space Solutions; Rheinmetall detiene il 60% e la società finlandese il 40%.
(da agenzie)
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Novembre 9th, 2025 Riccardo Fucile
I LEGAMI TRA GHIGLIA E META, IPOTESI DANNO ERARIALE
Oggi Report manderà in onda la terza puntata sul funzionamento del Garante della Privacy
esecondo quanto riferisce oggi il Corriere della Sera c’è nervosismo negli uffici di Piazza Venezia. Il programma di Ranucci vuole raccontare stasera di alcune foto del membro del Collegio, Agostino Ghiglia, che avrebbe incontrato Angelo Mazzetti, responsabile istituzionale di Meta in Italia, alla vigilia della decisione su una multa milionaria. L’Autorità per la Privacy ha già definito l’inchiesta «destituita di ogni fondamento, frutto o di una scarsa conoscenza della materia o, peggio, di mala fede», e ha chiesto che la Rai «si astenga dal trasmettere, nei termini annunciati, il servizio». Ma c’è di più, ovvero un interesse della Corte dei Conti proprio su questo argomento.
L’ipotesi del danno erariale
«La Corte del conti ci ha già chiesto informazioni», spiegano da Report. Perché, secondo il pezzo di Antonella Baccaro sul
Corriere, la magistratura contabile, che ha appena bocciato il Ponte sullo Stretto, potrebbe occuparsi di un possibile danno erariale sulla vicenda, provocando l’ennesimo scontro. La
multa non irrogata a Meta potrebbe configurare un danno di 44 milioni per lo Stato. Un’ipotesi rafforzata in un messaggio di un membro dell’Autorithy, in disaccordo con l’eliminazione della multa nei confronti della big tech. «Non lo dice Report che с’è un possibile danno erariale, ma lo dice lo stesso membro del Garante nella persona della professoressa Ginevra Cerrina Feroni», spiega Ranucci, che tira dritto rispetto alla richiesta di fermare la messa in onda del servizio.
(da agenzie)
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Novembre 9th, 2025 Riccardo Fucile
CHIARA COLOSIMO (FDI) E LA FOTO SCATTATA NEL 2015
«Stiamo lavorando con nonno Benito per creare il nostro angolo di relax». Sopra una piccola statuetta di Benito Mussolini, in posa e sorridenti c’è Pamela Perricciolo, manager dell’agenzia
Aicos per la gestione dei personaggi televisivi. Accanto a lei Chiara Colosimo, presidente della commissione parlamentare Antimafia ed esponente di FdI.
A scoprirla, nel profilo social della stessa Perricciolo con tag annesso a Colosimo, il programma d’inchiesta Report, che a questa storia dedicherà un servizio nella puntata di domenica 9 novembre. «Francamente ho fatto una stronzata», ha ammesso la politica al microfono della trasmissione. Poi ha ribadito: «Decisamente una stronzata».
L’imbarazzo di Colosimo e le «simpatie» per Mussolini
La foto è stata data in pasto ai social dieci anni fa, nel 2015, quando Chiara Colosimo aveva appena terminato una legislatura da consigliera regionale ed era stata candidata al Parlamento. Davanti alla foto, la presidente della commissione Antimafia è rimasta praticamente senza parole: «Mi dispiace moltissimo, perché io ho fatto il mio primo viaggio della memoria a scuola e da allora non ho mai avuto simpatie per Benito Mussolini. Credo che non gli si possano mai perdonare le leggi razziali», ha spiegato. «Sinceramente sono meravigliata anche di averla fatta perché non è nel mio stile, anzi, detto tra di noi sono sempre stata quella più esterna a queste cose».
I precedenti, dal video nella sede ex Msi e alla foto con Ciavardini
Non è però la prima volta che Chiara Colosimo viene pizzicata con simboli o persone vicine all’estrema destra. In un video girato nella sezione dell’ex Movimento sociale alla Garbatella, la
politica di FdI compariva davanti a un gigantesco murales di Cornelio Codreanu, fondatore del gruppo romeno Guardia di Ferro. Poi spuntò anche un suo scatto al fianco di Luigi Ciavardini, ex terrorista nero dei Nar tra i condannati in via definitiva per la strage di Bologna del 1980.
In quell’occasione, i familiari delle vittime dell’attentato protestarono contro la sua nomina a presidente della commissione Antimafia. «Mi dispiace che quella foto sia stata letta come un’adesione alle sue idee, non è così», ha spiegato Chiara Colosimo. Che ha ribadito la sua lontananza da qualunque istanza di revisionismo riguardo al processo: «C’è una sentenza, punto. Non abbiamo nulla a che fare con episodi che condanniamo e condanneremo».
