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ANCHE I MUSICISTI DEL TEATRO COLON DI BUENOS AIRES SI RIBELLANO PER LA NOMINA DI BEATRICE VENEZI A DIRETTORE DELL’ORCHESTRA STABILE: “HA UN’ESPERIENZA MOLTO LIMITATA E NON SIAMO STATI CONSULTATI”

Novembre 12th, 2025 Riccardo Fucile

L’INCARICO A VENEZI RISALE A UN ANNO FA, CHE RUOLO HA AVUTO L’AMBASCIATA ITALIANA NELL’INCARICO AL COLON?

Al Teatro Colón di Buenos Aires, la direzione è stata affidata un anno fa a un team di stranieri, la maggior parte dei quali risiede ancora nei propri Paesi d’origine e dunque lavora “a distanza”.
La stagione lirica è stata ridotta a cinque o sei produzioni, di cui una in forma di concerto; in passato il Colón offriva dieci opere per stagione (e in certi periodi arrivava fino a trenta).
Poi sono arrivate le nomine a direttori principali di Beatrice Venezi (Orchestra Stabile) e Zoe Zeniodi (Filarmonica di Buenos Aires), nonostante la loro esperienza molto limitata e il fatto che i musicisti dei rispettivi ensemble non siano stati consultati. Da mesi questi ultimi chiedono la rimozione di entrambe dalle loro posizioni.
Dopo la notizia che un direttore d’orchestra argentino con esperienza internazionale, Alejo Pérez, diventerà direttore musicale del Colón il prossimo anno, scoppia un nuovo scandalo. Sono stati resi pubblici documenti del Governo della Città di Buenos Aires che mostrano un pagamento di 30.000 dollari a Alejo Pérez “per le prove preparatorie di Otello, dal 1° al 10 ottobre 2025”.
È la prima volta nella storia del Colón che un contratto viene pagato a un direttore musicale che non ha ancora assunto l’incarico, e anche la prima volta che viene effettuato un pagamento per “prove preparatorie” di un’opera che sarà rappresentata l’anno successivo.
Norman Lebrecht
per https://slippedisc.com/

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BENI ALIMENTARI: DAL 2021 AD OGGI AUMENTI DEL 25%, ALTRO CHE INFLAZIONE CALCOLATA

Novembre 12th, 2025 Riccardo Fucile

DALLA FRUTTA ALLE UOVA: ECCO I CIBI CHE DIVENTANO SEMPRE PIU’ CARI

Nel giro di cinque anni, i prezzi dei beni alimentari hanno subìto in Italia un’impennata di quasi il 25%, ben superiore al tasso di inflazione generale. Lo rende noto l’Istat nella nota sull’andamento dell’economia, precisando che l’aumento si deve soprattutto allo “shock” sui listini dell’energia del 2022 e 2023. Lo rendo noto l’Istat nella nota sull’andamento dell’economia di novembre. «Da ottobre 2021 a ottobre 2025 – scrive l’istituto di statistica – i beni alimentari hanno registrato aumenti di prezzo del 24,9%, un incremento superiore di quasi 8 punti percentuali rispetto a quanto evidenziato nello stesso periodo dall’indice generale dei prezzi al consumo armonizzato (+17,3%)».
Record di aumenti per frutta e verdura
L’istituto nazionale di statistica rivela che i prezzi degli alimentari freschi sono aumentati più di quelli lavorati (rispettivamente +26,2% e +24,3%). L’incremento più ampio è per i prodotti vegetali (+32,7%), seguiti da latte, formaggi e uova (+28,1%) e pane e cereali (+25,5%). Guardando alla curva nel tempo, i prezzi degli alimentari iniziano a crescere nella seconda metà del 2021, subiscono un’impennata dall’inizio del 2022 fino alla metà del 2023, e continuano ad aumentare, seppure a tassi più moderati, anche nel periodo successivo.
Il confronto con il resto d’Europa
L’impennata dei beni alimentari non ha riguardato solo l’Italia. Anzi, altri Paesi europei sono stati colpiti anche con maggiore intensità. Tra il 2021 e il 2025, i prezzi del cibo sono aumentati del 29% per l’area euro, del 32,3% tra i 27 Paesi Ue, del 32,8% in Germania, del 29,5% in Spagna e del 23,9% in Francia.
«Le cause dell’eccezionale crescita dei prezzi dei prodotti alimentari in Italia sono individuabili in una combinazione di fattori, di natura soprattutto esterna, che hanno determinato forti aumenti soprattutto nei prezzi internazionali degli input produttivi del settore alimentare. I fattori interni hanno invece agito in misura più limitata e, in particolare negli anni più recenti», spiega l’Istat.
L’impatto del Covid e del clima
Dietro i rialzi dei beni alimentari, insomma, non si nasconde una singola causa. Innanzitutto, c’è la forte crescita della domanda nella fase di ripresa economica post-Covid, che ha creato frizioni nell’approvvigionamento dovute a un periodo di riassestamento delle catene globali dopo la pandemia. Questo, a sua volta, ha portato a una contrazione dell’offerta a livello mondiale, dovuta anche all’intensificarsi degli eventi meteo estremi resi sempre più frequenti dai cambiamenti climatici.
(da agenzie)

