NAPOLI, DUE DEI TRE OPERAI MORTI IERI DOPO UNA CADUTA DAL SETTIMO PIANO, LAVORAVANO IN NERO
NON AVEVANO I CASCHI E NON ERANO ALLACCIATI A CINTURE DI SICUREZZA
Due dei tre operai morti ieri a Napoli per il ribaltamento di un montacarichi lavoravano al nero. Lo confermano fonti investigative, dopo che la notizia è stata anticipata da alcune testate tra cui Il Mattino e la Repubblica. Il rispetto delle normative di sicurezza è uno degli aspetti dell’indagine della Procura di Napoli. Si sta inoltre cercando di verificare perché gli operai non indossavano caschi al momento dell’incidente e perché non erano allacciati a cinture di sicurezza, un dispositivo che, se usato, avrebbe impedito la caduta nel vuoto. Ciro Pierro, Luigi Romano e Vincenzo Del Grosso avevano tutti tra i 50 e 60
anni. Stavano lavorando in un cantiere all’interno di un palazzo in via Domenico Fontana, quartiere Vomero. Sono saliti sul montacarichi quando questo, all’altezza del settimo piano, si è ribaltato facendoli precipitare nel vuoto. Il volo di 20 metri è stato fatale.
L’analisi del cestello: era in grado di coprire quel carico?
Non si ferma il lavoro del procuratore aggiunto Antonio Ricci e del sostituto Stella Castaldo. Dopo un primo sopralluogo sul luogo dell’incidente, gli inquirenti analizzeranno anche i dati tecnici del cestello e dell’intera struttura a cui era collegato, per capire se era adatto a sostenere il carico. I magistrati della sesta sezione “Lavoro e Colpe professionali” hanno chiesto la documentazione. Si aspetto un quadro più completo prima delle eventuali iscrizioni nel registro degli indagati e ipotesi di reato.
«Mio fratello era attento alla sicurezza, chiediamo verità»
Olimpia e Bruno, fratelli di Ciro Pierro oggi al Mattino dichiarano che «non si può morire sul lavoro nel 2025». «Ciro e gli altri due operai non dovevano morire. Non si può uscire da casa all’alba per andare a lavorare, sotto il sole e duramente, per poi trovare la morte. È inaccettabile. La nostra famiglia è sconvolta. Voglio ricordare ancora una volta che mio fratello era una persona attenta alla sicurezza e infatti non gli era mai successo nulla. Chiediamo la verità e pretendiamo di avere spiegazioni sulle norme di sicurezza nel cantiere», dichiara Bruno. E infine: «Mio fratello amava e si dedicava totalmente
alla sua famiglia. Alla moglie con cui stava da 40 anni e ai suoi due figli, ormai grandi, che abitano fuori Napoli e con i quali aveva un rapporto bellissimo. La più grande, Rossella, così la chiamiamo tra di noi, si è laureata in Biologia e vive a Pesaro, Giovanni a Roma, entrambi rappresentavano motivo di grande orgoglio per lui perché, da operaio, era riuscito a garantire loro gli studi e un futuro migliore. Ovviamente, con grande dolore, li abbiamo avvisati e ci stanno raggiungendo. Siamo stati da sempre una famiglia molto unita e siamo tutti dei grandi lavoratori».
(da agenzie)
Leave a Reply