Il legame con lo zio Paolo e i suoi legami con mafia ed estrema destra
A far discutere è stato, ed è ancora, il rapporto con lo zio Paolo Colosimo, avvocato penalista condannato per una truffa da due miliardi di euro organizzata in collegamento con la ‘ndrangheta e con alcuni ambienti dell’estrema destra della Capitale. Chiara Colosimo ha sempre detto di aver preso le distanze dallo zio dal 2010, quando l’uomo venne arrestato.
Secondo Report, invece, nel 2014 la deputata avrebbe fatto da tramite tra l’agenzia Aicors e lo studio legale dello zio: «Non ho mai fatto da intermediaria, avrò solo girato una mail. Io non ho mai incontrato mio zio», si è difesa.
(da agenzie)
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Novembre 9th, 2025 Riccardo Fucile
PER FAR FRONTE ALLA CARENZA DI PERSONALE, IL CREMLINO VUOLE RISCRIVERE LE REGOLE SUL RECLUTAMENTO DEI RISERVISTI E SULLA COSCRIZIONE PER LA LEVA (PERMANENTE TUTTO L’ANNO, INVECE DI CONCENTRARLA IN DUE TORNATE SEMESTRALI)
La “mobilitazione” è una parola proibita nel lessico politico russo, dopo che Vladimir Putin
nell’autunno del 2022 aveva proclamato quella “parziale”, con il risultato di mandare al fronte circa 300 mila reclute, e di spedire qualche milione di uomini russi ad accalcarsi ai valichi di frontiera nel tentativo di fuggire all’estero.
Nel 2022-25 sul fronte dell’invasione in Ucraina sono stati inviati – secondo fonti ufficiali del governo russo – circa 1.630.000 uomini: 540 mila nel 2023, 440 mila nel 2024 e 340 mila circa per la fine di quest’anno. Dopo la scottatura della mobilitazione “parziale”, il Cremlino per la prima volta nella Storia ha cominciato a pagare, e bene, chi si arruola per andare a uccidere e morire su ordine di Vladimir Putin.
Il problema è che allo scadere del quarto anno di guerra, il fiume di “cittadini spinti ad arruolarsi da circostanze sfavorevoli” – come chiama eufemisticamente il ministero della Difesa russo i suoi mercenari – si sta esaurendo. Come si stanno esaurendo i fondi per pagarli: diverse regioni russe hanno già tagliato questo autunno i bonus per i volontari, e l’esercito ha rivisto al ribasso i premi per i feriti e le famiglie dei caduti.
Il fronte del Donbas ha macinato, secondo varie stime, più di un
milione di uomini, di cui almeno 145 mila morti, e un numero imprecisato di feriti e mutilati. La quantità di russi disposti a giocarsi le gambe (o la vita), anche in cambio di due mila euro al mese, si sta visibilmente riducendo, insieme ai fondi per incentivarli. E lo spettro della mobilitazione torna inevitabilmente nei discorsi dei militari.
Uno dei primi passi potrebbe essere una mobilitazione “strisciante” che passa dai riservisti. Il 4 novembre scorso la Duma ha approvato con procedura celere una legge che autorizza il reclutamento dei riservisti dell’esercito in «addestramento speciale per proteggere le infrastrutture critiche».
Tradotto in termini pratici, significa che i circa due milioni di iscritti al BARS – la riserva combattenti strategica dell’esercito russo – potranno venire convocati a montare la guardia in raffinerie, fabbriche, magazzini militari e centrali elettriche diventati bersaglio degli attacchi ormai regolari dei droni ucraini. Non proprio una soluzione
Gli ucraini temono però che i 2 milioni di riservisti – un numero sul quale peraltro gli esperti militari interpellati dal Moscow Times hanno grosse perplessità – potrebbero venire inviati al fronte, in una mobilitazione che il Cremlino non vuole chiamare con il suo vero nome, ma la cui necessità si sta rendendo sempre più inevitabile se Putin vuole proseguire l’offensiva di terra.
Secondo i calcoli dell’analista militare ucraino Oleksandr Kovalenko, nel 2026 i russi potranno mettere insieme ancora 350 mila volontari, tra detenuti e «cittadini disagiati gravati da
numerosi crediti in assenza di prospettive di guadagno stabile» (un altro eufemismo dei burocrati militari di Mosca).