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SI METTE MALE PER DONALD TRUMP, LA RIVELAZIONE BOMBA DEL “DAILY MAIL”: LA DONNA CON CUI IL PRESIDENTE AMERICANO AVREBBE PASSATO DELLE ORE A CASA DI JEFFREY EPSTEIN È… VIRGINIA GIUFFRE’, PRINCIPALE ACCUSATRICE DEL FINANZIERE PEDOFILO

Novembre 12th, 2025 Riccardo Fucile

NEL 2011, EPSTEIN SCRISSE UNA MAIL ALLA SUA “APE REGINA”, GHISLAINE MAXWELL, IN CUI RACCONTAVA DELL’INCONTRO TRA TRUMP E VIRGINIA GIUFFRE’ (CHE SI È SUICIDATA LO SCORSO APRILE) … LE MAIL, CON I NOMI CENSURATI, SONO STATE SCODELLATE DALLA COMMISSIONE DI VIGILANZA DELLA CAMERA USA, MA IL TABLOID INGLESE HA PUBBLICATO LA LETTERA RIVELANDO IL NOME DELLA RAGAZZA … LA DOMANDA È: CHE FARA’ TRUMP DAVANTI ALLO SCANDALO SESSUALE?

Epstein affermò che Trump trascorse ore a casa sua con Virginia Giuffre Jeffrey Epstein sostenne che Donald Trump aveva trascorso ore a casa sua con Virginia Giuffre, ha appreso il “Daily Mail”.
Il finanziere pedofilo citò più volte Trump in una serie di email inviate a Ghislaine Maxwell e allo scrittore Michael Wolff nel corso di quindici anni, secondo i messaggi resi pubblici dai Democratici della Commissione di Vigilanza della Camera.
In un’email datata 2 aprile 2011, Epstein scrisse a Trump parlando di una vittima il cui nome era stato oscurato dai Democratici nella versione resa pubblica. Ma il “Daily Mail” ha ottenuto la versione non censurata dell’email, che rivela che Epstein si riferiva a Virginia Giuffre — la quale, nelle sue memorie, ha dichiarato che Trump non fece mai nulla di sbagliato.
Epstein scrisse a Maxwell: «Voglio che tu capisca che il cane che non ha abbaiato è Trump… Virginia ha trascorso ore a casa mia con lui, e non è mai stata menzionata. Capo della polizia, ecc. Sono al 75%.» Maxwell rispose: «Ci stavo pensando anch’io…»
Il contesto del loro scambio non è chiaro. Circa tre anni prima, Epstein era stato incarcerato in Florida dopo essersi dichiarato colpevole di adescamento della prostituzione minorile.
Giuffre, che si è suicidata all’inizio di quest’anno, era stata reclutata da Maxwell nel 2000 mentre lavorava come addetta alla
spa del club Mar-a-Lago di Trump. Aveva 16 anni.
Le comunicazioni sono state pubblicate mercoledì dopo che, all’inizio dell’anno, i Democratici avevano citato in giudizio l’eredità di Epstein.
Trump non ha inviato né ricevuto nessuna di queste email e non è stato accusato di alcun reato in relazione a Epstein o Maxwell.
In un’altra email tra Epstein e Wolff, datata gennaio 2019, il criminale sessuale condannato fa riferimento alla sua espulsione dal club Mar-a-Lago di Trump.
«Trump ha detto che mi ha chiesto di dimettermi», scrisse Epstein, aggiungendo: «Mai stato membro. Ovviamente sapeva delle ragazze, dato che chiese a Ghislaine di smettere».