A questi potrebbero aggiungersi circa 50 mila migranti dell’Asia Centrale, trasformati in cittadini russi per venire mandati al fronte, e un numero simile di mercenari nordcoreani, africani o latinoamericani. Questo senza contare i soldati di leva, circa 250-300 mila ogni anno: è vero che la legge proibisce di mandargli in guerra, ma molti di loro subiscono pressioni per firmare un contratto da “volontari” subito dopo aver completato l’addestramento.
Una mobilitazione “ibrida”, come la definisce Kovalenko, che farebbe leva non più sulla carota dei soldi, e della grazia per i detenuti, ma anche sul bastone delle nuove leggi votate dalla Duma, quella sul reclutamento dei riservisti e quella che rende la coscrizione per la leva permanente tutto l’anno, invece di concentrarla in due tornate semestrali.
«Nessuno parla di mobilitazione», smentisce il ministro della Difesa, che precisa che la legge sui riservisti non permetterà il loro impiego fuori dai confini della Russia. Ma Putin considererà almeno cinque regioni dell’Ucraina, occupate in tutto o in parte dalle sue truppe, come “territori russi”, dove eventuali nuove reclute potrebbero servire se non altro a sostituire i reparti di combattimento in compiti di presidio del territorio.
(da La Stampa)
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Novembre 9th, 2025 Riccardo Fucile
CRESCE IL LAVORO NERO E RIGUARDA SOPRATTUTTO I SERVIZI DOMESTICI E ALLA PERSONA CON IL 39% DI IRREGOLARI. SEGUE L’AGRICOLTURA CON IL 17%, IL COMMERCIO E LA RISTORAZIONE CON IL 14,5%, LE COSTRUZIONI CON IL 12% … I LAVORATORI IRREGOLARI ARRIVANO 2,9 MILIONI
L’economia sommersa continua a rappresentare una parte significativa della ricchezza prodotta in Italia. Nel 2022 ha generato 182,6 miliardi di valore aggiunto, in aumento del 10,4% rispetto all’anno precedente, secondo la Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva pubblicata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Una crescita che riporta il sommerso ai livelli pre-pandemia e che rappresenta oltre il 9% del Pil, pressoché stabile rispetto al 2021.
Il gap complessivo tra imposte e contributi dovuti e quelli effettivamente versati — la misura dell’evasione — è stato stimato tra 98,1 e 102,5 miliardi, in leggero calo rispetto agli anni precedenti.
Rispetto al 2019, l’incidenza del sommerso sul Pil si riduce di 0,6 punti percentuali e di 1,7 rispetto al 2011. Il Mef attribuisce questo andamento al rafforzamento dei controlli e alla digitalizzazione, in particolare con la fatturazione elettronica. quasi un’attività su undici sfugge al fisco.
L’evasione rialza la testa tornando sopra la soglia psicologica dei 100 miliardi di euro di imposte non incassate. Irpef, Irap, contributi previdenziali, tasse locali, Iva, affitti, sono le tasse evase in Italia. Cresce il lavoro nero e riguarda soprattutto i servizi domestici e alla persona con il 39% di irregolari. Segue l’agricoltura con il 17%, il commercio e la ristorazione con il 14,5%, le costruzioni con il 12%. Le unità di lavoro irregolari arrivano 2,9 milioni
È la fotografia contenuta nell’ultima Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione del ministero dell’Economia. Il sommerso si concentra soprattutto nel Mezzogiorno e gli unici evasori che si riducono sono quelli del canone Rai.
Nel 2022, ultimo anno per il quale sono disponibili le informazioni, il gap complessivo (tributario e contributivo) è risultato compreso fra 98,1 e 102,5 miliardi, con un incremento rispetto all’anno precedente di circa 3,5 miliardi.
L’evasione contributiva si attesta tra gli 8 e gli 11 miliardi, mentre le mancate entrate tributarie sono intorno ai 90 miliardi. In crescita l’evasione dell’Irpef da impresa e lavoro autonomo, dell’Irap, dell’Iva, dell’Ires. Aumenta l’evasione sugli affitti che, dopo il calo avvenuto nel corso della pandemia, risale a 875 milioni (dai 625 milioni del 2021). In controtendenza gli evasori del canone Rai, che scendono a 1,56 milioni, dagli 1,7 del 2021. Grazie all’introduzione nel 2016 del canone nella bolletta elettrica si è riusciti ad abbattere «drasticamente» il numero degli evasori della tv pubblica – evidenzia la relazione – che nel 2011 erano oltre 7 milioni.