La Casa Bianca ha dichiarato che Trump aveva bandito il pedofilo da Mar-a-Lago “perché era un pervertito”, e lo stesso presidente ha affermato che Epstein aveva “rubato” giovani donne che lavoravano nella spa.
Trump avrebbe vietato l’accesso a Epstein intorno all’ottobre 2007, secondo i registri del club.
In una terza email, Wolff scrisse a Epstein con oggetto “heads up” (“attenzione”) il 15 dicembre 2015, giorno di un dibattito televisivo delle primarie repubblicane trasmesso dalla CNN.
«Ho sentito che la CNN sta pianificando di chiedere a Trump stasera del suo rapporto con te — o in diretta o subito dopo il dibattito», scrisse Wolff a Epstein.
Epstein rispose: «Se potessimo preparargli una risposta, cosa
pensi che dovrebbe dire?»
Wolff replicò: «Penso che dovresti lasciarlo impiccarsi da solo. Se dice di non essere mai stato sull’aereo o a casa tua, allora ti dà un prezioso capitale politico e mediatico.
«Potrai usarlo per rovinarlo, ottenendo anche un vantaggio positivo per te, oppure, se sembrerà davvero che possa vincere, potrai salvarlo, generando un debito. Naturalmente è anche possibile che, se gli verrà chiesto, dirà che Jeffrey è un brav’uomo che ha avuto un trattamento ingiusto ed è vittima del politicamente corretto, che in un regime Trump sarà messo fuori legge.»
Trump ha rivelato nuovi dettagli sulla sua rottura con Epstein a luglio, dicendo di aver bandito il finanziere da Mar-a-Lago per avergli sottratto dipendenti della spa, inclusa la stessa Giuffre.
Parlando a bordo dell’Air Force One durante un viaggio in Scozia, Trump disse che Epstein aveva assunto due volte lavoratrici del club nonostante fosse stato avvertito, spingendolo a dichiararlo “persona non grata”.
Trump aggiunse che Giuffre “potrebbe essere stata” una delle dipendenti reclutate da Epstein.
La Casa Bianca continua a subire pressioni affinché renda pubblici i documenti del Dipartimento di Giustizia relativi a Epstein.
I Repubblicani della Camera hanno citato in giudizio Ghislaine Maxwell, che sta scontando una condanna a 20 anni, e i suoi
avvocati ora chiedono l’immunità in cambio della sua testimonianza davanti al Congresso.
La Camera dovrebbe tornare a Washington mercoledì per porre fine allo shutdown del governo — e un voto sui documenti Epstein è previsto una volta che i deputati saranno tornati in aula.
(da www.dailymail.co.uk)

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I NOSTRI PARLAMENTARI ORA POSSONO DEGUSTARE UN BEL CONO, A MONTECITORIO ARRIVA IL BANCO DEI GELATI ARTIGIANALI: I DEPUTATI POSSONO ASSAGGIARE SEI GUSTI, MA SOLO IN COPPETTA (DI CERAMICA) PER EVITARE CHE QUALCHE ONOREVOLE SI SPORCHI LA CAMICIA

Novembre 12th, 2025 Riccardo Fucile

IL COSTO? DUE PALLINE TRE EURO E MEZZO, TRE PALLINE UN EURO IN PIÙ …IL SERVIZIO, CHE È STATO VOLUTO DAL FRATELLO D’ITALIA PAOLO TRANCASSINI, È FORNITO DALL’AZIENDA “THE GELATIST”… E I DEPUTATI GOLOSONI SONO SODDISFATTI: “BENE IL LIMONE, CHE È IL PIÙ DIFFICILE. BUONA ANCHE LA NOCCIOLA”