Complessivamente il valore aggiunto generato dall’economia sommersa si è attestato a 182,6 miliardi, su valori vicini a quelli osservati nell’imminenza della crisi pandemica e in crescita del 10,4% rispetto al 2021 (165 miliardi). L’incidenza sul Pil è rimasta stabile, passando al 9,1% dal 9% del 2021.
Aumenta il peso delle sotto-dichiarazioni (ovvero quando si dichiarano meno redditi di quelli realizzati), che salgono al
55,6% dell’economia sommersa; il peso del lavoro irregolare si attesta al 38% mentre restano invece più limitate le altre componenti (mance, fitti non dichiarati e integrazione domanda-offerta) che raggiungono il 6,4%.
L’incidenza dell’economia non osservata è molto alta nel Mezzogiorno – 16,5% del valore aggiunto complessivo – seguita dal Centro dove il peso si attesta all’11,7%. Sensibilmente più contenute, e inferiori alla media nazionale, le quote raggiunte nel Nord Est e nel Nord Ovest (9,4% e 8,9%). A livello regionale l’incidenza del sommerso sul Pil oscilla tra il 19,1% della Calabria e il 7,7% della Provincia autonoma di Bolzano.
Ma se si considera il contributo che ciascuna regione apporta al totale nazionale del sommerso, è la Campania a registrare valori superiori alla media nazionale.
(da La Stampa)
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Novembre 9th, 2025 Riccardo Fucile
CHI PAGHEREBBE E CHI SAREBBE ESCLUSO
Ma cos’è la patrimoniale e come funziona? La patrimoniale è un’imposta che colpisce la
ricchezza detenuta, non il reddito prodotto; può riguardare beni immobili, titoli, conti correnti, azioni e altre forme di patrimonio finanziario. In Italia non esiste una patrimoniale generale, ma alcune imposte possono essere considerate “parziali”: l’Imu sugli immobili, l’imposta di bollo sui conti e la tassa sulle successioni ne sono esempi. La proposta della Cgil rientrerebbe nella categoria delle patrimoniali straordinarie, limitate ai grandi patrimoni e pensate per generare risorse in momenti di crisi economica. L’obiettivo dichiarato è alleggerire il peso fiscale sulle classi medie e basse, chiedendo un contributo proporzionale a chi detiene una quota molto elevata della ricchezza nazionale.
Chi pagherebbe e chi sarebbe escluso
Il punto centrale della proposta è la selettività: la tassa riguarderebbe solo chi possiede patrimoni superiori ai due milioni di euro netti, una soglia che esclude la stragrande maggioranza degli italiani. La platea potenziale sarebbe di circa mezzo milione di persone, pari a meno dell’1% della popolazione.
Secondo la Cgil, si tratta quindi di un contributo di solidarietà sui grandi patrimoni non una tassa punitiva ma una misura di giustizia redistributiva: chiedere di più a chi ha di più per sostenere servizi pubblici essenziali e alleggerire il peso su lavoratori e pensionati. Non un attacco al ceto medio, ma un tentativo di ristabilire equilibrio in un sistema in cui la ricchezza si concentra sempre più in poche mani.
Chi sono davvero i “super-ricchi”
Quando si parla di patrimoni da due milioni di euro in su, non si fa infatti riferimento ai risparmiatori benestanti, ma a una ristretta élite economica: è importante ricordare che in Italia meno dell’1% della popolazione controlla una quota di ricchezza superiore a quella posseduta complessivamente dal 70% dei cittadini. È a questa fascia che si rivolge la proposta di una patrimoniale selettiva: quindi non a chi possiede una casa di valore o qualche risparmio, ma a chi dispone di ricchezze tali da generare rendite elevate indipendentemente dal lavoro.
Il dibattito sulla patrimoniale, la tassa che colpisce la ricchezza accumulata, torna ciclicamente in Italia ogni volta che le finanze
pubbliche si fanno più fragili o che cresce la distanza tra chi ha molto e chi fatica ad arrivare a fine mese. L’ultima fiammata è arrivata con la proposta del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, di introdurre un contributo straordinario dell’1% sui patrimoni superiori ai due milioni di euro. Secondo il sindacato, una misura del genere garantirebbe fino a 26 miliardi di euro di entrate da destinare a sanità, scuola e lavoro.