Il cono? «Ma faccia il piacere…». Con il rischio di rovesciare, ops… la pallina alla nocciola sulla cravatta Marinella o Kiton. La coppetta? Meglio. Ma non quelle di carta che si usano in ogni gelateria al mondo: hai visto mai che lascino appiccicose le dita che sfogliano carte di Stato. No, quelle in ceramica della buvette, il bar della Camera dei deputati. Da macedonia.
In breve: ieri è stata la prima seduta d’Aula a Montecitorio con i gelati artigianali. Un nuovo arrivo assai discusso, criticati da (qualcuno a) sinistra, perché li ha voluti il deputato di Fratelli d’Italia Paolo Trancassini, reo anche di aver ristretto i menù di mensa e ristorante a uno solo per tutta la settimana. E simbolo, per i 5 stelle, della Casta che non rinuncia ai suoi privilegi. Va detto che il prezzo non grida vendetta: due palline 3 euro e mezzo, tre palline un euro in più. Normale.
La messa in posa del frigo, due teche che aprono il banco a sinistra entrando nella buvette, è stata rapida. Ma un piccolo problema nell’avvio, un altro piccolo intoppo nel software di gestione della cassa ha suscitato dietrologie persino sul gelato:
«È intervenuta Meloni».
All’inizio, delusione. Si scansiona un Qr code e si apre il fiabesco menù di 26 pagine dei produttori, The Gelatist. In realtà, qui i gusti sono soltanto sei. Hai voglia a sottolineare che i gelati sono gluten-free e alcuni pure vegani. Per le deputate, l’orrore per gli zuccheri surclassa persino quello per i carboidrati: insomma, li mangiano solo i deputati. Non tutti: il leghista Igor Iezzi ha appena perso 35 kg e alla proposta sbarra gli occhi: «Siete dei Lucignoli».
E poi arriva Gianangelo Bof, leghista ed è luce: origini in Val di Zoldo, la culla del gelato italiano, per quarant’anni la sua famiglia è stata proprietaria di una gelateria a Blaubeuren, vicino a Ulm. La recensione è professionale: «Buono!». Bof, vogliamo di più: «Bene il limone, che è il più difficile. Molti ci mettono vari emulsionanti». Tocca alle creme: «Buona anche la nocciola. Anche se i gelati di una volta, con tutti quei tuorli d’uovo, forse non li fa più nessuno…».
(da agenzie)

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LE MANI DEL GOVERNO SULLA LIRICA: CON IL CODICE UNICO DELLO SPETTACOLO, VOLUTO DAL SOTTOSEGRETARIO MAZZI E CHE DOVRÀ ESSERE APPROVATO ENTRO IL 2026 VIA ALLA RIVOLUZIONE

Novembre 12th, 2025 Riccardo Fucile

IN 12 DELLE 14 FONDAZIONI (SCALA E ACCADEMIA DI SANTA CECILIA MANTENGONO LE LORO AUTONOMIE). VIENE DEPOTENZIATA LA FIGURA DEL SINDACO, CHE FINORA È PRESIDENTE DI UN TEATRO, AUMENTA IL PESO DEL MINISTERO NELLE NOMINE … VIENE IMPOSTA UNA LOGICA NAZIONALISTA E DOVRANNO ESSERE VALORIZZATE “LE GRANDI OPERE DELLA TRADIZIONE ITALIANA”

Lo chiamano Codice unico dello spettacolo. La parte preponderante riguarda i teatri d’opera che verranno ridenominati Gran teatri d’opera, non più Fondazioni Liriche. È la riforma del Sistema lirica: in realtà è una rivoluzione.
Con la delega del ministro della Cultura Alessandro Giuli, il sottosegretario Gianmarco Mazzi (viene dalla musica pop, i concerti all’Arena di Verona, Sanremo) ha appena illustrato a sindaci e Regioni il suo progetto; tra due mesi verrà perfezionato nei ministeri della Cultura e dell’Economia, quindi andrà al Consiglio dei ministri e alle due commissioni Cultura di Camera e Senato per diventare legge entro il 31 dicembre 2026. Una
riforma destinata a provocare cambiamenti strutturali, drastici in 12 delle 14 Fondazioni (Scala e Accademia di Santa Cecilia mantengono le loro autonomie).
I teatri lirici (che assorbono 200 dei 420 milioni del Fus, il fondo statale) dovranno coordinare la loro attività «per la valorizzazione delle grandi opere della tradizione italiana», secondo una logica nazional-popolare. Si aggiunge «la riscoperta di nuove opere dei compositori di quella straordinaria epopea» (è scritto proprio così), e non si capisce se si riferiscano a improbabili inediti di Rossini, Donizetti, Verdi e via dicendo.
Il Consiglio Il capitolo delle nomine è centrale. Viene depotenziata la figura del sindaco, che finora è presidente di un teatro ed è il tramite degli interessi dei propri cittadini. Nel Consiglio di indirizzo (Cdu) non avrà più la prerogativa di nominare un suo rappresentante. Il sindaco perde un suo consigliere rispetto a com’è adesso, aumentando il peso del ministero. Nel caso in cui rinunci alla presidenza, subentra il rappresentante del ministero, che avrà due componenti nel Consiglio.
Assunzioni Sorgono nuove figure in organico, con relative assunzioni. I direttori artistici (che dovranno assumere un collaboratore con meno di 35 anni) diventano obbligatori, in più c’è l’obbligatorietà del direttore marketing. Chi ha contribuito a redigere il testo ci dice che si è perseguita la volontà di una sorta di corso di formazione per, appunto, la classe dirigenziale del
futuro, adepti vicino a chi ha le leve del comando, che vuole appunto formare la classe dirigente di domani.
Biglietti I teatri lirici dovranno coordinarsi tra di loro e fare economia di scala garantendo, tra l’altro, «l’incremento dei biglietti venduti attraverso attività di comunicazione e marketing ». Il ministero della Cultura, al verificarsi di determinate situazioni, può inquadrare (ovvero declassare) un Gran teatro a teatro d’opera, che è una nuova categoria nata ora e che nessuno capisce cosa sarà.
Per i contributi statali rimangono più o meno i parametri attuali, ma non sono specificate le percentuali.
In caso di disavanzo, è confermato che i teatri dovranno ridurre l’attività, anche con chiusure temporanee e la trasformazione provvisoria del rapporto di lavoro del personale, da tempo pieno a parziale, per assicurare l’equilibrio economico nell’esercizio successivo.
Le finanze Nel Codice dello spettacolo c’è l’idea che lo Stato finanzia la lirica e dunque «si fa come dico io». È la «narrazione» imposta in tutti i settori di cultura e spettacolo, secondo una logica nazionalista e autarchica. Per i Gran teatri d’opera, via le sperimentazioni, avanti con la tradizione, secondo una logica di appartenenza, più che di visione di uno dei settori più strategici della cultura italiana. All’opera, dicono dai teatri, il rischio è che ci sarà una regia unica: quella del potere.
Mancano parametri culturali analoghi a quelli delle città estere
che contano musicalmente. Mazzi, che prepara la riforma, ha detto: «L’opera nasce popolare, in una società pre-elettrica, l’orchestra doveva dare il suono, oggi lo fanno le basi, poi è nata l’elettricità e sono nate altre forme di canto.
Ho suggerito di lavorare sulla durata che può essere un ostacolo per i giovani, che sono veloci, quando un’opera dura oltre 3 ore diventa eccessivo, per esempio i Pagliacci possono essere dati senza Cavalleria, e favorire l’avvicinamento dei giovani». Si aspettano tante Traviate convenzionali. Si innalzeranno calici su siparietti dipinti. Così com’è formulato il testo, c’è poco da brindare.
(da Corriere della Sera )

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LE RESISTENZE DI SALVINI E I TIMORI DI GIORGETTI, GIORGIA MELONI E’ COSTRETTA A BLOCCARE PER ORA L’ACQUISTO DI ARMI DAGLI AMERICANI DA DESTINARE ALL’UCRAINA E CROSETTO ANNULLA IL VIAGGIO NEGLI USA PREVISTO PER VENERDI’

Novembre 12th, 2025 Riccardo Fucile

DIETRO LA DECISIONE IL “NO” DEL FILO-PUTINIANO SALVINI AGLI AIUTI MILITARI A KIEV (DICHIARAZIONI REGISTRATE CON FASTIDIO DALL’AMBASCIATA AMERICANA A ROMA E SEGNALATE ALLA CASA BIANCA) E LE VALUTAZIONI DEL MINISTRO DEL TESORO, ALLE PRESE CON LA “MANOVRINA”