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Novembre 9th, 2025 Riccardo Fucile
IL GENERALE NON AVEVA CAPITO NULLA DELL’ITALIA CHE PENSAVA DI AVERE CONQUISTATO. NON SAPEVA CHE LA CELEBRITÀ DEL ‘SIGNOR QUALUNQUE’ DURA 15 MINUTI MA LO TRASFORMA PER SEMPRE IN UN ALLAMPANATO DAL SUCCESSO
Va tutto al contrario al fondatore de “Il mondo al contrario”. Sempre più numerosi aficionados saltano giù dal suo movimento nel Carroccio. A cominciare dalla ex fedelissima Stefania Bardelli, la Bersagliera, delusa dall’alto ufficiale reo di aver abbandonato le truppe e di vedere “il mondo troppo dritto” e troppo leghista. Stefania dal Carroccio forse passerà al carretto di Democrazia sovrana popolare dell’ex comunista Marco Rizzo.
Gli altri reprobi sono Umberto Fusco, ex senatore, creatore della fondazione viterbese “Noi con Vannacci”, Fabio Filomeni, seguace di un originale terzetto, che va da Hugo Chavez a Gennaro Sangiuliano e a Putin, e che ha abbandonato la poltrona di presidente del “Mondo al contrario” insieme al suo Norberto De Angelis.
Si aggiunge Paola De Franceschi, autrice de “La scuola al contrario” con prefazione, è ovvio, di Vannacci: altri tempi! L’elenco potrebbe continuare. Vannacci amari! Un generalissimo circondato da disertori.
Per dirla vannacciamente il generale non aveva capito nulla dell’Italia che pensava di avere conquistato. Non sapeva che la celebrità del “signor qualunque” dura 15 minuti ma lo trasforma per sempre in un allampanato dal successo. Non aveva provato la legge del menga e la velocità delle folle che se la squagliano
appena si intravede la malaparata. Povero generale, ora sa che si vince in tanti ma si perde soli, che a parte la pernacchia finale non c’è niente di lui che sarà ricordato, perché non c’era nulla di più ordinario del suo mondo al contrario.
(da La Repubblica)
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Novembre 9th, 2025 Riccardo Fucile
L’INTERRUZIONE PARZIALE DELLE ATTIVITÀ DEL GOVERNO HA LASCIATO DECINE DI MIGLIAIA DI PERSONE SENZA STIPENDIO, CAUSANDO CARENZA DI PERSONALE NEGLI AEROPORTI… LA SITUAZIONE POTREBBE DIVENTARE DRAMMATICA LE PROSSIME SETTIMANE, CON L’ARRIVO DELLA FESTA DEL RINGRAZIAMENTO
Oltre mille voli sono stati cancellati negli Stati Uniti a causa delle riduzioni entrate in vigore in
40 aeroporti americani ad alto traffico in quello che i funzionari definiscono un tentativo di alleviare la pressione derivante dallo shutdown record del governo Usa, iniziato il primo ottobre. Lo riferisce la piattaforma di tracciamento di voli FlightAware.
A partire da ieri la Faa, l’Amministazione Federale dell’Aviazione, ha ordinato una riduzione dei voli del 4%, che aumenterà al 6% entro l’11 novembre, all’8% entro il 13 novembre e al 10% entro il 14 novembre, spiega l’Nbc News. Tra i 40 aeroporti ad alto impatto figurano Chicago, l’area di New York, Washington, Atlanta e Dallas-Fort Worth.
Finora la United Airlines ha cancellato 184 voli ieri, ne cancellerà 168 oggi, altri 158 voli domani e 190 voli lunedì. La compagnia aerea opera 4.500 voli al giorno. L’American Airlines, che gestisce 6.000 collegamenti al giorno, ha cancellati 220 voli al giorno da iei a lunedì. La Southwest, che gestisce 4.000 voli giornalieri, ha cancellato 120 voli ieri, poco meno di 100 voli oggi e 150 domani. La Delta ha cancellato 170 voli ieri, ma non ha reso noto quanti collegamenti saranno soppressi nei giorni successivi.
Riducendo i voli, la Faa “ridurrà il rischio potenziale che un controllore di volo oberato di lavoro, o una struttura con personale insufficiente, commetta un errore e faccia scontrare due aerei”, ha affermato Jeff Guzzetti, esperto del National Transportation Safety Board e della Faa. Questo, tuttavia, “costa molto alle compagnie aeree e al commercio. E causa enormi disagi ai viaggiatori”.
La Corte suprema ha accolto il ricorso presentato dal presidente americano Donald Trump e gli ha quindi permesso di sospendere in parte l’erogazione di sussidi alimentari per novembre, trattenendo circa quattro miliardi di dollari. Il giudice Ketanji Brown Jackson ha quindi bloccato provvisoriamente un’ordinanza emessa dal giudice distrettuale statunitense John McConnell che imponeva che i pagamenti venissero effettuati entro ieri sera, nonostante lo shutdown.
(da agenzie)
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