Una riunione riservata tra Giorgia Meloni e Guido Crosetto. A Palazzo Chigi, nel primo pomeriggio di ieri. Un’analisi dettagliata che ruota attorno all’opzione di acquistare dagli Stati Uniti armi da donare a Kiev.
Al termine, la presa d’atto che al momento non è possibile fornire agli americani tutte le garanzie necessarie per aderire al programma Purl. Quello, per intenderci, che permetterebbe all’Italia di comprare dagli Usa armi da destinare a Kiev.
Dunque, la decisione condivisa: il viaggio di Crosetto a Washington il prossimo 14 novembre per incontrare il segretario alla Difesa Usa Pete Hegseth – si apprende da fonti di massimo livello dell’esecutivo – è annullato. Almeno per il momento. Un indizio, in questo senso, sembra decisivo: sempre venerdì – trapela dalle stesse fonti – il ministro dovrebbe recarsi a Berlino per prendere parte al formato E-5 assieme ai colleghi della
Difesa di Francia, Germania, Regno Unito e Polonia.
Da oggi a venerdì, il quadro può nuovamente cambiare. Ma fino alla tarda serata di ieri, nulla lasciava presagire altri colpi di scena: missione congelata.
La ragione, si apprende dalle stesse fonti, sarebbe da far risalire ai nodi interni che affliggono l’esecutivo Meloni. Due, in particolare. Entrambi conducono fino al vertice della Lega.
La prima è una motivazione tutta politica. E risponde al nome di Matteo Salvini. Le recentissime dichiarazioni contro l’acquisto di armi da destinare all’Ucraina, quelle registrate con fastidio dall’ambasciata americana a Roma e prontamente segnalate alla Casa Bianca, come riportato ieri da Repubblica, avrebbero complicato il viaggio. In questa fase, infatti, l’amministrazione Trump sembra poco incline a concedere agli alleati tentennamenti, sfumature, frenate.
E considera politicamente fondamentale – oltreché conveniente per l’industria bellica Usa – l’adesione dei partner a Purl.
Lo strappo leghista ha dunque messo Palazzo Chigi di fronte a una scelta: sfidare il vicepremier e aderire al programma di acquisti gestito dalla Nato, aprendo una crepa pubblica nella maggioranza, oppure desistere – almeno per ora – anche a costo di assecondare il veto del Carroccio?
Sono riflessioni che hanno impegnato ieri Meloni, Crosetto e il resto dei vertici dell’esecutivo. La seconda valutazione è di ordine economico, anch’essa venata ovviamente di politica. Il viaggio del ministro della Difesa cade (cadeva) infatti in piena
sessione di bilancio, con una finanziaria di austerità ancora da approvare. Per Giancarlo Giorgetti, i margini per derogare al rigido controllo sui conti sono strettissimi, quasi inesistenti. E la portata degli eventuali investimenti in armamenti è poco sostenibile.
Il titolare del Tesoro, che ieri ha incontrato in mattinata Meloni assieme ad Antonio Tajani e allo stesso Salvini (collegato dalla Puglia), ha spiegato riservatamente alla premier un rischio incombente: se il messaggio è di rigore, spendere denaro in armi diventa dannoso per il consenso.
E darebbe fiato a chi all’opposizione – in particolare al Movimento – contesta le spese militari. Come non bastasse, c’è un altro dettaglio a complicare il quadro: Washington insiste per ottenere dall’Italia un incremento significativo degli investimenti in armi e difesa, fino al 5% del pil. È un impegno sancito durante l’ultimo vertice Nato, che Roma giudica difficile da rispettare.
Sono difficoltà che hanno spinto Crosetto ad annullare il viaggio da Hegseth. E questo, nonostante il fatto che l’esecutivo abbia toccato con mano il pressing di Volodymyr Zelensky per acquistare dagli Stati Uniti armi utili alla resistenza ucraina.
(da Repubblica)

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SE NELLA STRISCIA SI VOTASSE OGGI, I MACELLAI DI HAMAS OTTERREBBERO IL 2,9% (MANCO CALENDA!). IL 32,8% SCEGLIEREBBE UN CANDIDATO INDIPENDENTE

Novembre 12th, 2025 Riccardo Fucile

IL SONDAGGIO REALIZZATO ALLA FINE DI OTTOBRE SMENTISCE L’ULTRADESTRA ISRAELIANA CHE IDENTIFICA LA POPOLAZIONE DI GAZA CON I TERRORISTI DEL 7 OTTOBRE… QUATTRO GAZAWI SU CINQUE CONCORDANO CHE HAMAS E ALTRE FAZIONI PALESTINESI DOVREBBERO ACCETTARE QUALSIASI CONDIZIONE PER GARANTIRE LA TREGUA. E QUASI LA METÀ (IL 48,7%) SOSTIENE IL PIANO DI TRUMP. LA MAGGIORANZA SI ASPETTA CHE IL CESSATE IL FUOCO SIA PERMANENTE, MA CIRCA UN QUARTO (24,4%) PENSA CHE NON CI SARÀ UN VERO RITIRO ISRAELIANO

Secondo Soliman Hijjeh, «tutti hanno un piano per la Striscia, ma non include mai le volontà degli uomini e delle donne che ci abitano». Il giornalista di Gaza City dice che ha smesso di perdere tempo con le «opinioni su quello che gli Stati Uniti o Israele vogliono fare di questa terra in cui sono nato».
Ma Soliman eccome se ce l’ha un’opinione. Il progetto americano di costruire 25 mila alloggi per i palestinesi sul lato di Gaza controllato da Israele lo fa infuriare: «La strategia è quella di separarci e rendere permanente la presenza dell’Idf. È tutto inutile, la nostra voce non è ascoltata».
Se le volontà dei gazawi non trovano mai spazio sui tavoli delle trattative, c’è un istituto di ricerca di Ramallah — si chiama The Institute for Social and Economic Progress — che in questi due anni di incessanti bombardamenti si ostina a chiedere ai palestinesi della Striscia «come state?», «cosa volete?».
L’ultimo sondaggio è stato realizzato alla fine di ottobre, a quasi un mese dall’inizio del cessate il fuoco. Racconta che i sentimenti di speranza dichiarati dalla popolazione sono raddoppiati: oggi superano il 70%.
È duplicata anche la percentuale di coloro che ritengono «più vicina» la fine dell’occupazione. Secondo gli intervistati, il merito dell’accordo è di Egitto, Turchia, Stati Uniti e Qatar.
Quattro su cinque (l’80%) concordano che Hamas e altre fazioni palestinesi dovrebbero accettare qualsiasi condizione pe
garantire la tregua. E quasi la metà (il 48,7%) sostiene il piano di Trump. La maggioranza (70%) si aspetta che il cessate il fuoco sia permanente, ma circa un quarto (24,4%) pensa che non ci sarà un vero ritiro israeliano.
Colpiscono i dati politici.
Se domani si potesse votare, un intervistato su tre (32,8%) darebbe la sua «x» a un candidato palestinese indipendente; il 16,3% voterebbe per Fatah; il 31,5% diserterebbe le urne. Ma solo una piccolissima minoranza desidera che Hamas governi Gaza: il 2,9%.
Un numero che smentisce l’ultradestra israeliana che identifica la popolazione di Gaza con i terroristi del 7 ottobre. L’anno scorso, il dato era un po’ più alto: circa il 5% della popolazione avrebbe votato per i jihadisti.

(da corriere.it )

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L’ASSE CON LANDINI, L’AVVICINAMENTO CON BONACCINI E UNA SUA CORRENTE DI VOLTI NUOVI: SCHLEIN PROVA A ROMPERE L’ASSEDIO DEI PADRI NOBILI DEL PD CHE VOGLIONO UNA LINEA POLITICA DISCUSSA COLLEGIALMENTE

Novembre 12th, 2025 Riccardo Fucile

LA RIFORMA ELETTORALE: SE GIORGIA MELONI DOVRÀ RINUNCIARE ALL’INDICAZIONE DEL CANDIDATO PREMIER SULLA SCHEDA, NON CI SARANNO PRIMARIE

Accerchiata dai padri nobili del Pd e da esponenti importanti della sua stessa maggioranza? Elly Schlein giura di non sentirsi sotto assedio. La mia avversaria è Giorgia Meloni».
Ma la segretaria sa bene quali sono i movimenti dentro e attorno al Pd. Tutto è tranne che un’ingenua. Semplicemente, preferisce agire come ha sempre fatto finora. «Una tappa alla volta, dopo le elezioni in Campania, Puglia e Veneto valuteremo il da farsi», dice la leader dem.
In realtà Schlein qualche idea in testa ce l’ha già. Per esempio, convocare una Direzione dopo le regionali, magari in prossimità del convegno di Montepulciano, organizzato dalle correnti di Dario Franceschini, Roberto Speranza e Andrea Orlando, ufficialmente per supportare la segretaria, in realtà per tentare di condizionarla e di non perdere potere dentro il Pd. E indire un’Assemblea nazionale, non più un congresso anticipato perché la preparazione delle assise è troppo macchinosa e lunga e passa, secondo statuto, per le dimissioni della segretaria.
Per la Direzione e l’Assemblea Schlein sa di poter contare su Stefano Bonaccini (è lui che le convoca), in rotta d’avvicinamento alla leader ormai da tempo. Fa assegnamento sul presidente dem, la leader, benché sappia che, come riportava ieri l’ Inkiesta , nel Pd ci sia chi propone di lasciare il partito nelle mani della segretaria e affidare palazzo Chigi a Bonaccini, in caso di vittoria alle politiche.
Ma c’è, in prospettiva, un’altra mossa che la segretaria ha in animo di compiere. La leader è da sempre contraria alla nascita
di una sua corrente, il che però non le impedirebbe di creare un pacchetto di mischia di personalità del Pd a lei vicinissime da contrapporre, all’esterno, ai «vecchi» del partito.
Si tratta di più o meno giovani. Volti già noti, come Francesco Boccia, Gaspare Righi, Marta Bonafoni, Igor Taruffi, Marco Furfaro. Ed emergenti, come l’ex sardina Jasmine Cristallo, il consigliere regionale della Lombardia Paolo Romano, la neo segretaria dei giovani del Pd Virginia Libero, la nuova vice presidente della Toscana, la ventitreenne Mia Diop. In questa squadra Bonafoni e Taruffi giocano un ruolo essenziale per Schlein.
La prima ha il ruolo di scopritrice di giovani talenti. Il secondo, in questo periodo, ha il compito di lisciare le penne agli esponenti del correntone di Montepulciano.
E la segretaria ha pronta anche un’ altra mossa mediatica: la due giorni degli amministratori locali dem prevista per il 14 e il 15 novembre a Bologna, in concomitanza con l’assemblea nazionale dell’Anci.
Un ruolo importante, nella strategia di Schlein, lo gioca anche Maurizio Landini, che la segretaria ha incontrato ieri e con cui ha costruito un rapporto molto più stretto di prima, svincolandolo dall’abbraccio con Giuseppe Conte.
Infine, la riforma elettorale.
Se, come pare, Giorgia Meloni dovrà rinunciare all’indicazione del candidato premier sulla scheda, presumibilmente non ci saranno primarie
Ma al Nazareno non prevedono nemmeno un caminetto in cui i maggiorenti del centrosinistra scelgano il nome di un federatore o federatrice che sia. «A quel punto — dice un parlamentare della maggioranza dem — si faccia come la destra». Ossia, «in caso di vittoria, il leader del partito che prende più voti va a palazzo Chigi».
Ed è difficile, per non dire impossibile, che i partiti attuali, cioè Movimento 5 stelle, Iv e Avs, o una futuribile formazione di centro, riescano a guadagnare più consensi del Pd.
(da Corriere della Sera )

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A DORTMUND UN NEONAZISTA STAVA PROGETTANDO DI ASSASSINARE 20 POLITICI DI SPICCO: NELLA “KILL-LIST”, TRA GLI ALTRI, CI SONO ANGELA MERKEL, OLAF SCHOLZ E ALCUNI MAGISTRATI

Novembre 12th, 2025 Riccardo Fucile

L’UOMO ARRESTATO ERA MEMBRO DEL GRUPPO DI ESTREMA DESTRA “REICHSBURGER” LO STESSO CHE AVEVA PROGETTATO UN GOLPE NEL DICEMBRE 2022

Una lista di politici da uccidere. E una raccolta fondi in criptovalute per finanziare questi attentati. Con queste accuse ieri la polizia ha arrestato a Dortmund un cittadino polacco-tedesco, contestandogli gravi reati contro lo Stato.
Tutta l’operazione di «reclutamento» si è svolta sul Darknet, l’Internet invisibile e raggiungibile con particolari software. E se l’esistenza di questa kill-list era già emersa in passato, ieri si sono saputi i nomi: 20 personalità di spicco della Germania, tra queste gli ex cancellieri Angela Merkel, Olaf Scholz, politici di primo piano, magistrati. Ad alcuni di loro è stato notificato ieri per la prima volta che erano un target.
Il tedesco-polacco, secondo le leggi della privacy, è stato identificato solo con le iniziali, Martin S. non voleva passare personalmente all’azione, ma aveva raccolto donazioni, destinate a pagare «omicidi su commissione» di persone su cui aveva emesso «condanne a morte».
La pagina di Darknet si chiamava «Assassination Politics» (Politica dell’omicidio). Conteneva istruzioni dettagliate su quali armi usare o come costruire esplosivi. Quanto a Martin S., è membro dei Reichsbürger, l’estrema destra che nega la
legittimità della Repubblica Federale e che ha già compiuto attentati. Era noto alla polizia per reati minori. Si sarebbe radicalizzato attorno al Covid: avrebbe quindi deciso di voler eliminare i rappresentanti di un supposto Stato totalitario.
Come scrive la Reuters, i procuratori non hanno indicato un movente «né suggerito che agisse per conto di un attore straniero». Ma la stessa precisazione mostra il clima in cui vive la Germania. Gli attentati, di matrice islamista, che si succedevano con cadenza mensile sono cessati. Ma le notizie di sabotaggi, danni alle infrastrutture, incidenti sono esplose. Né esiste un unico attore straniero che spaventa.
(da “Corriere della Sera”)

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